Insicura (COMPLETA)

By WinterSBlack

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(Vincitrice Wattys2018 Categoria I Contemporanei) "Questa è la storia di una ragazza dal passato difficile c... More

1. La mia vita
2. Il nuovo compagno di scuola
3. Uscire con Jason Forster
4. La ragazza di Arn
5. Tempo
6. Hebe Daniels
7. Party
8. Sfuriata
9. Uscita tra amici
10. In casa
11. Casa sua
12. La Band
13. La scuola è un campo di battaglia
14. Amica?
15. Scivoloso
16. Nuove compagnie
17. Stomaco
18. Vacanza
19. Giochi
Angolo Autrice
20. Racconti notturni
21. La Casa Stregata
22. Anno nuovo
23. Recita
24. Sfuggire di mano
25. Hakuna Matata
26. Realizzazione
27. Confessioni
28. Avere un ragazzo
28. Dichiarazione
30. Iris Reagan
31. Alla ricerca di un bel regalo
32. San Valentino
33. Errore
34. Segreti svelati e situazioni risolte
35. Lasciare
36. Sul palco per gioco
37. Ansia da palcoscenico
38. Concerto di beneficenza
39. Problemi di comunicazione
40. Boccino d'oro
Special p. 1
Special p. 2
41. Troppo passato per vivere il presente
42. È andata peggio
43. La forza di parlare
44. Stop
Sorpresa

29. Operazione salvataggio cuori infranti

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By WinterSBlack

Mi faceva male il petto. Sentivo di non riuscire a respirare. Qualcosa mi pungeva gli occhi.
Forse erano lacrime che pretendevano di essere versate. Ma io non volevo piangere. Non avrebbe avuto senso piangere per qualcuno che sapevi fin dall'inizio non fosse tuo.
Che mi era saltato in mente?
Davvero pensavo di aver una possibilità?
Camminavo senza una vera meta, quando i miei piedi mi portarono nel parcheggio della scuola dove solitamente mi attendeva Xavier. Ma Xavier non c'era.
Gli avevo detto di non accompagnarmi più a casa.
I miei fratelli non c'erano, oltre al fatto che i miei rapporti con Ace erano stati rovinati da me e Hebe era probabilmente già andata. Ero sola.
Presi il telefono, alla ricerca di qualcuno ma faticavo a tenerlo in mano.
«È tutto okay, Azura?» chiese qualcuno. Mi voltai verso la fonte del suono, ma non riuscii a distinguere bene la persona con le lacrime agli occhi che mi offuscavano la vista. Mi affrettai ad asciugarmeli.
Quando li riaprii mi ritrovai davanti un Jason Forster imbambolato davanti alla sua auto a fissarmi stranito.
«Certo» replicai forzando un sorriso. Detto ciò avrebbe semplicemente annuito e sarebbe salito sulla sua auto. Poi se ne sarebbe andato, lasciandomi sola.
Ma invece non lo fece.
«Vuoi un passaggio a casa?» mi chiese.
«Cosa? No, grazie.» risposi di getto senza pensare.
«È solo un passaggio. Non ci sarà nient'altro. Il tuo ragazzo non sarà geloso.» precisò.
«Xavier non è il mio ragazzo.» replicai. Poi mi resi conto delle parole appena fuoriuscite.
Che mi era saltato in mente di dirlo proprio a Jason Forster?
«Non più.» aggiunsi giusto per poter mantenere la facciata della recita.
«È... È per questo che stai piangendo?» chiese. Non feci in tempo a rispondere. Una goccia mi colpì la punta del naso. Ma presto ne seguirono altere e in un battibaleno iniziò a piovere.
«Forza, salta su» disse Jason con un tono che non ammetteva repliche.
Qualcosa mi spinse ad accettare la sua proposta, così salii sulla sua auto.

