Non dirmi un'altra bugia] Lar...

By larryelarry_

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Harry Styles è un ragazzo ricco, affascinante, la stella della squadra di football del college. Le persone lo... More

Prologo.
Capitolo uno.
Capitolo due.
Capitolo tre.
Capitolo quattro.
Capitolo cinque.
Capitolo sei.
Capitolo sette.
Capitolo otto.
Capitolo nove.
Capitolo dieci.
Capitolo dodici.
Capitolo tredici.
Capitolo quattordici.
Capitolo quindici.
Capitolo sedici.
Me.
Importante.
Sequel.

Capitolo undici.

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By larryelarry_

Giorno 6 (venerdì nero), ore 08:00.

Harry.

Il pranzo del Ringraziamento di ieri è stato un disastro, non che mi aspettassi altro. Papà ha invitato alcuni colleghi di lavoro, e mentre parlavano di Wall Street e dello stato dell'economia all'altro capo del tavolo, noi eravamo praticamente in silenzio. Louis era seduto di fronte a me, zitto di proposito mentre mangiava un piatto pieno di cibo del catering. Adele non cucina e di certo non si sarebbe data per il Ringraziamento. Non so se ho mai mangiato un tacchino cucinato in casa dall'ultima volta che ho passato le vacanze con i miei nonni a New York, anni fa.
L'atmosfera di ostilità che aleggia in casa è al limite. Adele ha cercato in tutti i modi di parlarmi ma io mi sono rifiutato. Il taxi è arrivato per portare via Louis come pianificato, ma io l'ho mandato via, infilandogli in mano due pezzi da venti come ricompensa per i problemi causati. Louis non mi ha rivolto la parola neppure una volta. Appena è riuscito a defilarsi è scomparso, tornando nella casa degli ospiti senza augurare la buonanotte a nessuno chiudendosi a chiave in camera. Non è più uscito per il resto della notte. Quindi ho fatto la stessa cosa, arrabbiato con me stesso per avergli permesso di attirarmi tanto. Non ho dormito molto, e già non avevo quasi chiuso occhio la notte prima, e ora sono agguato fuori dalla porta di Louis, tentato di buttarla giù a calci e obbligarlo a parlarmi. Non sono più me stesso; io non sono il tipo che cerca conforto. Odio affrontare i miei sentimenti, ma dannazione, la litigata di ieri mi ha punto sul vivo. Mi sento una femminuccia, perché mi ero illuso che quello che avevamo stesse diventando qualcosa di speciale. Deduco che mi sbagliavo.

Eppure è questo il caso in cui la mia testardaggine si manifesta, per la prima volta nella mia vita personale. Non voglio sbagliarmi e non credo sia così. Per qualche ragione, Louis sta scappando perché è spaventato. Non lo biasimo: io faccio la stessa cosa un giorno sì e l'altro no. Le uniche volte che sento di avere il completo controllo della mia vita sono quando mi trovo sul campo da calcio. E ora che sono intrappolato qui da giorni non vedo l'ora di tornarci, di distrarmi da queste stronzate e tuffarmi nel gioco, di tornare a essere un robot insensibile e dimenticare tutto.

Furioso con me stesso, busso e giro la maniglia, sorpreso di trovare la porta aperta. Non mi preoccupo di lasciargli il tempo di rispondere: entro a grandi passi nella camera buia fermandomi ai piedi del letto per trovarlo addormentato, un bozzolo al centro delle lenzuola. I capelli sono sparsi sul cuscino, il viso dolce nel sonno. Le labbra, boccioli di rosa socchiusi, le coperte sono abbassate all'altezza del bacino, e addosso ha una maglietta azzurra aderente, i capezzoli chiaramente visibile sotto il tessuto sottile. I suoi capezzoli duri mi catturano, mi fanno quasi salivare. Nella stanza fa freddissimo e mi avvicino a lui, afferrando il piumino per coprirlo. Con le nocche gli sfioro il petto –lo faccio di proposito– e lui spalanca gli occhi di colpo. Si mette a sedere così in fretta che per un pelo non mi dà un colpo alla mascella con la fronte e faccio un salto indietro, risparmiandomi la botta.
"Cosa fai?" Si porta le coperte al mento, nascondendo tutta quella morbida pelle esposta e deludendo la mia immaginazione. "Ti aggiri di nascosto nella mia stanza?"
"Volevo assicurarmi che stessi bene." Risposta poco convincente, ma non mi viene in mente altro.
"Che ore sono?" si allunga verso il comodino e prende il cellulare, controllando l'ora con uno sbuffo esagerato. "Perché dovrebbe esserci qualcosa che non va a quest'ora del mattino?"
"Ti sei chiuso dentro dodici ore fa, per quanto ne sapevo potevi anche aver perso i sensi" sento di dovermi difendere, e non mi spiego come sia possibile che abbiamo fatto tanti passi indietro e ora siamo ostili l'uno con l'altro. Rivoglio il nuovo Louis, rivoglio noi insieme.

