Infinity (Incompleta)

By selfdisclosure

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"Per un attimo è come se fossimo soltanto noi due, senza nessuno intorno, senza il peso di dover nascondere i... More

PROLOGO
CAPITOLO I
CAPITOLO II
CAPITOLO III
CAPITOLO IV
CAPITOLO V
CAPITOLO VII
CAPITOLO VIII
CAPITOLO IX
CAPITOLO X
CAPITOLO XI
CAPITOLO XII
CAPITOLO XIII
CAPITOLO XIV
CAPITOLO XV
CAPITOLO XVI
CAPITOLO XVII
CAPITOLO XVIII
CAPITOLO XIX
Personaggi :)
CAPITOLO XX
CAPITOLO XXI
CAPITOLO XXII
CAPITOLO XXIII
CAPITOLO XXIV

CAPITOLO VI

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By selfdisclosure

Rientro in casa con una gran voglia di buttarmi a letto e non svegliarmi più. Non posso credere di aver fatto coming out con Damian. Proprio l'ultima persona a cui penso che lo avrei mai detto.

E' incredibile come le cose possano cambiare in un attimo, senza che te ne accorga. L'importanza che dai ad alcune persone, nella tua vita, può sempre cambiare, come una classifica di musica: c è chi sale e chi scende e, in questo momento, Damian,  sta prendendo un posto nella classifica mia vita, salendo vertiginosamente.

La luce della cucina è ancora accesa. In effetti sono appena le dieci e trenta e mia madre credo sia ancora davanti al pc per sbrigare del lavoro e, in effetti, questa è la scena che mi appare davanti quando entro nella stanza: mamma è seduta sull'alto sgabello di legno che dà sull'isola su cui studio con Damian. Ha la vestaglia blu addosso, leggermente aperta, che lascia intravedere la camicia da notte con il bordo di pizzo. I suoi capelli, castani e lisci, sono tirati dietro le orecchie e posso notare le occhiaie che ne segnano la stanchezza.

Sono questi i momenti in cui mi ricordo che mio padre non vuole più stare con noi.

«Sei già rientrato.» mormora, togliendosi gli occhiali da vista ed aprendo le braccia, incentivandomi ad andarle incontro.

La osservo, storco le labbra ma, nonostante tutto, faccio comunque dei passi avanti, fino a ricambiare il suo abbraccio.

«Mamma, non sono più un bambino.» le mormoro sul collo.

«Sarai sempre il mio bambino, anche se credi che non sia così.»

Mi stacco lentamente, e ricambio il suo sorriso, mentre passa la mano tra i miei capelli, guardandomi con gli occhi così simili ai miei. Posso vedere benissimo quella scintilla che indica quanto mi voglia bene, quanto sia stressata per ciò che sta passando ma quanto, comunque, sia forte.

«Com'è andato il tuo appuntamento?» mi domanda poi, lasciandomi leggermente spiazzato.

Ha usato proprio la parola appuntamento.

«Parlami Oliver. Sono tua madre e ti voglio bene, che ti piacciano le ragazze...o i ragazzi.» sussurra, continuando la sua carezza tra i miei capelli.

Gli occhi mi diventano lucidi e non posso che emettere un singhiozzo, gettandomi tra le sue braccia proprio come prima, ma con una consapevolezza nuova.

«Lo-lo sapevi?» chiedo, cercando di trattenere le lacrime.

«Mi ci è voluto un po' per averne conferma ma sì, in fondo, lo sapevo.» risponde, e sento come la sua voce sia leggermente rotta, segno che si sia commossa insieme a me.

«Mi dispiace.» le dico, e non soltanto per quello che sta succedendo nelle nostre vite.

«Oh tesoro, non devi dispiacerti di nulla.» prende a parlare, continuando la sua carezza tra i miei capelli. «Quello che succede nelle nostre vite, ci serve per crescere. Anch'io ancora devo imparare molte cose. » sorride. «In fondo, è proprio questo il bello della vita. Ora raccontami di Damian.»

Sorrido.

Ho già detto quant'è incredibile la velocità con cui cambiano le cose?

«Non era Damian il mio appuntamento, ma Matt.» mi siedo accanto a lei.

«Oh, eppure da come ti guardava...»

La osservo confuso.

«Come-come mi guardava?» chiedo e sento le guance arrossire, velocemente.

