Save Me, Percy Jackson. (Pern...

De LauraPalmerBastille

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Dal testo: Quando il panico sta per assalirlo, una voce calda e tranquilla lo riporta alla realtà. "Va tutto... Mais

Gattino arrabbiato.
Faccia da pesce.
Rialzarsi
Cosa ti ha ridotto così?
Difenditi.

Caffè.

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De LauraPalmerBastille

Nico si era addormentato esausto sulla sua spalla. Jason aveva sentito i singhiozzi rallentare sempre di più, finchè non erano cessati definitivamente ed avevano lasciato spazio ad un leggero respirare.
Il più grande lo aveva avvolto in un asciugamano, gli aveva asciugato piano il corpo ed i capelli in modo da non svegliarlo, e poi lo aveva messo sotto le coperte del suo letto. Ma non si era avvicinato a lui, no.
E ora è qui, con una spalla poggiata al muro e le braccia conserte, che lo osserva. Osserva quel suo volto prima distorto dal dolore e della tristezza ora avere un attimo pace, e riposare tranquillo.
E un'altra volta quel moto di protezione e rabbia gli esplode dentro.
Jason è sempre stato un ragazzo razionale, tranquillo, ha sempre analizzato le situazioni per poi agire nel modo migliore, ma tutte queste qualità si azzerano quando viene toccata una persona a lui cara.
Ed ora vorrebbe prendere l'uomo che ha causato tutto questo dolore a Nico, e provocargli tanto dolore quanto lui ne ha provocato al quel povero ragazzo. Non gli interessa se è sbagliato, se è immorale, ma quell'uomo la pagherà.
E Jason non ha avuto il coraggio di dire a Nico che l'unico uomo che è stato trovato vicino a casa sua subito dopo la sparatoria non può essere arrestato, perchè non è stata trovata l'arma del delitto.
Non ne ha avuto il coraggio ma lui troverà quell'arma. A costo di cercarla giorno e notte, troverà quell'arma e la farà pagare a quell'uomo.
Poggia di nuovo il suo sguardo su Nico e si morde forte il labbro. Quel ragazzo ha perso tutta la sua famiglia insieme, e in fondo l'ha persa anche lui. Conosceva la famiglia Di Angelo dalla nascita. Per quanto i loro padri fossero sempre in competizione tra di loro, le loro madri erano grandi amiche da tempo, così Jason e Nico si erano ritrovati a crescere insieme.
E Jason era felice quando la domenica mangiavano tutti insieme, o quando Maria gli intimava di smetterla di chiamarla per nome e di iniziare a chiamarla 'zia'. Era felice quando suo padre e quello di Nico battibeccavano sempre a tavola, per ogni motivazione valida. Era felice quando lui, Bianca e Nico giocavano tutti insieme a quello strano gioco di carte di cui Nico era appassionato, e che poi aveva appassionato anche loro.
Jason amava quella famiglia, ed ora gli è stata portata via.
