Sette anni.

By fedesx

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Avevano immaginato una vita insieme, avevano immaginato di creare una famiglia, costruire casa, e vivere il l... More

chapter two.
chapter three.
chapter four.
chapter five.
chapter six.
Epilogo

chapter one

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By fedesx


Il sole splendeva alto sopra il cielo di Roma, faceva caldo e c'era quell'aria umidiccia che incollava il sudore alla pelle. Ma nonostante tutto, quella mattina Mario si era svegliato presto e di buon umore. Era sceso dal letto, piano, senza fare rumore, ed era corso in cucina a preparare la colazione per la sua famiglia.

Alzò le tapparelle e iniziò a imbandire la tavola di buon cibo: tazze colme di latte, cereali, marmellate, nutella, spremute d'arancia, caffè, frutta. In sottofondo sentiva la musica, non riusciva a fare nulla senza quella. Mentre preparava il ben di Dio da mettere a tavola, muoveva le spalle danzando e mimava le parole della canzone. Era sempre di buon umore alla mattina, ma quel giorno era diverso: sentiva che quella giornata sarebbe stata di gran lunga migliore di tutte le altre. Alzò il braccio sinistro ed adocchiò l'ora: erano le otto e trenta ed era ora di svegliare la prole.

Con passo deciso entrò nella cameretta della piccola Eleonora, Mario sorrise mentre si abbassava ad altezza lettino.

-Amore?- sussurrò baciando la testolina della bambina -sveglia pigrona- continuò accarezzandole le guanciotte piene.

Eleonora si stiracchiò emettendo un dolce suono, tipico dei bambini. Il cuore di Mario fece letteralmente una capriola e la riempì di baci. Amava i suoi bambini, ma Eleonora le era letteralmente entrata nel cuore sin dal primo istante. Aprì le finestre e scoprì le tende per far entrare luce nella cameretta. Osservò ancora per qualche secondo la sua bambina dormire, e poi iniziò a stuzzicarla. Con l'indice le toccava le grosse labbra ancora corrugate dal sonno. La bambina si lamentò, ma accolse molto volentieri le coccole di papà Mario.

-Andiamo a svegliare il piccolo Matteo?- domandò Mario baciando ancora le guance di sua figlia.

Eleonora aprì immediatamente gli occhi: amava suo fratello, stravedeva per lui.

Eleonora aveva quattro anni mentre Matteo tre. Mario e il suo compagno li avevano sognati da tanto tempo, sognavano di creare una loro famiglia, e quando arrivò quella fatidica telefonata stentavano a crederci. Entrambi non avevano dormito la notte prima di andare a prendere Eleonora in ospedale, erano sovraeccitati e colmi di gioia. Quando misero piede in quella camera d'ospedale entrambi tremavano dall'emozione. Mario aveva un groppo in gola, cercava in tutti i modi di non piangere, ma quando l'infermiera gli andò incontro con un piccolo pargolo in braccio, cedette. Calde lacrime continuavano a scendergli dagli occhi. L'infermiera consegnò la piccola appena nata direttamente nelle braccia tremanti di Mario, quest'ultimo continuava a piangere di gioia, di felicità, di amore. Baciò delicatamente la testa della bambina e giurò di vedere un piccolo sorriso sulle sue labbra. Eleonora gli era entrata nel cuore, letteralmente. L'aveva rapito e di li a poco gli avrebbe cambiato la vita, in meglio.

Quattro anni dopo, spinti dalla voglia di avere una famiglia sempre più grande, fecero domanda per l'adozione di un altro bambino. Si stupirono quando, inaspettatamente, gli risposero subito. Matteo viveva in un orfanotrofio dove la madre, tre anni prima, l'aveva abbandonato. Non vollero vedere nemmeno una foto, accettarono all'istante la richiesta di adozione. Bastò uno sguardo, e Mario capì subito chi fosse il suo bambino: aveva due grandi occhi verdi e una folta chioma castana riccia. Il cuore gli si fermò nel petto per qualche secondo, poi si lasciò travolgere dalle emozioni e corse incontro a quel bambino. Matteo gli buttò le braccia al collo e lo abbracciò forte, il cuore di Mario sussultò di gioia e lo prese in braccio. Da quel momento in poi, quel bambino, avrebbe avuto una casa, una sorella e due genitori amorevoli che si sarebbero presi cura di lui.

