The Runaway (Harry Styles AU)

By inventedHead

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c o m p l e t a ; "Consideralo un punto a tuo favore, okay? Ho un debole per le persone che hanno paura, evid... More

The Runaway
Di un rifugio che non è luogo, ma tutto fuorché lì
1. Non ci credo; non me lo chiedere
2. A saperlo prima mica ci tornavo a casa
3. Delicata ma dura a morire
4. Siediti e osserva il cambiamento
5. Un casino della Madonna
6. A rimanerci, ma perché sei imbambolata
7. L'acciaio nella lingua
8. Scusami?
9. Fiammiferi per caso
10. L'odore di mare è famiglia, lo sconosciuto è foresta
12. Tempo che scorre, sorriso che rimane
13. Josie, soltanto
14. Adesso, Joss / Bitchy Moon
15. Bisogna che qualcuno te lo spieghi
16. Le mani fanno questo
17. Fumo negli occhi e almeno posso lacrimare
18. Due metà imbrattate col sangue
19. "Nessuno che vola sotto di me a salvarmi; ci si salva da soli"
20. Ci si rigenera per poi autodistruggersi
21. Piedini scalzi e calci in culo
22. Onde a rincorrerne altre
23. Senza occhi, solo pelle
24. Fame del mattino
25. A passi lenti, ma poi ti prendono
26. Qui a consumare la scorta che abbiamo
27. A cosa fare a cosa dire e pensa a come pensare
28. Tortura auto inflitta del cazzo
29. Richiamo i ricordi peggiori
30. Dal diario di una scapestrata
31. Sfogliami l'anima
32. Amore che si chiede
33. Il punto in cui terra e prato collidono
34. In cui Harry s'incazza come una belva
35. Venuzze blu
36. Solo un'idiota
37. Disposizione scomoda
38. Fino alla pazzia
39. Buona azione del mese... o dell'anno
40. "Quando bevi sei più fragile"
41. Cose di casa
42. Ancora cose di casa
43. Siam tutti buoni a vivere senza segreti
44. "Peace is the real muscle"
45. Sangue che ribolle
46. Lelly-Kelly
47. Clic
48. E adesso che i muri son crollati
49. Insanguinato ma non si vede
50. Respira. Ragiona. Reagisci
51. "Mai innamorarsi di un fiocco di neve"
52. Un Lucifero qualunque che non ha raggiunto l'inferno
53. Un rifugio che non è luogo; tutto fuorché lì
54. Scava quanto cazzo vi pare. Scava duro. Scava sporco
55. Una miriade di stronzate
56. Foto ricordo nauseante
57. In mezzo al buono ma sempre tutto nero
58. Catastrofe come secondo nome
59. Fin quando non capita a te
60. Ghosts are real
E adesso parlo io
S O F T S O U N D

11. Corri corri ma tanto l'attimo non lo acchiappi

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By inventedHead

- Sono quasi sicuro che mi gridò «Buona fortuna!» Spero di no. Accidenti, spero proprio di no. Io non griderei mai «Buona fortuna!» a nessuno. E' tremendo, se uno ci pensa.
J.D. Salinger, Il Giovane Holden.

Josephine

Coperta soltanto dal mio asciugamano, apro la porta della stanza e, che profumasse, questo era chiaro, ma il letto è sfatto. Potrei giurare di vederci la forma di un viso, in quel cuscino.

Adesso sono invidiosa.

Devo ammetterlo; questa sì che è una camera, vorrei prenderla io, che non voglio la mia vuota e cupa. Questa è vissuta, ha un buon odore malgrado la finestra chiusa e la presenza di tanti cuscini e le lenzuola bianche e stropicciate sul materasso, che sono invitanti al riposo – quasi ho voglia di saltarci dentro e rotolarmi in quel piumino. Poi ci sono vestiti abbandonati su una sedia e una scrivania angolare, ma per arrivarci devo oltrepassare i jeans che stanno sul pavimento. Camicie e T-shirts sono sparse sul parquet; bianche, nere, grigie, con fantasia. Di tutti i tipi. La finestrona è a golfo, uguale a quella nella mia stanza, eccetto che la mia è quasi a pavimento. Invece, in questa camera, la finestra possiede un'imbottitura chiara lungo la superficie sulla quale sedersi; è color panna e sembra essere comoda anche quella. Vorrei poter prendere un caffè lì, seduta a guardare il cielo attraverso la vetrata.