Il viaggio si svolse in silenzio con la musica in sottofondo della radio. Tenevo il viso appoggiato sulla mano e lo sguardo fuori dal finestrino. Stranamente, Jason mi portò effettivamente davanti casa mia.
«Non sapevo che sapessi dove abitassi.» dissi passivamente.
«Me lo ricordo dalla tua ultima festa.» mi rispose.
«Ah. Okay. Grazie per il passaggio.» dissi senza saper che altro dire e come comportarmi.
Mi sentivo... Persa. Non mi interessava molto di chi mi stava intorno.
Mentre stavo scendendo dall'auto, Jason mi fermò per un polso.
«Senti... Non essere triste, okay?» aggiunse senza guardarmi prima di lasciarmi andare.
Mentre lo osservavo allontanarsi pensai che era proprio così che sognavo Jason soli pochi mesi prima. Un ragazzo dolce e gentile nel profondo.
Eppure non mi sarei mai scordata del comportamento da stronzo che aveva adottato.

«Sembri di buon umore oggi.» disse Hebe inarcando un sopracciglio.
Anche quel giorno, teneva i capelli scuri mossi. Però, a differenza di tutte le persona normali con i capelli mossi, a lei non diventavano crespi per l'umidità. Lo trovavo abbastanza ingiusto.
«Saprai che Iris è venuta a trovarlo, vero?» dissi allegramente salendo sull'auto la mattina seguente.
«Come potrei non saperlo? Sì è presentata a casa mia con le valigie» sbuffò lei. «Ma... Non capisco.» affermò senza mettere in moto. Mi guardò in attesa che dissolvessi i suoi dubbi.
Forse era preoccupata per me.
«Sai, ieri ho provato a dichiararmi e...»
«Oddio! Ha detto di no?» esclamò la ragazza.
«No! Cioè, forse l'avrebbe detto. Ma in quel momento si è presentata la sua ragazza...»
«Chissà che ci fa qui, non ha scuola anche lei?» sbuffò Hebe mettendola su un altro punto di vista.
Guardandola, mi passò per la mente che probabilmente stava cercando di tirarmi su il morale. Un modo che non trattava di parole gentili mirate a consolare l'animo, ma frasi di noncuranza che significavano molto di più di un "andrà tutto bene".
«Comunque ho anche detto a Xavier di rimanere solo amici. Penso di volergli già bene come amica. E come tale voglio che coroni il suo amore per la persona che gli piace.» affermai.
«Capisco. Quindi che farai?»
«Niente. Non farò niente. Attenderò che la cotta per Lance mi passi. Che passi prima che diventi veramente qualcosa di troppo grande. Perché è di questo che si tratta. Infatuazione.» dissi per convincerete anche me stessa.
«Vivrò la mia vita tra scuola e famiglia che mi danno già un bel da fare. Non ho tempo per una storia d'amore.» continuai. «Mi impegnerò così tanto che dimenticherò Lance. La chiamerò "Operazione Salvataggio Cuori Infranti."» dissi.
«Sei abbastanza forte da riuscirci.» mi sorrise Hebe prima di mettere in moto.