Eleonora scese dal letto e ancora assonnata prese la mano del padre e si diresse nella camera accanto a svegliare il fratello.

-Teo?- disse la piccola con voce impastata dal sonno -svegliati!- lo toccò sulla spalla.

Mario aprì le tende anche in quella stanza e poi si sedette a terra con sua figlia sulle gambe. Accarezzò la testolina del figlioletto ancora in balia del sonno e gli sussurrò parole dolci. Amava le mattine con i suoi figli, gli riempiva il cuore di felicità e amore e orgoglio. Amava essere papà, passare da pannolini a pappe, asili e scuole materne, la macchina sempre in disordine e casa sempre piena di giocattoli. Amava il disordine che i suoi bambini creavano, amava passare del tempo con loro, vederli crescere.

Matteo aprì finalmente gli occhi e guardò la faccia del suo papà, dove aveva stampata un'espressione da ebete con un sorriso da un orecchio all'altro perché il bambino gli sorrise all'istante. Gli occhi di Matteo erano penetranti, grandi, e verdi, e questo creava al cuore di Mario un'insolita fitta di amore e dolore. Ha sempre amato gli occhi verdi, aveva amato persone con gli occhi verdi. Forse è per questo che da quando aveva visto Matteo in orfanotrofio era scattata subito quella voglia irrefrenabile di portarlo a casa e viverselo. Quegli occhi verdi gli ricordavano qualcuno che non c'era più ma che, nel profondo, continuava ad esistere.

Scosse la testa, Mario, e cercò di tornare alla realtà. Prese Matteo in braccio e afferrò la manina di Eleonora e tornarono in cucina. La musica continuava ad echeggiare nell'aria e i bambini corsero al loro posto. Mario mise davanti ai loro occhi un bicchiere di succo d'arancia con della frutta nel piatto. Sbafarono tutto in un batter d'occhio e Mario rimase seduto difronte a loro a sorridere e a guardarli parlare, con parole ancora impastate dal sonno. Matteo stava iniziando a parlare bene, negli ultimi mesi era riuscito ad imparare tanti vocaboli grazie al suo papà. Mario continuava a parlargli e ad insegnargli cose nuove. Quei due bambini, che andavano d'amore e d'accordo, erano tutta la vita di Mario. Respirava per loro, viveva per loro.

-Papà ma non mangi?- chiese Eleonora mettendosi in bocca un'altra fragola.

-Amore papà mangia dopo, ora basta mangiare e andiamo a prepararci che dobbiamo andare all'asilo- disse pulendo distrattamente le bocche dei sui figli.

I bimbi scesero dalla sedia e corsero nella stanza dei giochi, ormai era di routine: si svegliavano, mangiavano, giocavano e nel frattempo Mario preparava i vestiti da mettergli, li lavava, li vestiva e li portava all'asilo. Amava quella routine e non l'avrebbe cambiata per nulla al mondo.

Per Eleonora scelse un pantalone grigio con una maglia a maniche corte bianca con raffigurata sopra l'immagine di un cartone animato. Mentre per Giorgio aveva tirato fuori un jeans blu con maglietta azzurra a pois bianchi.

-Tutti in bagno!- aveva urlato e in un batter d'occhio i bambini gli sfrecciarono accanto.

Prese Eleonora da sotto le braccia e la fece salire sulla sedia mentre Matteo lo fece sedere accanto al lavello, e continuava a controllarlo nel caso cadesse. Allungò una mano e passò lo spazzolino col dentifricio alla piccola Ele che iniziò a lavarsi i denti sporcandosi il musino di dentifricio. Nel frattempo lavò il faccino di Matteo e i suoi dentini. Tutti e tre cantavano le parole delle canzoni in sottofondo, ridendo e scherzando, sorridendo e facendosi il solletico. Le risate di quei due bambini riempivano il cuore di Mario.

Eleonora e Matteo avevano due caratteri molto diversi: la bambina era più loquace, estroversa, mentre Matteo era un bambino che stava sempre sulle sue, introverso e molto timido con la gente.