Le tre tazze vuote e il posacenere pieno lì accanto, sono un lampante segno che, questo ragazzo, lo fa di certo.

Muri puliti, eccetto per un poster di The Wall, in tono con le pareti bianche, poi un portait di Audrey Hepburn con un post-it giallo a coprirle l'acconciatura e una tela non troppo grande lì accanto. Su quest'ultima c'è una riproduzione astratta; azzurro e arancio sono i colori che prevalgono e sembrano essere solo schizzi confusi, ma allo stesso tempo stupendi. Osservando meglio carpisco la meraviglia del disegno, è accattivante; un tramonto sul mare, ma è al contrario. E' geniale. Strepitoso, pure, perché è come se le onde s'infrangessero e spegnessero un sole fiammeggiante. Incantata e inebetita, cerco di decifrare la calligrafia del post-it appiccicato sulla faccia della bellissima Audrey. Avvicinandomi, scopro che non è una foto stampata, ma è un ritratto disegnato col carboncino, probabilmente. Sul foglietto riconosco la citazione della stessa donna che è stata ritratta impeccabilmente:

"Ricordati se mai dovessi aver bisogno di una mano che ti aiuti che ne troverai una alla fine del tuo braccio... Nel diventare più maturo scoprirai che hai due mani. Una per aiutare te stesso, l'altra per aiutare gli altri."

La grafia è disordinata, casuale, ha un nonsoché di maturo. E gli occhi di Audrey al di sotto mi guardano, ma non abbastanza intensamente perché io non mi accorga di quell'altro paia d'occhi magnetici ritratti su un foglio di bianco, appeso disordinatamente accanto a un punto in cui due pareti s'incontrano in una.

Ci stanno questi occhi a risaltare nel bel mezzo dell'intonaco – e questa bocca in grigio, solo matita e nient'altro, ma sono curve eccezionali. Bocca e sguardo femminile senza ombra di dubbio. Una forma ricercata, quella della bocca carnosa. Le increspature al di sopra della carne sono incredibilmente realistiche, gli occhi apatici e ancora vuoti di colore sembrano saper parlare.

ldn3613 è inciso proprio al di sotto, sul lato destro del foglio.

Non bado, però, alla didascalia. Sono solo impressionata dal talento di questo ragazzo.

Tra libri e cartacce e quaderni, credo ci sia un album da disegno; la curiosità di conoscere meglio quegli occhi si prende gioco di me, ma obbligo la mano a mezz'aria prima di poter raggiungere l'album.

No. Non devo.

La privacy del tizio che se ne sta al lavoro, inconsapevole del fatto che ci sia una sconosciuta a frugare tra le sue cose, non verrà violata!

E mentre quegli occhi mi torturano i pensieri, torno alla mia occupazione precedente: trovarmene una.

*

Una mente geniale, cara.

No, affatto, perché ho completamente dimenticato di andare in una maledetta copisteria e fare qualche fotocopia del mio curriculum vitae, prima di distribuire le uniche quattro copie che avevo. Non mi stupisce che tutto questo sia un fallimento...

Ho preso la macchina di mio fratello – devo ricordarmi di chiedergli perché si sia preso una mini cooper, non ce lo facevo. L'ho lasciato a dormire mentre provavo a guidare la sua macchina sgasando e inutilmente e mandandola su di giri (non è facile riprendere dopo tanto), perciò spero non si svegli, altrimenti non sarebbe felice del mio temporaneo furto d'auto – ed eccola lì, poi, una nuova occasione servitagli su un piatto d'argento in cui può ricordami che ho tendenze alla cleptomania.

