Fill me with your poison

Von JJostenMinyard

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Brian ha mantenuto il suo stile di vita. Babylon, Woody, sesso, droga. Justin vive a New York, dove condivide... Mehr

Tre anni dopo - Prologo
Capitolo 2 - Two years ago
Capitolo 3 - Faccia tosta
Capitolo 4 - Million Dollar Baby
Capitolo 5 - Scala reale
Capitolo 6 - Sì, stupendo.
Capitolo 7 - Familiar faces.
Capitolo 8 - Wrecking ball.
Capitolo 9 - L'abbraccio
Capitolo 10 - Accidentally in love
Capitolo 11 - You make me feel good

Capitolo 1 - Cliché

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Von JJostenMinyard

Pittsburgh.

Era già seduto al solito sgabello, mentre guardava la solita colazione nel suo piatto e Debbie spartiva ordini a destra e a manca, quando Michael fece il suo ingresso radioso. - Come era il ragazzo di ieri sera?- Come tutti gli altri Miky. Michael non disse nulla, si limitò a sorridergli cercando di infondergli un po' di spensieratezza, sapendo che quello era il suo giorno tanto temuto. Debbie si appoggiò al bancone direttamente davanti a loro, masticando la solita chewingum con la contentezza da ogni ovunque.- Ciao tesoro, dov'è Ben?- E' corso al lavoro mamma, anche Hunter quindi risparmia dal chiedermelo.- Domani sera venite a cena da me? Anche tu Brian, così per una volta mangi sano.Il ragazzo si alzò, lisciandosi la giacca e guardando ancora il suo piatto, dove non aveva mosso nemmeno una briciola. - Ho di meglio da fare, ci vediamo domani.- E la tua colazione?Urlò Debbie verso il biondo, che non la ascoltò mentre lasciava il locale alle sue spalle. Come tutte le mattine. Possibile che solo con la presenza di Justin tutto quello non gli sembrava così monotono? Era solo e unicamente lui la fonte completa della sua felicità?Tre anni da quando l'aveva lasciato andare a New York, dandogli i suoi spazi e la possibilità di diventare qualcuno grazie al suo dono. Non si era fatto sentire, non si era mai fatto vedere. Brian era come fosse stato cancellato dal cuore e dalla testa del biondino, e questo non lo accettava. Non ancora, almeno.Per quella giornata, forse, poteva andare a trovare Gas, così avrebbe rivisto Mel e Linz. Oppure poteva starsene a casa tutto il giorno, ma i ricordi di quell'ultima notte lo avrebbero assalito, lasciandolo agonizzante e senza fiato. Ecco perché lui non credeva nelle storie d'amore o all'amore in sè, eppure ci era cascato, se così si poteva dire. Si accese una sigaretta, decidendo che doveva sforzarsi di non pensare. Si sedette sul cofano della macchina, osservando la popolazione gay passeggiare tranquillamente per la strada. Quella giornata era un perfetto cliché: il ragazzo triste e sconsolato che guarda le coppiette felici passeggiare attorno a sé. Quando era finito in un covo di passione e amore?


New York

Justin si svegliò con il braccio del suo ragazzo steso sul suo petto, mentre la testa del moro era appoggiata alla sua spalla. Quella giornata era pessima. Si sentiva uno schifo ogni momento di più per quel ragazzo che si era innamorato di lui, ma la maggior parte del suo senso di colpa era dovuto al fatto di essere scomparso da Pittsburgh. Sentiva spesso la madre e la sorella, ma non era mai andato a trovarle. Erano sempre loro che andavano a New York, con la scusa che Justin aveva nuovi quadri da far mostrare loro. Si alzò spostando delicatamente il braccio di Matt, scoprendo il suo corpo nudo e correndo in bagno. Non riuscì nemmeno a guardarsi allo specchio, voleva evitarlo per tutto il giorno, per non rischiare di sputarsi addosso offese. Matt si accorse che Justin non era più accanto a lui, tastando il materasso ad occhi chiusi. Li aprì debolmente, massaggiandosi le palpebre con il dorso della mano. Si alzò debole dal letto, raggiungendo il suo fidanzato.- Buon giorno splendore.- 'Giorno Matt.Matt lo guardò torvo, cercando di capire cosa non andava in quella mattinata che ancora non era iniziata.- Cosa c'è che non va?- E' quel giorno.Il ragazzo annuì, capendo ciò che Justin intendeva dire. Si rassegnò a passare l'intera giornata senza il suo ragazzo, sbuffando e recandosi nella piccola cucina a preparare la colazione per entrambi. Justin non perse tempo, si vestì con una vecchia tuta e corse in soffitta, dove dipingeva senza sosta. Appena la raggiunse, si sedette sullo sgabello mentre fissava la tela vuota, di colpo chiuse gli occhi. Il suo pensiero cadde sulla sua prima notte con Brian, quando ancora era timido e impaurito, quando non sapeva cosa volesse dire il sesso. Si ricordò il profumo di Brian, misto al suo sudore ma maledettamente eccitante. Ricordò la sua prima volta, come gli aveva detto Brian quella notte. Un sorriso gli si dipinse inconsciamente sul volto, mentre Matt saliva le scale e gli lasciò una tazza di caffè ai suoi piedi. L'aveva distratto, ma non gli disse niente. Si limitò ad osservarlo mentre tornava giù. Bevve un lungo sorso di caffè, mantenendo lo sguardo sulla tela bianca. Fu come una scossa elettrica il momento esatto in cui lasciò a terra la tazza e prese in mano il pennello. L'ispirazione.