Vestì in fretta e furia i bambini, acconciò in due dolcissime codine i capelli castani di Eleonora e afferrando i loro rispettivi zaini uscirono di casa dirigendosi verso la macchina.

-State fermi voi li- disse Mario dando un'occhiata dallo specchietto.

La musica colmava l'abitacolo, e i tre cantavano a squarciagola mentre la macchina camminava lenta nel traffico di Roma. I finestrini abbassati, vento nei capelli e occhiali sul naso. Era fermo ad un semaforo quando una macchina nera si fermò accanto a quella di Mario. La musica alta e fragorose risate uscivano dalla vettura. Mario girò la testa in modo automatico e lo vide. Fu un attimo, e rivide quella persona. Lo stava ancora fissando quando la macchina dietro di lui suonò per il semaforo verde. Si riprese ancora dallo stato di shock e mise in moto la macchina.

Ma era possibile? Aveva visto sicuramente male.

Mentre i bambini continuavano a cantare, Mario si zittì e ripensò all'incontro di pochi minuti fa. Era impossibile, non vedeva quella persona da anni ormai. Eppure sembrava così reale da non crederci. Il profilo era lo stesso, e quel profilo Mario lo conosceva fin troppo bene. Quante notti aveva passato sveglio a fissarlo mentre dormiva, quante volte durante la loro quotidianità l'aveva osservato, centimetro per centimetro, studiando ogni singolo dettaglio del suo volto. Non poteva essere vero, e poi a Roma era impossibile visto che abitava da tutt'altra parte.

Scosse la testa e si concentrò a trovare parcheggio. Era molto vulnerabile in quel periodo, pur avendo una vita frenetica tra bambini e lavoro, la sua mente vagava spesso. Continuava a pensare alla sua vita passata, a come in dieci anni era cambiato, come quella persona l'avesse cambiato. In tutti questi anni non si era mai permesso di cedere, ma in quel periodo continuava a pensare a come sarebbe stata la sua vita se non avesse incontrato quello che era il suo compagno. A come sarebbe stata la sua vita senza Eleonora e Matteo. Ma il pensiero più frequente era: come sarebbe stata la sua vita con Eleonora e Matteo, e lui?

A volte prima di andare a letto fissava il soffitto e davanti agli occhi gli passavano tutte le immagini della loro storia, di come intensamente si erano vissuti, di quando potente e profondo il loro amore fosse, e a come si distrusse il tutto da un momento all'altro. E se chiudeva gli occhi, poteva sentire le grosse e caldi mani di Claudio che gli toccavano il viso, le mani, il corpo, poteva sentire le carnose labbra di Claudio percorrergli il collo per poi posizionarsi sulla sua bocca e schioccare un bacio sonoro, poteva sentire il suono della sua risata nelle orecchie che arrivava direttamente al suo cuore. Quando i suoi pensieri andavano oltre cercava sempre di tornare alla realtà e, girandosi alla sua sinistra, guardando il compagno dormire beatamente, riusciva a tornare.

Non riusciva a capire il perché di quei pensieri, eppure non gli mancava nulla: due bambini amorevoli e un compagno da far invidia a tutti quanti. Lorenzo era una persona speciale per Mario, si erano incontrati per caso, ed era sbocciato subito l'amore. Fecero tutto di fretta, come se qualcuno li stesse obbligando a compiere determinate azioni. Ma a loro andava bene così: dopo un mese di conoscenza decisero di andare subito a convivere, e dopo nemmeno un anno si misero in lista per le adozioni. Mario non aveva mai fatto le cose così in fretta, ma con Lorenzo gli veniva naturale. Non si vedevano spesso, Lorenzo essendo avvocato, uno di quelli potenti e bravi, era spesso in giro per tutta l'Italia. Ma ciò non poteva di certo cancellare l'amore che c'era tra di loro.

E allora perché Mario pensava alle persone del suo passato? Perché dopo sette anni, continuava a pensare a Claudio, alla sua vita e alla loro vita passata insieme? Forse perché, nonostante tutto, non aveva ancora dimenticato il suo primo amore, non aveva dimenticato le emozioni e non aveva dimenticato il modo di amarlo, che era completamente diverso da Lorenzo.

