OLIO SU TELA - hot fantasy

By ct_books

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Valentina. Un corso di pittura ad olio e l'incontro con Carlo Federico Marini, pittore di fama internaziona... More

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Valentina era concentrata sulla tela davanti ai suoi occhi. Il vaso di fiori appoggiato sul tavolo davanti a lei ormai sembrava prendere vita anche sulla sua tela con un realismo impressionante.

La magia di quei colori così vivaci, così vivi erano quasi un mistero per lei.

Stava cogliendo i primi frutti di quel breve corso di pittura e la cosa le sembrava inverosimile. Non avrebbe mai pensato, con un po' di informazioni ben date, con dei suggerimenti ad hoc e con una gran dose di curiosità abilmente suscitata dall'artista, di riuscire a concretizzare così presto il suo sogno di poter dipingere qualcosa ad olio su una tela.

In fondo erano passate solo cinque lezioni e questa ormai era l'ultima, ma era contenta di vedere i suoi progressi, di vedere come un'autentica passione potesse colmare una lacuna che durava da sempre.

Era consapevole che sei lezioni, sebbene tenute da un artista del calibro di Carlo Federico Marini, non avrebbero potuto operare il miracolo di trasformarla in una pittrice, ma era convinta che lo stimolo che le aveva fornito e i suggerimenti che aveva espresso avevano definitivamente aperto quel suo cassetto e con esso anche la voglia di trovare spazio per coltivare una passione troppo a lungo sopita e rinviata

«Bene, una pennellata più intensa qui a destra ed è perfetto» commentò Carlo Federico, avvicinandosi a lei e fermando il proprio viso a poche centimetri di distanza dal suo.

Valentina alzò gli occhi su di lui, incrociandone l'azzurro intenso e sentendo una forte vibrazione dentro di sé.

Quell'uomo aveva il potere di infiammare ogni sua terminazione nervosa anche con un piccolo gesto, con un fugace sguardo, con una parola, con il solo fatto di esserle vicino.

Carlo Federico appoggiò la mano sulla sua per guidare il pennello che lei stava impugnando e posizionandolo sulla tela.

«Qui, vedi?» le disse, muovendosi con un gesto abile, palesemente padrone della sua arte.

Valentina sentì partire dalle sue dita una potente scossa elettrica che si propagò lungo il suo braccio fino a trasformarsi in un brivido di puro piacere che le percorse la schiena.

Avrebbe dato chissà cosa perché quel gesto così spontaneo, apparentemente casuale e privo di alcuna malizia, si trasformasse in qualcosa di più.

Era completamente soggiogata dal fascino di quest'uomo dai lineamenti decisi, gradevoli, dai suoi occhi profondi che quando la guardava sembravano scrutarla fino a leggere le profondità della sua anima, da quei capelli lunghi raccolti in uno chignon scomposto che le suscitavano la curiosità di vederli ricadere sciolti sulle spalle, da quel tatuaggio sul braccio che intravvedeva sbucare dalle maniche arrotolate della camicia e che poi ritrovava appena sul suo pettorale, che faceva capolino dalla camicia parzialmente aperta.

Chissà se magari faceva parte di un unico disegno che si snodava dal polso lungo il suo avambraccio, la sua spalla per terminare sul suo torace.

Chissà cosa rappresentava la parte che immaginava proseguire sotto la manica della camicia.

Si sentì avvampare alla sua idea, ma non riusciva a frenare il suo pensiero mentre immaginava tutto questo.

Di sicuro, il tatuaggio sarà stato qualcosa di disegnato da lui. Non avrebbe avuto alcun senso che non fosse così e la cosa la intrigava ancora di più.

Fremeva dalla voglia di appoggiarci sopra i polpastrelli, di ripercorrerlo. Non aveva mai avuto un uomo che avesse decorato la sua pelle con disegni d'inchiostri finora ed era curiosa di sentire che effetto facesse, se anche al tatto si riuscisse a sentire la decorazione, se in un certo qual modo fosse in rilievo sulla pelle in modo da essere completamente percepita dalle sue dita.

Per non parlare del profumo che la avvolgeva quando Carlo Federico si avvicinava a lei.

Era una fragranza maschile, inebriante, una droga olfattiva che le faceva perdere quel po' di raziocinio che forse le restava dopo che lui si accostava così tanto a lei.