E se il dolore e la rabbia che prova lui in questo momento sono incontrollabili, può solo immaginare i sentimenti devastanti che stanno prendendo possesso del corpo di Nico.
L'unico sopravvissuto della famiglia Di Angelo, il superstite. Il prescelto per vivere una vita di traumi e tristezza.
Perchè, lui lo sa, in tutta la famiglia Di Angelo quello che ha fatto la fine peggiore è proprio Nico.
Jason si passa una mano in mezzo ai capelli biondi, per poi sospirare.
Nico inizia ad agitarsi sotto le coperte, e la sua espressione rilassata si trasforma in una maschera di tensione e paura. Stringe forte gli occhi, e una piccola goccia di sudore scende giù per la sua fronte.
Mugola qualcosa, per poi scuotere forte la testa: sta sognando. Un incubo, per la precisione.
Jason gli si avvicina velocemente, inginocchiandosi vicino al letto dove sta dormendo l'altro.
"N-No" si lamenta Nico nel sonno, stringendo forte gli occhi. E il biondo non sa se svegliarlo da quell'incubo o se lasciarlo dormire lo stesso, perchè la realtà gli metterebbe decisamente più paura.
Lo osserva ancora per qualche secondo, maledicendosi per il fatto di non riuscire a prendere una decisione.
"L-Lasciali stare!" esclama Nico nel sonno "N-No!"
E Jason ormai è sicuro, deve svegliarlo. Allunga una mano e la sta per poggiare sulla testa di Nico per svegliarlo, quando l'altro apre di scatto gli occhi puntando quelle iridi scure e spaventate nelle sue.
"Jason..." sussurra, e i suoi occhi si scuriscono ancora di più.
"Stavi sognando" risponde il biondo "stavo per svegliarti."
Nico annuisce, abbassando lo sguardo. "Non era un bel sogno."
E il più grande vorrebbe poter scacciare tutto il dolore che lo affligge, perchè sa che se il moro non avesse finito tutte le lacrime, ora starebbe ancora piangendo.
Jason afferra un lembo della coperta e la sposta da sopra il corpo di Nico.
"Cosa stai facendo?" chiede il più piccolo, rabbrividendo per il freddo che subito lo assale.
"Dai, fammi spazio." Jason rivolge un'occhiata calda a Nico, prima di stendersi nel letto vicino a lui e coprirli entrambi con le coperte.
"Jason, ma ch--"
"Sh" lo zittisce il biondo, mettendo una mano dietro alla testa del moro, l'altra alla base della sua schiena e attirandolo in un caldo abbraccio.
Nico ritrova il viso affondato nel petto del più grande, le gambe intrecciate alle sue e il suo corpo tra le sue braccia. Sente di nuovo le lacrime risalirgli su fino agli occhi. Una strana sensazione di protezione gli pervade il corpo e, prima che possa anche solo ringraziare il più grande, il sonno ha il sopravvento facendolo cadere addormentato in quell'abbraccio caldo.
Jason lo osserva, mentre riposa tranquillo sul suo petto e, lo sa, proteggerà quel ragazzo da tutto il male del mondo, anche a costo di doverselo prendere tutto lui.