Tutta questa storia del passato tormentava Mario da ormai troppo tempo, e non riusciva a mettere fine a questi pensieri. Alcune volte mentre lui e Lorenzo facevano l'amore, se Mario chiudeva gli occhi, immaginava Claudio. Si sentiva morire al solo pensiero di immaginare un altro al posto del suo compagno, ma la sua mente continuava a fargli questi scherzi beffardi.

-Allora, ci vediamo oggi pomeriggio alle tre va bene?- disse Mario sorridendo ai bambini.

-Va bene papà, ciao divertiti al lavoro!- Eleonora lo salutò con un bacio sulla guancia e corse dalle sue amichette.

Mario lasciò Matteo nelle braccia della maestra e restò in un angolo a fissare i suoi bambini giocare con gli altri. Eleonora già aveva preso il suo posto da leader e aveva incominciato a comandare le sue amichette, tipico di lei, mentre Matteo era ancora attaccato alla gonna della maestra e, timidamente, guardava un gruppetto di compagni giocare con i lego. In Mario scoppiò un senso di protezione nei confronti di quel bambino, la sua timidezza lo spaventava ma Matteo era così: aveva bisogno di un po' di tempo, e poi si sarebbe aperto a tutti. Amava quei bambini, se lo ripeteva più volte al secondo, ma era la verità.

Non erano geneticamente suoi, ma questo cosa importa?

Ci volle una forza incredibile per girarsi e tornare alla macchina per andare al lavoro, ma alla fine Mario la trovò e mettendo in moto il veicolo sfrecciò tra le strade di Roma.

*

-Cos'è questa?- chiese Sofia indicando qualcosa con la piccola manina.

Claudio gliela prese e la baciò, poi rispose: -Questa amore è una fontana- disse guardando Fontana di Trevi -sai che la gente di tutto il mondo viene qui, prende una monetina e lanciandola all'indietro esprime un desiderio?-

Gli occhi della piccola Sofia si aprirono all'istante e un sorriso comparve sul suo volto.

-Davvero?- cantilenò girandosi verso la fontana.

-Certo- annuì Claudio facendosi spazio tra le gente.

-L'hai già fatto papà?- chiese guardando Claudio con aria furbetta.

-Si amore, papà l'ha già fatto anni fa- confermò, un po' assente dal ricordo.

-E funziona?- domandò incuriosita.

A quanto pare no, amore. Voleva dire, ma si può mentire ad una bambina?

-Diciamo che ha funzionato. Tu vuoi provare?-

Sofia annuì all'istante afferrando tra le sue piccole manine la moneta che Claudio gli consegnò. Lui la fissò concentrandosi nell'esprimere il desiderio per poi lanciare la moneta. Alcune volte Claudio restava ore a guardare, contemplare, sua figlia. Osservava ogni centimetro di quel piccolo viso angelico e il cuore gli batteva sempre di più nel petto. Sofia era la bimba più bella che lui avesse mai visto: capelli neri sempre portati con due codine di lato, grandi labbra a forma di cuore e due grandi e profondi occhi neri, espressivi come mai aveva visto. Si era innamorato di questa bambina sin dalla prima volta, e quando i loro occhi si incrociarono Claudio capì in quell'istante che sarebbe stata sua, senza ombra di dubbio.

Sofia era furbetta, amava fare scherzetti al padre e amava prenderlo in giro. Aveva un caratterino difficile, ma Claudio l'amava come mai aveva fatto in vita sua. Ma nonostante tutto, Sofia stravedeva per il padre. La notte riusciva sempre a scendere dal suo piccolo lettino per rifugiarsi nelle braccia di papà Claudio, così insieme spendevano la notte: abbracciati, pelle contro pelle, e nient'altro. Sofia aveva quattro anni, ma era intelligente come una bimba di otto: furba, caparbia, e sapeva il fatto suo. Lui e il suo ex compagno l'avevano adottata quando aveva appena un anno, e in quegli tre anni Claudio le aveva insegnato di tutto, dai primi passi alle prime parole, al mangiare con le posate, alle prime canzoni. L'aveva seguita in tutto, a differenza del suo compagno.