Non c'è mai stato un «noi».

Serro le labbra e mi siedo sul bordo del letto, e lui si scansa da me come se avesse bisogno del suo spazio. Ho un'idea che mi frulla nella testa dalle tre di stamattina e spero che sistemi qualunque danno sia accaduto nella nostra relazione incerta. Se non dovesse essere d'accordo, non so cos'altro fare.
"Beh, sto bene" rimbecca mentre appoggia il cellulare al suo posto, lo sguardo fisso sulle sue ginocchia. "Ora puoi uscire."
"Speravo ti andasse di venire con me in un posto."
Scuote la testa in un gesto di ostentata indifferenza. "Non so se è una buona idea, Harry. Dobbiamo far finta di essere una coppia e va bene, ma la settimana è quasi finita e non credo sia più necessario continuare lo show." Cos'ho fatto? Non ne ho idea, e lui non me lo dirà a meno che non gli tiri fuori le parole con le pinze.
"Vorrei mi accompagnassi al cimitero. Devo andare a trovare mia sorella." Finalmente mi guarda con quegli occhi azzurri pieni di dolore e comprensione, tutti per me. "Non credo sia il caso.."
"Ti voglio con me" gli prendo la mano e la cullo nella mia. Ha le dita fredde come il ghiaccio e cerca di divincolarsi, ma io stringo la presa. "Ti voglio lì, Louis."
"Credevo che Adele avesse dei piani esclusivamente per la famiglia" alza il mento con aria sconfitta, vulnerabile, bellissimo. Così meraviglioso che vorrei stringerlo tra le braccia e non lasciarlo andare, eppure mi trattengo.
"Non vado con loro" sarebbe il mio incubo che diventa realtà. Adele che si trasforma in un relitto piangente, aspettandosi che io le stia vicino, pieno di comprensione, a dispensarle abbracci. Riesco a malapena a sopportare il pensiero che mi sfiori per sbaglio, figuriamoci volontariamente.

Louis è silenzioso. Sta considerando la mia proposta, il che mi riempie di sollievo. Non voglio andare da solo e nemmeno con i miei, ma sento il bisogno di andare a portare omaggio alla tomba della mia sorellina. L'idea di andarci da solo mi riempie di una tristezza così sconvolgente che temo che crollerei nel parcheggio del cimitero. Non riuscirei ad entrarci. Avere Louis al mio fianco mi darà la forza di cui ho bisogno per visitare la tomba di mia sorella, per implorarla di perdonarmi per non essermi preso cura di lei, sperando che quando racconterò la verità a Louis non mi odierà per quello che ho fatto. E forse, soltanto forse, la sua approvazione mi aiuterà ad alleggerire l'odio che provo per me stesso.
"Va bene, ti accompagno" sussurra, lo sguardo di nuovo basso. "Quando vuoi uscire?"
"Devo farmi la doccia. E sicuramente devi farla anche tu." Annuisce. "Un paio d'ore, allora? Per le dieci?"
"Perfetto" stacca piano la mano, le dita che scivolano dalle mie. È così bello con i capelli arruffati, ancora sonnolente. Guardarlo mi fa quasi male.
"Grazie" sussurro. "Per avermi promesso di venire con me."
"Grazie per avermelo chiesto" si inumidisce le labbra con la lingua, facendomi venire voglia di baciarlo. "È per questo che ora sono arrabbiato, Harry. Dopo tutto quello che è successo ieri, quello di cui tu e Adele mi avete accusato, ho pensato non ti fidassi più di me. Quando invece io sono sempre stato onesto" ha ragione, lo so. Ho esagerato. Adele mi ha provocato e io ci sono cascato.
"Non avrei dovuto darle retta" faccio un respiro profondo. "Mi dispiace."
Un timido sorriso gli incurva le labbra e il mio cuore accelera i battiti. "Sei perdonato. E giusto perché tu lo sappia..la ragazza con cui stavo parlando ieri?"
Ora il cuore mi martella nel petto. "Si?"
"Era Lottie, mia sorella." Ora mi sento centro volte più stupido, certo che stava parlando con sua sorella. È sempre preoccupato a morte per lei.
"Non dovrei mai ascoltare Adele."
"No, è vero."
"Mi sento uno stronzo."
"Ieri lo sei stato" sto per aggiungere qualcosa, ma lui mi interrompe. "Devo dire la verità? Mi ha fatto piacere vederti arrabbiato. Significa che senti davvero qualcosa." Resto in silenzio, non ricordo l'ultima volta che ho dato fuori in quel modo. È mai capitato? È come se mi si fosse accesa dentro una miccia.
"Vado a fare una doccia" mi indica la porta con un cenno della testa. "Ora preferirei stare da solo, non mi va che tu mi veda. Ho anche la maglietta trasparente."
"Louis, mi dispiace deluderti ma ti ho già visto" gli ricordo a bassa voce. Ora è il suo torno per rimanere in silenzio e mi alzo con un sorriso in faccia, dirigendomi verso la porta. "E quello che ho visto mi è piaciuto" gli dico.
La sua risata delicata mi accompagna lungo il corridoio.

