Infinity (Incompleta)

selfdisclosure tarafından

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"Per un attimo è come se fossimo soltanto noi due, senza nessuno intorno, senza il peso di dover nascondere i... Daha Fazla

PROLOGO
CAPITOLO I
CAPITOLO II
CAPITOLO III
CAPITOLO IV
CAPITOLO V
CAPITOLO VI
CAPITOLO VII
CAPITOLO VIII
CAPITOLO IX
CAPITOLO X
CAPITOLO XI
CAPITOLO XII
CAPITOLO XIII
CAPITOLO XIV
CAPITOLO XV
CAPITOLO XVI
CAPITOLO XVII
CAPITOLO XVIII
CAPITOLO XIX
Personaggi :)
CAPITOLO XX
CAPITOLO XXI
CAPITOLO XXIII
CAPITOLO XXIV

CAPITOLO XXII

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selfdisclosure tarafından

DAMIAN

Quando rientro in casa trovo tutta la mia famiglia, in cucina, a conversare mentre mamma cucina.

«Ciao a tutti.» dico, mettendo la testa dentro la stanza, ritrovandomi gli occhi grigi di Cleo proprio sotto il naso, che mi osserva con una punta di divertimento che conosco bene.

«Oh guarda chi si rivede! Non sapevo se fosse il caso di chiamare la polizia per dire che mio figlio era scomparso, ma tua sorella mi ha detto che bisogna aspettare trentasei ore, prima di farlo.» dice, mia madre, puntando la mano sul fianco e osservandomi con un sopracciglio alzato.

Faccio qualche passo e mi siedo a tavola, accanto a mio padre che mi guarda accennando un sorriso.

«Quindi?» continua, imperterrita.

E se non fosse già abbastanza, ci si mette pure Cleo, che si avvicina posizionandosi accanto a me.

«Quindi, cosa?» chiedo, cercando di perdere altro tempo.

«Dove sei stato, Damian? Se uscito ieri mattina e stai tornando solo adesso...»

«Ho dormito da Oliver.» rispondo, prendendo un grissino dal cesto del pane.

«Lasciatelo stare.» s'intromette mio padre, portandomi una mano sulla spalla.

Io mi volto e gli sorrido.

«Non finisce qua.» mima con le labbra, Cleo, senza usare la voce.

Mia madre, semplicemente, sbuffa, riportando la sua concentrazione sulla cena quasi pronta.


**


«Posso?» chiede Cleo, aprendo un altro po' la porta che avevo preventivamente lasciato aperta, sapendo che sarebbe arrivata, mentre sono sdraiato sul letto con il pc sulle gambe.

Le sorrido, spostando il laptop e posandolo al lato del letto, incrociando poi le gambe e voltandomi verso di lei, che si avvicina con la sedia a rotelle, dopo aver chiuso la porta alle sue spalle.

La conosco bene, non è solo mia sorella ma anche la mia migliore amica.

Sapevo che sarebbe venuta per parlarmi e so anche che ha capito che, con Oliver, non c è soltanto un'amicizia.

Sono pronto ad affrontare questo discorso?

No.

Ma è mia sorella, e sarò sincero.

Ovviamente lei ha quello sguardo che conosco fin troppo bene, quindi non mi resta che far finta di nulla e accendermi una sigaretta, sperando di mascherare, con un po' di fumo, l'ansia che mi porto addosso.

«E' carino. Molto.» inizia, incrociando le braccia al petto.

«Di chi parli?» domando, fingendo una tranquillità che non ho.

Lei alza un sopracciglio e storce un po' la testa.

E' bellissima, dannazione. E so che prima o poi dovrò prendere a calci un po' di culi.

«Damian...» mi sfida.

Ma io faccio spallucce e sputo fuori il fumo.

So che è una cosa che odia, ma forse la farà desistere e uscire dalla stanza.

«E' inutile che provi a fumarmi in faccia. Sono in modalità agente segreto in questo momento.»

Sorrido e mi metto comodo, poggiando la schiena sulla parete adiacente al letto.

«State insieme?»

«Cosa te lo fa pensare?» domando.

