Infinity (Incompleta)

נכתב על ידי selfdisclosure

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"Per un attimo è come se fossimo soltanto noi due, senza nessuno intorno, senza il peso di dover nascondere i... עוד

PROLOGO
CAPITOLO I
CAPITOLO II
CAPITOLO III
CAPITOLO IV
CAPITOLO V
CAPITOLO VI
CAPITOLO VII
CAPITOLO VIII
CAPITOLO IX
CAPITOLO X
CAPITOLO XI
CAPITOLO XII
CAPITOLO XIII
CAPITOLO XV
CAPITOLO XVI
CAPITOLO XVII
CAPITOLO XVIII
CAPITOLO XIX
Personaggi :)
CAPITOLO XX
CAPITOLO XXI
CAPITOLO XXII
CAPITOLO XXIII
CAPITOLO XXIV

CAPITOLO XIV

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נכתב על ידי selfdisclosure

«Hai sentito, Damian? Anche Oliver sarà a Los Angeles!»

Non posso fare a meno di sentire la voce di mia madre, con un inconfondibile tono di felicità, fare da sottofondo allo sguardo cupo di Matt che, dopo aver posato gli occhi nocciola, per un tempo più lungo del normale, su quelli argentati di Damian, pone tutta la sua attenzione sulla fetta di torta al cioccolato, ancora intera, sul suo piatto.

«Matt...» dico io, posandogli una mano sulla spalla ma, lui, con un gesto veloce, si allontana dal mio tocco e poi si alza dalla sedia, scusandosi.

«Matt!» alzo la voce e, finalmente, mia madre, si zittisce, forse rendendosi conto di quello che è appena successo.

Mi volto, infatti, per fulminarla con lo sguardo e lei, con gli occhi da cucciolo, unisce le mani, intrecciando le dita e portando gli occhi verdi, così simili ai miei, su quel gesto inconsapevole.

Mi fiondo alla ricerca di Matt che, come immaginavo, è sul vialetto di casa mia, seduto sugli scalini che portano all'ingresso.

In silenzio, mi siedo accanto a lui, vicino, ma senza toccarlo.

«Mi dispiace. Mia madre non si rende conto...»

«No, tua madre ha capito tutto, invece.» mi interrompe, lasciandomi interdetto.

Porta lo sguardo su di me e io non posso fare a meno di ricambiarlo.

Sorride, amaro, e poi prende la mia mano, stringendola con la sua.

«Io ci ho sperato, Oliver, perché tu mi piaci, tanto e...ero così felice che anche tu ricambiassi questa cosa...»

«Matt, io...» dico, ma lui alza la mano libera, facendomi segno di rimanere in silenzio.

«Ci ho sperato davvero, Oliver, ma sembra che il destino porti soltanto verso una strada. E io non vi faccio parte evidentemente.»

«No, non dirlo!» alzo il tono di voce, sento di dovere fare qualcosa.

«Ti ho detto più volte che mi piaci, Matt. Chi se ne frega della distanza! Tante coppie hanno relazioni che durano anni, e vivono a chilometri di distanza!» continuo, ma lui scuote la testa.

«Non capisci qual è il punto, Oliver.» dice, secco.

Lo fisso stranito, stringendo la presa sulla sua mano.

«Non è la distanza il problema. O almeno, non è solo questo. Ma, come dici tu, molte relazioni funzionano, nonostante i chilometri...» porta lo sguardo lontano da me, lungo la strada, e allontana la mano dalla mia.

Mi sento stranamente vuoto.

«Ma il punto è che, questa cosa» e segna lo spazio tra noi due « non è neanche iniziata, ma già è destinata a finire.» mormora, abbassando il tono di voce, verso la fine.

«Perché dici così? Non ci stiamo neanche provando!» insisto.

«Oliver, come faccio a metterci impegno, ad abbandonarmi, se so che il tuo cuore appartiene a qualcun altro?»

Ecco, a questa domanda, probabilmente, non so rispondere.

«Io non...»

«Non dirlo, Oliver. Non continuare a mentire. So che lo ami e, anche se sembra che tu abbia il prosciutto negli occhi, anche lui prova qualcosa per te.»

«Ma che avete tutti? Damian è etero! Dio...» mi lamento ma, dentro, purtroppo, sento un moto di felicità che, in questo momento, non dovrei provare.

«Visto?»

«Visto, cosa?»

«Non te ne rendi neanche conto, Oliver.» mi dice, alzandosi. Questa volta sembra arrabbiato.

Lo fisso, non capendo dove vuole arrivare.