Louis.

Il tempo è freddo e uggioso, il cielo coperto di nuvole scure e minacciose, e il vento non concede un attimo di tregua. Mi stringo nel cappotto e seguo Harry lungo il viale del cimitero. Stiamo camminando lungo un sentiero che serpeggia fra le tombe e io mi sforzo di non guardarle, però non resisto. Alcune sono eleganti, ornate di fotografie e di messaggi strazianti e persino di statue. Poi ci sono i fiori. Fiori ovunque, veri e falsi, luminosi e allegri, scuri e sobri. Alcuni sono a tema. Vedo dei resti di decorazioni di Halloween, un sacco di colori autunnali, rosso ruggine, arancio e giallo mais. Mi sento meglio a vedere un po' di colore, e le panchine su cui le persone si siedono per trascorrere del tempo con i propri cari defunti. La morte è una cosa tremenda, ma è anche parte della vita. Non mi piace pensare alla nostra natura mortale. È più facile illudersi che vivremo per sempre.
"Eccola" la voce profonda e funerea di Harry mi fa alzare la testa e vedo che si è fermato di fronte a una piccola lapide che spunta dal terreno. Lo raggiungo e lascio che il mio sguardo assimili le parole scritte sopra:

"Gemma Adele Styles.
Nata il 30 Settembre 2007.
Morta il 27 Novembre 2010.
Per sempre nei nostri cuori."

C'è una piccola fotografia di Gemma nell'angolo in alto a destra. Ha i capelli scuri come Harry, un sorriso felice e due occhi verdi scintillanti. Era adorabile. Harry sta fissando l'immagine, le mani nelle tasche della giacca, l'espressione cupa, piena di tristezza. Vorrei confortarlo, stringerlo fra le braccia e sussurrargli che andrà tutto bene, ma non credo che sia il mio ruolo. Inoltre, lui ha bisogno di questo momento, me l'ha confessato mentre venivano qui. Desiderava di avere qualche attimo così, senza fare nulla se non guardare la tomba e pensare a lei, parlarle nella sua mente. E chi sono io per giudicare il modo in cui piange una perdita? Tutti lo facciamo come ci viene meglio. Io non vorrei venire qui, specialmente perché sua sorella è morta così piccola. La curiosità mi invada di nuovo e mi sforzo di ignorarla. Com'è morta? Mi incuriosisce, perché tutti in questa famiglia sono così misteriosi. Questo è un dettaglio importante e voglio conoscerlo, devo conoscerlo.

Un sospiro pesante abbandona le labbra di Harry e non riesco più a trattenermi. Mi avvicino, gli prendo il braccio e lo stringo per fargli sapere che ci sono se ha bisogno di me. Mi mette una mano sulle spalle e poi mi abbraccia, il viso affondato nei miei capelli, e mi stringe così forte che quasi non respiro, ma io lo lascio fare perché ha bisogno di conforto.
"È colpa mia" mormora. "La stavo tenendo in giardino mentre mio padre ha risposto al telefono. E poi..sono andato via" un brivido mi percorre la schiena e cerco di rimanere calmo, per non dargli la sensazione che quello che mi ha detto mi sconvolga. Deve sentirsi libero di confidarsi.
"È stato un incidente." Non ho idea se sia vero o no perché nessuno me l'ha detto, ma sembra la cosa più giusta da dire. "Non è stata colpa di nessuno."
"No" mi allontana da lui, gli occhi infuocati mente mi guarda. Si passa una mano tremante tra i capelli. "Adele non ti ha raccontato cos'è successo?"
"Io..no" scuoto la testa, e ansimo quando mi afferra le spalle e mi scuote. "Non mi ha detto niente, solo che è morta." Mi spinge via imprecando a bassa voce, e io incespico, sconvolto che mi tratti in quel modo. Si allontana a testa bassa e passo veloce, e io lo seguo, confuso e arrabbiato, pentendomi all'improvviso di averlo accompagnato in un posto tanto orribile e deprimente.
"Dove stai andando?" urlo, ansimando e sbuffando contro il vento e il freddo, indignato per il fatto che le sue gambe lunghe gli regalano un vantaggio.
"Voglio stare solo."
"Ma smettila" borbotto, accelerando. "Non puoi evitare la situazione per sempre, sai?" Si volta, il viso deformato da mille emozioni diverse. Sembra un'altra persona.
"Non mi conosci. Non evito niente, vivo ogni fottuto giorno della mia vita!" Sono sbalordito da questa esplosione di rabbia, anche se si sta sfogando con me, dovrebbe fargli bene, no? 
"Non devi affrontare tutto da solo, lo sai. Ti fa bene piangerla e parlare di lei."
"Piango e sono pieno di sensi di colpa. È colpa mia se la mia sorellina è caduta nella piscina ed è annegata. Io dovevo stare fuori e controllarla, e invece non l'ho fatto. Credevo che il cancello dell'area della piscina fosse chiuso" si passa entrambe le mani fra i capelli, aggrappandosi alle punte mentre mi guarda senza vedermi. "È colpa mia e sua."
"Sua? Di Gemma?" Era una bambina! Come può dire una cosa simile?
"No, cazzo, certo che no. Colpa sua, dio!" fa un singhiozzo e mi accorgo che le lacrime gli rigano il viso. Vederle, vedere lui così sconvolto, mi fa male, ma ho paura ad avvicinarmi. Temo che mi respingerà e non sopporto il pensiero. Sono confuso, e onestamente ho paura di chiedere.
"Raccontami cos'è successo" domando, decidendo di essere coraggioso e di affrontare la situazione a testa alta. "Com'è morta tua sorella?" Con una mano si asciuga furiosamente le lacrime dalla faccia mentre torniamo verso la tomba di Gemma. Gli concedo un attimo e mi siedo su una panchina lì vicino, i rami dell'albero sopra di me oscillano nel vento, e rabbrividisco nel mio cappotto troppo leggero, osservandolo mente cammina avanti e indietro.