Aveva perso il suo compagno l'anno precedente. Vittorio, l'ex compagno, lavorava in un agenzia immobiliare e dopo aver perso il lavoro si era buttato sull'alcool per non pensare al suo fallimento, per dimenticare. Non bastava sua figlia, non bastava Claudio, nessuno dei due bastava. Vittorio spesso alzava la voce, addirittura le mani, così Claudio per proteggere sua figlia, e se stesso, fu costretto ad abbandonare la casa dove entrambi vivevano e trasferirsi in un'altra in centro a Verona. Pochi giorni dopo, nel bel mezzo della notte, arrivò una chiamata a Claudio dove lo informavano della morte del compagno. Non versò nemmeno una lacrima, si sentì più che altro libero da un peso enorme.

Amava il suo compagno, sennò non avrebbe preso la fatidica decisione di mettere su famiglia, ma il suo comportamento negli ultimi periodi lo spaventava parecchio. La storia con Vittorio è nata piano piano, fino a scoppiare tutto d'un tratto: decisero di sposarsi dopo due anni di relazione e adottarono la piccola Sofia. Un gesto che Claudio non avrebbe mai fatto con nessuno, ma con Vittorio si sentiva di farlo e l'ha fatto. I genitori non l'avevano mai inquadrato bene, non ci andavano d'accordo, ma Claudio continuava a dimostrare il suo amore verso quell'uomo e dovettero accettare la situazione. Dopo l'arrivo della piccola Sofia rimossero completamente la loro opinione su Vittorio e si dedicarono alla nipote. Fino a quando, disperatamente e in lacrime, Claudio li chiamò cercando un posto dove andare a dormire.

Una sera, tornato tardi da un pub, Vittorio iniziò ad inveire contro il suo compagno. Sofia dormiva beatamente da ore ormai mentre Claudio lo stava aspettando sveglio sul divano. Iniziò ad insultarlo, a prendere a parole anche sua figlia. Era visibilmente ubriaco, il suo alito odorava di vari liquori diversi, a stento si reggeva in piedi. La sua voce era roca e profonda, metteva i brividi. E poi successe, la sua mano chiusa a pugno colpì la faccia di Claudio, così violentemente che quest'ultimo cadde a terra. Gli ci volle un paio di secondi per riprendersi. Cercò invano di tranquillizzare il compagno ma non riusciva. Vittorio era sempre più arrabbiato, secondo dopo secondo. Iniziò a camminare a passo svelto verso la camera della piccola Sofia, ma Claudio gli si mise davanti implorandogli venia. Lo zigomo rosso con qualche chiazza di sangue che iniziava già a sgorgare. Ma Vittorio non voleva sentire ragioni, così Claudio lo prese per le braccia e lo spinse indietro dove cadde sul loro tavolino di vetro. Il rumore che fece fu assordante e per un paio di secondi pensò di averlo ucciso. Ma Vittorio sembrava avere sette vite come i gatti, si alzò e scagliò una serie di pugni sul volto, nello stomaco, di Claudio fin quando non si stancò e cadde sfinito sul divano. A Claudio mancava il fiato, non riusciva a respirare. Strisciandosi per terra raggiunse il suo cellulare e chiamò immediatamente i genitori i quali gli dissero di abbandonare immediatamente quella casa. Con un dolore atroce in tutto il corpo prese due borsoni dove ci buttò dentro un paio di suoi vestiti e quelli di Sofia. Prese la bimba tra le braccia e lasciò quell'abitazione in punta dei piedi, mentre Vittorio dormiva sdraiato sul divano.

Disse alla piccola Sofia la verità, che gli angeli presero il suo papà e lo portarono nel cielo per proteggerla. Non capì molto quella cosa, e chiese poco di papà Vittorio.

Forse era meglio così, si disse Claudio.

In quell'anno di pura solitudine, Claudio si era dedicato alla figlia come non mai, notte e giorno. Lavorava tutto il giorno al suo solito bar e pur di non lasciarla con le tate o con i genitori la portava al lavoro. Non si staccavano mai quei due, nemmeno per farsi un bagno in santa pace. Dipendevano l'uno dall'altra, e questo a loro stava bene. Il solo pensiero di lasciare Sofia a qualcuno, anche per qualche ora, lo mandava fuori di testa. Lui sentiva la necessità di avere Sofia sempre accanto a se.

-Fatto!- esclamò orgogliosa Sofia mettendo le braccia intorno al collo di suo padre -papà ma tu che cosa hai desiderato l'altra volta?- chiese curiosa.

