Insicura (COMPLETA)

By WinterSBlack

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(Vincitrice Wattys2018 Categoria I Contemporanei) "Questa è la storia di una ragazza dal passato difficile c... More

1. La mia vita
2. Il nuovo compagno di scuola
3. Uscire con Jason Forster
4. La ragazza di Arn
5. Tempo
6. Hebe Daniels
7. Party
8. Sfuriata
9. Uscita tra amici
10. In casa
11. Casa sua
12. La Band
13. La scuola è un campo di battaglia
14. Amica?
15. Scivoloso
16. Nuove compagnie
17. Stomaco
18. Vacanza
19. Giochi
Angolo Autrice
20. Racconti notturni
21. La Casa Stregata
22. Anno nuovo
23. Recita
24. Sfuggire di mano
25. Hakuna Matata
26. Realizzazione
27. Confessioni
28. Avere un ragazzo
29. Operazione salvataggio cuori infranti
30. Iris Reagan
31. Alla ricerca di un bel regalo
32. San Valentino
33. Errore
34. Segreti svelati e situazioni risolte
35. Lasciare
36. Sul palco per gioco
37. Ansia da palcoscenico
38. Concerto di beneficenza
39. Problemi di comunicazione
40. Boccino d'oro
Special p. 1
Special p. 2
41. Troppo passato per vivere il presente
42. È andata peggio
43. La forza di parlare
44. Stop
Sorpresa

28. Dichiarazione

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By WinterSBlack

Rimuginai su ciò che mi aveva suggerito Hebe per tutta la notte.
Potevo ascoltarla e provarne a parlare con Xavier. Dopotutto era stato bello... E poi era veramente un ragazzo fantastico. Mi sarebbe potuta andare peggio.
Oppure, potevo seguire ciò che mi diceva il cuore, per una volta o al massimo ascoltare la mente invece che gli istinti.
«Stupidi ragazzi. Potrei restare single per sempre, che male ci sarebbe?» borbottai al soffitto.
Il male sarebbe sentirmi sola... Molto sola... Volevo e desideravo essere amata più di ogni altra cosa.
Così presi la mia decisione. Il giorno dopo avrei parlato con Xavier.

Appena aprii la portiera del passeggero rimasi a bocca aperta.
Hebe era diversa.
Aveva i capelli neri mossi che le ricadevano a onde sulle spalle, il trucco era appena accennato attorno agli occhi. Nessuna traccia di quello pesante che portava di solito. Persino il rossetto color prugna non c'era più, sostituito dal lucidalabbra. La gonna scozzese senza gli anfibi borchiati e i collant strappati sembravano molto più sobri di come apparivano un tempo. E per finire, miracolosamente, non c'era la giacca di pelle, ma un cappotto, che seppur nero, sembrava meno aggressivo.
«Che ti è successo?» chiesi boccheggiando stupita.
«Che mi è successo?» chiese sollevando le sopracciglia.
«A te.» dissi indicandola. «I capelli, il trucco, i vestiti!» esclamai accomodandomi.
«Si è rotta la piastra, è finito l'eyeliner, stamattina mi si e rovesciato il caffé sulla giacca e sugli anfibi.» disse con un sospiro. Ero comunque perplessa. Solitamente, se le fosse successa questa catena di sfortune, avrebbe tenuto il muso o risposto acidamente a qualsiasi domanda. Eppure sembrava tranquilla.
«Tu... Non sei liscia naturale?» fu l'unica frase che dissi mentre la ragazza metteva in moto e rideva.

