Save Me, Percy Jackson. (Pern...

By LauraPalmerBastille

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Dal testo: Quando il panico sta per assalirlo, una voce calda e tranquilla lo riporta alla realtà. "Va tutto... More

Gattino arrabbiato.
Faccia da pesce.
Caffè.
Rialzarsi
Difenditi.

Cosa ti ha ridotto così?

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By LauraPalmerBastille

Nico è posizionato di fronte ad una vetrata scura. Fissa la stanza che ha di fronte: una stanza spoglia, bianca, con solo un tavolino ed una sedia al suo interno.
Era stato condotto fino a lì dalla mano di Jason, e lui non aveva obiettato. Si era lasciato guidare da lui, perchè era l'unica persona rimasta viva di cui si fidasse.
Le sue gambe si erano mosse da sole, e i suoi sensi erano come attutiti.
Sentiva nelle orecchie un battito lontano, che ipotizzò essere il suo cuore. Vista sfocata, orecchie tappate, possibile che il dolore lo stesse distruggendo in tal modo?
Si, si disse, poteva farlo a quanto pare.
Ora la mano di Jason è sulla sua schiena, e lo accarezza partendo dalle sue spalle per poi scendere fino alla base della schiena. E poi di nuovo, in un movimento cadenzato che quasi lo rilassa.
Nico poggia la mano sul vetro, ed osserva la stanza.
"Cosa stiamo facendo?" chiede, con un filo di voce.
"Vedrai il sospettato" gli risponde Jason, continuando sulla sua schiena il movimento con la mano. "E' un vetro oscurato, questo. Tu potrai vedere lui, ma lui non potrà vedere te."
"Non potrò parlargli?"
Jason scuote la testa, abbassando lo sguardo. "Non potrai nemmeno sapere il suo nome, né le sue informazioni private."
Il più piccolo gli scocca un'occhiata con i suoi occhi scuri, per poi socchiuderli. "Cosa? Perchè?"
Jason sospira, per poi passarsi la mano libera tra i capelli. "Dicono che non è sicuro per lui. Dicono che potresti fare pazzie contro questo uomo, e non avendo abbastanza prove per incolparlo, devono proteggere anche la sua di incolumità."
Per un momento il nero dentro Nico si dissolve, per lasciare spazio ad una rabbia irrefrenabile. Si accende dentro il suo stomaco, pervadendogli il corpo.
"Cosa significa!?" dice inacidito, scostandosi dalla mano dell'amico con uno scatto brusco.
Jason aggrotta le sopracciglia, per poi portarsi la mano in tasca. "Nico, io non posso farci nul--"
"Non mi interessa!" quasi urla. "Quell'uomo ha ucciso tre persone, è riuscito a disfarsi dell'arma e poi la sua incolumità deve essere protetta!?"
Nico alza la voce come non ha mai fatto, e la rabbia dentro di lui sembra solo aumentare. Vorrebbe prendere qualcosa e romperla, solo per mostrare a tutti come si è frantumato dentro lui.
"Quell'uomo mi ha rovinato la vita, e loro hanno paura che io gli faccia del male!?"
"Nico..." sussurra Jason, arricciando le labbra. Ma lo lascia fare, perchè sa che l'altro ne ha bisogno.
"Sai cosa c'è Jason, che io lo ammazzerò quel bastardo!" urla. "Non mi interessa se non saprò il nome o la sua vita! Farà la stessa fine che ha fatto fare a mia madre, a mio padre, e a mia sorella!"
Le lacrime iniziano a fuoriuscire dai suoi occhi. Lacrime di rabbia, dolore, frustrazione. Perchè è successo questo? Perchè tra tutte le case del suo quartiere, proprio la sua? Perchè tra tutte le famiglie della città, proprio la famiglia Di Angelo?
"Bastardo!" urla, sbattendo forte il pugno contro il vetro scuro. Una fitta di dolore gli pervade la mano, ma lui non la sente. Sbatte di nuovo il pugno sul vetro, urlando.
E Jason lo fissa, aspettando che anche questa crisi scivoli via dal suo corpo.
Nico sta per sbattere per la terza volta sul vetro il pugno, quando la porta della stanza di fronte a loro si apre.
Due guardie entrano dentro, e il moro come un bimbo schiaccia il viso contro il vetro.
"Sta arrivando" sussurra, sgranando gli occhi ancora pieni di lacrime.
Jason si avvicina al vetro, e istintivamente la sua mano ritorna sulla schiena del più piccolo.
Gli scocca un'occhiata, e si sofferma a guardare i suoi capelli neri disordinati, i suoi occhi scuri sgranati puntati nella stanza, la sua bocca semi aperta.
Sta per dirgli qualcosa, quando l'uomo entra dentro la stanza.
E l'unica cosa che Jason mette a fuoco, è una lunga cicatrice sul suo viso.