Si chiese se questo fosse l'effetto che l'artista provocava a tutti i partecipanti del corso quando si avvicinava a loro per guardare come procedevano le loro opere e dare consigli e suggerimenti o se era qualcosa che sentiva solo lei, se soltanto lei fosse letteralmente stregata dall'uomo.

E per un fugace istante si chiese quanto fosse condizionata in tutto questo dalla fama dell'uomo, dall'aura speciale che si portava dietro e quanto invece dal suo carisma proprio come uomo dall'aspetto virile e sexy, come persona separata dall'immagine del pittore.

«Mi sembra perfetto» commentò l'artista concentrando il suo sguardo sulla tela e Valentina si girò gratificata verso il suo viso, a poca distanza da lei. Sentiva il calore dell'uomo, quasi accostato al suo corpo in una posizione che, se non fosse stato perché erano insieme anche ad altre persone in quella sala, avrebbe potuto sembrare piuttosto intima.

Valentina avrebbe voluto indietreggiare un altro po'con la schiena, fino a sfiorare con la spalla il suo torace, cercando quel contatto che bramava più di ogni altra cosa e che invece finora non si era ancora realizzato.

Lavorare a fianco di Carlo Federico in quelle settimane stava diventando sempre più una tortura per lei e per i suoi sensi sollecitati.

La sua testa non faceva che pensare a lui anche nei momenti liberi, al quel suo fascino carismatico che occupava i suoi pensieri, la sua mente. Il pittore aveva un profumo buonissimo che le stordiva l'olfatto ogni volta che aveva la possibilità di averlo accanto, era diventato la sua droga personale e Valentina si ritrovava spesso ad annusare l'aria quasi come se all'improvviso fosse stata un segugio a caccia di un odore, sperando che la lieve scia la portasse all'artista, la conducesse a lui.

E poi era incuriosita dal suo tatuaggio. Avrebbe dato non so cosa per sfilargli la camicia di dosso e vedere quel disegno snodarsi completamente sulla sua pelle.

Carlo Federico...

Un sogno proibito che aveva quasi rischiato di diventare realtà e che ormai era destinato a volgere al termine.

Ancora pochi minuti di quell'ultima lezione e quel breve corso di pittura avrebbe avuto termine, portando con sé un bellissimo ricordo ed il rimpianto di averle dato molto, ma di non averle dato tutto.

Forse avrebbe dovuto osare di più, far capire al pittore il suo interesse, fosse anche destinato a sfociare in una sola notte di torrida passione.

Del resto, cos'altro si sarebbe potuta aspettare da lui?

Di diventare la sua musa ispiratrice?

O che magari la volesse nella sua vita?

Questi erano soltanto sogni, purtroppo e Valentina era stata da sempre abituata a razionalizzare ogni pensiero, ad incasellare ogni momento della sua vita in base ai criteri di una ferrea logica matematica, non in base ai criteri elastici dell'istinto e della passione.

Si era stupita di essere riuscita, per una volta, a lasciarsi prendere da qualcosa che non fosse rigido e determinato come i numeri, regalandosi quel corso di pittura ad olio.

«Valentina, potresti trattenerti un momento dopo la lezione?» le chiese sottovoce il pittore mentre era ancora chinato su di lei, dopo aver guidato la sua pennellata sulla tela. Era quasi un sussurro roco, una vibrazione che si propagò nel corpo della ragazza come una deflagrazione.

«Certo» rispose d'impulso, sentendosi improvvisamente lusingata. La sua mente cominciò a lavorare fantasticando sul perché di quella proposta mentre faticava a restare imbrigliata dentro ad una possibile spiegazione logica.

Perché il pittore le aveva chiesto di fermarsi?

Perché solo a lei?

Fece un profondo respiro, cercando di calmare i battiti del suo cuore, improvvisamente impazzito, che minacciava di voler uscire dal suo petto provocandole un respiro breve e mozzato.

Forza Valentina, pazienta ancora un po', si disse controllando l'ora sul suo orologio da polso. Ancora quindici minuti e la lezione sarebbe terminata.

Intinse il pennello sul colore bianco sfumato di grigio della sua tavolozza e rifinì un particolare del suo dipinto per creare un miglior effetto nel chiaroscuro.

«Perfetto» commentò Marini ammirando l'opera della ragazza, ormai completata, e dirigendosi verso un altro dei partecipanti per gli ultimi controlli, gli ultimi suggerimenti.