Lei sorride, penso abbia capito il perché del mio interessamento.

«Come tu guardi lui.» risponde.

«Non è possibile.» mormoro.

La sento ridacchiare.

«Allora, parlami di questo Matt.»

«Beh, non ero proprio sicuro che fosse un appuntamento.» inizio, e non posso fare a meno di fissarmi le dita. «E' nuovo a scuola, l'ho conosciuto questa settimana e mi ha chiesto di fargli vedere qualche posto carino in città. Poi, quando mi sono presentato con Damian, ho capito che era davvero un appuntamento.» faccio spallucce.

«E ti piace questo Matt?»

La guardo. Non posso credere che le sto parlando in questi termini.

«Sì, mi piace.» confermo.

«Ma non quanto Damian.» conclude.

«No, non quanto Damian.»

**


Ogni volta che chiudevo gli occhi, mi si presentavano davanti svariate immagini che andavano dal sorriso di Matt agli occhi d'acciaio di Damian. Credo di non aver mai passato una notte più travagliata di questa, nemmeno quando i miei litigavano ogni sera.

Ad un certo punto, credo di avere addirittura sognato qualcosa che avesse a che fare con mio padre che, come giudice del tribunale, emetteva sentenza su chi dovesse essere il mio fidanzato.

Volete sapere come andava a finire?

Beh, vi dico solo che Damian si beccava un ergastolo e Matt finiva ai lavori forzati mentre io, venivo abbracciato da mia madre, in preda alle lacrime.

Credo che la situazione mi stia sfuggendo di mano.

Il suono del mio cellulare attira la mia attenzione, mentre finisco di allacciarmi le scarpe per andare a scuola.

Lo prendo e mi basta leggere l'anteprima per capire che si tratta di Ian Solo.

"Come va?"

Non so se rispondere. Non lo sento da quasi due giorni e, sinceramente, inizio a pensare che sia meglio tirarmi fuori da questa strana relazione, già ho abbastanza casini nella mia vita.

"Potrebbe andare meglio. A te come va?"

Attendo una risposta e, nel frattempo, prendo le mie cose per affrontare la giornata.

Il cellulare suona ancora.

"Cosa c è che non va?" Ovviamente non ha risposto alla mia domanda.

"Troppe cose." rispondo secco.

Sento il cellulare suonare ancora una volta ma decido di ignorarlo.


**


«Si può sapere che fine hai fatto ieri sera? Credo di averti mandato almeno dieci messaggi!»

Guardo Andy e i suoi capelli sconclusionati e mi rendo conto di averlo lasciato in sospeso. Quando, ieri sera, mi sono accorto dei suoi messaggi, ero nel bel mezzo della conversazione con mia madre sulla mia sessualità.

«Ho detto a mia madre che sono gay. O almeno, l'ho confermato.» gli dico, osservandone la reazione.

«Oh merda! E come è andata?» domanda curioso, alzandosi addirittura i capelli dalla fronte.

Accendo il motore dell'auto e mi incammino verso la scuola.

«L'ha capito da sola. Ovviamente mi sostiene e, anche se ho sempre evitato di parlarne perché avevo paura di una sua reazione, in fondo, sapevo che mi avrebbe accettato.»

«E come avrebbe fatto a capirlo, scusa?»

Ottima domanda.

Sorrido.

«Ha conosciuto Damian, ha visto come lo guardavo e ne ha avuto conferma. In più ha detto una cosa...»

Mi concentro sulla strada per evitare di ricambiare il suo sguardo.

Lui fa un gesto con la mano come a dire: "sputa il rospo".

«Dice che Damian mi guarda come io guardo lui e pensava che ieri sera avessimo un appuntamento.»

«Mi sento dentro una soap opera.» mormora.

«Ma io l'appuntamento l'avevo con Matt.» continuo.

«Matt? Quello nuovo? Sapevo che era gay, amico! Non ti leva gli occhi di dosso!»

Sorrido.

«So che mi pentirò di avertelo chiesto ma, come è andata?»

«Immagina me e Matt, al Jameson's, insieme a Damian.» borbotto.

«COSA?! Damian? Che c'entra Damian?»

«E' voluto venire con noi. Credo l'abbia fatto apposta perché ha capito che era un appuntamento.» mormoro, sentendo di nuovo tutta la rabbia addosso.

«Fammi capire: sa di te?» domanda, confuso.