*

-Da: Percy
Ore: 1.30
So che è tardi, forse non mi risponderai nemmeno, ma cosa è successo prima? Te ne sei andato via in maniera strana.-

-Da:Percy
Ore: 4.57
Okay, deduco che tu o stia dormendo, o non voglia rispondermi.-

-Da: Jason
Ore: 7.01
Nico, tutte le mattine così. Esci da quel bagno??-

-Da: Percy
Ore: 13.45
Okay, penso di star parlando da solo. Oggi il concerto è alle 18.00, vuoi venire?-

-Da: Leo
Ore: 14.00
Hei, ragazzo tenebra, ma tu e Jason fate pranzo con noi?
Dai, oggi per pranzo c'è il polpettonenonsisaconcosasiafatto!-

-Da:Percy
Ore 16.5
Questo è il... quarto messaggio che ti scrivo? Penso di star iniziando a diventare oppressivo. Comunque io alle 18.00 sono lì. Se ti va di venire, io ti aspetto.-

Nico legge per l'ennesima volta il messaggio, mordendosi forte il labbro. Sente le tempie pulsargli, e l'indecisione lo sta quasi soffocando. È seduto a gambe incrociate sul letto, il giacchetto nero da aviatore intorno al corpo e un paio di pantaloni scuri a stringergli le gambe.
I capelli neri gli ricadono di fronte gli occhi, mentre legge i messaggi.
Cosa sta facendo? Perchè non risponde ai messaggi che Percy gli ha inviato? Perchè quel commento gli ha dato così fastidio?
Cosa lo turba davvero? Che Percy forse si è avvicinato a lui solo perchè gli ricorda il suo primo amore, o il fatto che i suoi occhi riescano davvero a tradirlo?
Li chiude, coprendoli poi con la sua mano.
Nico è un ragazzo forte. Nico non condivide i suoi stati d'animo con le persone, no. E le persone non possono avere il permesso di scavare dentro di lui mediante i suoi occhi. No.
E adesso ha paura, perchè se prima riusciva a tenere tutti fuori dalla sua vita, adesso anche questa certezza è crollata.
E si da dello sciocco, perchè forse sta pensando troppo. Forse dovrebbe solo alzarsi e andare da Percy. Eppure quel commento rimbomba dentro la sua testa, inchiodandolo al letto.
Spegne il telefono, e lo butta di fronte a sé. Geme frustrato, stropicciandosi gli occhi con una mano.
Perchè ha dovuto dirlo? Stava andando tutto così bene tra di loro.
Guarda l'orologio. Le 17:20.
Qualcosa dentro di lui esplode. No, non può rovinare tutto. Non questa volta.
Così, si alza dal letto, si sgranchisce le gambe ed infila le scarpe velocemente, prima di uscire dalla porta.
E, già lo sa, si pentirà di questa decisione.