Adesso però il pacchetto vuoto di Marlboro lo lancio nel cestino accanto all'ingresso del tabacchino, rimuovendo l'involucro da quello nuovo. Di sigarette ne fumo sempre troppe, ma prima o poi smetterò. Lo ripeto da quando scoprii di amare la nicotina al mattino, nel pomeriggio, la sera, durante i pasti, nelle notti in cui i brutti pensieri mi trascinavano fuori dal letto alle quattro del mattino pur di assaporarne una. Abbandonando l'ingresso della tabaccheria – la stessa davanti al quale ho incontrato Harry giusto ieri – noto il negozio di musica lì accanto. Non credo fosse aperto, l'ultima volta che sono stata qui. Mi ritrovo a entrare di getto, neanche ci penso due volte. Chiedo alla ragazza all'ingresso, proprio mentre se ne sta lì in vetrina ad allestire un paio di chitarre, di indicarmi il titolare; è l'uomo coi baffi, un po' buffo e impegnato in una conversazione telefonica.

Non appena chiude la chiamata, mi avvicino a lui.

"Scusi?"

"Prego, che posso fare per te?" Gli eccessivi ciuffi dei baffi si alzano mentre sorride.

"Non ho ne una copia qui con me purtroppo – del curriculum intendo. Ma vorrei sapere se hm... cercate personale?" La voce sottile adesso non è utile per inscenare una buona impressione, ma non posso evitarlo, sono troppo impacciata. E infatti s'insospettisce.

Dice: "Mi 'spiace ma siamo al completo per ora. E inoltre non assumo minorenni."

Sospiro, esasperata ormai da questo mio tormento che mi segue come un'ombra. Cos'ha di sbagliato la mia faccia?

"Non sono minorenne. Ho vent'anni."

"Venti? Te ne davo diciassette al massimo." Sorride. "Scusa, signorina. In ogni caso prova a portare il tuo curriculum, anche se per ora non potrò esserti utile." Sto per sorridergli, ma quando il suo sguardo cade sulla mia scollatura m'irrigidisco e ruoto gli occhi.

"Grazie." In realtà non gli sono affatto grata, quest'uomo non mi ha concesso alcun motivo per farsi apprezzare, eppure la voce che giunge alle mie orecchie mi fa cambiare idea.

Non potrei non riconoscere quella voce profonda. "Gli ordini!" Sta dicendo. E' calda e ruvida, mi viene improvvisamente un forte bisogno di sospirare, prendere aria. E' Harry, ne sono certa. Non so come sia possibile, ma lo so. "Jeff!" Dice ancora; la voce finalmente mostra un corpo tutto suo. Proviene da un ragazzo dietro al bancone. Di spalle, sta trafficando con le mani su uno scaffale.

E' proprio Harry. Sì che è Harry. Quante probabilità esistevano che io e lui ci saremmo incontrati nuovamente?

Comunque non mi nota mentre si volta verso il titolare baffuto.

"Quindi Jeff, come stiamo messi con gli ordini? Vado a farli?"

E poi si accorge di me. Gli sorrido accennando un movimento con la mano.

"Tu?" Dice. "Ciao!"

Jeff interviene con un tono fastidiosamente allusivo. "Ho capito, vado io a fare gli ordini... Avverto tensione, qui con voi." Strizza l'occhio a Harry e si allontana. L'espressione sul mio viso deve dirla lunga su ciò che penso di quell'uomo, perché Harry ridacchia e mi lancia uno sguardo da che ci vuoi fare?

Poi si avvicina nella mia direzione. Lo imito, e adesso c'è solo il bancone a separarci. Sorridente, riprende a parlare. "Non farci caso... Allora, che ci stai a fare qui?"

Gli occhi verdi che continuano a tenersi gelosamente tutta la mia attenzione non si scostano mai dai miei.

"Cerco lavoro, tipo..." Mi stringo nelle spalle.

"E stai ottenendo buoni risultati?"

Mi sta guardando come fossi una sorta di enigma; in pratica, quando Harry osserva qualcuno, che sia il baffuto titolare o la sottoscritta, se ne sta lì a studiarti e ad ascoltarti attentamente. Non stacca mai gli occhi dai tuoi. Non allontana mai la sua attenzione da te, non c'è neanche un istante in cui lascia credere, al suo interlocutore, che non sia interessato a ciò che dice o che non stia ascoltando.

