Infinity (Incompleta)

By selfdisclosure

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"Per un attimo è come se fossimo soltanto noi due, senza nessuno intorno, senza il peso di dover nascondere i... More

PROLOGO
CAPITOLO II
CAPITOLO III
CAPITOLO IV
CAPITOLO V
CAPITOLO VI
CAPITOLO VII
CAPITOLO VIII
CAPITOLO IX
CAPITOLO X
CAPITOLO XI
CAPITOLO XII
CAPITOLO XIII
CAPITOLO XIV
CAPITOLO XV
CAPITOLO XVI
CAPITOLO XVII
CAPITOLO XVIII
CAPITOLO XIX
Personaggi :)
CAPITOLO XX
CAPITOLO XXI
CAPITOLO XXII
CAPITOLO XXIII
CAPITOLO XXIV

CAPITOLO I

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By selfdisclosure

Arrivo a casa stremato.

Dopo aver accompagnato Andy, mi fiondo direttamente a letto, intento a riposarmi qualche minuto prima di prepararmi per la maledetta festa di questa sera.

Mia madre è al lavoro, di mio padre neanche l'ombra, ma la tranquillità di questa casa, quando è tutta per me, è decisamente apprezzabile dopo una mattinata come quella che ho appena passato.

Prendo il pc, per curiosare un poco sui social network.

Ho trentadue notifiche: un paio dei miei amici, una decina di ragazze, che neanche controllerò, qualche richiesta di giochi e una di una chat aperta. Curioso, clicco sulla piccola finestra blu che si apre.

Un solo "ciao" è ben in vista. Non conosco il nome di questa persona e, in effetti, non fa parte dei miei amici.

Ian Solo ti ha inviato un messaggio privato.

Ian Solo? Scoppio a ridere.

"Ciao". Rispondo, attendendo che il mio interlocutore riceva il messaggio. Nel frattempo, clicco sul nome, arrivando sul suo profilo.

Nessuna foto. Nessun amico. Sembra proprio che questo sia un fake.

Decido di prenderla sul ridere.

"Che la forza sia con te." Continuo e noto che Ian sta leggendo ciò che gli scrivo.

Tre puntini appaiono, indicandomi che Ian sta scrivendo.

"Non pensavo avresti risposto."

Rimango a fissare lo schermo per qualche secondo.

"Perchè sei un fake?" rispondo, aggiungendo una faccina che ride.

Di nuovo i tre puntini.

"Non sono un fake. Semplicemente, non voglio dirti chi sono."

"E ciò dovrebbe rincuorarmi? Non ho tempo da perdere Andy, smettila con le stronzate."

"Non sono Andy."

Fisso lo schermo, indeciso se chiudere tutto e bloccare Ian Solo.

"Ci sarai stasera?" mi domanda prima che prenda qualsiasi decisione.

"Mi prendi per il culo? Non so chi sei, (anche se un paio di idee me le sono fatte), ti chiami come un personaggio di Star Wars e pretendi di conversare come se nulla fosse?"

Non so neanche perchè continuo a dargli corda.

"Ci sarai stasera?" domanda ancora. Sono frustrato.

"Se intendi da Betty, sì, ci sarò. E penserei anche che sei tu Betty, se Ian Solo non fosse un personaggio di una saga troppo figa, per essere fra le conoscenze di quell'idiota." Scrivo d'impulso.

"Ti piace Star Wars?" domanda.

"A chi non piace?" ricambio.

"Non pensavo che Oliver Stone fosse un nerd."

"Penso che sia un po' riduttivo, non credi?"

":) "

Fisso lo schermo.

"A stasera, Oliv." Conclude, e il suo profilo risulta offline.

**

Arrivo a casa di Bet completamente stravolto da ciò che era successo un paio d'ore prima. Dopo la conversazione con Ian Solo, non ho fatto altro che pensare chi potesse essere.

Forse devo semplicemente dimenticare tutto, cancellare e bloccare questo profilo. Eppure, c è qualcosa che mi tiene ancorato a questa strana situazione. Forse la curiosità di sapere, di scoprire chi si sta prendendo gioco di me.