*

Nico si era maledetto di questa decisione appena aveva messo piede nella metropolitana. Cosa avrebbe detto? Come si sarebbe giustificato per i messaggi? Lo avrebbe trovato, in mezzo alla folla?
E quelle domande gli risultano tutte sciocche quando, scendendo dalla metro, due grandi occhi verdi accompagnati da un sorriso lo accolgono.
Percy è seduto su una panchina e lo fissa felice, con gli occhi che quasi brillano. Le guance di Nico cambiano il loro solito colore pallido in un rosso acceso, che prova a nascondere sotto il suo giacchetto.
Il più grande si alza dalla panchina, raggiungendolo a grandi falcate. E tutto dentro la testa di Nico si scollega, lasciando spazio solo a quel sorriso.
"Sei venuto..." dice Percy, quasi come fosse una rassicurazione per sé stesso. "Stavo per perdere le speranze."
Nico abbassa lo sguardo, alzando le spalle. "Per i messaggi, ecco io--" ma non fa in tempo a finire la frase, che due forti braccia gli avvolgono il corpo. Il più piccolo sgrana gli occhi, abbassa lo sguardo e incontra il corpo di Percy avvinghiato al suo. Percy lo sta abbracciando, e le sue gambe stanno seriamente tremando.
Respira il suo profumo di brezza marina, ma le sue braccia rimangono stese lungo i fianchi. Le guance scottano, e dei brividi caldi gli pervadono il corpo.
Percy lo sta abbracciando.
E vorrebbe alzare le mani ed affondarle tra quei capelli scuri, perchè per la prima volta sente di nuovo quella strana sensazione di protezione scorrergli dentro. Vorrebbe stringergli le braccia al collo, e chiedergli di non andarsene mai, perchè lui ha paura di stare male di nuovo.
Ma quel commento gli rimbomba in testa, così rimane fermo.
E quando si stacca da lui vorrebbe urlargli di rifarlo. Dei, oltre a Jason qualcuno lo aveva mai abbracciato in questo modo? Ma non lo fa. Rimane in silenzio, ed arrossisce.
Nico nasconde il viso dentro il suo giacchetto, e sente le guance scottargli più del normale.
"Non mi interessa dei messaggi. Sei qui, mi basta" esclama quindi il più grande, e quando Nico alza lo sguardo rimane sorpreso. Il viso dell'altro è felice, ha quel solito sorriso che gli incornicia il volto. E Nico capisce che a lui non interessa davvero dei messaggi. A lui importa solo che lui ora è qui, e questo gli basta.
Dei, quanto vorrebbe essere come lui.
Quanto vorrebbe riuscire ad essere felice per le piccole cose. Ma lui è stato privato di queste. Nico è stato privato di tutto, e si è convinto di non poter essere felice.
"Impazzirai per questa cover band, ne sono sicuro!" e quando parla, Percy sembra quasi un bimbo. Con la sua perenne gioia e spensieratezza.
Nico alza le spalle, nascondendo le mani in tasca. "Non so nemmeno chi sono..."
Le labbra del più grande assumono una strana forma ad 'o', per poi poggiarsi una mano sulla fronte. "Hai ragione! Non ti ho nemmeno parlato della band!"
"Già, sono del tutto all'oscuro."
"Hm" mugola, prendendosi il labbro tra le dita nel solito gesto. "E' che te ne sei andato frettolosamente ieri sera, quindi non ho fatto in tempo!"
'Dei', si ritrova a pensare Nico, 'perchè deve essere così dannatamente provocante?'. Fissa le sue labbra, per poi ripuntare lo sguardo a terra, intimandosi di smetterla.
"Bhe" continua Percy, "non so se li hai mai sentiti. Sono una nuova band britannica, i Bastille. Non sono molto conosciuti, ma sono sicuro ti piaceranno."
Nico alza le spalle, per poi mordersi il labbro. "Si, ho sentito qualche loro canzone. Mi piacciono."
Percy sorride come un bimbo, portando la sua mano alla schiena del più piccolo in una fugace carezza. "Già il fatto che tu li conosca mi va bene!"
E Nico, come ogni volta, si perde nel suo sorriso.

*

Nico non si è mai trovato bene in mezzo alla folla, ma questa volta, con la mano di Percy sulla sua schiena a condurlo fuori da quella massa di persone, non si sente poi così a disagio.
Si, ogni volta che qualcuno che lui non conosce lo urta con un gomito o con una mano vorrebbe urlargli di allontanarsi e di non toccarlo, perchè a lui non piace essere toccato. Eppure la mano di Percy sulla schiena lo tranquillizza, e reprime il disagio dentro di sé.
Si erano ritrovati in mezzo a quella folla di gente senza riuscire a capire come. Era successo e basta, e Nico si era quasi fatto prendere dal panico. Percy aveva notato il suo pallore e il suo improvviso cambio d'espressione; così, senza farlo pesare al più piccolo, aveva deciso di allontanarsi da quelle persone.
"Non respiro qui" aveva detto. "Ti va se lo guardiamo da un altro luogo meno affollato?"
E Nico gli era stato davvero riconoscente. Avrebbe voluto abbracciarlo lì, davanti a tutti. Aveva capito il suo disagio senza che lui lo esponesse, e non solo non glielo aveva fatto pesare, ma non aveva nemmeno fatto domande.
Così ora si ritrovano fuori da quella folla, ed il più piccolo tira un sospiro di sollievo.
Gli sarebbe presa una crisi lì in mezzo, e Percy lo ha salvato.
Gli scocca un'occhiata, e per la prima volta si ritrova a fissarlo per il ragazzo che è: generoso, attento, impulsivo. Un ragazzo che per gli altri darebbe la sua stessa vita.
Un eroe, pensa, perdendosi in quel sorriso.
"Da qui non vedremo nulla" dice il più grande, mordendosi il labbro.
Nico si guarda intorno, cercando un luogo più alto dove poter riuscire a guardare il palco.
"Sai" continua Percy, abbozzando un sorriso. "Qui vicino c'è casa mia..."
Il più piccolo aggrotta le sopracciglia, per poi avvampare. "E allora?" risponde, scoccandogli un'occhiataccia.
"Oh, no! Non intendo quello!" si difende subito l'altro, alzando le mani. "Intendevo che dal tetto di casa mia forse riusciremmo a vedere qualcosa!"
Nico lo guarda stranito, per poi alzare le spalle. "Si, possiamo provarci."
E Percy sorride di nuovo, prima di afferrare le sua mano ed iniziare a correre.