*

Nico sbuffa esasperato, abbassando la testa su quei fogli per l'ennesima volta. Quel rumore assordante non gli permette di concentrarsi, ma lui deve farlo per forza. Lui deve andare avanti con quelle ricerche, perchè dopo così tanto tempo ancora non ha perso le speranze.
Li osserva, spostando velocemente gli occhi da una parte all'altra, per poi buttare la testa indietro esasperato.
"Leo!" esclama, nascondendo il viso tra le mani "Mi spieghi chi diavolo ti ha fatto entrare in camera nostra!?"
Lo spagnolo smette di saltare sul letto, facendo cessare per un attimo quel cigolio assordante, per poi voltarsi verso il moro. "E' stato Jason!" urla, indicando il biondo seduto sul letto opposto.
"Non sapevo fosse lui quando ho aperto" ribatte l'altro, alzando le mani in segno di difesa "Ho provato a chiudere la porta appena l'ho visto, ma lui è stato più veloce."
Leo abbozza un sorriso, per poi ricominciare a saltare sul letto facendo cigolare le molle in maniera assordante.
"LEO!" urla Nico, portandosi le mani alle orecchie "Possibile che non riesca a renderti conto quando passi il limite!?"
Il castano si ferma di nuovo, quasi ferito da quelle parole. Poi però riprende il suo solito sorriso furbo, scrolla le spalle e si mette seduto sul materasso.
Nico tira un sospiro di sollievo, fa per girarsi di nuovo verso la scrivania, quando sente una mano calda poggiarglisi sulla spalla.
Leo lo ha raggiunto silenziosamente, ed ora lo osserva con quello sguardo scaltro.
"Allora" comincia, puntando poi lo sguardo verso Jason "Novità?"
Jason alza un sopracciglio, quasi sorpreso da quella domanda. "Novità di che tipo?"
Leo scrolla le spalle, girando la sedia di Nico verso il biondo e andando a sedersi sul suo letto. "Voi che tipo di novità avreste?"
Jason e Nico si scambiano un'occhiata tra il sorpreso e l'esasperato, per poi riguardare di nuovo lo spagnolo.
"Quando fai così punti a qualcosa" afferma il moro, incrociando le gambe chiuse nei suoi pantaloni neri sulla sedia.
"Già" conferma il biondo, passandosi una mano in mezzo ai capelli "Cosa vuoi?"
"Novità!"
"Leo, ci vediamo praticamente tutti i giorni all'università" dice Jason "se ci fosse qualche novità non pensi l'avresti già saputa insieme a noi?"
"Bhe, io non sono con voi in questa stanza..."
Nico sussulta sulla sedia, e le sue guance si dipingono di un rosso acceso. "LEO!" urla per l'ennesima volta, capendo dove il ragazzo vuole andare a parare "Tra me e Jason non c'è stato nulla!"
Il biondo, che sembra arrivare alle allusioni del castano solo grazie al commento di Nico, butta indietro la testa. "Ancora con questa storia?" si lamenta "Leo, inizi a diventare importuno."
"Inizi...!?" quasi urla Nico, la cui voce si è alzata di un'ottava.
"Quindi" li interrompe Leo "Non c'è stato nulla tra di voi?"
Il più piccolo spalanca gli occhi, e sta per dare sfogo a tutti i sentimenti che ha represso nei confronti di quel ragazzo in questi giorni, quando viene interrotto da Jason.
"No, Leo, non c'è stato nulla. Perchè ora ti sei fissato con questa cosa?"
Lo spagnolo mostra la sua espressione più corrucciata, per poi alzarsi dal letto senza dare risposta e raggiungere velocemente la porta.
"Te ne vai?" chiede il biondo, alzandosi anche lui.
"Si!" esclama il castano, mettendo il labbro inferiore all'infuori in una faccia decisamente delusa "E sappiate che verrò qui ogni giorno finchè le cose tra voi due non cambieranno!" Detto questo esce fuori dall'appartamento, sbattendo la porta dietro.
Nico alza un sopracciglio, scoccando la lingua sul palato. "La nostra porta può essere chiusa a chiave, vero?" chiede.
Jason scrolla le spalle, abbozzando un sorriso. "Penso di si" dice "Ma non capisco proprio perchè si sia fissato con questa storia."
"Non lo so, ma inizia a diventare pesante!"
"Leo quando si fissa su una cosa diventa esasperante" si lamenta il biondo, sdraiandosi di nuovo sul letto.
Nico butta un'occhiata all'orologio sul suo comodino. Le 18:15.
Il cuore di Nico fa una capriola dentro il suo petto al solo pensiero che tra poco dovrà rivedere Percy. Cosa dirà? Di cosa parleranno? E se dovesse calare un silenzio imbarazzante?
Nico reprime un urlo frustrato, per poi alzarsi velocemente e chiudersi in bagno.
Deve solo prendere un grande respiro, e stare tranquillo. E, se qualcuno nei piani alti vorrà, tutto andrà bene.

