Con l'Africa ... nel cuore (...

By Lella_Dellea

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Cloe è una donna indipendente , realizzata , intelligente e anche un pò maniaca del controllo. Decide di pa... More

Cap 1
Cap 2
Cap 4
Cap 5
Cap 6
Cap 7
Cap 8
Cap 9
Cap 10
Cap 11
Cap 12
Cap 13
Cap 14
Cap 15
Cap 16
Cap 17
Cap 18
Cap 19
Cap 20
NOTA IMPORTANTE

Cap 3

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By Lella_Dellea




Depongo ordinatamente il mio zaino nel vano bagagli e mi accomodo al mio posto.

Mi guardo un po' intorno, alla mia destra il finestrino e alla mia sinistra un cinquantenne in doppio petto che fissa il monitor del PC e digita numeri in una schermata di excel.

Non mi sembra particolarmente loquace quindi prevedo un viaggio silenzioso, ma va bene così.

Non amo parlare con gli estranei e il volo Milano Parigi è piuttosto breve.

La notte scorsa non ho chiuso occhio per l'agitazione quindi potrei provare a riposare un po'.

Allaccio la cintura e cerco di rilassarmi durante la fase di decollo.

Abbasso le palpebre pregustando ciò che mi aspetta.

In quell' istante sento la vibrazione del telefono, come al solito mi ero dimenticata di spegnerlo. Lo estraggo dalla tasca per spegnerlo o almeno per metterlo in modalità aerea prima della partenza e scorgo il messaggio:

-Bon voyage, mademoiselle! A bientot! Alex

Le gote si imporporano e il battito accelera mentre una piacevole sensazione di calore mi avvolge.

E' tipico di Alex, comunicarmi che mi sta pensando, pochi istanti prima del decollo.

Non oserei mai ammetterlo, soprattutto con me stessa, ma sono sopraffatta dal suo fascino.

Non riesco a trattenere un sospiro, pensando a quest'uomo deciso, pragmatico, pacato, sicuro di sé eppure così intrigante e attento ai bisogni altrui.

Mi basta pensare a lui e ricordare il suono carezzevole della sua voce, per sentirmi elettrizzata, non vedo l'ora di incontrarlo!

Ci vorrebbe una risposta a tono ma non mi viene in mente nulla di adatto quindi mi limito ad un breve " A bientot ", dopodiché spengo il cellulare.

Sento il rollio delle ruote e guardo il paesaggio scorrere prima lentamente, poi più rapidamente e mentre l'aereo prende quota mi sento libera e leggera.

Sarà la presenza di Cristina o la meravigliosa sensazione di sicurezza che sa infondermi Alex, ma i dubbi almeno per il momento sono svaniti, c'è solo euforia.

Provo a chiudere nuovamente gli occhi e ad immaginare la mia destinazione finale, l'Africa.

Riesco quasi a sentire il calore del sole sulla pelle, i suoni e gli odori di quel paese pieno di contrasti e contraddizioni: magico, allegro, vitale ma allo stesso tempo sofferente e violento.

Mi vedo passeggiare circondata da un gruppetto di bimbi allegri e ciarlieri sulle viuzze sterrate, guardando in lontananza il verde lussureggiante della foresta, canticchiando un motivetto allegro...

Improvvisamente sento un lieve tocco sulla spalla e riapro gli occhi, una gentilissima hostess mi guarda, sfoderando un sorriso perfetto, e mi informa che mancano 10 minuti all' atterraggio.

Caspita, devo aver dormito tutto il viaggio!

Effettuiamo un atterraggio perfetto, ed iniziamo ad alzarci per scendere.

Dopo lo sbarco mi ritrovo nuovamente in compagnia di Cri, decidiamo di andare in un bar a fare colazione e, dopo aver ordinato, la esorto a raccontarmi ciò che è accaduto in questi anni.
Sarei curiosa di capire cosa l'abbia spinta a prendere i voti ma non voglio essere sgarbata e porle una domanda così diretta.

Cristina si rassetta la gonna dell'abito un po' imbarazzata, sta raccogliendo le idee per iniziare il suo racconto, ma ha gli occhi bassi ed un'espressione triste che non ho mai visto quando eravamo ragazzine.

Beve un sorso di the addenta un biscottino e poi mi guarda dritto negli occhi ed inizia a parlare:

" Un paio d'anni dopo la tua partenza accadde un autentico miracolo in casa nostra, mia madre dopo quasi diciassette anni rimase di nuovo incinta.
I miei genitori avevano rinunciato ormai da tempo ad avere un altro bimbo, convinti che il loro destino fosse quello di avere un'unica figlia. La notizia mi spiazzò ma allo stesso tempo mi rese veramente felice, adoro i bambini e non vedevo l'ora di avere un piccolo essere umano da coccolare ed accudire."