Arrivammo a scuola, parlando del più e del meno, allegramente.
Credetemi se vi dico che Hebe di buon umore, è molto più simpatica.
«Che ti è successo oggi? Sembri stra felice.» ridacchiai scendendo dall'auto.
«Non sono di buon umore!» rimbeccò.
«Oh, invece sì che lo sei!» ridacchiai.
Passando il cancello della scuola, un gruppo di coglioni della squadra di lacross fischiò.
«Wow, Daniels! Che schianto! Clayton ti ha convita a passare dall'altro lato? Che perdita!»
Abbassai lo sguardo arrossendo per la vergogna, ferita che quelle voci continuassero a girare.
«Vaffanculo!» esclamò semplicemente Hebe alzando il dito medio sopra la testa senza nemmeno guardare chi avesse parlato.
«Mi piacciono le aggressive! Ricorda che ci sono sempre se torni dalla parte etero!»
Ignorai e non seppi mai chi avesse parlato.
«È prestissimo, siamo in anticipo. Che ne dici di passare alla caffetteria della scuola?» mi propose Hebe controllando il telefono.
«Sì, perché no. Offri tu?» scherzai.
«Certo che no, Clayton.» ridacchiò lei mentre ci avviavamo.
Fu la scelta giusta quella che prendemmo, poiché lì, in mezzo a tanta gente, c'era anche Lance.
Senza nemmeno accorgermi che era in compagnia, lo raggiunsi e gli diedi un pugno sulla spalla.
«Ehi!» esclamai sorridendogli. Vedendo solo lui.
L'aver chiarito ciò che provavo, lo faceva risplendere ancora di più quando mi sorrideva e mi faceva sentire chiaramente il battito del cuore.
«Ehi! Zhur!» esclamò lui andando una mano per salutarmi. «Non ti vedo spesso qui la mattina, solitamente solo quando usciamo di qua vi trovo all'entrata.» continuò.
«Oggi siamo in netto anticipo.» spiegai prendendo nota mentale di svegliarmi sempre prima d'ora in poi.
«Ehi, Lance, noi andiamo, il coach ci vuole lì.» lo salutarono i suoi amici senza nemmeno guardarmi.
«Ci si vede in corridoio» affermò il ragazzo voltandosi per replicare al saluto con pugni e schiaffi senza senso.
Hebe mi diede una gomitata nelle costole.
«Ahi!» sibilai.
«Palese. Palese. Palese.» ripeté più volte con la mano davanti alla bocca, attutendo la voce.
«Non è vero.» sbuffai.
Lei alzò un sopracciglio come a sfidarmi a ripetere.
Non accettai la sfida e strinsi le labbra imbarazzata.
«Dunque, qual buon vento vi porta qui?» chiese Lance tornando da noi.
«Il profumo delle ciambelle.» replicai distogliendo lo sguardo e dirigendomi a passo rigido verso il bancone.
«Pensavo non ti piacesse "ingrassare"» mi affiancò facendo le virgolette con le dita, senza dar tregua al mio cuore.
«I dolci fanno sempre bene. L'hai detto tu, no?»
«Brava, ascolti i saggi come me. Fai bene.» mi circondò le spalle con un braccio mentre con l'altro si batté il pugno sul petto.
«Ma quanto sei scemo?» ridacchiai nervosamente, senza osare guardarlo in faccia.
«Genio incompreso, ricordatelo Zhur.» scherzò dandomi una stretta al braccio.
«Non me l'avvelenare.» intervenne Hebe tirandomi verso di lei e separandomi da Lance. Non sapevo se odiarla o ringraziarla.
«Avvelenare? Sei tu che l'avveleni, semmai.» esclamò Lance.
«Parla pure Chanders, non abbiamo tempo da perdere con te. Un cappuccino e due brioche» ordinò Hebe.
Era veramente di buon umore quella mattina perché solitamente si sarebbe messa a battibeccare con Lance. Ma non l'aveva fatto. Notai che persino il ragazzo era rimasto sorpreso e cercò il mio sguardo in cerca di spiegazioni. Mi limitai scuotere leggermente la testa e alzare le spalle.
Lance si portò un dito alla tempia, facendolo roteare e incrociò gli occhi. È impazzita.
Ridacchiai, ma ciò attirò l'attenzione della ragazza che stava prendendo gli ordini.
«Che avete da sghignazzare, babbei?» chiese scorbutica come sempre, guardandoci male.
«Uh! Allora sei veramente Hebe! Mi stavo spaventando.» scherzai aiutandola con i piattini e raggiungendo una sedia.
«Oggi devo incontrare le ragazze dell'Accademia, vieni con noi?» mi chiese Hebe sorseggiando il cappuccino e creandosi dei baffi di latte, senza nemmeno replicare alla mia battuta.
«Dove? Quando?» chiesi.
«Noia in arrivo!» borbottò Lance che aveva girato la sedia del tavolo accanto e si era seduto con le braccia appoggiate sullo schienale e sostenendo il suo mento.
«Taci, Chanders. Tanto tu non sei invitato»
«Oh! Mi si spezza il cuore! Volevo tanto andare con voi ai saloni di bellezza a farmi le manicure» replicò il ragazzo roteando gli occhi iridescenti.
Era qualcosa di incontrollabile. Le mie labbra si piegavano in un sorriso o la gola produceva una risata ogni volta che i miei occhi si posavano su di lui.
«Appuntamento alla pista di pattinaggio alle quattro» rispose Hebe ignorando ancora una volta Lance.
«Non pattineremo di nuovo, vero?» chiesi con orrore.
«Cosa pensi di fare alla pista di pattinaggio se non pattinare?»
«Non sai pattinare?» si intromise Lance. Scossi la testa.
«Potresti insegnami tu.» dissi di getto appoggiando il volto sulle mani.
Lance sollevò le sopracciglia e poi mi sorrise:«Volentieri, peccato che sia impedito pure io» fece spallucce «Iris è...» si bloccò di colpo e la sua espressione si rabbuiò. «Sì... Beh, è brava. Lei è più brava di me.» balbettò.
«Sai che potresti parlarcene... Cioè, se qualcosa non ti va bene.» mi ritrovai a dirgli.
«Non c'è niente che non vada.» replicò Lance. «Scusatemi, devo iniziare a segnare le mie presenze a lezione. Troppe assenze a quanto pare, vi precedo.» aggiunse alzandosi e andandosene. Era scappato. Fuggito.
«Non parla molto di sé.» mormorai fissando ancora la porta.
«Non sembra andare d'accordo con la sua ragazza. Potresti avere speranze.» mi disse Hebe addentando la sua brioche.
«Non voglio essere la terza incomodo che ruba il ragazzo di una relazione a distanza.» affermai abbassando lo sguardo. Il volto mi andava a fuoco.
«È sbagliato. Io... Non lo farò.» ripetei a bassa voce per imprimerlo nella mia stessa mente.
«Come vuoi.»