*

Le dita di Percy avevano toccato la sua mano, ne era quasi certo. Percy lo aveva preso per mano.
Si, lo aveva fatto per condurlo verso casa sua, ma lo aveva fatto. Ed ora, che le loro mani si sono allontanate, uno strano sorriso aleggia sulle labbra del più piccolo.
Eppure, più quel sorriso si apre, più quel commento gli rimbomba nel cervello.
Si ritrovano di fronte ad un palazzo. Le persiane sono quasi tutte chiuse, e Nico si chiede chi vive lì dentro insieme a Percy.
"E' qui che abiti te?" chiede, alzando lo sguardo fino al tetto. Il più grande annuisce, arricciando le labbra.
"Si" risponde "Ma non possiamo passare da dentro."
"Hm? E perchè?"
Percy abbassa lo sguardo, passandosi una mano tra i capelli. "Non voglio svegliare nessuno" dice quindi, in fretta. "Passiamo dalla scala sul retro, tanto porta pure quella al tetto."
Nico inarca un sopracciglio, e per la prima volta si chiede che storia porti sulle spalle Percy. Gli aveva già donato una parte del suo passato, raccontandogli di quel ragazzo, e la cosa era andata catastroficamente. Se Nico si era sentito felice che Percy avesse condiviso con lui una parte di sé, col commento finale aveva distrutto ogni cosa, spingendo Nico a non voler più sapere nulla del suo passato.
Eppure ora, camminando verso la scala anteriore, Nico si chiede davvero cosa Percy Jackson abbia vissuto. Che rapporto ha con la sua famiglia? Ha superato il trauma di Luke? Come ha smaltito tutta quella tristezza?
I pensieri di Nico vengono interrotti dalla voce del più grande. "Sali" dice semplicemente, e Nico mette a fuoco l'immagine che ha davanti agli occhi.
Una piccola e stretta scala è attaccata al muro, e parte dall'alto per poi scendere verso terra. La fissa confuso, per poi sgranare gli occhi.
"Salgo qui sopra!? Tu sei pazzo!" esclama, facendo un passo indietro.
Percy sorride, per poi poggiare una mano sul suo braccio, facendolo arrossire.
"Soffri di vertigini?" chiede, addolcendo lo sguardo.
"No!" quasi urla Nico, continuando a fissare la scala. "Ma è da pazzi suicidi salire su quella roba!"
Percy scrolla le spalle, per poi allontanare la mano dal braccio del più piccolo.
"Io ci salgo tutti i giorni, e sono ancora qui" ammette, abbozzando un sorriso. "Forse un po' pazzo suicida lo sono."
Nico gli rivolge un'occhiata, per poi storcere le labbra. E non sa perchè, ma quelle parole lo hanno colpito dentro.
"Oh, ti sto odiando!" sbuffa, prima di raggiungere la scala velocemente. "Giuro che se cado mi avrai sulla coscienza."
Percy scoppia a ridere, fissandolo salire. "Ci sono io sotto di te. Se cadi ti prendo al volo."
"Ah, taci idiota" risponde inacidito, iniziando a salire la piccola scala.
Percy abbozza un sorriso, per poi mettere piede sulla scala. "Ah, ti adoro versione gattino arrabbiato."