Per tutta la giornata provai a stare attenta a lezione. Lance c'era e sembrava di buon umore ogni volta che lo scorgevo, anche se cercavo di evitarlo il più possibile.
Alla penultima ora, mentre mi dirigevo verso il mio armadietto, vidi Lance uscire dall'aula di musica. Mi vide e mi salutò con una mano alzata e un sorriso enorme. Lo vidi cercare di avanzare verso di me ma io strinsi la presa sui libri al petto e mi voltai, facendo dietro front. Purtroppo andai a sbattere contro qualcuno facendo cadere tutti i miei libri.
«Ma guarda dove metti i piedi!» esclamò qualcuno.
«Scusami sono...» alzai lo sguardo per trovarmi di fronte a Tom. Anche lui sembrava sorpreso di vedermi.
«Oh, sei tu.» disse sorpreso aiutandomi a recuperare i libri.
«A quanto pare. È da un po' che non ci sentiamo.» dissi quasi imbarazzata.
Un tempo andavo d'accordo con lui. Eppure non ci parlavamo da molto e mi sembrava quasi un estraneo.
«Già, era Daia dopotutto il nostro punto in comune.» ridacchiò nervosamente.
«Zhur!» sentii la voce di Lance chiamarmi.
«Senti, ci sentiamo uno di questi giorni, eh, Tom?» dissi in fretta prima di continuare la mia fuga.
La fretta di allontanarmi mi fece dimenticare di dover posare i miei libri nell'armadietto, così capitai nell'aula di chimica senza il libro.
Ma ormai le porte si erano chiuse e l'insegnante stava già iniziando la lezione.
Stranamente, l'unico posto rimasto libero era quello accanto a Jason che era perso a guardare fuori dalla finestra.
Facendo finta di niente mi sedetti accanto a lui.
«Strano che non ci sia una ragazza seduta qui.» ridacchiai nervosamente per fare conversazione. Jason parve sorpreso che qualcuno gli avesse rivolto la parola e si voltò verso di me.
«È occupato.» disse.
Il volto mi si infiammò per la vergogna e cercai di rispondere con qualcosa di poco umiliante quando lui sorrise.
«Scherzavo. È libero.»
Mi rilassai leggermente e ridacchiai nervosamente.
«E poi tu sei una ragazza e sei seduta qui.» mi fece notare con uno dei suoi sorrisi conquistatori.
Un tempo mi avrebbe sciolta. Ma anche in quel momento non mi dispiaceva.
«Intendevo che era strano che non fosse occupato già da prima.» affermai mettendo il libro di fisica sul bancone di chimica. Se la professoressa l'avesse notato mi avrebbe tagliato la gola.
«Non volevo nessuno accanto.» disse.
«Scusa, io...»
«Tranquilla, non ci sono altri posti, no? Non ti puoi mica coricare a terra.» mi tranquillizzò. Mi sembrava stranamente gentile. Non da lui. Che gli era successo? Sembrava un'altra persona.
«Non hai il libro.» notò lui.
«L'ho dimenticato.»
«Vuoi condividere con me?» chiese ancora con una gentilezza che non pensavo gli appartenesse.
«Perché? Tu porti i libri a scuola?» chiesi sinceramente stupita facendolo ridere.
«Non ci crederai mai, ma li porto sempre. Dopotutto li ho pagati, no?» replicò lui senza essere minimamente offeso.
«Ehi! Voi due! Per quanto ancora volete continuare a parlare?» chiese la professoressa aggiustandosi gli occhiali sul naso adunco.
«Scusi.» mi affrettai a dire per poi abbassare lo sguardo mentre gli altri studenti ridevano sotto i baffi.
Jason sembrava particolarmente silenzioso durante l'ora. Niente scenate da buffone con battute squallide e niente azioni lascive verso le ragazze della classe. Sembrava stesse veramente ascoltando la professoressa. Teneva il mento appoggiato sulla mano e gli occhi grigio azzurri fissi sulla lavagna. Ogni tanto prendeva degli appunti. Mi ricordai cosa mi piacesse tanto di quel ragazzo. Era esteticamente bellissimo. Era il ragazzo più desiderato della scuola. Piaceva a tutti. Per questo, piaceva anche a me.
Però forse mi poteva piacere anche in modo diverso.
«Perché mi fissi?» chiese ad un tratto restituendomi lo sguardo.
«Non dovresti nemmeno chiedertelo.» replicai con il mio tono più seducente.