Ero in bagno a ritoccarmi il trucco quando sentii qualcuno piangere in una delle cabine. Mi guardai attorno realizzando di essere sola. Senza saper che fare andai a bussare alla porta.
«Tutto okay lì dentro?» chiesi a disagio.
«Azura?» chiese una voce familiare tra i singhiozzi.
Prima che riuscissi ad associare un volto alla voce, Beth uscì dalla cabina e mi abbracciò.
«Che... Che è successo?» chiesi scioccata senza sapere cosa fare se non dare leggere pacche sulle spalle.
«Sono così sola! Non ce la faccio senza di te! Per favore! Torna da me!» pianse ancora, così tanto da mettermi a disagio.
«Beth... Perché non lasci Daia?»
La ragazza mi spinse via.
«Per poi ritrovarmi ad essere bersagliata da tutti? No!» esclamò e poi corse fuori dal bagno.
Più perplessa che arrabbiata, me ne tornai in classe.
Ace doveva essere proprio scemo ad essersi preso una cotta per lei. Eppure un tempo non la sopportava. Anzi, mi rimproverava sempre quando la portavo in casa.
Più ci pensavo e più mi faceva rabbia l'idea. Arrivata alla porta dell'aula di lettera, la spalancai sbattendola con tutta forza. Il rimbombo risuonò forte e chiaro contro il muro e la classe si zittì di colpo. Tutti i presenti, Lamus compreso, mi fissarono.
«Signorina Clayback, si è degnata di ritornare dal bagno. Temevamo che avesse smarrito la strada.» disse Lamus. La classe rise anche se la battuta era raccapricciante e il mio cognome errato.
«Che aspetta a tornare al suo posto? Non si aspetterà un invito?» altre risate, in particolare dall'angolo dell'aula in cui era seduta Daia.
«Sì, mi scusi.» replicai impacciata tornando al mio posto.
«Bene, ricominciamo la lezione. Chandelier leggi la parte successiva.» continuò Lamus. Dopo la grande litigata avuta con Lance, Lamus si era messo in testa di rovinargli la vita chiamando sempre lui a rispondere a qualsiasi domanda. Effettivamente era un bene per gli altri, ma il povero Lance si era ritrovato una media inguardabile, nonostante fosse bravo e rispondesse ad almeno il cinquanta percento delle questioni.

A fine lezione riuscii a raggiungerlo.
«Dovresti dirlo alla preside. È così ingiusto!» esclamai fuori portata da Lamus.
«Bah, ci ho fatto l'abitudine. Avevo un prof così anche nella mia vecchia scuola.» replicò il ragazzo con noncuranza.
Per qualche motivo prese il cappuccio della felpa e se lo mise, nascondendo i suoi ricchi biondi.
«Ma non significa niente. Ti fa star male...» mormorai.
«Ma io sto bene.» affermò il ragazzo sorpreso dalla mia uscita.
«Azura» mi chiamò Hebe. «Xavier è qui fuori.» mi informò raggiungendomi. Mi voltai per salutare Lance ma lui era già sparito in mezzo alla folla. Non mi restò che andare incontro al mio pretendente.