Sbuffo per l'ennesima volta e spengo il motore dell'auto.

«Ti rendi conto che negli ultimi dieci minuti ti ho parlato e non mi hai degnato di un minimo di attenzione?» mi dice Andy.

Mi riprendo, tornando alla realtà e faccio finta di niente.

«Ti ho ascoltato, invece.» rispondo, sulla difensiva.

«Ah davvero? E cosa ho detto, quindi?»

Lo osservo, puntando gli occhi verdi nei suoi, nascosti dalle lenti degli occhiali. Un ciuffo riccio continua a nascondergli la radice del naso e nonostante da giorni gli dica di dare una spuntata ai capelli, continua a insistere che i suoi meravigliosi ricci non devono essere toccati.

«Maledizione amico, che ti prende?» s'insinua di nuovo, riportandomi alla realtà.

«Okay, hai ragione. Scusa. Ho un sacco di cose per la testa.»

«Vuoi parlarne?» mi domanda sincero. E io mi sento in colpa, perchè sa benissimo della mia situazione a casa, ma io in realtà ho la testa piena di personaggi di Star Wars.

«Non ti preoccupare. Tutto sotto controllo. Andiamo a questa maledetta festa!» taglio corto.

**

La voce di Flo Rida risuona nell'ampio salone di Betty mentre i volti familiari dei miei compagni di scuola si muovono a passo di danza, con movimenti che lasciano ben poco all'immaginazione. Molte ragazze si voltano nella mia direzione mentre cerco di inoltrarmi nella folla per raggiungere i miei amici, in posizione strategica vicino alle birre, ma io faccio finta di niente, sorridendo ai pochi ragazzi che conosco veramente e che non mi stanno osservando solo perchè la loro ragazza, in realtà, osserva me.

«Era ora! Vi aspettavamo per una partitona a birra pong!» tuona, già brillo, Jo, un ragazzo della nostra combriccola.

Sorrido, accettando il bicchiere rosso di carta che mi porge e osservo ciò che c è all'interno: ha l'aspetto di una Coca Cola ma l'odore del whisky. Do un sorso e storco il naso per quanto è pungente ma, deciso di godermela per bene, una volta che sono là, continuo a sorseggiare il drink.

«Piano Olly, voglio battere questi stronzi a birra pong!» mi urla Andy, togliendomi la bibita dalle mani per posarla sul tavolo della cucina, prendendomi poi per il gomito e trascinarmi fuori, nel giardino.

Le urla del pubblico intento ad osservare un tizio rivolto al contrario, con la bocca nel tubo di un fusto di birra intento a berne quanta più possibile senza vomitare, mi rendono confuso, tanto da non accorgermi neanche dello sguardo di Damian su di me. Mi volto, però, sentendo il solito formicolio alla nuca e rimango di sasso, osservando quando è bello, con quell'atteggiamento strafottente da bel tenebroso e la giacca di pelle in contrasto con la t-shirt bianca.

Riesco a vedere i suoi addominali perfettamente scolpiti, attraverso quel tessuto labile.

Andy richiama la mia attenzione prima che il mio sguardo si faccia troppo chiaro. Mi volto verso i miei amici e raggiungo il tavolo strutturato per divenire un campo di battaglia: dieci bicchieri colmi di birra sono posizionati a triangolo alla fine del tavolo da ping pong. Cinque palline attendono di essere lanciate e Andy forma una squadra con me, mentre Jo si unisce a David. Due contro due, un turno l'uno. Inizia Andy che lancia la pallina facendola finire dritta nel primo bicchiere a sinistra.

La folla esulta.

Al contrario delle solite regole, però, la nostra è una partita un po' più goliardica e, anzichè far bere l'avversario, per ogni bicchiere centrato, siamo noi stessi i bevitori.

Ed è così che Andy ingoia d'un fiato il suo primo bottino.

Al secondo turno, Jo, non riesce a centrare il bicchiere ma, come dicevo, stiamo giocando per divertirci. Quindi, come punizione, gli tocca bere.