Inevitabilmente, distolgo lo sguardo dal suo.

"Non so, lo spero." Poso gli occhi su quel sorriso che non gli molla la faccia.

E poi – e poi sono fregata, perché caccia la lingua sulle sue labbra e, con naturalezza, le inumidisce. Io resto a fissarlo senza alcun ritegno, senza la minima preoccupazione di filtrate tutta quella mia curiosità attraverso il nero dei miei occhi. Stesso identico effetto della sera al locale, comunque. Totalmente risucchiata, inebetita e incuriosita. Ecco cosa.

"Buona fortuna, allora." Quando mi sorride ricambio il gesto, ma controbatto.

"Oddio. Non dire buona fortuna, che ansia." Probabilmente il mio naso è totalmente intriso di rughe, per quanto sto stupidamente sorridendo.

"Quindi abbiamo una piccola Holden, qui." Poi, sorridente, appoggia i gomiti sul bancone che ci divide.

E chi può capirmi meglio di Holden Caulfield? Forse questo tizio che ho davanti, considerando gli occhi che ha mentre mi guarda. Ma continuo a pensare che, se avessi un cappellino da cacciatore rosso e i capelli bianchi – allora potrei essere una perfetta copia di Holden.

Mi esce un bisbiglio naturale, che non posso evitare: "Non sai quanto..."

E poi, finalmente; "Harry?"

Lui non aveva per niente distolto lo sguardo da me, anzi. Perciò annuisce leggermente e gli chiedo se posso fargli una domanda.

"Dimmi tutto, Jade." Jade? Ah, sì. Jade. Che nome di merda, ho scelto! Ma la giada, quel verde... e i suoi occhi erano tutto ciò che volevo vedere, l'altra sera.

Coltaalla sprovvista dalla sua disponibilità nell'ascoltarmi – e nelsorridermi – sputo d'un fiato:"Ti costava parecchio essere onesto, piuttosto che fare queigiochetti?"Lasua espressione mi fa venire da ridere, in realtà anche a lui vieneda ridere, ma èchiaro che, entrambi, cerchiamodi mantenere la parte deglisconosciuti che lottano per capirsi – ma senza farsi scoprire.Non esiste che mimetta a ridere,ora, mentre cerco di sembrare dura. No,nonlosono.

"Giochetti?" Dice. E' sgomentato.

"Eh."

"Giochetti?" Cristo santo.

"Sì, Harry, giochetti, trucchetti, idiozie – come cavolo vuoi chiamarli. Fammi un favore: risparmiami la parte in cui fingi di non capire a cosa mi stia riferendo."

"No, aspetta, mi 'spiace... ma davvero non capisco." Comincio a pensare, a causa della sua confusione, di essere in torto, ma in automatico ricordo a me stessa che questo è probabilmente il suo scopo, confondermi e farmi sentire sbagliata. E' pur sempre un un uomo, no?

"Il numero!" Dico, mentre lui ha ancora le sopracciglia a congiungersi e le labbra tese. "La cifra mancante sul numero che hai segnato sul mio braccio. Avresti risparmiato tempo a evitare certe puttanate – non che m'importasse davvero. Hai solo toppato, capisci adesso?"

Si mette a ridere e "Sì!" Dice. "Adesso capisco perché cazzo non mi hai richiamato. E anche la frase stupida di ieri mattina qui davanti – quella della caccia al tesoro. Andiamo, mi sembrava di esser finito in un episodio di Gossip Girl." Sorride e, poi, alzando un indice in aria, aggiunge: "Ics o ics o."

Adesso però non posso trattenere le risa davanti la sua stupida espressione e, senza fiato, "Aspetta un- secondo!" Dico, ridendo.

Ma lui non aspetta niente, non ha intenzione di attendere che io segua la conversazione con più attenzione e senza ridere, e allora si mette a fare ipotesi.

"Allora, vediamo se ho capito. Ti svegli con un numero telefonico sul braccio al quale manca una cifra e subito pensi alla stronzata del "Adesso questa come la scarico"?" Ridacchia, mentre io annuisco.