Pittsburgh

Salì in macchina, diretto chissà dove. Appena avrebbe visto un posto che gli sarebbe piaciuto, si sarebbe fermato e avrebbe trascorso lì la sua giornata. Non che ci fosse qualcosa di particolarmente attraente per distrarsi, ma era sempre meglio che girare per le solite strade. Dopo aver guidato per parecchi minuti senza una meta fissa, si fermò allo sbocco di un parco. Non era grande, era un piccolo parco piuttosto ristretto di un sobborgo di cui ignorava il nome. Scese dalla macchina, percorrendo il vialetto in ghiaia che circondava l'esterno dell'area riservata ai giochi. Era incredibilmente vuoto, nessun bambino o adulto che fosse stava percorrendo il piccolo spazio. Non che gli importasse molto della gente che lo circondava, ma il suo sguardo continuava a vagare. Magari nella speranza che, improvvisamente, Justin si avvicinasse a lui, gli circondasse il collo con le sue braccia e lo baciasse, con il solito sorriso a decorargli il viso. Si sedette distrattamente su una panchina, mentre il suo sguardo vagava da oggetto in oggetto. L'unica cosa che riempiva la sua mente era il rumore del suo respiro, si era concentrato sulla sua regolarità e pesantezza, per non pensare ad altro. Avrebbe dovuto divertirsi o comportarsi da Brian Kinney, come tutti ci si aspettavano da lui. Quel giorno, però, per lui non poteva essere diverso da quello. Chiuse gli occhi assaporando la brezza fresca che lo colpiva delicatamente in viso, stendendo le braccia sullo schienale della panchina e alzando di poco verso il cielo il viso, mentre qualche ciuffo gli si adagiava dispettosamente sulla fronte. Non riuscì a fermare il suo pensiero, che si era stancato di dedicarsi al suo respiro. Vagò nel profondo della sua mente, navigando tra i ricordi e trovando quello che cercava. Justin appoggiato ad un lampione, braccia dietro la schiena e sguardo velatamente spaventato, che girava attorno a sé, in ricerca di qualcosa o qualcuno. Lui che non capiva molto, ma lo vide e qualcosa nelle sue parti basse decise che era lui il ragazzino che quella notte avrebbe gridato al lupo! I suoi amici che volevano tornare a casa, che dovevano essere accompagnati a casa. E lui che se ne sbatteva di loro, perché quel biondino aveva la precedenza, sebbene non lo conoscesse affatto e ignorasse appositamente il suo nome. Se quella volta avesse dato ascolto a Michael, avrebbe mai conosciuto Justin? Probabilmente si, l'amore nella propria vita si conosce sempre. Ma non avrebbe avuto gli stessi ricordi dei momenti passati con lui, belli o brutti che fossero.Non ricordò esattamente quanto rimase in quella posizione, ad ascoltare una voce dentro di sè che gli descriveva perfettamente tutti i ricordi, con annesse sensazioni. Solo quando una simpatica vecchietta gli sedette accanto ritornò nel mondo dei mortali, destato dal suo piacere divino. - Sta aspettando la ragazza?La nonnina gli sorrise, mentre tolse delle briciole di pane dal sacchetto e le lanciò ai piccioni, che accorsero da lei. Anche quello era un cliché, notò. - No.- Mi sembra così innamorato.Brian si ricompose, allargando le gambe e posando gli avambracci sulle sue ginocchia, mentre congiungeva le mani e osservava quei piccioni rubare quelle briciole. Non disse altro, si limitò a guardare fin quando quella donna si alzò e, dandogli una pacca sulla spalla, lo salutò. Alzò un sopracciglio mentre la guardava allontanarsi a passo lento fuori dal parco, con un'andatura zoppa e la schiena appena ricurva. Quella era la giornata dedicata ai cliché. 