*

Nico arriva volontariamente con dieci minuti di ritardo all'appuntamento, giusto per non far sembrare che questa cosa gli interessi troppo.
In realtà gli interessa eccome. Per tutto il tragitto, dopo aver convinto Jason che stava solo uscendo a fare la spesa e che, si, poteva benissimo andare da solo, aveva pensato a cosa dire appena avrebbe visto il ragazzo.
Eppure appena vede il sorriso caldo dell'amico, seminascosto dietro quella sciarpa azzurra, la mente di Nico si spegne del tutto.
"Nico" lo saluta, e i suoi occhi sembrano accendersi. Il più piccolo sente le guance avvampare, per poi abbozzare un sorriso e muovere la mano in una specie di saluto.
"Percy." Dieci minuti di metropolitana e quindici a piedi, e tutti gli argomenti di conversazione a cui aveva pensato sono diventati immediatamente sciocchi e privi di senso.
Fortunatamente è il più grande a prendere in mano la conversazione.
"Come stai?" chiede, iniziando a camminare. Nico alza le spalle in una muta risposta, per poi affiancarsi a lui.
"Bene, diciamo che mi sono informato" continua il più grande "ed ho scoperto che agli appuntamenti si è soliti a prendere una bevanda calda!"
Nico gli cammina a fianco, ed ogni volta che le loro mani si sfiorano il suo stomaco sembra rivoltarsi. Alla fine opta per metterle in tasca, lontano da ogni pericolo.
"Non dirmi che hai fatto una ricerca..."
Percy ride con la sua risata roca e calda. "Forse" risponde, portandosi una mano in mezzo ai capelli scuri.
"Non ci posso credere" dice Nico sbuffando, per poi fissare il ragazzo. "Hai sul serio fatto una ricerca su internet sugli appuntamenti?"
"Bhe, volevo arrivare preparato!" si giustifica l'altro "Ma almeno ho scoperto molte cose interessanti!"
"Non so se voglio saperle."
"Nel dubbio te le dirò lo stesso. Inanzitutto, ora so gli argomenti di cui non devo assolutamente parlare al primo appuntamento!"
Nico alza un sopracciglio, senza però porre la domanda che l'altro si aspetta.
"Bhe" inizia lo stesso Percy "per oggi non ti potrò assillare sul rapporto che ho con mia mamma, non potrò parlarti delle mie storie precedenti, né chiederti se hai intenzione di sposarti in futuro!"
Nico deglutisce improvvisamente, scoccandogli un'occhiataccia. "Penso che non vorrò sentirti parlare delle tue storie o di matrimonio nemmeno al secondo appuntamento."
Percy gli lancia un'occhiata penetrante, per poi sorridere. "Questo significa che avremo un secondo appuntamento?"
Il più piccolo avvampa, sentendo il suo stomaco fare l'ennesima capriola.
"Io... Uhm, ecco penso che--"
"Oh accidenti, questa era una delle dieci domande che non dovevo assolutamente fare al primo appuntamento!" dice il più grande, buttando indietro la testa "Fai finta che non abbia detto nulla!"
Nico tira un sospiro di sollievo, cercando di riprendere il controllo sul proprio corpo.
"Che dici, allora? Ti va questa famosa bevanda calda?" chiede il più grande, indicando un piccolo e accogliente Bar di fronte a loro.
E prima che Nico possa anche solo rispondere, Percy lo ha già preso sotto braccio e lo ha fatto accomodare ad un tavolino in legno dentro al locale.
"Tu rilassati, faccio io!" esclama, mostrando il suo ennesimo sorriso, per poi incamminarsi verso il bancone.
Nico si fissa le mani, mordendosi forte il labbro. Non è mai stato ad un appuntamento, quindi non ha modo di paragonare questo con altri. Sta andando tutto bene? Oppure fino ad adesso è stato un completo disastro?
Sente il corpo scosso da brividi, e per un secondo la sua intenzione è quella di alzarsi e scappare mentre il ragazzo è ancora girato. Il secondo dopo, invece, vorrebbe solo riavere Percy di nuovo vicino a sé.
Prima di urlare frustrato per la confusione che ha in testa, gli viene poggiata una tazza di una bevanda scura e calda di fronte.
Percy gli si siede accanto, con un'altra tazza in mano.
"Dalle mie ricerche ho scoperto che in Italia si beve soprattutto caffè" dice, mostrando un sorriso furbo "e dal tuo nome ho dedotto che hai origini lì, no?"
Nico scocca un'occhiata incerta alla tazza, storcendo le labbra, per poi annuire. Non ha mai assaggiato il caffè, non lo ha mai attirato. Ma c'è sempre una prima volta, no?
"Bhe" continua il più grande "Nico è un nome decisamente Italiano, lo avevo intuito. I tuoi genitori erano di lì?"
Il più piccolo si irrigidisce immediatamente. Punta il suo sguardo nel caffè scuro, e stringe forte i pugni sotto il tavolo. Una strana sensazione di gelo gli si diffonde nel corpo, rallentando il battito normale del cuore.