-

Nico mette piede sul tetto tirando un sospiro di sollievo. Poggia le mani sulle ginocchia, e prende un profondo respiro.
Una mano calda si poggia sulla sua schiena, facendolo rabbrividire. "Tutto apposto?" chiede Percy, abbassandosi per incontrare il suo sguardo.
Nico annuisce, prendendo un ultimo respiro.
"Non la scenderò mai. Rimarrò qui sopra per sempre" dice, rialzandosi.
Percy sorride, facendo dei piccoli cerchietti sulla schiena del più piccolo con la mano. "Non è stato così tragico, dai."
Nico gli scocca un'occhiataccia, aggrottando le sopracciglia. "Stai scherzando, Percy?"
Il più grande scoppia a ridere, con quella risata calda e bassa, per poi portare la sua mano di nuovo in quella di Nico. Le sue dita sfiorano quelle del più piccolo, per poi afferrarle.
Percy lo ha preso per mano.
"Dai" dice con tono dolce. "Vieni, da qui il palco si vede bene."
Nico avvampa, e le gambe minacciano di non sorreggerlo. Non sa come riesca a muoversi senza cadere, ma in pochi secondi si ritrova dal lato opposto del tetto, con la sua mano in quella di Percy.
Lunghi brividi gli scorrono lungo la schiena, e per qualche secondo si dimentica come si faccia a respirare.
Percy lo sta tenendo per mano.
L'oscurità li avvolge, e Nico pensa a come non abbia fatto a notare che fosse sceso il buio. E loro due, in mezzo a quell'oscurità, si tengono per mano.
Poi le dita di Percy si allontanano dalle sue, e il freddo quasi gli entra dentro le ossa.
"Vieni, siediti. Il concerto ancora non è iniziato" gli dice, mettendosi seduto su uno strano tappeto dietro di loro.
"Vieni spesso qui?" chiede il più piccolo, sedendosi. Le loro mani sono di nuovo vicine, e il cuore di Nico sembra battere troppo velocemente.
Percy guarda in alto, soffermandosi ad osservare le stelle, per poi sorridere.
"Questo è il mio luogo segreto" ammette, senza abbassare lo sguardo. "Non faccio salire tutti qui sopra. Mi piace, mi rilassa."
Nico avvampa, per poi ritrovarsi a sorridere. Non porta tutti qui sopra. Lui è uno dei pochi.
"A volte ho bisogno di un luogo dove pensare. Non trovi anche te che stare sempre in mezzo alle persone dopo un po' diventi faticoso?"
Nico alza lo sguardo anche lui verso il cielo, per poi scrollare le spalle.
"Non so, non sono un tipo che ama stare in compagnia. Non so cosa si prova a stare con le persone."
Percy abbassa per un attimo lo sguardo, rivolgendolo verso il più piccolo.
"Cosa ti è successo, Nico?" chiede quindi, inclinando con fare curioso la testa. "Cosa ti ha ridotto così?"
Il più piccolo sussulta a quella domanda, e i polmoni sembrano svuotarsi improvvisamente. Spalanca gli occhi, e fissa le centinaia di stelle che ha sopra la testa.
La musica parte da sotto di loro, facendolo sussultare nuovamente.
Il concerto è iniziato, ma Nico non ha voglia di abbassare lo sguardo. Delle note lente si diffondono per l'aria, e il cuore di Nico sembra appesantirsi ancora di più.
"Io... A me non piace parlarne" ammette alla fine, con tono piatto.
Percy continua a fissarlo, per poi annuire piano. Abbassa lo sguardo, e per qualche secondo rimane fermo, come se stesse pensando. Poi punta di nuovo il suo sguardo verso il cielo, e la sua espressione si acciglia.
"Mi dispiace" dice, stringendo i pugni.
Nico inarca un sopracciglio, ma non sposta lo sguardo dalle stelle.
"Per cosa?"
"Non avrei dovuto chiedertelo. Mi dispiace."
Il più piccolo abbassa finalmente lo sguardo, soffermandosi a guardare l'espressione corrucciata dell'altro.
Per un momento la sua mente si scollega, e Nico poggia la sua mano su quella di Percy. I suoi occhi scuri incontrano quelli verde mare dell'altro, che sembra quasi sorpreso.
"Percy" sospira, senza distogliere lo sguardo dal suo. "Io... Io non ne ho mai parlato con nessuno. E ho paura che facendolo ricadrei di nuovo in quel baratro da cui sono uscito con molta fatica."
Il più grande continua a puntare il suo sguardo in quegli occhi neri, per poi stringere la mano del più piccolo tra la sua.
"Te lo giuro" continua quindi. "Quando mi sentirò pronto, io lo farò. Ma non adesso, non ce la faccio."
"Nico..." sussurra il più grande, spostando finalmente il suo sguardo da quegli occhi scuri alle sue labbra.
Da quanto i loro volti sono così vicini?
Il più piccolo ringrazia mentalmente il buio, oppure il suo viso rosso sarebbe stato imbarazzante.
"Io... Io devo dirti una cosa" dice quindi Percy, senza distogliere il suo sguardo da quelle labbra.
Nico inarca un sopracciglio, inclinando un po' la testa. "Cosa?"
E Percy sta per parlare, quando un'altra musica, oltre a quella del concerto, si diffonde nell'aria. Il più grande sussulta, per poi allontanarsi. È il suo telefono che squilla.
"Diamine" sbuffa, per poi andare a ripescare il telefono dentro la sua tasca. "Ma chi è... pronto?" risponde con tono seccato.
Il suo volto assume un'aria più scura, per poi scuotere la testa. "Si è fatto male di nuovo!?" esclama a voce alta, esasperato. "Ma... dai, oggi è il mio giorno libero! Non posso sempre prendere il suo posto! N-no... si, mi farebbero comodo, ma sono impegnato ora!"
Percy butta un'occhiata a Nico, per poi storcere gli occhi in una buffa espressione esasperata.
"Okay, a che ora? Come il primo turno? Ora?" il suo tono di voce fa fuoriuscire la sua esasperazione, e Nico lo osserva mentre storce la bocca a socchiude gli occhi.
"Okay, va bene, ma ne dobbiamo riparlare di questa cosa" finisce, per poi richiudere velocemente la telefonata.
Sospira forte, per poi passarsi una mano tra i capelli mori. La musica continua ad andare avanti, di sottofondo, e Nico punta il suo sguardo verso il basso.
"Nico, ecco, io dovrei--"
"Vai, non c'è problema per me."
Percy alza il viso, per poi incontrare lo sguardo del più piccolo. "Davvero, vorrei tanto rimanere, ma--"
"Percy, ho detto che non fa niente. È lavoro, no?"
Il più grande annuisce, per poi alzarsi dalla coperta che li copriva dal freddo del pavimento. E Nico vorrebbe sapere cosa Percy doveva dirgli, ma rimane in silenzio, mentre si dirige verso la scala.
"Ti aiuto io" si offre quindi il più grande, posando una mano sul suo braccio. Nico gli scocca un'occhiata, per poi storcere le labbra.
"Devo farlo per forza?" dice, sospirando.
Percy sorride, annuendo. "Forza, in discesa è molto più semplice che in salita. Vado prima io!"
E prima che Nico possa anche solo provare a controbattere, l'altro ha già iniziato a scendere la scala.