"Immagino, sei sempre stata molto brava con i piccoli! "la incoraggio sorridendo.

Ma poi lei riprende, quasi in un sussurro

"Purtroppo la gravidanza si rivelò particolarmente difficile, prima il rischio di distacco della placenta che costrinse mia mamma a letto fin dai primi mesi di gestazione, poi una notizia che lasciò tutti attoniti.
Il piccolo aveva una grave malformazione cardiaca, probabilmente non sarebbe nemmeno sopravvissuto fino al parto."

Non riesco a trattenermi e appoggio la mano destra sulle labbra, spalancando gli occhi ma rimango in silenzio.

"I medici consigliarono un aborto ma i miei rifiutarono con decisione. Iniziarono a consultare specialisti e a cercare disperatamente una soluzione. Finalmente dopo tanti tentativi un medico milanese ci propose qualcosa di interessante, se il piccolo fosse sopravvissuto fino alla 35 settimana, avrebbero potuto effettuare un parto cesareo programmato e, subito dopo, lo avrebbero sottoposto ad un lungo e delicatissimo intervento a cuore aperto con una tecnica sperimentale.

Le probabilità di successo erano piuttosto basse ma non nulle e ciò fu sufficiente ad alimentare in noi un barlume di speranza.

Nel giro di pochissimo tempo ci trasferimmo a Milano.
La mamma fu ricoverata e tenuta sotto costante osservazione, il papà, in previsione delle spese da sostenere per interventi e terapie, lavorava alacremente e io mi ritrovai spesso sola in una città enorme e sconosciuta.

Ero terrorizzata dall'idea di perdere il mio fratellino ancora prima di averlo visto ed abbracciato.
Avevo desiderato così tanto questo momento ed ora rischiavo di non viverlo per un soffio."

La preoccupazione traspare chiaramente dal suo sguardo e io mi sento molto in colpa per non esserle stata vicina in un momento tanto delicato.

"A scuola conobbi un prete, Don Giorgio, era il mio insegnante di religione ma soprattutto divenne il mio confessore e il mio mentore.
Era straordinario con i ragazzi, aveva la capacità di ascoltare e di dire le parole giuste al momento giusto.

Mi esortava ad avere fede e a pregare anche se ero triste ed arrabbiata ma su questo fronte non ottenne molto successo.
Parlavo volentieri con lui e mi piaceva ascoltare i suoi discorsi ma non riuscivo a perdonare Dio, non capivo che male avesse fatto un essere innocente per meritare tutto ciò.

Un giorno mi propose di fare un'intervista per il giornale della scuola, e nonostante la mia reticenza riuscì a convincermi a parlare con Suor Teresa, un'anziana monaca che aveva passato molto tempo in missioni in Sud America e Africa.

Non avevo voglia di sentire racconti tristi, di bambini che muoiono di fame, di miseria malattia e sofferenza.
Mi aspettavo i soliti discorsi da anziani che ti esortano a pregare per ore per avere la salvezza divina anziché cedere al peccato ...
Con mia grande sorpresa mi trovai di fronte una donna forte, energica e solare. "

Un sospiro, una piccola pausa e un altro sorso prima di proseguire mentre la mia fervida immaginazione già proietta nella mia mente l'immagine della donna appena descritta in compagnia di una giovanissima Cristina.

"Esordì dicendosi dispiaciuta del fatto che a causa dell'età e della sua salute ormai precaria, non le fosse permesso viaggiare.
Disse di provare nostalgia per le missioni, per quella allegria contagiosa che le persone sapevano trasmettere, per la capacità di gioire delle piccole cose e di apprezzare i veri valori come la gentilezza, l'altruismo, l'empatia.
Mi ha descritto un mondo quasi surreale dove gli elementi predominanti erano la luce, l'energia, la positività e non la fatica e il buio.

Ricordava molti episodi accaduti in quegli anni e avrebbe potuto raccontarne per ore.

Ne ricordo uno in particolare.

Si trovavano in un piccolo villaggio nella savana, difficile da raggiungere e circondato da terreni difficili da coltivare.
Gli abitanti non riuscivano a provvedere alle necessità primarie, dovevano percorrere molti chilometri a piedi per procurarsi acqua potabile ed aspettare il rifornimento mensile di cibo che i missionari portavano con una jeep.
Degli animali selvatici avevano però trovato il loro deposito ed avevano saccheggiato le scorte.