I suoi genitori.

Percy perde per un secondo il suo sorriso, notando come il più piccolo si sia rabbuiato in pochi attimi. "Io... ho detto qualcosa di sbagliato?"
'Controlla le tue emozioni' è il mantra che si ripete nella testa 'loro non ti controllano.'
Afferra la tazzina e si porta quello strana bevanda alle labbra, bevendone un gran sorso. Il liquido amaro gli scende giù per la gola, e lui si ritrova a storcere le labbra per il saporaccio.
"Si" riesce a dire alla fine, senza staccare lo sguardo dalla bevanda, con un filo di voce. "Mia... mia madre era Italiana. Venezia di preciso."
Nico reprime un gemito che prova a risalirgli su per la gola. Perchè proprio quell'argomento? Perchè tra tutto, proprio della sua famiglia si doveva finire a parlare?
Il silenzio cala tra di loro. Nico si ritrova all'improvviso a disagio, e la voglia di scappare lo avvolge di nuovo.
Quando sta per alzarsi ed andarsene con una scusa, la mano di Percy si poggia sul suo braccio facendolo sussultare. Nico alza lo sguardo, incontrando quello profondo e dolce del più grande.
"Mi dispiace" dice, stringendo appena la presa sul suo braccio "Non volevo crearti brutti pensieri. Quando e sesarai pronto a parlarmene, sarà solo perchè tu lo vorrai." E gli rivolge di nuovo quel sorriso caldo. Quell'unico sorriso con cui riesce a sciogliere di nuovo la situazione, facendo scivolare via dal corpo del più piccolo il disagio.
"Detto questo" continua, lasciando la sua mano calda sul braccio del più piccolo "Il caffè ti fa schifo, vero?"

*

Nico si era ritrovato a parlare con Percy come due amici di vecchia data. Il più grande gli aveva offerto la sua cioccolata calda, e Nico si era fortunatamente liberato di quella bevanda dal sapore amaro.
E avevano parlato, molto. Più che altro, Percy aveva parlato.
Nico si limitava a commentare ogni tanto, o a sorridere. A volte parlava anche lui, si, ma raramente. In fondo non è un ragazzo di molte parole.
Eppure questo a Percy non interessava. Continuava a parlare del più e del meno, rivolgendo al più piccolo quel suo sorriso caldo, e sfiorando la sua mano ogni tanto.
Una volta le loro mani si erano toccate per così tanto tempo che Nico aveva creduto che Percy avrebbe intrecciato le dita alle sue. Ma non era successo. E Nico non sapeva se essere sollevato o no.
Ed ora si ritrovano di fronte l'alloggio di Nico, dove Percy lo ha gentilmenteaccompagnato.
"E' stata una bella uscita" ammette il più grande, alzando le spalle.
Nico abbassa lo sguardo, mentre sente le guance scottare. "Si" ammette alla fine, senza alzare lo sguardo.
Percy scocca un'occhiata all'orologio, sgranando poi gli occhi. "Diamine, sono in ritardo pazzesco!"
Nico alza la testa, per incontrare il viso del più grande decisamente più vicino di quanto si aspettasse.
"Ci rivedremo mai?" sussurra quindi Percy, inchiodando i suoi occhi verde mare in quelli scuri dell'altro. Il più piccolo deglutisce, avvampando. "Uhm... ma non era una domanda da non fare al primo appuntamento?"
Percy lo fissa negli occhi per ancora qualche attimo, per poi allontanarsi e scoppiare a ridere. "Hai ragione, ma così non so quando ci potremo rivedere!"
"E se io non volessi rivederti?" risponde acido il moro, alzando gli occhi al cielo.
"Non vuoi?" chiede, allungando il braccio e carezzando la guancia di Nico delicatamente.
Il più piccolo avvampa di nuovo, sentendo i brividi scorrergli per tutta la schiena. La mano calda del più grande scorre sulla sua pelle, e lui sente il corpo andare a fuoco.
Sta per balbettare qualcosa senza un minimo di senso, quando la mano di Percy si allontana dal suo viso, facendolo ammutolire.
"Okay, ora sono davvero in ritardo! Aspettami per il secondo appuntamento, gattino arrabbiato!"
Nico gli scocca un'occhiataccia. "Ti ho detto di non chiamarmi gattino arrabbiato!"
Percy ride piano e gli scompiglia i capelli. "Penso mi sarà difficile" afferma, facendogli l'occhiolino, per poi iniziare a correre lungo la via scomparendo alla vista dell'altro.