Adesso tocca a me. Mi concentro, tanto, mal che vada, il risultato è sempre lo stesso.

Avverto gli sguardi del pubblico su di me ma gli unici occhi che mi rendono nervoso, sono quelli di Damian che, in prima fila, osserva divertito, con le braccia incrociate al petto.

Lancio ed ecco che, dopo un rimbalzo, la pallina finisce dentro il bicchiere centrale.

«Ottimo lancio, amico!» mi urla David, dandomi una pacca sulla schiena. Andy ha lo sguardo fiero. E' pur sempre un punto a nostro favore. Jo mi porge il bicchiere e, dopo aver puntato gli occhi su quelli di Damian, ingoio tutto d'un fiato la mia birra.

Mi bastano altri due tiri per essere del tutto brillo, così decido di tirarmi fuori, facendomi sostituire da Jason, un tizio che vedo ogni tanto a lezione e che mi sta sempre alle calcagna.

Mi inserisco nella folla, con la fronte madida di sudore e la voglia di gettarmi a letto. Cerco un bagno, devo pisciare, e anche tanto, ma ogni porta è chiusa e sembra che nessuno mi voglia venire incontro.

«Oliver! Eccoti finalmente!» la voce fin troppo familiare di Betty s'insinua nelle mie orecchie peggio della musica dance che risuona nella casa.

Poggio la schiena alla parete, dando una testata a una foto che ritrae Betty da piccola, sopra un cavallo marrone.

«Non saluti la festeggiata?» mormora, avvicinandosi come sempre un po' troppo e mimando una faccia triste, corrucciando le labbra. Il rossetto rosso le enfatizza ancora di più, rendendole disgustose, almeno per me.

«Non è il tuo compleanno, Bet.» mormoro, infastidito più del solito, a causa dell'alcol.

Passo una mano sulla fronte, spostando i capelli appiccicati dal sudore. Abbasso lo sguardo perchè, nonostante i tacchi troppo alti, sono comunque molto più alto di Bet.

«Lo so ma la festa è mia. Merito almeno un bacio.» continua lei, imperterrita.

Per un attimo, con la mente offuscata dall'alcol, torno ai miei diciassette anni, a una ancor più giovane Betty che mi porta nel corridoio di casa mia e incolla le sue labbra alle mie senza chiedermi il permesso, facendomi salire un senso di nausea. Adesso, un anno dopo, sono praticamente nella stessa situazione ma in una casa diversa, circondato da tutti i miei compagni e consapevole della mia omosessualità.

Sono frustrato, perchè nulla sembra andare come deve.

Porto una mano sulla sua spalla, per tenerla lontana, pronto ad ogni suo attacco e passo l'altra mano sul mio viso stanco.

«Cerco solo un bagno.» mormoro.

Bet si rattrista, forse inizia a capire che non c è trippa per gatti.

«In fondo, a destra.» risponde, segnandomi con la mano l'ultima porta del corridoio.

«Vengo con te?» domanda, e l'unica cosa che riesco a fare è guardarla con ironia, dandole le spalle e muovendomi ciondolante verso la salvezza della mia vescica.

Batto un paio di colpi per assicurarmi che non sia occupato e, non sentendo nulla, per quanto sia possibile considerando la confusione del posto, allungo la mano verso la maniglia per girarla e aprire la porta.

L'immagine che mi si presenta davanti, mi lascia senza salivazione.

Damian ha il volto contratto, la testa gettata all'indietro e i pantaloni leggermente abbassati, abbastanza da farmi vedere il bordo dei boxer bianchi Calvin Klein, mentre con la mano destra, tiene i capelli biondi di una ragazza, chinata proprio davanti al suo arsenale.

Rimango immobile, probabilmente con gli occhi sgranati e il volto rosso, facendo su e giù con lo sguardo tra il suo viso e quello nascosto della ragazza.

Damian si volta verso di me, trattenendo la ragazza per i capelli, facendole continuare il suo lavoro, mimando un sorriso soddisfatto e facendomi l'ennesimo occhiolino.