Dopo quasi 3 giorni di digiuno gli indigeni si riunirono in preghiera, perlopiù tramite canti gioiosi. Decisero poi di ritrovarsi tutti attorno ad un fuoco per fare festa e al suono dei tamburi improvvisarono una danza. Ad un certo punto un bambino alzò lo sguardo ed iniziò a saltellare e ad urlare felice perché aveva visto, su un ramo non troppo alto, un alveare.

Gli abitanti del villaggio corsero a prendere dei ramoscelli, li inserirono abilmente in una cavità e li ricoprirono di miele, poi iniziarono a correre intorno al fuoco, così facendo gli insetti si attaccarono ai bastoncini e una volta scottati sul fuoco, tutti si gustarono una cena deliziosa.
Erano felici, Dio era stato misericordioso e aveva provveduto al loro sostentamento."

Un lungo sospiro e un sorriso radioso, uno di quelli trasmessi non solo dalle labbra ma da tutti i muscoli del viso e dagli occhi!

"E da quel giorno la mia vita cambiò. Decisi di affrontare il problema in maniera differente.
Un intero villaggio affamato aveva rivolto con fiducia lo sguardo verso l'alto ed aveva apprezzato un misero spiedino di insetti, come se fosse stato il dono più grande mai ricevuto. Analogamente io iniziai a pregare per una grazia, ma in particolar modo per avere la forza di affrontare ogni giorno con gioia.

Tutto nella nostra esistenza ha un senso ed uno scopo, peccato che noi esseri umani abbiamo la presunzione di poter decidere e capire tutto e la tendenza a rifiutare tutto ciò che non comprendiamo."

"Mi piacerebbe avere la tua fede!" le dico sinceramente.

Lei non commenta, sorride e prosegue:

"L'esistenza è una lunga strada da percorrere. C'è qualcuno che ci guida, ma talvolta non seguiamo le sue indicazioni, vogliamo fare di testa nostra e sbagliamo direzione.
Per fortuna c'è sempre la possibilità di tornare indietro o di recuperare la strada originaria.

Andai spesso a trovare Suor Teresa, io le esprimevo i miei dubbi, lei mi raccontava i suoi aneddoti e mi dava consigli su come aprire il mio cuore ferito.

I mesi passarono e non accadeva nulla, ogni giorno che passava era un piccolo passo verso la meta, la data, ormai fissata, per il parto.

Il fatidico giorno arrivò, il piccolo venne alla luce e dopo pochissimo fu portato in sala operatoria. "

Il suo sguardo ora è più cupo e il tono di voce più basso, i miei occhi sono umidi per la commozione.

"Avevo una paura folle ma non osavo mostrarlo ai miei genitori, già tesi e terrorizzati, cosi mi rifugiai nella cappella dell'ospedale, piansi e pregai per ore fino allo sfinimento, tanto da addormentarmi sulla panca.

Dopo qualche ora mi risvegliai con gli occhi gonfi e gli arti intorpiditi ma stranamente serena. Avrei voluto rimanere lì, ad osservare i giochi di luce colorata che i raggi del sole proiettavano sulla parete, dopo essere passati attraverso i vetri a mosaico, a godermi il silenzio, ma sapevo di dover tornare in reparto ed affrontare la realtà. Non ricordo nemmeno di aver percorso il corridoio e di aver preso l'ascensore, non so come raggiunsi i miei genitori ma ricordo benissimo la loro espressione mentre parlavano con il chirurgo.

Vedevo il luccichio delle lacrime sulle loro gote ma i loro visi erano rilassati e sorridevano, mia madre sul letto e mio padre in piedi di fianco a lei che le teneva la mano con fare protettivo.

L'intervento era riuscito, anche se, per precauzione, non potevano sciogliere la prognosi, il piccolo era in terapia intensiva ma era vivo, respirava ed il suo cuore batteva.

Nei lunghi mesi successivi sono andata tutti i giorni a fargli visita in ospedale, guardavo quel corpicino così minuto e tutti quei macchinari attorno a lui, più di una volta abbiamo temuto il peggio ma Giorgio, il mio fratellino, ce l'ha fatta e circa sei mesi dopo abbiamo potuto portarlo a casa con noi ed iniziare una nuova vita!"

"Oh Cri, che sollievo!"

Annuisce debolmente e mi guarda per poi continuare

"Nel frattempo ho terminato il quarto anno di liceo e, iniziando il quinto mi chiedevo sempre più spesso quale potesse essere la mia strada professionale.