«Se non fossi stato innamorato di lui, non avresti preso la scusa dell'etero, non saresti arrossito e anzi, probabilmente, adesso, non saremmo in queste condizioni. E' vero, molte coppie possono resistere alla lontananza e ci riescono grazie all'amore che provano l'uno per l'altro ma noi...» il suo sguardo è cupo e la voce bassa. «Noi non potremo mai amarci. Tu, non potrai mai amarmi.»

Rimango in silenzio perché, sinceramente, non saprei come rispondere.

«Non voglio rischiare di innamorarmi di te per poi soffrire. Non ti avrò mai, non completamente almeno. E poi, questa storia delle università lontane, sembra quasi un segno del destino.» sorride, amaro, portando gli occhi verso la porta della mia casa.

Lo osservo infilare entrambe le mani in tasca e poi guardarmi con un velo di tristezza negli occhi.

Cosa gli ho fatto?

Questo non è il Matt che ho conosciuto qualche giorno fa.

«Mi dispiace.» gli dico e, questa volta, sono davvero sincero.

Questa volta, non proverò a tirarlo dalla mia parte.

«Dispiace anche a me. Mi piaci davvero molto, Oliver.»

«Anche tu mi piaci, Matt.» rispondo.

«Lo so, ma non basta.»

«Salutami tua madre e ringraziala per il pranzo. Ci vediamo a scuola.» conclude, facendo qualche passo indietro per poi voltarsi del tutto e andare via, lasciandomi da solo, sul vialetto di casa, con mille pensieri in testa.

**

La porta d'ingresso si apre e nemmeno me ne rendo conto. Il profumo inconfondibile di Damian entra dritto nelle mie narici ma, questa volta, non ho voglia di guardarlo in faccia, nè di sentire la sua voce.

Porto lo sguardo a terra, osservando le mie All Star rosse e concentrandomi su una macchia nera, posta al lato della punta bianca.

Sento solo il rumore dell'accendino di Damian che si apre, scatenando la fiamma e accendendo la sigaretta e, poi, il fumo, che mi arriva addosso con la sua vampata inconfondibile.

«Tanto era uno sfigato.» mormora, scatenando tutta la mia rabbia.

Non posso credere che abbia la faccia tosta di esprimere il suo pensiero, in un momento come questo. Stringo i pugni e trattengo le lacrime, lacrime che non so neanche perché vogliano uscire.

«Sei uno stronzo!» grido, alzandomi per osservarlo dall'alto, come se questa posizione potesse aiutarmi a prendere più coraggio.

Lui, silente, continua a fumare la sua sigaretta, osservandomi con indifferenza.

«Sei convinto di poter fare e dire tutto quello che vuoi perché sei il dannato Damian West, ma non ti rendi conto del male che fai agli altri!» mi passo una mano tra i capelli e sento le lacrime ai lati degli occhi.

«Matt è fantastico! E' bello, gentile, educato...cazzo mi piaceva! Era il mio primo ragazzo! Per la prima volta, in diciannove anni, ho sentito di non essere dalla parte sbagliata ed ero felice! Felice di non dovermi nascondere, di non dover fare finta di nulla!»

Lo guardo, ancora, con gli occhi rossi, e posso sentire una lacrima scendere sulla mia guancia sinistra. La tolgo subito con il dorso della mano.

«E invece, tu...tu hai voluto rovinare tutto...» bisbiglio, rendendomi conto che, se continuo così, rischio di rivelargli la sua vera colpa: essere il dannatissimo amore della mia vita.

Lui spegne la sigaretta, ancora sana a metà, a terra, schiacciandola con le dita e poi porta di nuovo lo sguardo nel mio, rimanendo in silenzio.

«Non ti bastava essere te stesso, dovevi prendere anche questa parte della mia vita...» continuo, con un tono di voce talmente basso, che penso non mi abbia neanche sentito.

Ci fissiamo, in silenzio, per secondi che sembrano interminabili e poi, non so neanche per quale motivo, mi siedo accanto a lui, lasciandomi andare all'indietro, tenendomi con le mani, aperte, che poggiano direttamente sul pavimento.

Sospiro, portando lo sguardo avanti, osservando la strada, consapevole che, in fondo, è solo colpa mia se il ragazzo che mi siede accanto, ha preso posto nel mio cuore in maniera irreparabile.

«Se ti piace così tanto, va' da lui e riprenditelo.» mormora, accendendosi la seconda sigaretta e mettendosi, praticamente, nella mia stessa posizione.

«E' questo il punto.» gli rispondo. «Non mi piace abbastanza.» credo sia il massimo che posso dire, senza ammettere la verità.

«Il mare è pieno di pesci.» commenta, coi suoi soliti modi.