«Ti spiace accompagnarmi verso le quattro alla pista di pattinaggio?» chiesi al ragazzo che mise in moto.
«Quale? Quello vicino alla libreria dove lavora la mamma di Hebe?» mi chiese.
«Sì, quella» confermai.
«Non c'è problema. Sai pattinare?»
«In realtà no» replicai imbarazzata guardando i volti anonimi dei ragazzi fuori dal finestrino. Non si rendevano conto nemmeno che stessi restituendo loro i loro sguardi invidiosi. Non ci arrivavano che anche se i finestrini erano oscurati da fuori, da dentro non lo erano affatto. Xavier uscì dal parcheggio senza investire nessuno. Peccato.
«Quindi Hebe ti farà da insegnante?» continuò.
«Probabilmente ci proverà. Mi ha detto che ha fatto pattinaggio artistico, perché ha abbandonato?» chiesi voltandomi verso di lui.
«Da piccola si era iscritta proprio perché sua madre lavorava lì e quindi, dopo averla presa da scuola la portava a fare pattinaggio. Poi ha smesso perché non si era mai trasformato in vera passione, se non sbaglio» mi spiegò. «Ma queste cose non è meglio che le chieda direttamente a lei?» aggiunse.
Arrossii.
«Sì beh, in effetti... Solo che penso che le dia fastidio che io le faccia domande personali.»
«Ti hanno mai detto che pensi troppo?» ridacchiò cambiando marcia. Poi allungò una mano e prese la mia, stringendola e tenendo fermo il volante con l'altra mano.
Mi districai dalla sua presa.
«Ti devo dire una cosa.» presi coraggio.
«Odio quando le ragazze dicono questa frase.» fece teatrale lui senza essere rimasto infastidito dall'aver rifiutato la sua stretta.
Chiederglielo avrebbe potuto essere una cosa tremendamente imbarazzante, anche se effettivamente mi stava già trattando come la sua ragazza. Non sarebbe cambiato molto.
«Noi non stiamo insieme.» iniziai.
«Ah no?» chiese lui con finta ingenuità, quando sul volto aveva un ghigno che la diceva lunga.
«Cosa siamo, per te?» chiesi.
Lui ci pensò.
«Emh... Confidenti?»
La sua faccia era talmente buffa che mi misi a ridere.
«Qualcosa non va nella parola "amici"?» lo presi in giro.
«Non so. L'esperienza mi ha insegnato di non etichettare le ragazze con cui sono andato a letto come "amici", perché poi si incavolano e tentano di tirarmi un calcio nei gioielli di famiglia.» mi spiegò. «E poi sto guidando, sarebbe pericoloso venire assalito.» aggiunse.
Risi.
«Mi hai appena catalogata come una delle tue avventure, è quel che sono?»
Xavier sembrava sul punto di strozzarsi.
«Di' la verità. Sono nei guai?»
Scossi la testa. «Tranquillo, non ti sto mettendo sotto torchio.» gli spiegai.
Il ragazzo mi diede uno sguardo veloce prima di accostare e voltarsi verso di me definitivamente.
«Ci sono due possibili domande che mi farai.» iniziò.
«La prima» alzò un indice «È quella che mi chiederai di ufficializzare le cose e stare assieme. La seconda...» alzò l'indice dell'altra mano. «È quella dove mi chiedi di dimenticarci di tutto e far finta di niente, essere solo amici. Dunque, Azura Clayton, cosa mi vuoi chiedere?» concluse mangiandosi tutti i giri di parole che avevo in mente.
Forse non era un ragazzo. La specie maschile non era così perspicace.
«Che risponderesti a queste domande?»
«Perché? Cambierai domanda in base alla mia risposta?» mi affrontò. Il ticchettio delle quattro frecce dell'auto mi innervosiva e non mi faceva pensare chiaramente.
Cosa volevo io?
La sera prima ero convinta di voler iniziare una nuova avvenuta con il bellissimo ragazzo seduto davanti a me.
Perché Hebe aveva ragione. Eravamo single e sembravamo attratti l'uno dall'altra. Non avremmo ferito nessuno. Ma poi quella mattina...
«Voglio che siamo amici.» affermai risoluta facendolo sorridere.
«Cioè, finché si tratta di pomiciare in macchina è una cosa, ma il sesso? No. Non saremo quel che sono Hebe e Tony. O meglio, quel che sono stati.» mi affrettai ad aggiungere poiché quel sorrisetto mi faceva pensar male.
«In pratica mi stai dicendo che posso baciarti quando voglio senza superare quella base? E poi che cosa sono esattamente Hebe e Tony?» aggiunse inarcando il sopracciglio.
«No! Niente baci, niente flirt e soprattutto niente sesso di convenienza.»
«Uh, Hebe e Anthony erano scopamici? Oddio, questa non la sapevo!»
«Scherzi? Davvero non lo sapevi?» esclamai.
«No! Pensavo che uscissero assieme!» replicò.
Tutti i complimenti sulla perspicacia di Xavier Bellson li dovetti rimangiare tutti, dopo quell'uscita.
«Xavier!» esclamai dandogli una spinta.
«Okay, okay. Ricevuto forte e chiaro, mademoiselle.» disse alzando i palmi.
«Amici senza alcun fine.» mi fece l'occhiolino.
«Ah, e non venirmi a prendere a scuola se siamo amici.» aggiunsi.
«Non vuoi più mantenere la recita?»
Scossi la testa. «La tua presenza mi impedisce di trovarmi un ragazzo anche se è tutto falso. Quindi preferirei fingere di rompere con te.» riflettei.
«Capisco. In altre parole mi hai appena mollato. Ah, che colpo al cuore.» disse teatralmente rimettendo in moto.
«Almeno così puoi ritornare su Wren.» lo istigai.
«Attenta a quel che dici. Lo sai come va a finire ogni volta che parliamo della mia situazione sentimentale.» ghignò.
«Xavier! Cosa mi hai appena promesso?!» esclamai scandalizzata.
Lui rise. Mi stava prendendo in giro.
In quel momento pensai che Wren era veramente una ragazza fortunata.

