Deimon 3 - La congiura del De...

By Varura

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«So cosa significa non avere nessuno su cui contare oltre il proprio amore - e parliamo di Bloodwood, quindi... More

Ve amo tanto ♥
1 - Luci e ombre ♛
2 - Tozzo di pane ♛
3 - Traditore ♕
4 - Atlante ♕
5 - La solita imbranata ♕
6 - Sistema nervoso ♛
7 - Aroma ♕
8 - Roba forte ♛
9 - Erbaccia ♛
10 - Sacrilegio ♛
11 - Nuove versioni ♕
12 - Ormoni ♛
13 - Buongiorno ♛
14 - Isola felice ♛
15 - Ghiaccio ♛
16 - Mister Giacchetto di Jeans ♛
17 - Sciroppo di ghiande ♛
18 - Fare la brava ♛
19 - Eccezione ♛
20 - Sorpresa ♛
21 - Soffrire il freddo ♛
22 - Principessina ♛
23 - Dama di compagnia ♛
Aiuto (?)
24 - Spine ♛
✂ 14
✂ 15
✂ THE END
I'm back

25 - Epilogo ♛

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By Varura

IMPORTANTE!

Deimon 3 finisce qui, e così si chiude tutta la trilogia. Ringrazio con tutto il cuore chi ha permesso tutto questo, chi ha dato vita insieme a me a Victoria, Alexander, Cordelia, Wladimir e così via. Siete stati una parte fondamentale della mia crescita come scrittrice alle prime armi.

Non smetterò di aggiornare questo libro, perché come vi ho già accennato qualche capitolo fa, ho intenzione di pubblicare il finale alternativo di Deimon 3, quindi tenete tutto nella vostra biblioteca c:

Nello spin-off Aggelos, che comincerò a pubblicare nel 2017 (si tratta sempre di gennaio, tranquille!) alcuni personaggi compariranno, ma saranno secondari, perché ho dato spazio alla nuova generazione di Demoni.

Mi sono dimenticata, nel capitolo precedente, di farvi vedere il vestito di Cordelia, il famoso abito che Wladimir le regala nel decimo capitolo dello spin-off (Banchetto - Prima parte), che poi viene usato nelle seconde nozze.

Che ve ne pare? Stavo girando sul web quando lo incontro, ed era lui! Esattamente come lo avevo immaginato! Perdonate il fatto che lo spin-off sia ambientato nel 1500 e questo sia del tardo 1800, purtroppo non ho trovato altro che si potesse avvicinare cronologicamente.

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«Sicura di non volere il mio giacchetto?», chiese Alexander per l'ennesima volta, stringendomi ancora di più a sé.

«No, è tutto perfetto così», sussurrai, per non rovinare la magia del momento.

La notte era silenziosa, sul Ponte Triana. Le luci – luminose nonostante la tarda ora – brillavano nella notte buia e si riflettevano dolcemente sul fiume della città, rendendo evidenti le leggere increspature dell'acqua.

«Altri venti minuti e mi addormento qui», avvisò, appoggiando le labbra sui miei capelli.

«Sei un guastafeste», lo apostrofai, ma senza troppa enfasi: stavo morendo di sonno anche io. Piegai la testa all'indietro, per intercettare le sue labbra con le mie, la all'ultimo si scostò, sorridendo crudele.

«Mi comporterò da guastafeste, dunque», ma dopo aver ridacchiato del mio broncio si chinò e mi baciò dolcemente. Le sue labbra erano bollenti in confronto alle basse temperature di Siviglia.

«Andiamo a letto», sussurrai con il fiato corto, quando ci staccammo.

Lui ridacchiò. «Ti ho detto che ho sonno, femmina».

Alzai gli occhi al cielo, cercando di nascondere il divertimento che provavo. «Per dormire, intendo!».

«Sì, come no», concesse lui, prendendomi per mano e camminando verso il nostro quartiere, dove avevamo affittato un piccolo e tiepido appartamento. Per le strade c'era ancora qualche ragazzo che si divertiva con l'alcol ed una chitarra, senza preoccuparsi di svegliarsi presto il giorno dopo per lavorare.

Era questo che mi piaceva di Siviglia: ci si godeva il momento presente, senza gli affanni del giorno lavorativo che incombeva o del genitore che aspettava che il figlio rientrasse a casa per una bella ramanzina. Era questo quello che avevamo deciso di fare io e Alexander, non preoccuparci del futuro: rinunciare al trono, per sempre.

Lui era stato irremovibile, ed anche io avevo avuto la mia bella dose di preoccupazioni quando ero stata Imperatrice: non volevamo ripetere l'esperienza, e non lasciavamo il Regno in mani dubbie. Cordelia e Wladimir sembravano due diramazioni della stessa persona, dopo cinque anni del secondo matrimonio. Tutta la gestione era in mano ad entrambi, e si districavano bene in impegni e incontri con i nobili. Oltretutto, l'alleanza con gli Angeli si rinsaldava ogni giorno di più, tanto che un giorno avevo trovato Wladimir davanti ad un computer – cosa alquanto strana – che cercava di collegarsi a Skype per parlare con Sigfrid.

Avevamo deciso di partire perché la nostra presenza non avrebbe cambiato nulla, ed era da tanto che progettavamo una piccola fuga solo io e lui. Anche se poi non era andata a finire come ci eravamo aspettati, con un pochino di fastidio da parte mia ed una grande esasperazione da parte sua.

Alexander mise la mano libera in tasca e tirò fuori le chiavi, aprendo prima il portone e poi la piccola porta del nostro appartamento in affitto.