"Che genialata, ragazzi." Dice, battendo i palmi fra loro con espressione consapevole. "Davvero. Non ci avrei mai pensato." E mi punta l'indice contro.

"Onestamente, io sono ancora stupita dal fatto che tu sia un fautore di Gossip Girl."

Quando sorrido sfacciatamente, lui ruota gli occhi e "No, no te lo assicuro!" Dice. "E' il mio coinquilino, lui..." Sospira enfaticamente. "Lascia stare. In ogni caso, è stato un errore involontario. Ero troppo distratto, evidentemente."

"Distratto?" E' la mia risposta. Distratto da che?

"Sì, ci stava qualcuno che non la finiva di togliermi le mani di dosso."

Non colgo immediatamente il riferimento a colei che lui crede si chiami Jade – se prima cominciavo a valutare di dirgli il mio vero nome, quell'idea è andata a fottersi esattamente ora.

"Fai sul serio?"

Non risponde. Devo avere un'aria minacciosa. O forse ridicola, non lo so.

"Certo che sei forte! Fosse stato per me neanche ti notavo nella folla, razza di mastodonte. Hai fatto tutto tu..."

Adesso è il suo turno di ridacchiare, poi torna lo stesso spaccone di pochi secondi prima.

"E insomma, avresti voluto cercarmi, eh?" Chiede.

"Esattamente." Perché dovrei negare? Ormai ci sono dentro fin sopra i capelli. "Questa cosa della cifra mancante mi aveva messo una certa curiosità addosso e volevo farti sapere che non mi fregava comunque un cazzo di avere il tuo numero per intero o no."

Davanti al suo sorriso, vorrei prenderlo a schiaffi. Sul serio. Questo non è uno di quei momenti in cui sorridere. Non serve a niente se non a metterti addosso veleno e nervi messi a dura prova. Mentre sorride segna qualcosa su un pezzo di carta, poi lo allunga sul tavolo.

"Neanche a me, frega un cazzo." Non vuole saperne di smetterla con quel ghigno che mi fa imbestialire. "Ma per ogni evenienza, ecco a te, Jade." Vai convinto, ciccio. "E nel caso in cui fossi ancora curiosa..."

E allora prendo il biglietto bruscamente, lo ficco nella borsa senza staccare gli occhi dai suoi e sorrido.

"Sai cosa? Sarebbe incredibilmente utile per tutte quelle volte in cui sono arrabbiata ma non ho nessuno da poter insultare, che probabilmente non hai ricevuto abbastanza insulti, finora."

Lui – Harry e i suoi occhi verdi e il sorriso, le labbra rosa e disegnate, le fossette scavate nelle guance – smette di ghignare, per sospirare e guardarmi in sgomento.

"Wo-oh, questa e l'avevi in canna, per caso?" Scuote la testa. "E poi smettila un po', di fare l'antipatica. Non ti asseconderò. E non sei neanche credibile. Specialmente perché pare che tu sia ovunque io vada."

"Se stai pensando che io ti segua, sappi che è pura coincidenza!" Non che mi dispiaccia incontrarlo. "Buona lavoro, comunque. Ciao."

Quando mi volto, mi saluta. "Ciao, Jade." Dice. "E occhio a non schiacciarti la coda, mentre esci."

Le mie maestre alle elementari non facevano altro che ripetermi questa stronzata della coda di paglia – sempre. Forse sono un po' presuntuosa, sì, ma non abbastanza da evitare di fermarmi al negozio di elettroica per comprare un telefono, prima di tornare a casa.

*

Mio fratello, al rientro, l'ho trovato che dormiva. A quanto pare Niall ha semplicemente spostato il suo culo pigro dal divano al suo letto, ma durante il tragitto, si è preoccupato di lasciare il materasso di cui parlava nella mia camera.

Io invece la serata la passo sul divano a non far nulla. Mangio gelato a cena, TV spazzatura mentre sistemo alcune impostazioni indispensabili nel nuovo telefono.

Poi la tentazione è forte.

Il suo numero è lì, l'ho persino salvato nella rubrica. Così gli scrivo un messaggio.

Inizierei anche ora con gli insulti, ma farebbe troppo Gossip Girl... no? 'Notte, J.