Come regalo di "addio", Xavier mi fece provare la sua auto.
Avevo una paura tremenda a mettere mano sul volante di qualcosa di così pericoloso, ma in un certo senso era super eccitante. Il brivido di sentire quel motore ruggente, come un predatore pronto ad attaccare.
«Davvero posso guidarla?» chiesi per la ventisettesima volta.
«Puoi. Quante altre volte me lo devi chiedere prima di partire? Guarda che questo gioiellino è capace di andare piano se hai paura della velocità.» mi canzonò il ragazzo.
«Xavier, è la tua auto e... Che faccio se la sfascio?» chiesi con voce acuta.
«Conto sul fatto che rispetterai i limiti di velocità e che non le farai del male. Ma in caso contrario. Ho altre quattro auto.» scherzò. Risi nervosamente.
«Non stavo scherzando. Ho altre quattro auto. Senza contare quelle personali dei miei genitori e di mia sorella.» affermò Xavier con tranquillità.
«Quanto puoi far schifo?» feci una smorfia.
«Lo so. Ora metti la freccia. Hai la patente no?»
«Sai, solitamente una persona lo chiede prima di far sedere al posto del guidatore la persona.» gli feci notare.
«Oh, quante storie. Meglio tardi che mai.» roteò gli occhi.
«Comunque sì. Ho la patente.» borbottai.
Finalmente immisi nella strada godendomi la meraviglia di provare un auto tanto costosa.
Riuscii persino a parcheggiare bene quando arrivai al parcheggio della pista da pattinaggio.
«È stato troppo figo!» esclamai emozionata e tutta pimpante.
«Sì.» deglutì «Come no.» Il ragazzo teneva ancora un braccio arpionato sul manico e l'altro stringeva il sedile con una presa mortale. Piano piano si rilassò, massaggiandosi il petto.
«Non sono andata così veloce!» brontolai guardandolo in faccia.
«No! Assolutamente no!» Il sarcasmo non mi sfuggì, così lo punzecchiai finché non tornò a ridere.
«Dai che non ti arriverà la multa.» lo consolai con ironia. Poi gli scoccai un bacio sulla guancia per salutarlo e scendere dall'auto.
Solo dopo essere giunta all'entrata notai Wren osservare l'auto di Xavier allontanarsi e ciò mi fece sentire terribilmente in colpa.
«Oh, ciao!» squittii imbarazzata.
«Ciao.» mi restituì il saluto con un sorriso gentile e luminoso.
L'insicurezza che mi serrava la bocca dello stomaco ogni volta che vedevo quella ragazza non mi sarebbe mai passata. Era troppo perfetta in ogni gesto casuale che faceva. Sarei persino passata all'altra sponda per una come lei.
«Non voglio sembrarti impicciona... Ma esci con lui?» mi chiese la ragazza.
«Cosa? No! Cioè, usciamo come amici! Lui... Mi da consigli.» mi affrettai a dire.
«Consigli? Prendi consigli da Bellson? E su cosa?» chiese lei chiaramente stupita.
«Su uno che mi piace.»
Gli occhi di metallo prezioso di Wren si sgranarono. Fece per parlare ma sembrava non saper formulare la frase.
«Davvero, mi è stato d'aiuto. È un ragazzo speciale.» le dissi. La ragazza non sembrava particolarmente convinta eppure mi rispose:«Lo so.»
Venimmo interrotte dall'arrivo di Hebe e Cammie, facendo mancare all'appello solo Frannie.
Hebe era come l'avevo vista stamattina e non fui l'unica ad aver notato che si comportava anche in modo strano.
Io e le altre ragazze ci guardavamo stupite, con i punti di domanda che danzavano attorno alla testa, mentre Hebe parlava più del solito.
Persino quando arrivò Frannie, in netto ritardo, non la sgridò, ma al contrario, la consolò. Gli occhi fiordaliso della ragazza, sgranati come due biglie luminose, manifestavano tutta l'incredulità della proprietaria.