"Ero in giardino. Passavo un po' di tempo con mio padre e mi godevo il sole, in quel fine settimana le temperature erano più calde del solito, e io ero di ottimo umore perché stavo ottenendo ottimi risultati dopo un anno nella mia squadra" la sua voce si affievolisce e sembra perso nei suoi pensieri. "Adele era stata fuori casa per la maggior parte della giornata a comprare i regali di Natale. Aveva chiesto a mio padre di dare un'occhiata a Gemma e stavamo giocando con lei. Correva avanti e indietro nel patio sul retro, ridacchiando senza sosta. Le ci è voluto parecchio per lasciarsi andare con me, sai? Non ero mai a casa, ma alla fine riuscivo sempre a conquistarla" non dico nulla, lascio che si prenda il suo tempo per raccontare la storia. Deve farla uscire, non importa quanto sia doloroso per lui rivivere quel giorno. Vorrei tranquillizzarlo e dirgli che possiamo parlarne in un altro momento, ma quando? "Mio padre ha ricevuto una telefonata. Stava lavorando a una fusione che gli era costata mesi di lavoro e doveva per forza rispondere. Mi ha chiesto di guardare Gemma, di non perderla mai di vista, e gli ho risposto di stare tranquillo" lascia andare un sospiro e chiude gli occhi. "Stava giocando a nascondino con me. Ridevamo, io la prendevo in giro. Sapevo che papà non era troppo lontano, lo sentivo parlare al telefono. Adele all'improvviso è apparsa sulla soglia e mi ha chiesto..mi ha chiesto di entrare con lei. Le ho risposto che non potevo, che dovevo sorvegliare Gemma, ma mi ha convinto che non sarebbe successo niente. Mio padre era lì, giuro che era lì. Quindi sono entrato e..e Gemma in qualche modo è entrata nell'area della piscina ed è caduta in acqua. Mio padre era andato sul davanti della casa e io non lo sapevo, non si era reso contro che avevo lasciato Gemma da sola. Io pensavo che la guardasse lui e lui che la guardassi io.." Harry è a pezzi. Cade a terra in ginocchio davanti alla tomba della sorella, le spalle che sobbalzano mentre prega. "Mi dispiace. Ho rovinato tutto e mi dispiace così tanto."
Vado da lui, mi inginocchio e lo abbraccio per quanto riesco. Lui mi getta le braccia attorno al collo e mi affonda il viso nel petto. Sento le lacrime bagnate sulla mia pelle e gli accarezzo la testa cercando di calmarlo. Rimaniamo così, e per lunghi minuti silenziosi lui piange su di me. Sento le lacrime e la tristezza salirmi da dentro e piango insieme a lui, lacrime mute che mi purificano, unendomi a Harry nel suo dolore universale. Questa non è la fine della storia, lo so, sento che c'è di più, molto di più, e lui si sta trattenendo per paura di spaventarmi. O forse non vuole che provi pietà per lui. Ha a che fare con Adele, e penso di aver capito di cosa si tratta.

Solo che non sono ancora pronto per affrontarlo.

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