«Il succhiotto che hai al lato del collo, mi fa capire già molto.» ridacchia, e io non posso fare a meno di abbassare un po' la t-shirt per controllare.

Eh sì, cazzo. Ho un segno violaceo ben visibile.

«Ci è andato giù pesante.»

«Perché pensi che sia stato Oliver?» chiedo, prima di arrendermi del tutto, spegnendo la sigaretta ancora sana a metà, su un foglio scribacchiato sopra il mio comodino.

«Mamma ha detto mille volte, che non devi fumare qua dentro.» mi riprende, storcendo il naso.

«Lo sai che l'ho fatto solo per perdere tempo.» le sorrido, facendole l'occhiolino.

Lei ridacchia e si passa una mano tra i capelli, neri come i miei.

«Quando è venuto a casa, l'altro giorno, solo perché avevate litigato. Beh, aveva quell'aria da cucciolo indifeso...e poi quando sei tornato tu e ti ho detto che era venuto a cercarti. Insomma...anche la tua faccia parlava da sola.»

Mi gratto la fronte, senza togliere gli occhi dai suoi.

«Quindi...state insieme adesso?» continua, arrossendo un poco.

«Sì.» ammetto, e non posso fare a meno di ricambiare il suo sorriso, quando lo vedo.

Lei si avvicina, per quanto le è possibile, e porta una mano tra i miei capelli, scompigliandoli un po'.

«Ti voglio bene, fratellone.»

«Anch'io.» le rispondo, osservandola indietreggiare con le ruote della sua sedia.

«Domani, invitalo qua dopo la scuola. Voglio conoscere il ragazzo di mio fratello.» mi fa l'occhiolino ed esce dalla stanza, insieme alle mie risate.


**

Quando Cleo mi lascia solo, sento il cellulare vibrare sul cuscino. Sento la solita fitta al petto e lo prendo subito, sorridendo, quando ho la conferma che sia Oliver.

Oliver- Hey...

Damian- Hey

Oliver- Domani ti passo a prendere?

Damian- Certo.

Rispondo. Finora non è mai stato necessario metterci d'accordo. Penso proprio che fosse una scusa per parlarmi.

Oliver- Okay. Allora buonanotte...

Osservo il cellulare qualche secondo, è strano quanto mi senta emozionato soltanto scambiando qualche parola tramite sms.

Mi ha stravolto la vita. Totalmente. E adesso, devo pagarne le conseguenze, ma non mi importa.

Damian- Oliv, domani dopo scuola passiamo da me?

Oliver- Da te? Sì, okay.

Damian- Cleo vuole salutarti.

Aggiungo, per giustificarmi.

Oliver- Mi farebbe piacere rivederla ma...sei sicuro?

Damian- Sicuro di cosa?

Oliver- Che io possa andare a casa tua. Sai dopo l'ultima volta...

Sbuffo. Ha ragione, cazzo.

Damian- Domani, dopo scuola, verremo qua.

Oliver- Okay...allora ciao.

Damian- Buonanotte, Oliv.

Oliver- Buonanotte : )

Sorrido.

E' così inconsapevole dell'effetto che mi fa, che mi verrebbe di uscire adesso, nonostante sia piuttosto tardi, solo per raggiungerlo e togliergli il fiato, per tutta la notte.

Proprio quando spengo la luce per mettermi a dormire, il mio cellulare vibra ancora una volta.

Sorrido ancora, convinto che sarà Oliver che, magari, ha da chiedere qualcos'altro.

Ma la mia espressione cambia totalmente, quando leggo il nome di chi mi sta contattando.

Jess- Amico ma che fine hai fatto? Rob vuole essere aggiornato.

Merda. E adesso che faccio?

Damian- Digli che mi tiro fuori.

Jess- Che cazzo vuol dire?! Non puoi! Il ballo è tra una settimana!

Dannazione, è stato tutto così veloce, con Oliver, che mi sono dimenticato di tutto il resto.

Jess- Quindi?!

Damian- Ti ho detto che mi tiro fuori, non insistere, stronzo!