Non era mia intenzione pattinare nuovamente però mi ritrovai nuovamente in quella pista, sballottata da una ragazza all'altra che mi insegnava a turno.
«Non pensi che Hebe sia strana?» mi chiese Wren quando fu il suo turno.
«Tantissimo» replicai tenendo gli occhi fissi sul ghiaccio sotto di me.
«Pensi... Pensi che le sia successo qualcosa di tremendamente bello?» continuò lei stringendomi il braccio per non farmi cadere.
«Cosa?»
«Magari sta uscendo con qualcuno.» azzardò lei.
«Non credi che l'avrebbe detto a qualcuno?» chiesi. «A te per esempio. Sei la sua migliore amica.»
«È questo il punto... Lei non parla molto di sé, a meno che non le venga cavato fuori a forza.» disse accigliandosi.
«Oppure attende che le venga chiesto» affermai. «Potremmo chiederglielo tutte assieme dopo che il nostro turno finisce.» proposi.
«Non lo so... Magari quando sarà pronta ce ne parlerà di sua spontanea volontà. Ognuno ha i suoi tempi, no?» mi sorrise.
Ripensai a quanto ci abbia messo io ad ammettere di provare qualcosa per Lance e a come Hebe l'avesse sempre saputo.
«Già, ognuno ha i suoi tempi.» mormorai prima di scivolare sul ghiaccio.

Quando fui a casa pensai a lungo ai segreti. Avevo deciso di rifiutare di uscire con Xavier e ciò faceva di me una single che sbavava per un ragazzo impegnato. Eppure si capiva che lui e la sua ragazza stessero avendo un brutto momento. Forse... Forse si sarebbero lasciati. Ma come potevo comunque essere certa di interessagli almeno un po'? Potevo chiederglielo. Potevo confessargli ciò che provavo per lui. Ma poi come si sarebbe evoluto il nostro rapporto? Sarebbe stato a disagio? Oppure avrebbe lasciato lei per me?
Raggiunsi il sacchetto appeso alla "sedia dei vestiti né troppo sporchi né troppo puliti" e presi il libro che avevo comprato quel giorno alla libreria della madre di Hebe.
Era il libro del film che avevamo visto, il primo di quattro. Guardai la copertina azzurra con i titolo "Elements" in rilievo, passandoci sopra le dita.
«Non è il mio genere.» mormorai. Eppure le ragazze avevano costretta me e Frannie a leggerlo.
Non ero un amante della lettura, a meno che non fosse una storia rosa particolarmente coloriti.
Sospirando, mi immersi nella lettura, cercando di togliermi dalla mente Lance Chanders.
A tarda sera, ero arrivata a metà libro, ma più leggevo dei segreti non confessati e delle menzogne dei cari, più mi veniva voglia di dichiararmi al ragazzo che mi piaceva. Così, verso mezzanotte, presi la mia decisione, influenzata dalla lettura.