Mi volto ad osservarlo: «Sì, sa tutto.»

**


Quando, alla terza ora, mi incammino lungo i corridoi per dirigermi alla lezione di matematica, sento un peso opprimente nel petto.

Dopo la conversazione con Andy, e il suo continuo sbuffare preoccupato, mi sono reso conto che, molto probabilmente, dire la verità a Damian, è stata una delle cazzate più grosse della mia vita.

Andrew è terrorizzato dall'idea che possa dirlo a tutta la scuola così da prendersi, una volta per tutte, la sua vendetta e io, nonostante fino a un'ora fa volessi dare fiducia alla mia cotta colossale, adesso sono assorbito dal dubbio e mi guardo intorno sin da quando, stamattina, ho messo piede in questo maledetto liceo.

Cosa diavolo mi è passato per la testa?

Okay sfogarsi, dopo una serata come quella, ok anche dare di matto, ma che motivo c'era per dire tutto?

In verità, credo di avergli parlato chiaro solo perché, alla fine dei conti, sono stanco di mentire ma, in cuor mio, e so che non lo ammetterò mai, almeno non a voce alta, credo proprio di aver ceduto alla verità perché una piccola scintilla di desiderio, vorrebbe tanto che Damian domani si svegliasse e decidesse di cambiare gusti sessuali perché innamorato pazzo del sottoscritto.

Una cosa da romanzo rosa, insomma.

«Ehi...» la voce delicata di Matt attira la mia attenzione.

Ero così sovrappensiero da non essermi neanche reso conto di essere arrivato in classe.

«Matt» sorriso, sedendomi proprio accanto a lui, come ogni volta.

Lo osservo, mentre porta i suoi occhi nocciola sulle sue mani intrecciate. Le guance, leggermente rosate, indicano quanto sia intimidito dalla situazione e io beh, non posso che osservare quanto sia carino.

«Come va?» domando, passandomi una mano tra i capelli per poi poggiare il mento sulla mano e osservarlo.

Matt si volta e ricambia il mio sguardo, sorridendo timido.

«Bene. Tu, come stai?»

Storco le labbra e noto che Matt ne segue il movimento, poi, sorrido ancora.

«Che fai stasera?» gli chiedo di getto, perché l'unica cosa che voglio, ora come ora, è poter passare una serata da solo, con lui, e sentirmi libero.

Matt si passa una mano tra i capelli, guardandosi intorno. Non capisco se perché ha paura che qualcuno possa sentire la nostra conversazione o semplicemente perché è timido e la mia proposta ha scatenato una sua reazione.

«Sono-sono libero stasera. Però dopo le sette, perché ho lezione di piano.» mormora, riportando, finalmente, lo sguardo nel mio.

«Suoni il piano?» domando curioso, anche per smorzare l'atmosfera.

Lui accenna un sorriso dei suoi e non posso fare a meno di sentire una fitta al petto.

«Sì, da un po'.»

«Foglio e penna, ragazzi! Oggi facciamo un po' di disequazioni!»

Entrambi ci voltiamo verso il professore, appena entrato in aula e già in piena attività.

Gli sorrido e poi ci concentriamo sulla lezione.

**

Quando entro in sala mensa, il pensiero che Damian abbia potuto mettere in atto la sua vendetta, quasi mi uccide. Sono nervoso, ho zero salivazione e tutti i liquidi che ho in corpo, si stanno dissolvendo tramite la sudorazione.

Nonostante il mio aspetto terribile, però, non posso fare a meno di notare come le occhiate della popolazione femminile della mia scuola, continui indiscreta a fare il suo lavoro.

Forse, Damian, non ha ancora appeso un cartellone gigante con su scritto: "Oliver Stone è gay."

Sorrido, passandomi una mano tra i capelli e muovendomi tra i tavoli, guardandomi intorno finché non noto il solito tavolo con i miei amici.

La chioma riccia di Andy è sempre in primo piano, così, prendo qualcosina da mangiare e mi dirigo verso di loro.

«Ci sarai stasera, Olly?» mi domanda Jo, mentre prendo posto accanto al mio migliore amico.

«Ehi! Solo io posso chiamarlo così!» lo interrompe proprio quest'ultimo, tirandogli una patatina addosso.

«Calma amico, è solo un nomignolo!»