Jess- Rob si incazzerà a morte. Cos'è? Sei diventato una checca anche tu?!

Damian- Non rompermi i coglioni e stai lontano da lui.

Jess- Non ci posso credere. Allora erano vere le voci...Rob te la farà pagare per avergli rovinato il piano.


**

OLIVER

Quando Damian entra nella mia auto, alle otto e trenta puntuali, ha la faccia di uno che non ha chiuso occhio tutta la notte.

«Buongiorno, eh.» gli dico, fingendo tranquillità quando, in realtà, sono terrorizzato all'idea che, queste ore in cui ha avuto modo di stare da solo e riflettere su quello che è successo tra noi, lo abbiano portato a capire che, in realtà, io, non sono ciò che vuole davvero.

Stringo il volante tra le mani e metto in moto, mentre lui mi osserva, accendendosi la solita sigaretta.

«Quattrocchi non viene?» chiede, tranquillo.

«E' con Bet.» rispondo, senza degnarlo di ulteriore attenzione.

«Bet? Stanno insieme?»

«Ti interessa?» gli chiedo. E mi mordo la lingua, perché sembro una cazzo di fidanzatina gelosa.

«In realtà no.» risponde, iniziando a smanettare con la solita playlist.

Sembra non abbia neanche notato il mio tono di voce.

La maggior parte del viaggio, lo passiamo in silenzio, tranne che per la musica di sottofondo.

Poi, ad un certo punto, parla.

«Cleo sa di noi.» dice, come fosse una cosa normale.

Freno, accostandomi al marciapiede e voltandomi per guardarlo dritto negli occhi.

«Come?»

«Mia sorella. Sa di noi.»

«So chi è Cleo.» lo riprendo. «Il punto è la seconda parte. Per questo hai questa faccia?» chiedo e sento che sto per svenire.

«Quale faccia?»

«Quella di uno che non ha chiuso occhio.» insisto.

Tentenna qualche secondo, in cui sembra stia riflettendo su cosa dire.

«Mi ha tenuto lei sveglio, voleva sapere un sacco di cose su di noi.»

«Merda.» borbotto, passandomi una mano tra i capelli.

«Quindi...come l'ha presa?»

Lui fa spallucce, e poi getta la cicca fuori dal finestrino.

Una cosa che odio.

«Bene. E' contenta. Mi ha fatto un interrogatorio che non puoi immaginare.» storce le labbra.

«Davvero?!» esclamo.

«Davvero.» sorride, per poi portare lo sguardo sul mio viso e avvicinarsi, piano, così tanto che sento il cuore esplodermi nel petto e il sentore di sigaretta e menta del suo alito, di cui sono schiavo.

Poi, ancora più lentamente, intreccia le dita di una mano tra i miei capelli, poggiando la fronte sulla mia e facendo combaciare le punte dei nostri nasi.

Chiudo istintivamente gli occhi e sono certo che, se non fossimo nel pieno della mattina, nella mia auto, in mezzo alla strada, non mi fermerei di certo a questo.

E sono sicuro che per lui sia lo stesso.

Le nostre labbra si sfiorano, e non posso fare a meno di emettere un verso di approvazione quando il contatto si fa sempre più profondo, lasciando poi che le nostre lingue si tocchino, assaporandosi sempre di più.

Damian è la mia droga.

E io non ho intenzione di andare in riabilitazione.

Senza renderci conto del tempo che sta passando,  ci avviciniamo sempre più, per quanto ci è consentito all'interno della mia auto, e le mie mani finiscono per intrecciarsi dietro la sua schiena, mentre lui, continua a tenermi per i capelli e, con quella libera, mi stringe il fianco, portandola poi sotto il tessuto labile della mia t-shirt, toccando la mia pelle ed emettendo un sospiro, quando ne sente il calore, in contrasto con la sua, leggermente fredda.

Poi, purtroppo, le nostre labbra si allontanano, i nostri occhi si riaprono e, in quell'esatto momento, sento il respiro mancare perché, nonostante tutto, non posso fare a meno di notare, nel suo sguardo, un velo di tristezza che, prima, non c'era.





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