La mattina dopo ero uno zombie, ma mi alzai ugualmente presto, sperando di riuscire a raggiungere il bar della scuola, così da poter incontrare Lance.
Inoltre svegliarsi presto aveva i suoi vantaggi, come evitare un certo fratello.
Ma purtroppo mi ero scordata di avvertire Hebe che arrivò a prendermi più in ritardo del solito.
Quella mattina era tornata normale, con trucco pesante e anfibi, anche se portava ancora il cappotto.
«Oggi confesserò a Lance i miei sentimenti» dichiarai non appena partì.
«Cosa?» chiese la ragazza intontita.
«Mi dichiaro.» chiarii stranamente sveglia ed euforica, nonostante avessi dormito circa sei ore.
«E come mai questa decisione?»
«Hai presente il libro? Mi dava sui nervi che tutti le nascondessero qualcosa e che lei stessa nascondesse le cose, così io ho deciso di non nascondere niente, capito?» dichiarai.
«Non vedo dove sia il collegamento, ma okay...» replicò lei.
«Ma ne sei sicura?» mi chiese per sicurezza.
«Certo!» affermai. «Non posso passare tutti i giorni con lui fingendo che non provi niente. E poi l'hai detto anche tu che è palese. Meglio che lo dica io, invece che lo capisca da solo o, peggio, venire a saperlo da qualcun altro.» dissi per darmi ancora più sicurezza.
Più ci pensavo, più l'idea mi piaceva. Comunque fosse andata mi sarei liberata di un peso.
«Va bene.» disse Hebe sorridendomi incoraggiante.

A scuola Lance non c'era. Non lo trovai da nessuna parte per tutta la mattinata finché non lo scorsi all'ultima ora mentre usciva dalla scuola.
Spintonando un po' di persone li raggiunsi di corsa, afferrandogli il braccio per fermarlo.
Il ragazzo si voltò stupito verso di me.
«Tutto okay, Zhur?» mi chiese mentre io cercavo di riprendere fiato. Mi portò in cortile in modo che non intralciassimo le persone che uscivano dal portone.
«Io... Ti devo dire una cosa.» Il cuore mi batteva forte, anche se non per la corsa. Fissai il suo volto, i suoi occhi e mi mancarono le parole.
Lance era in attesa che dicessi qualcosa, ma non riuscii a far altro che boccheggiare senza emettere alcun suono.
«E sarebbe?» chiese inarcando un sopracciglio. È un momento sbagliato per pensare che ai miei occhi è veramente bello?
«Lance... Io... Devi sapere che io...» balbettai sentendo il volto in fiamme e il cuore scoppiare.
«Io... Io...» continuai. Lance mi stava fissando intensamente alla ricerca di parole che non riuscivo a dire.
«Io... Io mi sono... Lance io mi sono in...»
«Lance!» mi interruppe qualcuno. Ci voltammo entrambi verso la fonte.
Iris, la ragazza di Lance, si trovava davanti a noi, con i capelli color cioccolato legati in una lunga coda alta, un borsone sottobraccio e un largo sorriso sulle sottili labbra.
«Iris?» sgranò gli occhi il ragazzo, stupito e senza parole. Anche io ero senza parole.
Iris mollò il suo borsone a terra e corse ad abbracciare di slancio Lance che la prese al volto. Poi lo baciò, tenendo fermo il suo volto tra le mani.
«Mi sei mancato così tanto» la sentii dire. «Non litighiamo più, per favore.» sussurrò. Lance annuì piano, con la fronte appoggiata alla sua e le braccia strette attorno a lei.
In silenzio, senza che loro se ne accorgessero, mi dileguai nella folla.

Angolo Autrice

Dunque, ecco il capitolo! Più lungo del solito eh?

Domanda da farvi, chi di voi ha letto "Elements" tra di voi?
Lo chiedo per sapere quanto questa storia meriti per il suo personale contenuto piuttosto che per merito della "fama" dell'altro. 🤔

Sapete, mi fa incavolare Azura. Non avete idea di quanto mi faccia incavolare! Forse anche perché so cosa accadrà ad un certo punto... Anche Lance mi fa tanta rabbia! Sono tutti così scemi! Anche se solo così sembreranno più reali...

Non ho più nulla da dirvi. Ci sentiamo la prossima settimana 🤗

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