L'accogliente salone sarebbe dovuto essere spento, eppure la luce del frigorifero illuminava l'ambiente, mettendo in evidenza una piccola figura che si sporgeva per arrivare al ripiano più alto.

Il ragazzo sbuffò. «Helena, che ci fai sveglia alle tre di notte?».

«Ho fame, fratellone!», si lamentò lei, saltando per raggiungere la scatola dei pasticcini che avevamo comprato a pranzo.

Mentre io mi sfilavo il giacchetto, lui si allungò e porse il dolcetto al cioccolato alla sorella, che guardò quasi con reverenza lo zucchero a velo sopra. Alexander la prese in braccio e la mise sul divano, accendendole la televisione.

«Non mi piace», si lamentò la piccola, indicando il piccolo schermo.

«A quest'ora i bambini dormono, non ci sono cartoni», le dissi con dolcezza, afferrando una coperta dalla poltrona e coprendola bene, lasciando solo le braccia libere di poter portare il pasticcino alla bocca.

«Allora voglio una favoletta», rispose lei. Quando usava quel tono non riuscivo mai a capire se fosse la caparbietà tipica dei bambini o se somigliasse al fratello.

Alexander si sporse a darmi il bacio della buonanotte. «Ci penso io, tu va' a riposarti». Annuii, chinandomi a dare un bacio sulla tempia di Helena, ma lei si scostò.

«Bleah!», esclamò. «Non osare toccarmi con quelle labbra, che prima ci hai toccato le sue!».

Io e il colpevole ridacchiammo, e poi mi diressi in camera, senza neanche preoccuparmi di mettermi il pigiama: ero troppo distrutta.

La mattina dopo mi alzai verso le undici, a detta dell'orologio. Andai nel piccolo salotto, pensando che i due fratelli si fossero già svegliati, ma dormivano ancora. Helena aveva la testolina incastrata fra il braccio ed il petto di Alexander, che sdraiato sul divano occupava tutto lo spazio disponibile. La piccola aveva ancora la bocca sporca di cioccolato, e la tv non era stata spenta, continuando a trasmettere per tutta la notte.

Sapevo che ad Alexander non piacevano i bambini, e avevo visto quanto si era arrabbiato quando il padre gli aveva comunicato che dovevamo portarci la sorella in Spagna, eppure potevo ben vedere come sotto tutta quell'aura da maschio alpha ci fosse una persona premurosa.

Helena sbadigliò, aprendo gli occhietti assonnati. Mi vide e mi fece una linguaccia, mentre io mi portavo un dito alle labbra per dirle di non svegliare il fratello. Lei sorrise, annuendo, e mentre mi rilassavo pensando che non avrebbe fatto rumore, lei si voltò e morse la spalla del fratello, facendogli spalancare gli occhi.

«Tu, piccola», ringhiò lui, mentre lei scattava, buttando la coperta che la avvolgeva in aria, e cominciava a correre per casa ridendo.

«Tanto non mi prendi!», continuava a ripetere, mentre lui la minacciava di morte in almeno dieci modi diversi.

«Ha cinque anni!», gli dissi, quando mi scattò vicino per cercare di artigliarla.

«Se non la correggo subito, sarà troppo tardi», rispose, mentre si fiondava nella nostra stanza, dove Helena si era appena rintanata.

Quando il Principe riuscì ad afferrare la piccola, lei si dimenò dicendo: «È stata la sorellona a dirmi di farlo!».

«Non è vero!», risposi di getto. Alexander lasciò Helena sul letto, voltandosi minaccioso verso di me.

«Allora è un complotto di voi femmine, questo», constatò, mentre si avvicinava lentamente a me.

Alzai le mani, mentre Helena da dietro le spalle del fratello ridacchiava. «Io non c'entro niente».

«Non ti credo». Con uno scatto mi afferrò facendomi cadere sul letto e sovrastandomi. Cominciò a farmi il solletico, mentre io mi dimenavo e cercavo di dire, con voce strozzata: «Non è stata colpa mia».

Helena, dall'altra sponda del letto, rideva estasiata.

Alexander si allungò e la afferrò per un braccio. «Non credere che con te abbia finito», e cominciò a tempestare di solletico anche lei.

Cercai di divincolarmi, ma non me lo permise. «Adesso vi faccio vedere chi comanda».

Continuammo così non so per quanto, ma alla fine mi ritrovai con la pancia che faceva male per il troppo ridere. Helena aveva il visino accaldato ed Alexander aveva i capelli tutti spettinati.

Il telefono squillò, ma nessuno si mosse: io e la piccola cercavamo di non essere vittime di un altra raffica di solletico, ed Alexander ci fissava pronto a riprenderci in caso di fuga. Si attivò la segreteria, e la voce di Wladimir riempì il silenzio.

«Possibile che ogni volta che chiamo non risponde mai nessuno?».

«Che palle, papà», dissero i fratelli all'unisono, per poi ridacchiare.

«Helena, non si dicono le parolacce!», la rimproverai.

«Alexander le dice», si giustificò lei.

«Alexander è scemo», le risposi.

Il diretto interessato si sdraiò sul letto, dicendomi: «Lasciala stare, se papà è una palla, lo è».

«Propongo di spodestarlo e di prendere il potere tutto per noi», disse Helena, sorridendo e mostrando come le mancassero gli incisivi.

«Cominciamo bene», sbuffai io, mentre Alexander ridacchiava e diceva, con un pugno chiuso levato in alto: «E sia! Che il piano "spodestiamo papà e mangiamoci tutto il gelato degli amici di Victoria" abbia inizio!».

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