-

Quando Nico poggia i piedi a terra ringrazia gli Dei di essere ancora vivo. Tira un secondo sospiro di sollievo, per poi scuotere la testa.
"Sono sul serio felice che tu mi abbia portato nel tuo luogo, ma non verrò qui sopra mai più" annuncia, infilando le mani in tasca.
Percy sorride, per poi passargli una mano in mezzo ai capelli.
"Sono felice anche solo che tu lo abbia visto."
Eccolo di nuovo, quel calore insopportabile che pervade il corpo del più piccolo quando la sua pelle entra in contatto con quella di Percy.
"S-Si" balbetta, per poi abbassare lo sguardo. "Ora vai, o farai tardi."
Percy annuisce, per poi mostrargli il suo solito sorriso. "E' stata una bella serata, anche se corta."
E Nico fa solo in tempo ad annuire, prima che Percy faccia una cosa del tutto inaspettata. Avvicina il suo volto a quello del più piccolo, e poggia le sue labbra sulla sua fronte. Il corpo di Nico si blocca, e il respiro gli si mozza in gola.
Le labbra di Percy stanno toccando la sua pelle, e lui sta per svenire, se lo sente.
"Ci vediamo, gattino arrabbiato" dice, prima di lasciargli un'ultima fugace carezza sulla guancia, ed iniziare a correre fuori dalla sua visuale.
E Nico non può fare altro che rimanere lì fermo, con il punto dove Percy lo ha toccato con le labbra che brucia, e il cuore nel petto che ha iniziato a battere più velocemente del solito.