Fu così che la mia "Operazione Salvataggio Cuori Infranti", prese una piega piuttosto diversa da come l'avevo prevista.
Se Jason fosse stato una ragazza, ero sicura che sarebbe stata una di quelle facili.
Quel giorno andai a casa di Jason.
Ma non accade ciò che avevo pensato per il resto della giornata.
Jason si mostrò semplicemente ospitale. Mi offrì da mangiare e propose persino dei film da guardare.
«I tuoi non sono in casa?» chiesi ad un tratto nel bel mezzo del film dove mi ero accoccolata accanto a lui.
«I miei non sono mai a casa.» replicò lui con tono gelido. C'era decisamente qualcosa che non tornava. Così mi raddrizzai e lo fissai.
«Jason, mi dici cosa ci faccio qui?» gli chiesi diretta e con una sicurezza che non avrei mai avuto in passato.
«Perché Azura... Ho capito di essere una persona sola.» affermò lui con un tono spezzato dopo diversi secondi interminabili di silenzio.
«E volevo... Volevo... Volevo che provassi a insegnarmi a non esserlo più.»
Quelle parole mi scioccarono. Jason Forster era il ragazzo più popolare della scuola, dopotutto. Era impossibile che fosse una persona sola. Ma forse...
«Non hai detto perché io.»
«Perché tu mi piaci.» rispose senza tanti giri di parole. «mi piaci molto.» E poi mi baciò. Semplicemente mi baciò. Non accadde nient'altro più di quel semplice bacio.

La sera mi ritrovai a pensare a lui. Ma non come ai vecchi tempi, poiché lo vedevo diversamente. Mi ritrovai, così, a ridacchiare al pensiero della faccia di Daia per quello che era successo tra me e il ragazzo più popolare della scuola.
Appena rientrata in camera mia, con la testa ancora tra le nuvole, dopo un bagno caldo, sentii il mio telefono squillare per un messaggio.

Jason Forster:
Quindi... Cosa siamo?

Io:
Cosa vuoi essere?

Jason Foster:
La risposta è scontata. Ma voglio che me lo dica tu.

Io:
Hai mai provato ad averne una?

Jason Foster:
Ci proverò ad averne una. Solo una.

Io:
Non so che dire...

Jason Foster:
Mi basta un sì. Anche per messaggio.

Non avrei mai pensato di doverci pensare. Di pensarci veramente. Né in passato, né in quella ragazza che ero diventata. In passato sarebbe stato un sì sicuro. Per quello che ero diventata, che aveva aperto gli occhi su di lui sarebbe stato un no altrettanto veloce. Però... Perché c'era un però? Il Jason che si era mostrato a me quel giorno era incredibilmente dolce. Una parte di me lo desiderava veramente, ovvero di essere quella persona speciale che avrebbe cambiato il suo cuore e l'avrebbe fatto cadere ai suoi piedi come nei romanzi rosa. Ma l'altra, temeva che fosse una delle sue idee da latin lover.
Però, era anche vero che io avevo bisogno di dimenticarmi di Lance e della sua ragazza. Ne avevo un bisogno grandissimo.
Volevo spegnere la mia mente e smettere di vedere lui sorridente davanti al telefono. Smettere di vedere quella ragazza che lo accoglieva con un bacio appena la scuola era terminata. Smettere di sentire bruciare il petto per qualcuno che non provava i miei stessi sentimenti per me.

Io:

Jason Foster:
Prometto che non te ne pentirai.