Il cuore di Claudio gli si stoppò nel petto, poi lentamente riprese a battere. Non poteva mentire a se stesso: spesso aveva ripensato a quel momento, così importante della sua vita. E seppur non volendo, continuava a pensarci e ripensarci.

-E' passato tanto tempo, e papà era in compagnia di altre persone. Però mi ricordo quel desiderio- disse con la mente che sfiorava quei ricordi.

-Ed era bello?- chiese arricciando le labbra a forma di cuore.

Claudio sorrise a quell'immagine, e lentamente annuì lasciandosi invadere dal ricordo.

-Cla, sono le quattro del mattino vuoi camminare ancora per molto?- chiese Mario appoggiando la testa sulla sua spalla.

-Arriviamo a Fontana di Trevi e poi torniamo a casa, te lo giuro- disse baciandogli la testa.

Camminavano ormai da ore nel centro di Roma, mano nella mano, passi silenziosi come la loro conversazione. Non servivano parole: Roma parlava. Quella serata era bellissima, calda, piena di stelle. Non aveva resistito Claudio così dopo aver cenato in un ristorante in centro, festeggiando i loro due anni insieme, costrinse Mario a passeggiare per le vie di Roma godendosi ancora di più la serata. Durante la cena parlarono del più e del meno, scherzando e ridendo, e quella volta, forse per la prima volta in assoluto soprattutto del futuro. Mario non aveva mai osato parlare di futuro, sapeva com'era fatto Claudio. Se parlavi di futuro a Claudio lui si bloccava, aggiungeva un mattoncino in più alla sua barriera. Non gli piaceva andare di fretta, amava fare le cose con calma, soprattutto con Mario.

-Tu vuoi dei figli?- aveva chiesto Mario dopo aver trovato il coraggio.

-Ma certo, che domande sono?- rispose subito Claudio senza pensarci.

Mario lo guardò sorridendo e anche sotto shock. Mai si sarebbe aspettato una risposta del genere. Certo, lo sperava, ma così di getto no. La sua mente adesso continuava a fantasticare sulla loro futura vita, tra matrimonio e figli, ma dovette fermarla all'istante. Ancora era presto. Un passo alla volta, con Claudio si fa così.

Camminarono ancora a lungo, mano nella mano, fino a quando non arrivarono a Fontana di Trevi: uno spettacolo della natura.

-Mamma che bella di sera- esclamò Claudio ammirando le pietre bianche -ora tira fuori gli spiccioli che voglio esprimere un desiderio.-

Mario sorrise e gli porse una moneta da 50 centesimi, una ne prese lui e si avvicinarono. La piazza era vuota, considerando l'ora, e questo rasserenava ancor di più la coppia. Si misero di spalle e si presero la mano.

-Che cosa esprimiamo?- domandò Mario con tono dolce.

-Tu che cosa vuoi?-

Mario lo guardò intensamente negli occhi, alcune volte si perdeva dentro a quei grandi occhi verdi che ogni volta sembravano scrutare la sua anima. Cosa poteva desiderare di più dalla vita se non una vita intera ad amare e ad essere amato da Claudio Sona? Cosa voleva di più dalla vita, oltre il sentimento che provava verso di lui? Poi si avvicinò e lo baciò sulle labbra.

-Il futuro- rispose -con te.-

Claudio sorrise, e il cuore gli battè forte nel petto. Si morse il labbro inferiore e gli appoggiò la fronte sulla spalla e gliela baciò. Un gesto delicato e sobrio, da lui. Poi lo guardò e respirò a fondo.

-E che futuro sia- disse guardandolo con amore.

Poi lanciarono la monetina che cadde in modo delicato nell'acqua.

Si erano promessi un futuro insieme, fatto di amore e condivisione. E questo al momento bastava.

-Era uno dei miei desideri più belli- rispose a parole alla domanda di sua figlia.

-E non si è avverato?- domandò corrugando la fronte.