*

Quando rientra nell'alloggio, le gambe di Nico ancora tremano. Ha un sorriso ebete sul volto che non ha intenzione di sparire.
Dannato ragazzo, lo farà impazzire.
"NICO!" urla qualcuno appena apre la porta dell'alloggio, per poi saltargli addosso.
"L-Leo!" geme frustrato il moro, cercando di spostare il corpo dello spagnolo dal suo. "S-Spostati!"
Il castano si sposta, per poi mettere su il suo solito sorriso furbo. "Jason è decisamente arrabbiato" dice quindi, alzando le sopracciglia.
"Cosa? Perch--"
"Nico!" la voce bassa dell'amico lo fa sussultare, e poi due forti braccia avvolgono il suo corpo.
"J-Jason?"
Quando il biondo si sposta dall'abbraccio, e Nico incontra i suoi occhi chiari, vede in questi chiaro segno di angoscia.
"Ma cosa è successo?" chiede, aggrottando le sopracciglia. Entra dentro la stanza, e si siede sul letto.
"Cosa è successo!?" esclama esasperato Jason, entrando anche lui con al seguito un euforico Leo. "Nico, sei scomparso per due ore e mezza! Non riuscivamo a contattarti, mi hai fatto prendere uno spavento!"
Il più piccolo si maledice mentalmente, mentre ricorda di non aver nemmeno inviato un messaggio a Jason per avvertirlo della sua uscita.
"Mi spieghi dove sei stato!? Stavo per chiamare la polizia!" il biondo quasi urla, e mentre parla gesticola come un pazzo. Nico sa che l'altro sta contenendo la rabbia, anche essendo di carattere tranquillo.
"Ti rendi conto di quanto mi hai fatto preoccupare, Nico? Tu... tu non puoi prendere e uscire così! Devi farmi sapere dove sei! Poi il mio telefono Leo lo ha fatto cadere nel gabinetto, non sapevo come rintracciarti e--"
"Jason" lo interrompe il più piccolo. "Io... mi dispiace" dice quindi, abbassando lo sguardo.
E quel moto di protezione che di solito prende possesso del corpo del biondo, esplode di nuovo nel suo petto.
"Oh, Nico..." sussurra, avvicinandosi e riprendendo il corpo del più piccolo tra le sue braccia. Quel corpo così piccolo e così fragile, vorrebbe proteggerlo da tutti i mali del mondo.
"E' che mi sono preoccupato, tutto qui..." gli dice, direttamente nell'orecchio.
Nico sospira, abbandonandosi a quell'abbraccio caldo. Poggia la fronte sulla spalla del biondo, per poi socchiudere gli occhi.
"Lo sapevo!" esclama una voce dietro di loro, con decisamente troppo entusiasmo. "La Jasico esiste!"
Nico geme frustrato, per poi tirarsi indietro da quell'abbraccio.
"La... cosa?" esclama il moro, per poi stropicciarsi gli occhi. Quanto vorrebbe quel fastidioso spagnolo fuori dalla sua stanza.
"La Jasico! Jason e Nico!"
Jason alza gli occhi al cielo, per poi incrociare le braccia al petto. Nico invece gli lancia un'occhiataccia, socchiudendo gli occhi.
"Hai rotto il telefono di Jason?" chiede inacidito, incrociando le gambe sul letto.
Leo alza le mani, in segno di difesa. "Non l'ho fatto apposta, giuro!"
"Non voglio sapere come è andata, sinceramente" dice, scuotendo la testa. "Ma più che altro, non potevi provare a chiamarmi col tuo cellulare? Hai detto di averne comprato uno nuovo dopo la fine dell'altro!"
"Si!" risponde quindi il castano, poggiando la schiena al muro. "Ma avevo perso il tuo numero!"
"Non dire sciocchezze, Valdez. Quando lo hai comprato ti sei vantato con noi per tre ore di come fossi riuscito a ritrasferire tutto quello che avevi sull'altro telefono a questo, compreso quel video" dice, alzando gli occhi al cielo. "E poi mi hai inviato un messaggio stamattina!"
Leo sgrana gli occhi, per poi voltarsi a fissare Jason. "Io... uhm. Non ricordo di aver mandato nessun messaggio!"
"Bugiardo!" urla Nico, puntandogli un dito contro. "Prendi il tuo telefono e vedremo!"
"C-cosa? Mai!" urla in risposta lo spagnolo, prendendo il telefono dalla tasca e stringendoselo al petto come fosse un tesoro.
"Jason, prendi quel telefono! Questo spagnolo non ha voluto aiutarti!" esclama quindi il moro, scoccando un'occhiata al biondo.
E, come previsto, Nico si ritrova tra le mani il telefono del castano pochi attimi dopo.
"Ah! Traditore! Traditore del tuo stesso sangue! Doppiogiochista" urla Leo contro il biondo, portandosi una mano nei suoi capelli indomabili.
"Mi stavi affianco mentre mi preoccupavo, e invece che aiutarmi ti sei inventato una scusa per non farmi chiamare!" risponde piccato Jason, scoccandogli un'occhiata offesa.
"Jason, puoi ancora schierarti! Il ragazzo tenebra sta mentendo! Riprendi quel telefono per me! Ti pagherò bene! In lingotti d'oro! Ti piacciono i lingotti d'oro, no?"
Nico, nel frattempo, scorre veloce tra i messaggi del castano, ricercando il messaggio che quella mattina il ragazzo gli ha inviato.
"E' arrivata la tua ora, Valdez" dice il moro, maneggiando col telefono.
I suoi occhi si puntano sul messaggio della mattina, per poi sorridere furbo. "Bingo!" dice, pregustando già la figuraccia dello spagnolo.
"Ecco il messaggio!" esclama, mostrandolo a Jason. Il biondo scocca un'occhiata irritata a Leo, incrociando le braccia al petto.
"Leo? Hai qualcosa da dire in tua difesa?"
Nico riprende il telefono tra le mani, e lo sta per chiudere, quando un nome familiare lo attira.
"E va bene" risponde Leo, sospirando. "Pensavo fosse un altro piano per distruggermi anche questo telefono e perdere il video, e non volevo darvela vinta, okay?"
Nico scorre su quella conversazione, e il suo cuore quasi non si blocca. Perchè c'è un contatto nel telefono di Leo col nome 'Percy Jackson'?
"LEO!" urla quindi il biondo, alzando le mani al cielo. "Non solo mi hai rotto il telefono, ma non mi hai nemmeno aiutato per paura che io rompessi il tuo!?"
Le dita di Nico scorrono veloci sulla conversazione che ha con quel contatto, e per un secondo il suo respiro si ferma.
Il battibecco tra quei due è come se scomparisse alle sue orecchie, mentre i suoi occhi scorrono veloci sulla conversazione.

