Infinity (Incompleta)

Von selfdisclosure

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"Per un attimo è come se fossimo soltanto noi due, senza nessuno intorno, senza il peso di dover nascondere i... Mehr

PROLOGO
CAPITOLO I
CAPITOLO II
CAPITOLO III
CAPITOLO IV
CAPITOLO V
CAPITOLO VI
CAPITOLO VII
CAPITOLO VIII
CAPITOLO X
CAPITOLO XI
CAPITOLO XII
CAPITOLO XIII
CAPITOLO XIV
CAPITOLO XV
CAPITOLO XVI
CAPITOLO XVII
CAPITOLO XVIII
CAPITOLO XIX
Personaggi :)
CAPITOLO XX
CAPITOLO XXI
CAPITOLO XXII
CAPITOLO XXIII
CAPITOLO XXIV

CAPITOLO IX

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Von selfdisclosure

DAMIAN

Mi sveglio quando, un braccio caldo, si posa sul mio stomaco nudo, ricordandomi che devo assolutamente pisciare.

Apro gli occhi, lentamente, e mi maledico quando un raggio di sole mi trapassa il cervello attraverso le iridi.

Oliver, continua a respirare sul mio collo, stringendomi come fossi un pupazzo e io, bloccato, in tutti i sensi, fatico a muovermi per spostarlo.

«N-no...» mormora lui, quando provo ad allontanarmi. Ma non c è verso, la sua presa e forte e io mi sento l'albero mentre lui è il koala.

«Oliver...» mormoro, osservandone il profilo, per quanto mi è possibile considerando che la sua faccia è spiaccicata sul mio collo.

«Oliv...» dico ancora. «Devo pisciare.»

«Da-Damian...» mormora lui, con tono lamentoso.

Sorrido, come ho fatto a finire in questa situazione?

«Sì?»

«Damian...»

«Oliver...» inizia a stancarmi questo disco rotto.

«Damian...»

«Continueremo all'infinito?» domando.

Al che, succedono due cose: nella prima, Oliver si alza di scatto e, nel farlo, mi lascia una gomitata sul mento. Nella seconda, salta, letteralmente, sul posto, e cade con le chiappe sul pavimento.

«Che cazzo?!» mi lamento, alzandomi per dirigermi in bagno ad osservare la sua opera.

«Idiota!» gli grido. Ma lui è ancora a terra, con la bocca spalancata e l'aspetto di uno che, la sera prima, si è ubriacato sino a perdere i sensi.

«Cosa, come, cosa cazzo ci fai qua?!» mi grida.

«Stai scherzando, spero.» gli dico, passandomi la mano sul punto dolente.

Lui rimane immobile.

«Non ti ricordi proprio niente?»

«Co-cosa dovrei ricordare?» domanda, spaventato a morte.

Sorrido, chiudo la porta del bagno e lo lascio nel dubbio.

**

Capita spesso di sognare delle cose che speri possano avverarsi. A esempio, da piccolo, volevo veramente tantissimo la stazione dei pompieri e, nonostante la desiderassi con tutto me stesso, dovetti aspettare comunque Natale. Poi, verso i tredici anni, desideravo immensamente la consolle dei videogiochi e, anche questa, dopo giorni e giorni di speranze, è arrivata. Poi, quando ho messo piede in quello stramaledetto liceo e ho visto per la prima volta Damian West, ho iniziato a desiderarlo e, finora, ha sempre mantenuto il primato nella mia personale top ten delle cose che voglio di più al mondo.

Però, al contrario della stazione dei pompieri o della consolle dei videogiochi, sono assolutamente sicuro, al cento percento, che non l'avrò mai.

Ecco perché, circa dieci minuti fa, quando mi sono svegliato completamente immerso nel suo profumo, ho sentito la sua voce e mi sono accorto che, il sogno erotico che stavo facendo, che ovviamente lo vedeva come protagonista, non era poi così lontano dalla realtà, credo di aver perso, totalmente, il cervello.

Ho dormito con Damian? Ho dormito, davvero, con Damian West, in boxer, nel mio stramaledettissimo letto, per tutta la notte?

Vi scongiuro, non svegliatemi.

Quando apre la porta e mi osserva con il solito sorrisetto in viso, però, sento che la paura sta prendendo il sopravvento.

«Alza le chiappe.» mi dice, e mi accorgo di essere ancora sul pavimento.

«Cosa è successo?» gli domando, mettendomi, finalmente, in piedi.

«Secondo te?» mi chiede, indossando, purtroppo, i jeans.

«Non lo so, dimmelo tu.» chiedo, incerto.

Si avvicina, così tanto da respirarmi sul viso e poi, con un gesto veloce, mi dà un colpo sulla fronte, mimando un simpaticissimo "idiota".

«Stronzo.» mormoro, cercando di vestirmi.

Quando scendo in cucina, lo trovo a chiacchierare amabilmente con mia madre.

E' una situazione strana, troppo strana e io mi sento in un episodio di Realtà Parallele.

«Oh tesoro, buongiorno!» mi dice mamma, tutta pimpante.

La saluto con un bacio e poi prendo un poco di succo d'arancia, sedendomi al solito posto.

Fulmino con lo sguardo Damian che sembra non accorgersi del mio malumore e anzi, continua a parlare con mamma con una confidenza che non mi aspettavo e procedo con la mia colazione. Ho un post sbornia stratosferico.

«Damian mi ha detto cosa hai combinato ieri sera.» mi fa ad un certo punto, lei.

Io interrompo qualsiasi cosa stia facendo e la osservo, per poi osservare anche lui.

«Non devi bere più così tanto, se non ci fosse stato Damian, come saresti tornato a casa?» mi dice, preoccupata.

Ovviamente, tutto il mio odio si riversa su Damian che, invece, sorride, nascondendosi dietro la tazza.