Mollai il telefono sul letto, incredula di ciò che era appena successo. Probabilmente era tutto uno strano sogno concepito dalla mia mente bacata.
Ma non si rivelò tale quando la mattina seguente trovai Jason e Hebe bisticciare davanti a casa mia.
«Che ci fa Jason Foster davanti a casa nostra? L'hai invitato tu Ace?» chiese Arn sbirciando fuori dalla finestra della cucina mentre mangiava una ciotola di cereali.
Io intanto mi nascondevo dietro alcuni appunti di scuola, fingendo di ripassare per un test.
«Jason Foster? Siamo compagni di squadra, ma non è che siamo chissà quali amici.» replicò Ace con i piedi su un'altra sedia.
«Allora che ci fa qui?» chiese Arn inarcando un sopracciglio biondo. «E pare che Hebe Daniels se la stia prendendo tanto. Penso che ci sarà una rissa di qui a poco.» Continuai a fingere di essere tremendamente concentrata quando in realtà stavo sudando freddo. Era la volta buona che Hebe mi ammazzasse.
«Oh! Hebe sta venendo verso casa nostra, e sembra parecchio incavolata.» continuò Arn come un conduttore di un'incontro. Solo che lui era a bocca piena.
Dieci secondi dopo l'annuncio, la porta di casa mia suonò. Non mi mossi dalla mia sedia. Il campanello suonò a ripetizione e iniziai a sentire il peso dello sguardo dei gemelli su di me.
«Zhur, c'è la tua amica alla porta.» mi fece notare Arn posando la ciotola. Ace, invece, non mi parlava più senza il mio permesso.
Quest'ultimo si alzò e andò ad aprire alla mia amica.
«Buong...» iniziò ma fu spinto di lato dalla ragazza vestita di nero e blu.
«Forster ha detto che siete una coppia.» sì annunciò puntandomi un dito accusatore contro.
«Cosa?» fecero i due gemelli all'unisono.
«Forse...» affermai senza guardarla.
«Sul serio? Foster?» chiese incredula.
«Ma Jason non ha ragazze.» intervenne Ace stupito.
«È una lunga storia.» fermai tutti rimettendo gli appunti nello zaino per poi fuggire a gambe levate.
Mi ritrovai davanti all'auto di Jason che teneva la portiera dell'auto aperta per me. Quasi mi commossi per il gesto.
«Buongiorno» mi sorrise raggiante avvicinandosi per darmi un bacio sulle labbra.
«Buongiorno» replicai cercando di simulare naturalezza anche se ero totalmente intontita. Mi sembrava di vivere in uno strano sogno.
«Daniels mi voleva uccidere. È veramente una brava amica, eh?» chiese sorridendomi gentilmente. Quanto era strano.
«Già. Non penso che ti approvi come persona.» replicai.
«Non mi importa. Mi basta la tua di approvazione.» affermò sorridendomi ancora.
Erano parole dolci. Però mi toccarono appena. Se volevo dimenticare Lance mi sarei dovuta impegnare di più. Non potevo pensare ad un altro quando avevo davanti Jason Foster, chi l'avrebbe mai fatto?