Leo: Il piano è semplice. Devi solo sedurlo, per il resto faremo tutto noi.

Percy: Nico, no? Il ragazzo moro?

Leo: Si, quello perennemente incazzato. Seguilo, e provaci con lui. Te l'ho detto, il resto lo facciamo noi. Pensi di potercela fare?

Percy: Ovvio, è il mio lavoro alla fine, no? E poi penso di averci già parlato con questo Nico. Sarà un gioco da ragazzi.

Leo: Perfetto. A stasera.

E, in pochi attimi, il nero dentro di Nico esplode di nuovo.

*

Nico non aveva mai visto un uomo tanto brutto. O almeno, ai suoi occhi, quello era l'uomo più brutto che avesse mai visto in vita sua.
Avrà avuto quarantacinque anni, ma Nico gliene avrebbe dati almeno sessanta.
Capelli neri e sporchi, che a ciuffi si attaccavano sulla sua pelle butterata e sudata. Gli occhi piccoli, i denti sporchi e, soprattutto, una lunga cicatrice a spezzargli il viso.
Una cicatrice sopra l'occhio. Una cicatrice brutta, che finiva sopra l'occhio e poi ripartiva sotto, percorrendo tutta la guancia.
Il segno dei punti era ancora visibile, e quel profondo taglio era così rosso da sembrare ancora aperto e fresco. Eppure era richiuso, e deturpava il volto di quell'uomo.
E Nico lo odiò, sopra ogni cosa.
Ora, dopo qualche minuto dall'entrata di quell'uomo, il moro è ancora poggiato alla finestra a fissarlo.
I suoi occhi sono spalancati, e il suo corpo non si muove. È lui? È lui che ha ucciso la sua famiglia?
Il suo sguardo si sposta sulle sue mani grandi e callose. Con quelle mani? Con quelle mani ha ucciso Maria, Ade e Bianca?
La cicatrice. È quella? E' quella schifosa e stramaledetta cicatrice che la sua famiglia ha visto come ultima cosa?
"Nico..." sussurra Jason, posandogli una mano sulla guancia. Sta piangendo. Sta piangendo e non se ne era nemmeno accorto.
"E' lui, lui li ha uccisi..." sussurra il più piccolo, sgranando gli occhi.
Il biondo lancia un'occhiata all'uomo dietro la vetrata, e sospira. Non può dirgli di si, anche se sa che quell'uomo centra sicuramente qualcosa con la morte della sua famiglia.
"Q-Quell'uomo... lui ha preso la vita della mia famiglia?"
E il nero dentro di lui si espande. Si mischia con la rabbia, creando disperazione.
"Tu" dice Nico, puntando il dito contro il vetro. "Tu li hai uccisi."
"Nico, dobbiamo and--"
"Tu!" urla, sbattendo il pugno contro il vetro. "Tu li hai uccisi!"
"Nico!" esclama Jason, sgranando gli occhi.
"TU!" e Nico sbatte il pugno più forte che può sul vetro. Questo fa un rumore strano, per poi vibrare. "TU MI HAI PORTATO VIA TUTTO!" urla come un forsennato, dando un altro pugno contro il vetro.
Questo vibra ancora di più, e il movimento sembra passare anche nell'altra stanza. Il poliziotto e l'uomo alzano in contemporanea lo sguardo, e per un secondo Nico lo fissa negli occhi.
Nico fissa negli occhi l'uomo che ha ucciso i suoi genitori e sua sorella. Lo fissa, e darebbe di tutto per poter stringere le mani intorno al suo collo.
"BASTARDO!" urla, sbattendo entrambi i pugni. "BASTARDO! BASTARDO! BASTARDO!"
"Nico, ora basta!" esclama Jason, allontanando via il più piccolo dal vetro con uno strattone. Afferra la vita di Nico con un braccio, e lo trascina fuori dalla stanza, mentre l'altro continua a sbraitare.
"Riportami dentro, Jason! Riportami dentro!" urla, e le lacrime escono spontanee.
"No" afferma il biondo, stringendo la presa. "Lo avevo detto. Appena la tua mente avrebbe dato segni di cedimento, ti avrei portato via."
E Nico piange, mentre viene trascinato fuori dalla caserma. Piange, mentre Bianca ride nella sua mente. Piange, mentre sua madre gli augura la buonanotte. Piange, mentre suo padre gli ripete di essere forte.
E piange. Ed è solo.
E l'unica cosa che lo manderà avanti, adesso, è riuscire a ritrovare quell'uomo e fargliela pagare.
Perchè, lo sa, quel viso e quella cicatrice non se le scorderà mai.
-
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Stavolta meno tristezza,e più colpi di scena!
Al prossimo!

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