Ognuno avrebbe portato a casa con sé il segno tangibile di quel corso, un'opera realizzata con l'aiuto e gli insegnamenti del grande maestro.

Valentina già fantasticava di appendere il suo dipinto in salotto, davanti al divano per posarci gli occhi ogni volta che si sedeva per rilassarsi, lasciando la sua mente libera di tornare a quelle sei lezioni di corso e a ciò che l'incontro con Marini aveva significato per lei.

«Bene, signore e signori.» La voce calda ed amichevole del maestro richiamò l'attenzione generale facendo sentire tutti uniti in quell'improvviso clima familiare. «Purtroppo siamo giunti alla fine di questo corso. Come saprete, i miei impegni mi portano lontano da qua. La prossima settimana sarò a Barcellona per una personale che resterà esposta per un mese, mentre la settimana successiva ci sarà il mio vernissage a New York. Che dire?» il maestro si guardò intorno, incontrando lo sguardo riconoscente dei presenti. «Per me è stato un onore conoscervi, un piacere entrare in contatto con voi, mi avete regalato un'esperienza magnifica di cui vi sarò sempre grato.»

Subito si alzò un brusio di fondo di ringraziamento accompagnato da parole di riconoscenza.

«Grazie a lei maestro, ci ha fatto un regalo immenso» commentò Maria Rosa, forse la partecipante più attempata del corso, una signora dall'aria raffinata che, secondo il parere di Valentina, era parecchio brava.

Seguirono altri ringraziamenti prima che Marini riprendesse di nuovo la parola.

«Ho pensato che potremmo salutarci con un brindisi finale» e si accinse a stappare un paio di bottiglie di spumante che Valentina gli aveva visto appoggiare sul tavolo poco prima della fine della lezione.

«A noi e ai nostri successi» propose alzando i bicchieri di plastica, riempiti dal liquido frizzante giallo paglierino.

«Cin cin a tutti» e pian piano tutti fecero tintinnare i bicchieri scambiandosi sorrisi ed incoraggiamenti.

Dopo un po' la sala cominciò a svuotarsi. Ognuno raccolse il proprio cestino di lavoro, contenente tele, pennelli e colori e si accinse ad uscire.

Valentina finse di dover sistemare ancora qualcosa, tanto per giustificare la sua permanenza nella sala, come le aveva chiesto il maestro senza che alla cosa fosse dato dagli altri particolare rilievo.

«Hai fame?» le chiese Marini non appena rimasero soli nella stanza.

«Beh, un po'» ammise la ragazza.

«Se vuoi potremmo andare a mangiare qualcosa, così ne approfitto per parlarti. Vorrei chiederti una cosa» le spiegò e Valentina si sentì improvvisamente curiosa di sapere cosa il maestro potesse volere da lei.

La sua voce leggermente roca era come una carezza che le provocava un brivido lungo la schiena, una sensazione piacevole che avrebbe voluto prolungare all'infinito e che invece era ben consapevole che sarebbe finita di lì a poco, dopo il breve spazio di uno spuntino che si apprestavano a consumare insieme.

Cacciò con forza la tristezza che le affiorava e quell'accenno di lacrima insidiosa che voleva uscire dai suoi occhi.

Non era ancora finita, Carlo Federico era là con lei, voleva qualcosa da lei, non era ancora il caso di abbattersi e di darsi per vinta, non era ancora arrivato il momento di lasciarsi prendere dalla malinconia o di gettare la spugna, anche se ormai i giochi si stavano per concludere.

Carlo Federico finì di raccogliere il materiale e lo caricò sul suo fuoristrada.

Invitò Valentina a salire in macchina e avviò il motore.

«Non ti dispiace, vero, se ci portiamo un po' fuori città?» le chiese.

«No, per me è lo stesso.»

«Io invece preferirei un posto tranquillo, dove non mi conoscono anche se per fortuna qui in zona è più famoso il mio nome che la mia faccia» precisò sorridendo.

«Stai alludendo per caso?» gli chiese Valentina sorridendo anche lei.

«No, tranquilla. E poi ti sembrerà strano, ma sono stato lusingato dal fatto che tu non mi avessi riconosciuto.»

«Di solito è il contrario. Uno è lusingato quando la gente lo riconosce.»