Arrivati a scuola Jason mi ordinò di rimanere immobile ferma in auto. Scese, fece il giro per poi aprirmi la portiera e offrirmi la mano.
Sentivo già i mormorii delle altre persone non appena scesi da essa.
Jason non mi lasciò mai la mano mentre mi conduceva verso la scuola.
«Ehi! Jas!» chiamò uno dei suoi compagni di squadra riuniti nella solita zona. «Ti unisci a noi?»
«Passo» replicò lui alzando un braccio. Poi continuò la sua camminata.
«È davvero venuto a scuola con una ragazza?» sentii bisbigliare.
«E non una ragazza qualunque. È Azura Clayton.»
«Ma Jason non viene mai a scuola accompagnato.»
«Ma la Clayton non si faceva quel tipo in Ferrari?»
«Ma che avrà di meglio lei?»
«Chi lo sa. Forse è brava a letto.»
Sapevo che un tempo quel tipo di bisbigli mi avrebbero fatto anche piacere. Eppure in quel momento mi sentivo così tremendamente a disagio. Non volevo si sapesse così tanto in giro.
«Che hai alla prima ora?» mi chiese accompagnandomi al mio armadietto.
«Matematica con la nana malefica.» dissi appoggiandomi di schiena all'armadietto.
«Uh, che divertimento.» affermò sarcastico. Appoggiò la fronte alla mia, respirando la mia aria.
«Sono quasi certo che mi mancherai. Ma pregherò per te perché ti salvi.» sussurrò. Risi.
«Quasi certo?» chiesi.
«Okay, togliamo il quasi.» poi mi baciò davanti ad un pubblico di stridenti.
Nel giro di due ore la voce che Jason Foster avesse stranamente una ragazza stabile e che quella ragazza ero io, si sparse velocemente. Non avevo dubbi che probabilmente le persone mi vedevano come la nuova Daia. Mi cercavano. Mi cercavano tutti e mi chiedevano di Xavier e di Jason. Non avevo visto né Hebe né Lance da nessuna parte, anche se non li stavo propriamente cercando.
Tutte quelle attenzioni mi stavano stretti. L'unica nota positiva erano gli sguardi da omicida di Daia. L'invidia si leggeva nei suoi occhi da cerbiatto e ciò mi provocava una certa soddisfazione.
A pausa pranzo trovai Hebe sul solito tavolino che chiacchierava con Lance. Feci per raggiungerli ma Jason mi affiancò.
«Mangi con noi?» chiese indicando il tavolo della sua squadra e le cheerleader. Il mio sguardo saettò dal tavolo dei miei amici a lui. Indecisa sul da farsi e con il vassoio di cibo in mano, sembravo veramente idiota lì ferma in piedi.
Senza che avessi preso alcuna decisione Jason pensò bene di trovare un posto libero solo per noi due.
«Anche da soli va bene. Anzi, va meglio» affermò prendendomi la mano sul tavolo.
Ad un tratto qualcuno si unì a noi al nostro tavolo, senza badare all'occhiataccia di Jason.
«Ciao» fece Lance sorridendoci.
«Ciao» replicai. Jason rimase zitto ma strinse la presa sulla mia mano.
La presenza di Lance mi innervosiva e mi agitava in una maniera inspiegabile.
«Dunque state insieme, ora. Non si dice altro.» aggiunse appoggiando i gomiti sul tavolino.
«Già, stiamo insieme.» affermai a fatica.
«Comunque, è da ieri che ti devo parlare ma non ti ho potuta fermare da parte, Zhur. Posso...» aggiunse lanciando un'occhiata a Jason come per chiedere un assenso. Capivo dalle mascelle serrate e dalla presa sulla mia mano che era un no chiaro come il sole. Eppure dissi:«Okay.»
Mi liberai dalla mano di Jason.
«Torno subito.» affermai lasciandogli un leggero bacio sulla guancia. Poi seguii Lance verso il cortile.
«Che dovevi chiedermi?» chiesi cercando di non guardarlo.
«È un po' imbarazzante da chiedere a dire il vero.» disse nervosamente accarezzandosi la nuca. Sembrava arrossito.
Rimasi in silenzio. Una lontana speranza si stava accendendo, facendomi dimenticare tutti gli avvenimenti degli ultimi giorni.
«Mi accompagni a comprare un regalo di San Valentino per la mia ragazza?» mi chiese invece.
«Cosa?!» esclamai scioccata.
Questo qui mi prende per il culo?
«faccio piuttosto schifo nella scelta dei regali» mi spiegò con tono supplichevole.
«Va bene» risposi senza pensare.
Cosa? Non ho appena accettato!
«In fondo, non c'è niente di male»
Niente di male? Tutto va male!
«Grazie!» esclamò allegro dandomi un bacio sulla guancia.
Fatti curare Azura. Tu ti vuoi male.
«A proposito. Tu non mi dovevi chiedere una cosa l'altro giorno? Prima che arrivasse Iris?» chiese.
«No. Ho risolto tutto.» replicai in fretta e arretrando di qualche passo. Vidi Lance avanzare e feci altri passi indietro. Il mio piede mancò il terreno e caddi indietro. Lance mi afferrò in fretta, salvandomi da una figuraccia, e mi tirò verso di lui.
«Sta attenta.» mi disse preoccupato. Ma io mi liberai da lui spingendolo via in malo modo. Poi mi voltai e fuggii dal ragazzo.

Angolo Autrice

Perdonatemi per il ritardo!!! Ho avuto problemi di connessione wi-fi e ce li ho tutt'ora. Sto cercando di risparmiare il mio 3G del telefono.
Mi spiaceeeee! Ci sentiamo alla prossima!

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