-Si, in parte- disse, poi deglutì a fatica per mandare giù il groppo in gola -dai, andiamo a prenderci un gelato!-

Con Sofia ancora in braccio Claudio entrò nel primo bar trovato in piazza. Prese una coppetta cioccolato e fragola per la bambina, storcendo il naso sapendo che, dopo un paio di cucchiaiate, l'avrebbe lasciata a lui. La fissò mentre concentrata affondava il cucchiaino nel gelato e si sporcava la bocca di cioccolato. La guardava incantato con il mento sopra alla mano destra, appoggiato al tavolino. Sofia era intenta a dire parole a caso, raccontando di qualche cartone animano visto la mattina in hotel. Claudio l'ascoltava, e basta, ne era completamente rapito. E in quel momento, tutto d'un tratto, dopo aver sentito la figlia dire "desiderio", ricordò il suo, di desiderio. E immaginò, immaginò di vedere accanto a lei una persona, quella persona.

Era ormai da un anno che nella sua mente era tornato l'ex fidanzato, Mario. Stava lavorando al bar quando una persona entrò chiedendo un caffè. Il profumo che quell'uomo aveva era lo stesso di Mario, e quell'odore gli riportò alla mente tutti i momenti passati con quella persona, all'amore vissuto insieme. Aveva provato a cercarlo, non si vergognava a pensarlo e farlo. Aveva costretto Paolo, il suo migliore amico, a cercarlo tra i social ma era come sparito nel nulla. Aveva provato a recuperare il suo numero di cellulare, ma invano. Pensava a lui, era come se tutto d'un tratto, grazie a quel profumo sentito al bar, fosse ritornata la fiamma. La notte rimaneva sveglio a pensarlo, a cercare di capire come erano arrivati in quella situazione. Si distruggeva da solo, a farsi mille fantasie irrealizzabili. Provò ad immaginare Mario accanto a sua figlia, a fargli i codini e a divertirsi a vestirla, divertirsi a giocare insieme a lei a passare la giornata contemplando insieme a lui la bellezza di quella bimba dagli occhi neri e profondi. Provò ad immaginare la loro storia con un finale diverso, come sarebbe stata? Come sarebbe stata la loro vita, in quel momento, se lui non avesse fatto quel fatidico errore? Come sarebbe stata la loro vita se non avesse ceduto alla tentazione se non avesse creato tutti quei problemi?

Come sarebbe stata la loro vita insieme a Sofia?

-Papà!- chiamò Sofia battendo le mani sul tavolo -non mi va più- disse allungando la coppetta di gelato verso Claudio.

Sorrise e poi si allungò dando un bacio sulla testa della sua bimba -Come se io non ti conoscessi- disse afferrando la coppetta.

Dio, era proprio un'accostata terribile: cioccolato e fragola.

Prese in braccio ancora Sofia e si infilò nelle strade affollate di Roma. Amava Roma, veramente tanto, ma ormai sentiva la mancanza di Verona. Era arrivato nella città eterna da due giorni per questioni di lavoro, e si era portato dietro Sofia. Non ha voluto lasciarla ai suoi genitori, il viaggio sarebbe durato due settimane e il solo pensiero di separarsi da sua figlia per due settimane intere lo mandava letteralmente fuori di testa. Mentre camminavano, Claudio spiegava tantissime cose alla piccola Sofia, continuava a parlarle e parlarle. Quei due non smettevano mai di dirsi le cose, che fossero serie o no non importava, loro parlavano.

Passo dopo passo, i due arrivarono nei pressi di un parco giochi. Gli occhi di Sofia si illuminarono e iniziò ad agitarsi tra le braccia di Claudio che iniziò a ridere di gusto: erano la cosa preferita di Sofia, poteva non accontentarla?

____________

Buongiorno a tutte!

Prima di tutto, grazie per aver letto questa storia. E' un po' diversa dalle altre, qui siamo proprio nel futuro. Ho voluto immaginare questa situazione, che cosa sarebbe successo?

Inizialmente pensavo di fare un one shot, diretta e senza troppi giri di parole. Ma poi le idee si accumulavano sempre di più e ho deciso di trasformare questa storia in una fanfiction.

Spero apprezziate la tematica e il tema, questo è solo il primo capitolo. Forse è un pò noioso, ma è la base della storia, più avanti GIURO che saranno più coinvolgenti.

Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere se volete il continuo oppure no.

ps: mi scuso in anticipo se ci sono degli errori di scrittura

Fede

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