Non sarei riuscita a tollerare anni e anni di studio per diventare medico, ma volevo aiutare bimbi come mio fratello a stare meglio, perciò iniziai a fare volontariato nel reparto pediatrico e, ben presto, mi fu chiaro che avevo una capacità innata di comunicare con i piccoli, di percepire i loro bisogni e di entrare in sintonia con le loro esigenze.

Decisi quindi di iscrivermi a scienze infermieristiche per poter poi lavorare in ospedali o cliniche.

Ho ricordi molto dolci di quegli anni, conducevo una vita tranquilla, casa, studio e volontariato senza mai tralasciare la fede che era ormai diventata parte integrante della mia esistenza.

Credevo di aver imparato ad accettare ciò che mi accadeva e mi sentivo rilassata, sicura che il mio piccolo mondo non sarebbe più cambiato ma non c'è peccato più subdolo della presunzione.

Avevo ormai venticinque anni e lavoravo presso una clinica vicino casa quando ricevetti una chiamata da mia madre, era agitata e piangeva, praticamente non riuscii a capire una parola di ciò che mi disse ma riuscii a comprendere che era al pronto soccorso della clinica e che era successo qualcosa di grave. Cercai una collega per farmi sostituire nell'ultima ora di turno e corsi a rompicollo per le scale nel tentativo di raggiungerla nel minor tempo possibile.

Mentre tornavano da scuola un'auto era sopraggiunta ad alta velocità e aveva investito Giorgio sulle strisce pedonali, il bambino era stato sbalzato in aria ed era poi caduto rovinosamente sull'asfalto. Mio padre era all'estero e mia madre visibilmente sotto shock, perciò mi avviai a passo deciso per parlare con i medici e comprendere meglio la situazione."

Non riesco a trattenere un gemito, e sento un brivido lungo la schiena ma non la interrompo.

"Mentre percorrevo il lungo corridoio recitai in silenzio una preghiera e feci una promessa solenne:

" Dio buono e misericordioso, ti prego di aiutare e proteggere, per l'ennesima volta, il mio dolce ed innocente fratellino, in segno di amore e ringraziamento ti dedicherò tutta la mia esistenza ma, ti scongiuro, salvalo !!"

Come potrai immaginare, ci fu un altro miracolo. Il bimbo fu tenuto sotto osservazione ma rimase praticamente illeso, qualche abrasione e qualche ecchimosi, niente di più. Ora è un giovanotto più alto di me!"

Fruga velocemente nello zaino e ne estrae una foto plastificata che la ritrae con un giovane uomo piuttosto alto, capelli rossi ed occhi azzurri, si somigliano molto ed hanno lo stesso sorriso.

"Questo è Giorgio? Si vede che siete fratelli!"

Cri annuisce nuovamente poi ripone con cura l'immagine nella tasca da cui l'ha estratta e finisce il suo the.

Non riesco a trattenermi e le chiesi " E poi cosa è successo?"

"Ricontattai Suor Teresa, grazie al suo aiuto, iniziai il mio percorso religioso e dopo aver preso i voti ho dedicato il mio tempo alle missioni in Sud America e Africa.

Quando torno in Italia vado a farle visita e ora sono io a raccontare episodi e lei ad ascoltare.

Poi due mesi fa mi hanno proposto di partecipare ad un progetto sperimentale.

Avrei dovuto vivere a Village Begin, dove missionari, professionisti europei e africani collaborano per realizzare impianti idrici e di irrigazione, piantagioni, industrie artigianali etc.. nel rispetto delle attitudini e della cultura del luogo senza dimenticare la chiesa che per i congolesi è di vitale importanza.

Un'associazione umanitaria chiamata Next Africa ha realizzato tutto ciò grazie a finanziamenti di aziende e privati e ai progetti di un brillante ingegnere italiano, che vive in loco, e che fa da tramite con l'ambasciata italiana, i rappresentati politici locali e l' associazione.

Recentemente hanno aperto un piccolo pronto soccorso ed hanno bisogno di personale, quindi ed eccomi qui! "

E' fantastico stare ad ascoltarla, ma il tempo corre e tra poco dovremo imbarcarci nuovamente. Il volo per Kinshasa sta per partire e l'aereo è già sulla pista.

Ci alziamo e ci dirigiamo verso il check in.

Il mio cellulare vibra nuovamente, lo estraggo dalla tasca ed osservo il display. " Ciao, sono appena arrivato in Città. Deposito i bagagli in hotel, sbrigo delle commissioni e poi mi dirigo verso l'aeroporto. Ti aspetto! Alex ". Tempismo perfetto.

Non posso evitare di sorridere mentre rispondo " Parto tra poco da Parigi, non vedo l'ora di arrivare!" e senza osare digitarlo, tra me e me, aggiungo "E di vederti!"




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