New York

Justin guardò la sua tela dipinta con enorme entusiasmo, asciugandosi qualche macchiolina di sudore dalla fronte con il dorso della mano e sorridendo soddisfatto. Un altro momento passato era stato immortalato su di una tela, che sarebbe poi stata nascosta agli occhi di tutti e di cui solo lui avrebbe saputo l'esistenza. Davanti a sè c'era Brian in piedi, con le braccia allargate e lo sguardo perso nel vuoto, il suo solito sopracciglio appena alzato e completamente nudo. La prima volta che ebbe un contatto sessuale con lui, in quel suo loft. Non lo aveva mai dipinto in quel modo, solitamente dipingeva il suo volto beatamente rilassato o contorto in qualche strana smorfia. Ma perché pensare solo all'amore che ancora provava per lui? Era anche il sesso che gli mancava tanto di Brian, sarebbe stato ipocrita se avesse deciso che gli mancava solo il suo lato emotivo. Un folle, un ingrato. Scese le scale e andò al bagno, dove si tolse i vestiti e si infilò sotto il caldo getto d’acqua. Il suo ragazzo lo vide passare, ma non gli disse nulla. Avrebbe aspettato l’indomani mattina, magari portandogli la colazione a letto. Justin, però, in quel momento sembrava pensare tutto tranne che al moro che stava nell’altra stanza. Il rumore dell’acqua e il suo tepore lo stavano rilassando, i suoi nervi tesi si stavano sciogliendo e quell’orrendo ricordo stava svanendo pian piano. Uscì dalla doccia e andò direttamente nella sua stanza, infilandosi sotto le coperte e chiudendo gli occhi cercò di rilassarsi ulteriormente. Avrebbe dovuto ancora spostare il quadro di Brian di quel pomeriggio, ma aveva preferito rimandare all’indomani. Nonostante i suoi sforzi di cacciar via dal pensiero il suo sex symbol, il volto beatamente compiaciuto e perso di Brian fece capolino limpido come l’acqua.Matt non aveva osato disturbarlo per tutta la giornata, come lui aveva esplicitamente richiesto. Avrebbe retto quella finzione per poco tempo ancora, ma non era nemmeno sicuro di volersi ripresentare da Brian. E dirgli cosa? "Hey ciao, sono tornato. Ora possiamo scopare come ricci e riamarci per tutta la vita, ormai sono famoso!" Era un controsenso, una pura utopia. Eppure era quello che voleva fare da tre anni, tornare dal suo latin lover e chiedergli perdono. Per tutto. Per essere sparito dalla circolazione, per non aver più provato ad avere un contatto con lui. Avrebbe voluto farlo sin da subito, ma prima che potesse anche solo sentire sua madre erano passati dei lunghi ed estenuanti mesi intensi, che lo avevano stancato sia fisicamente che psicologicamente. E poi aveva perso il coraggio di farsi sentire da lui e da tutti gli altri. Codardo? Molto probabilmente. Ma quella mancanza si faceva sentire sempre di più, come un ago che penetra delicatamente nella pelle e poi nella carne, lacerando di dolore; come il cianuro che inesorabilmente ti blocca il respiro, fino a lasciarti senza fiato. Come l'errore di non amarsi. 


Pittsburgh

Si spogliò lanciando i vestiti alla rinfusa sul divano, dirigendosi all’armadio e togliendo per lui una cosa fondamentalmente preziosa. La sciarpa bianca. Completamente nudo si sdraiò, iniziando a rigirarsi tra le mani quella reliquia, osservandola come se fosse la prima volta che la vedesse in tutta la sua vita. Quella notte, si ricordò, rischiava un infarto. Aveva un’immensa paura di averlo perso per sempre, perché nonostante tutto lui ci teneva a quel ragazzino impertinente, al suo sunshine. Chiuse gli occhi mentre si portava la sciarpa sotto il naso, cercando di ricordare il profumo di Justin, volendosi inebriare ancora una volta i sensi. Era stata una giornata buffa e molto strana, trascorsa molto lentamente e con difficoltà. Dopo la nonnina del parco, aveva deciso di andarsene da lì, ma raggiunse sempre una meta sconosciuta. Una città affollata magari era l’ideale per distrarsi, mentre osservava le persone camminare incuranti del resto del mondo. Aveva camminato anche lui quel pomeriggio, alla ricerca di un bar dove si bevve una buona birra, un bar diverso da Woody, un bar dove nessuno avrebbe voluto a tutti costi andare a letto con lui. Alla fine, verso l’ora di cena, aveva deciso di tornare a casa. Ed ora si ritrovava disteso in quel letto, senza la voglia di mangiare e senza sentir brontolare il suo stomaco. Si sdraiò su un fianco, mantenendo comunque gli occhi chiusi. Per fortuna la sua vita non era completamente una tragedia simile a Tristano e Isotta, oppure a Romeo e Giulietta. Fortunatamente era quella di Brian Kinney e se solo lo avesse voluto avrebbe potuto migliorare la situazione, ma che colpa aveva se, ogni tanto, aveva voglia di crogiolarsi nel suo stesso dolore?Strinse la sciarpa al petto, all’altezza del cuore e il suo pensiero volò verso il biondo, verso la voglia di averlo sdraiato accanto a sé. 

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