Sorrido. Quando sono con lui mi sento un cazzo di idiota affetto da bipolarismo.

«Sei uno stronzo.» mormoro, scuotendo la testa.

«Ho capito che ti piace darmi dello stronzo.» risponde, guardandomi sottecchi.

«Oh, non sai quanto!» sorrido.

Con la coda dell'occhio, lo vedo sorridere e poi dare un altro tiro alla sigaretta.

«Smettila di fumare, fa male.» mormoro.

«Mi rilassa, questa merda.» risponde, osservando la cicca tra le sue dita.

«Lo so, fumi, ogni volta che parliamo.» rispondo.

Per qualche secondo, rimaniamo in silenzio e rifletto sul fatto che, forse, ho fatto bene a lasciare andare Matt, prima di fargli davvero del male e, questa mia consapevolezza, probabilmente, nasce dal fatto che, in fondo, ero solo felice all'idea di avere un ragazzo.

Peccato che, questo compito, fosse capitato al dolcissimo Matt.

«Quindi, andremo a Los Angeles...» dice Damian, interrompendo i miei pensieri, fissando davanti a sé.

Un ragazzino con una bicicletta rossa passa davanti a noi, spezzando per qualche secondo il silenzio a causa delle ruote che stridono sull'asfalto.

«A quanto pare.» rispondo, fingendo un'indifferenza che in realtà non c è.

«Non ce la fai proprio a starmi lontano, Oliver Stone.» mi dice, ironico, portando gli occhi grigi su di me e lanciando la sigaretta in aria.

Lo fulmino con lo sguardo e gli do una spallata.

«Se non la smetti di starmi dietro e non passi un po' di tempo sui libri, non passerai mai l'esame martedì, ergo, sarai bocciato e io andrò a Los Angeles, senza di te.» gli dico, facendo un occhiolino e mettendomi in piedi, alle sue spalle. «Finalmente libero!» commento, con enfasi teatrale, allargando le braccia e proseguendo verso casa mia.

«Oh, non se ne parla proprio! Sarò la tua ombra per il resto della vita.» mormora, seguendomi a ruota e chiudendo la porta alle sue spalle.

Cazzo, sento che il cuore mi sta uscendo dal petto.

**

«Inizio a pensare che tu mi abbia preso in giro, in tutti questi giorni.» commento, osservando, quanto sia veloce nel risolvere alcuni degli esercizi che gli ho lasciato.

«Sono solo molto intelligente.» commenta, con un sorriso sghembo.

«O forse hai solo un insegnante molto bravo!» mi vanto, lustrandomi le unghie sulla spalla sinistra.

Lui scuote la testa, poi, porta di nuovo la sua concentrazione sugli esercizi.

Mia madre passa vicino a noi, e non posso fare a meno di evitare il suo sguardo.

So che sta provando ad attirare la mia attenzione e, nonostante, alla fine, la questione Matt, per quanto male sia finita, non mi sta facendo soffrire quanto dovrebbe, vorrei comunque che imparasse la lezione.

La mia vita privata non è affar suo e vorrei che la smettesse di fare supposizioni su Damian. Mi fa girare le palle.

Mentre do un'occhiata alle notifiche sul cellulare, mi torna in mente Ian Solo ma, soprattutto lo sguardo di Damian mentre mi consigliava Star Wars come scusa da rifilare a Matt.

Con tutto quello che è successo ma, soprattutto, per via della sua continua presenza nella mia vita, non ho avuto modo di far partire l'operazione "scopriamo chi è Ian Solo" e, in effetti, neanche il famigerato personaggio si è fatto sentire, negli ultimi due giorni.

Piego la testa, e rifletto, osservando il profilo di Damian, intento a risolvere gli esercizi.

E' strano come, a volte, a causa di ciò che ci succede, cambino anche le nostre priorità.

«Posso sentire gli ingranaggi che si muovono nella tua testa.» borbotta, il moro, senza portare gli occhi nei miei ma rimanendo con lo sguardo fisso sui libri.

«Pensavo...» inizio, battendo lentamente l'indice sul labbro inferiore.

«Sì...» mormora, lui, grattandosi la testa, probabilmente confuso da qualche definizione.

«Sei tu Ian Solo?»

Posso vedere chiaramente la sua mano fermarsi e il suo sguardo rimanere fisso su un punto a caso del quaderno.

«No, Harrison Ford lo è.» risponde, alzando, finalmente, lo sguardo nel mio e sorridendomi come solo lui sa fare.

Storco le labbra, ma sorrido con gli occhi.

«Simpatico.» commento e decido che, per il momento, posso mettere da parte questo discorso.


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