Prendo l'ingegnosa decisione di firmarmi con l'iniziale del mio vero (e del mio finto) nome. Senza pensarci due volte, premo invio, e mi sento immediatamente stupida. Decido, da stupida quale mi sento, di aspettare una risposta, così mi accascio sul divano senza neanche prestare attenzione al film.

Mi sveglio di soprassalto a causa di uno strano suono fastidioso, sono ancora sul divano e l'orologio appeso in cucina segna le due e mezza. Per abitudine, dimentico di avere un cellulare, ma appena lo noto sul mio stomaco lo prendo e realizzo che è stata la notifica di un messaggio a svegliarmi. Impaziente di leggere – perché solo Harry ha il mio numero – mi alzo distrattamente per dirigermi verso la porta della mia stanza, mentre attendo che l'arnese tecnologico prenda a funzionare. Il messaggio dice:

Senti, tanto ci saremmo rincontrati di nuovo per caso, molto probabilmente. Quindi a questo punto: ti va di "insultarmi" di persona, piuttosto? Domattina, The Hermes Bar, alle 11.00. Eh?
P.S. Non sei credibile come dura, con quel visetto così dolce. Con me non attacca! ;) Buonanotte. H.
Altro P.S. xoxo.

Impossibile tenersi per sé i sorrisi, a volte. E' inevitabile. Mi viene persino voglia di confessargli il mio vero nome, ma a questo punto lo farò domani. Gli scrivo velocemente, senza mandare la conversazione per le lunghe, che ci sarò e che dovremmo finirla con questa stronzata di Gossip Girl, poi gli auguro la buonanotte.

E quando apro la porta della mia fredda e vuota stanza, sono quasi certa di sentire un rumore provenire dall'entrata.

E' l'inquilino che profuma di vetiver e che ha le mani di un'artista. Adesso che ci penso, il pensiero di vedere le sue mani piuttosto che il suo viso, istiga maggiormente la mia curiosità – mi chiedo come sia possibile.

Chiudo ugualmente la porta dietro le mie spalle; sono troppo insonnolita per andare lì ed essere carina e presentarmi. E poi sarebbe strano, a quest'ora della notte, mezza nuda e senza mio fratello. Mi limito a gettarmi sul materasso e poi addormentarmi, ignorando la nuova presenza di uno sconosciuto.

Harry

Diamoci un taglio con questa merda, ricordo che mio fratello mi obbligava a vederlo con lui! :) A domani allora. Buonanotte.

Dice il messaggio di Jade.

Sono stato un disastro stasera al lavoro, non ho fatto altro che pensare a quella ragazza e alla sua sfrontatezza. E' stata sempre irritante, ma mi piace quella sua caratteristica – guai a chi non mostri altro che la propria maschera. Lei e la facciata che indossa mi catturano davvero, e avrei voluto dirle che, in questi giorni, mi ero chiesto più e più volte perché non mi avesse richiamato.

Il suono dell'ascensore che avverte dell'arrivo al piano prestabilito mi richiama sulla terra.

Prendo le chiavi dell'appartamento e le inserisco nella serratura, facendole girare su se stesse. Una volta che sono all'entrata, sono quasi sicuro di notare un piede femminile raggiungerne un altro dentro la stanza di fronte alla mia, ma la porta della camera degli ospiti si chiude delicatamente, e quasi subito.

La sorella di Niall.

Ignoro la sua presenza, e quando entro nella mia camera accendo l'abate-jour, aprendo poi la finestra – ho dimenticato di lasciarla aperta.

D'istinto, fisso il disegno appeso alla parete e vorrei aggiungere alcuni dettagli che, ovviamente, prima di oggi, non avevo mai notato. Mi fa specie che lei non sappia di avermi già incontrato a Londra. Non lo ricorda per certo, altrimenti lo avrebbe sicuramente menzionato. Io non ho voluto farlo: credo che sarebbe stato troppo pressante, quindi va bene così.

Studio nuovamente i suoi occhi e le sue labbra appesi alla parete.

"Non posso crederci, cazzo." Sussurro, a nessuno in particolare.

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