E Nico, per la prima volta dopo molto tempo, si ritrova a sorridere sincero.

*

Quando Nico si sveglia ha gli occhi gonfi e doloranti. Si porta una mano al viso, e sente le sue guance bagnate; questo significa che ha pianto anche mentre dormiva.
"Hai urlato un paio di volte, ma in fondo hai dormito tranquillo" gli dice una voce vicina, facendolo sussultare. Quando si volta si ritrova di fronte una massa indomabile di capelli biondi, e due occhi blu che lo fissano.
"Jason" dice, poggiando di nuovo la testa sul cuscino. "Non ricordo cosa ho sognato."
Il ragazzo è sul fianco, con un braccio poggiato sul letto e il viso sorretto dalla mano. La mano libera del biondo va subito ad accarezzare i capelli del moro, facendolo rilassare.
"E' strano" inizia il più piccolo "Quando mi sveglio per un secondo sembra tutto normale. È come se fosse tutto come al solito. Per un secondo sono ancora nella mia vecchia vita."
Un singhiozzo esce dalle sue labbra, e Nico stringe forte gli occhi per reprimere le nuove lacrime che stanno risalendo.
"Poi tutto mi ricade addosso, e fa tremendamente male."
Jason lo fissa, sorpreso dal fatto che Nico gli stia parlando dei suoi sentimenti così facilmente. Continua ad accarezzargli i capelli dolcemente, cercando di alleviare almeno un po' questo risveglio traumatico.
"Jason" pigola il più piccolo "Fa davvero tanto male."
E una lacrima solitaria solca la guancia di Nico che, ancora ad occhi chiusi, sta provando con tutte le sue forze a reprimere il terrore che lo sta assalendo.
La mano del più grande scende dai suoi capelli fino alla sua guancia, asciugandogli la lacrima.
"Nico"sussurra Jason, facendosi più vicino e riprendendo ad accarezzargli i capelli. "E' passato solo un giorno, è ovvio tu stia così."
Le sue dita tornano tra i suoi capelli, carezzandoli.
"Ma ti giuro che con il tempo tutto questo dolore passerà, davvero. Ed io ti starò vicino."
Nico stringe ancora di più gli occhi, affondando il viso nel cuscino.
"Piangere non fa male, sai?" sussurra il biondo, poggiando la testa sul cuscino.
E quel commento fa sciogliere Nico, che scoppia in lacrime di nuovo. Jason si avvicina a lui, e il più piccolo affonda il viso nel suo petto istintivamente.
E mentre il più grande lo stringe in un caldo abbraccio, sussurrandogli parole confortanti all'orecchio, Nico si sente protetto. Piange, ma si sente al sicuro tra quelle braccia.
Jason è l'unico della sua vecchia vita che gli è rimasto, e sapere che lui gli rimarrà vicino lo rassicura.
"Jason" dice, con voce tremante "Voglio vederlo."
"Chi?"

"L'uomo che ha ucciso la mia famiglia. Voglio vederlo."

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