La mano, dalla maniglia, cade sbattendomi sul fianco e passa ancora un secondo prima che faccia un passo indietro per fuggire a quella scena.

«Almeno chiudi la porta!» sento dire alle mie spalle, proprio da Damian, mentre i miei passi si fanno sempre più veloci.

**

Un raggio di sole colpisce proprio il mio viso, disturbando il mio sonno già abbastanza travagliato. Apro un occhio, poi un altro, rendendomi conto di essere sprofondato nel sonno con ancora i vestiti addosso.

Sento puzza di alcol e mi sale un conato di vomito quando mi rendo conto che sono io. Lentamente, mi alzo, togliendomi le scarpe e poi la t-shirt e i pantaloni, abbandonando tutto sul pavimento. Entro nel bagno e apro l'acqua della doccia, tastandone la temperatura per poi fare un passo e lasciarmi travolgere dal tepore che solo un bagno ristoratore può donare.

Prendo il sapone e lo passo su tutto il corpo. Una mano finisce sulle mattonelle blu mentre la mia testa cade in avanti al sol pensiero di ciò che ho visto la notte scorsa. So benissimo che Damian è etero e che, al contrario di me, la fila di ragazze che gli va dietro, sono un gran passatempo per lui ma, ritrovarmi di fronte quella scena, vedere il suo volto eccitato, forse al culmine della prestazione, osservarmi con sfida, come se sapesse ciò che mi stava facendo provare, mi ha stravolto.

Avverto di nuovo la solita fitta di gelosia e mi do dell'idiota per essere ancora innamorato di quello stronzo. Sembra il mio destino: tutto ciò a cui tengo, sembra andare in frantumi.

La mia suoneria prende a suonare nella stanza quando esco dalla doccia, avvolgendomi un asciugamano alla vita. Mi avvicino al cellulare e quando vedo il volto sorridente di mamma rispondo alla chiamata.

«Tesoro tutto okay?» mi domanda, anche se sono litigato con lei da ormai tre giorni.

«Sì mamma, tranquilla.»

«Scommetto che ti sei appena svegliato. Ti ho sentito rientrare stanotte, era davvero tardi...» mormora, dall'altra parte della cornetta. Non voglio darle altri pesi, già mi basta la situazione con mio padre ma, davvero, deve smetterla di starmi col fiato sul collo.

«Mamma, ho diciannove anni.» mi lamento.

Lei sospira, per poi riprendere a parlare.

«D'accordo. Senti, prendo del cinese per cena, ci sarai?»

«Sì mamma, a stasera.» taglio corto.

Prendo una tuta leggera e non indosso altro. Accendo il pc e, come al solito, do un'occhiata alle notifiche quando il suono della chat attira la mia attenzione.

Ian Solo ti ha inviato un messaggio.

"Ciao."

Osservo quella semplice parola e decido che, forse, parlare con qualcuno che non ha il coraggio di essere se stesso, è un buon mezzo per dire ciò che ti passa per la testa.

"Ciao." Rispondo.

"Come è andata ieri sera?" domanda.

"Non so..." rispondo sincero.

"E' andata così male?"

Fisso lo schermo, indeciso se andare avanti.

"E' successa una cosa...diciamo che è stata la goccia."

"Vuoi parlarne?"

Forse non è il caso che mi apra così tanto. Anche se questo tizio o forse questa tizia, vuole mantenere l'anonimato, non è detto che se inizio a confidare tutti i miei più torbidi segreti, non prenda le notizie come farebbe un giornalista.

"No, grazie. Non so neanche chi sei." Rispondo quindi.

"Ian Solo" risponde.

Rido. Rido sul serio.

"Grazie, mi stai facendo ridere, sono sincero." scrivo, dopo qualche secondo.

"Contento di fare il mio lavoro." Risponde e non posso non notare che si sia riferito a se stesso in termini maschili.

So che il personaggio di Ian Solo è un uomo ma, in cuor mio, sento e spero che, chi si trova dietro allo schermo di quel pc, lo sia veramente.


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