Quando saliamo in camera, non so perché visto che potrebbe benissimo tornarsene a casa sua, chiudo la porta e incrocio le braccia, guardandolo malissimo.

«Perché cazzo gliel'hai detto?» lo attacco.

Lui si accende una sigaretta e inizia a fumare, rivolto alla finestra aperta.

«Cosa avrei dovuto dirle, scusa?»

Odio quand'è così tranquillo.

«Non lo so! Ma non che ero ubriaco! Cazzo non ricordo niente! Ma perché farla preoccupare così?» continuo, in preda a una crisi di nervi.

Lui mi osserva con gli occhi grigi e, come al solito, mi maledico per i pensieri osceni che mi deconcentrano.

«Ho detto la verità. Come potevo giustificare di aver dormito con te, altrimenti?»

Ok, non ha tutti i torti.

«Visto che ho ragione?» mi chiede, facendo un tiro alla sigaretta.

«Cosa?» domando.

«La tua espressione. Sembravi un cucciolo indifeso, ergo, hai capito che ho ragione.»

«Cosa sei, uno psicologo?» domando stizzito, incrociando le braccia al petto.

«No, ho solo imparato a conoscerti.» conclude, spegnendo la sigaretta, come al solito, sulla parete esterna della casa e gettandola nella mia spazzatura.

«Adesso mi dirai cosa è successo?» chiedo, abbassando notevolmente il tono e poggiando la schiena alla porta della mia stanza.

«Come? Non ricordi di aver detto che sei follemente innamorato di me?» mi dice, con tono affranto.

Perdo un battito. Letteralmente. Le mani cadono lungo i fianchi, apro la bocca e sento che sto per svenire. Non vi dico il livello di sudorazione attuale e, probabilmente, anche Damian se n è accorto, perché storce un poco la testa, come farebbe un cane quando cerca di capire cosa gli stai dicendo e si avvicina, piano, come un leone con la sua preda.

Gliel'ho detto? Sul serio?!

«Cosa c è, ho colpito nel segno?» mi domanda, abbassando il tono di voce, già di per sé roco.

«Cosa, cosa diavolo stai dicendo?!» dico, a stento, cercando di inghiottire quel poco di saliva che mi è rimasta.

Si avvicina, così tanto da poggiare entrambe le braccia ai lati della mia testa e guardarmi dritto negli occhi per poi, scoppiare a ridere.

Sì, signore e signori, Damian West sta ridendo di me.

«Sei un fottuto pezzo di merda!» grido, dandogli una spinta che lo fa indietreggiare di un paio di passi.

Lui, continua a ridere, tanto da mettersi le mani sulla pancia.

Dio, amo la sua risata. E mi odio per averlo appena pensato. Cosa diavolo ho al posto del cervello?

«Sei uno spasso! Uno spasso!» dice, tra una risata e un'altra e io, l'unica cosa che riesco a fare, è lasciarlo solo con la sua ilarità.

Scendo in salotto e accendo la televisione, facendo zapping e perfettamente consapevole che, il ragazzo di cui sono davvero follemente innamorato, è nella mia stanza e, magari, sta ancora ridendo di me.

«Tutto bene, tesoro?» mi domanda mamma, sedendosi sul bracciolo del divano alla mia sinistra.

«Sì, ho solo mal di testa.»

«Non fa bene bere così tanto, ma capisco che eri ad una festa.» mi dice, comprensiva.

Poi, la sua mano, passa lentamente tra i miei capelli, facendomi chiudere gli occhi.

«Non prendertela con lui. Era preoccupato per te.» continua, e so benissimo che sta parlando di Damian.

«Così preoccupato che sta ridendo di me da un'ora.» borbotto.

«Come sei ingenuo, piccolo mio.» conclude lei, lasciandomi confuso e avviandosi verso la cucina.

Ma che hanno tutti?!

Damian si butta sul divano, accanto a me. Lo osservo sottecchi e continuo a cambiare canale, lasciando poi un cartone animato.

«Cos'hai, dieci anni?» mi chiede, commentando la mia scelta.

«E tu non ce l'hai una casa?»

«Ti ricordo che sono a piedi.»

«Ah già, la moto rotta.» calco sull'ultima parola, incrociando le braccia sul petto.

«Non fare lo stronzo con me.» mormora, e so che mi sta guardando.

«Sei tu che ti comporti da stronzo, con me.» rispondo.

«Vaffanculo, Oliver.» mi dice, per poi alzarsi dal divano e uscire da casa mia.

«Che cazzo!» dico, alzando la voce e seguendolo fuori.

Quando esco, lo vedo camminare in lontananza. Abitiamo in due quartieri diversi e c è parecchia strada.

Premo il pulsante di apertura della Jeep e lo affianco.

«Sali.» gli dico, mantenendo una velocità bassissima, visto che lui è a piedi e io con la macchina.

Non mi risponde.

«Damian, per favore!» continuo, premendo la radice del naso tra il pollice e l'indice. D'altronde, vengo da una sbronza colossale.

Fermo la macchina, scendo e lo raggiungo a piedi, prendendolo per il gomito.

«Dai cazzo, scusa.» dico, e non so neanche perché mi sto scusando.

Lui porta gli occhi grigi su di me e mi osserva, silente.

«Ammetterai che sei stato stronzo, però.» continuo, accennando un sorriso.

«Ma so che, se non fosse stato per te, non sarei riuscito a tornare a casa o, peggio, avrei provato a guidare in quelle condizioni. Quindi, grazie.» dico, tutto d'un fiato.

«Lascia che ti accompagni a casa.» insisto.

«Guido io.» risponde, e mi strappa le chiavi dalle mani, lasciandomi di sasso.

Sorrido. Il solito stronzo.




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