«Sì, ma lo scotto da pagare è che non sai mai quanto sia sincera. Cioè, non dico che sia in malafede, ma se ti conosce, può essere un po' condizionata nel giudizio. Nel tuo caso invece, mi hai detto spassionatamente ciò che pensavi e a me ha fatto piacere.»

«Però, almeno alla fine, avresti potuto dirmi chi eri, non credi?»

«E perché? Non ti piacciono le sorprese? Lo hai saputo subito dopo.»

Nel frattempo si erano portati fuori città e Carlo Federico aveva messo fuori la freccia per parcheggiare l'auto davanti ad un ristorantino tipico.

Fece strada invitando Valentina ad entrare e presero posto ad un tavolo. Presto arrivò la cameriera per raccogliere l'ordinazione e quando furono di nuovo soli, il pittore riprese a parlare.

«Vedi Valentina, adesso abbiamo concluso il corso.»

«Purtroppo sì» lo interruppe la ragazza «ed è stata un'esperienza meravigliosa che porterò sempre nel cuore. Se mai un giorno dovessi raccontarlo ai miei nipoti, credo che nemmeno ci crederebbero» aggiunse con enfasi con un luccicchio negli occhi.

Carlo Federico si mise a ridere per la sua spontaneità.

«Dici sì?»

«Scherzi? Un corso di pittura tenuto da te per principianti... Ma dimmi, chi altro lo farebbe?»

L'uomo ridacchiò.

«Allora potresti stupirli con qualcos'altro ancora...»

La ragazza fissò gli occhi in quelli azzurri dell'uomo che aveva completamente catturato la sua attenzione.

«Ho in mente di realizzare un quadro» aggiunse e Valentina per un fugace istante si chiese cosa di fosse di strabiliante in questo. In fondo, era il suo lavoro.

«Mi piacerebbe che tu mi facessi da modella.»

Modella?

Ecco cosa c'era di strabiliante nella proposta.

La ragazza strabuzzò gli occhi incredula. «Modella io? Non ho di certo un bel viso...»

«Non è vero e comunque lascia giudicare a me» rispose Marini sfiorandole la guancia con l'indice e ripercorrendone piano il contorno. « Sei bellissima, hai un profilo interessante» aggiunse e la ragazza restò immobile, colta dalla sorpresa più totale.

«E poi il tuo splendido viso sarebbe solo una piccola parte del quadro.»

«Avresti in mente di ritrarmi a figura intera?»

«Un nudo, per essere preciso» rispose fissandola negli occhi, senza girarci intorno.

Valentina deglutì per la sorpresa.

«Io... non so» farfugliò. «Non l'ho mai fatto prima.»

«Non sarà un problema e non ti irrigidire su quello che ti ho appena detto. Sarà un nudo artistico, sarai scoperta solo in parte.»

«Mi preoccupa che tutti possano vedere la tua opera visto che... quella ritratta sono io, con la mia faccia.»

«Credimi, non sarà così facilmente riconducibile a te, stai tranquilla.»

«Ma... proprio nuda?» Valentina era lusingata un po', ma soprattutto era preoccupata.

«Ci sarà anche altra gente? Voglio dire, mentre mi ritrai...»

«No, saremo solo io e te. Se accetti, mi tratterrò in hotel ancora un paio di giorni e potrò realizzare l'opera che ho in mente.»

«Ma è proprio necessario che io sia in posa? Nuda? Non ti basterebbe una fotografia?»

Carlo Federico Marini usò la sua diplomazia per convincere la ragazza facendo leva sulla curiosità che le stava suscitando. Sentiva che era ad un passo dal farla accettare.

Il cameriere portò loro la cena e il pittore sfruttò quel breve momento perché la ragazza potesse staccare un attimo il pensiero dalle sue domande e dalle sue titubanze.

Le versò dello spumante e già dopo che ne ebbe bevuto un sorso, le parve più rilassata.

Al di là di quelli che potevano essere i suoi freni verso qualcosa di nuovo e mai fatto, sicuramente l'opportunità di fare da modella a Marini non si sarebbe presentata di nuovo e l'idea di posare per lui la stava stuzzicando minuto dopo minuto, eccitandola sempre di più.

«Quando cominciamo?» gli chiese all'improvviso, impaziente.

«Quando vuoi, anche domani mattina.»

«Perfetto!»


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