«Il mio nomignolo! Quando sarai il suo migliore amico per quindici anni e sarai a conoscenza anche del neo che ha sul culo, potrai chiamarlo Olly.» continua, serio, Andy e tutti, e dico proprio tutti, ci voltiamo per osservarlo.

«Che avete da guardare?» domanda, facendo spallucce e continuando a mangiare il suo pranzo, tra i brusii disgustati dei miei amici e la mia risata di gusto.

«Fai schifo, Andy!» mormoro, bevendo un sorso di Coca.

«Quindi, per stasera, Oliver?» riprende, Jo, calcando sul nome intero, questa volta.

«Cosa ci sarà stasera?» domando curioso.

«La festa del venerdì a casa di Betty, no?»

Diamine, è già venerdì, me n'ero completamente dimenticato. Odio le feste e odio il venerdì, soprattutto se mi torna in mente un certo bel tenebroso, con una testa bionda letteralmente immersa nella patta dei suoi pantaloni.

«Ah già...» rispondo, pensieroso.

Qualcuno sposta la sedia accanto alla mia, ancora libera, e si siede, attirando l'attenzione generale.

Mi volto e, proprio come pensavo, Damian West, con il suo profumo inconfondibile e il volto cesellato, si è preso la briga di sedersi al mio tavolo, rubandomi, tra l'altro, quel poco di bibita che mi era rimasto.

«Devi smetterla di mangiare e bere le mie cose.» dico, a denti stretti, fulminandolo con lo sguardo.

Ovviamente il silenzio che la fa da padrona al nostro tavolo, implica che, praticamente tutti, ci stanno osservando: Andy sorride sornione e si nasconde dietro il bicchiere di carta, Jo ha, letteralmente, la bocca aperta e Steve ha, finalmente, alzato gli occhi dal cellulare.

Proprio quando la situazione sembrava essere al punto massimo di stranezza accettato dal mondo, Matt, con un sorriso timido, si avvicina al nostro tavolo, con il vassoio in mano.

Non posso fare altro che voltarmi verso di lui e sorridere, indicandogli di sedersi all'unico posto libero, quello di fronte al mio.

«Ehi...» lo saluto, e lui ricambia con un cenno della testa, portando poi gli occhi nocciola sul viso di Damian che, ovviamente, non lo degna di un minimo di attenzione.

Credo di non essere mai stato tanto agitato in vita mia.

La sensazione di disagio, sapendo che Damian sa tutto, continua a non darmi tregua e, sinceramente, ho anche paura per Matt, che potrebbe essere coinvolto in qualcosa che non gli riguarda, non direttamente almeno.

Se Damian vuole giocarmi un brutto scherzo, che lo facesse solo con me, almeno.

Allungo il corpo verso il tavolo, cercando di attirare l'attenzione di Matt, ancora preso ad osservare Damian che, da qualche minuto, sta anche mangiando il mio pranzo.

«Stasera ci sarà una festa...» inizio, lasciando che gli occhi di Matt si puntino sui miei. «Ti va di andare? Poi possiamo fare un giro, c è ancora quella cosa che vorrei mostrarti.» sorrido e vedo che Matt ricambia, annuendo con la testa.

«Bene. Passo alle nove?» chiedo.

«Per le nove andrà benissimo.» risponde.

«Vengo anch'io.» la voce, inconfondibile, di Damian, entra dritta nelle mie orecchie, facendomi provare un brivido.

«Buon per te.» gli rispondo, senza staccare gli occhi da quelli caldi di Matthew.

«Vengo anch'io nel senso che ci muoviamo insieme da casa tua. La lezione, ricordi?» continua, imperterrito, con un tono anche piuttosto annoiato.

Mi si gela il sangue nelle vene, mi volto e lo fulmino con lo sguardo.

«Ma-ma è venerdì!»

«E quindi?» risponde lui, noncurante. «Ti ricordo che martedì ho il test.» aggiunge.

Matt fa spallucce, come a indicarmi che va tutto bene ma io, dentro, vorrei strangolare quel bellissimo collo.

«Non puoi muoverti con la tua moto?»

«E' rotta.»

Ci fissiamo per un tempo che sembra infinito, poi tiro un profondo respiro e, consapevole che lo stia facendo apposta, sapendo pure il mio segreto, mi arrendo all'evidenza.

«D'accordo. Ma trovati un passaggio per tornare a casa, stanotte.»


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