𝐈'𝐯𝐞 𝐟𝐚𝐥𝐥𝐞𝐧 𝐟𝐨𝐫 �...

Bởi tsubakicos

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Cadere [ca-dé-re] • [sogg-v] • 1 Finire a terra. || figg. c. in piedi, cavarsela; • 2 Precipitare, crol... Xem Thêm

⇨ Introduzione.
⇨ Capitolo 1.
⇨ Capitolo 2.
⇨ Capitolo 4.
⇨ Capitolo 5.
⇨ Capitolo 6.
⇨ Capitolo 7 - Rachel.
⇨ Capitolo 8.
⇨ Capitolo 9.
⇨ Capitolo 10.
⇨ Capitolo 11 - Rachel.
⇨ Capitolo 12 - Rachel.
⇨ Capitolo 13.
⇨ Capitolo 14.
⇨ Epilogo.
Ringraziamenti!

⇨ Capitolo 3.

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Bởi tsubakicos

"Megan, ti rendi conto?!"

"Tutto merito di Shannon!"

"E' la volta buona, me lo sento."

Come richiesto, questa sera sono tutte presenti. Mi stanno accerchiando in maniera soffocante, ma mi sento più che felice e devo condividere la mia euforia con loro.

"E così l'hai fissata per tutto il tempo, eh?" Taylor assume la tipica espressione da 'te l'avevo detto.'.

"Sì Tay, non potevo non farlo. È davvero bella..."

"Bella Meg? SPLENDIDA." Esordisce in maniera folle Ashley.

"Sì, lo è!" Scoppio a ridere.

Shannon, a differenza delle altre, è un po' in disparte questa sera. Ha lo sguardo assente, il viso chinato e da quando ho iniziato a raccontare di Rachel non è intervenuta nemmeno una volta.

"Shan, qualcosa non va?" La riporto alla realtà.

"Umh? No, stavo pensando."

"A cosa?"

"Sì, a cosa Shannon?" Mi segue Amber.

"Non credo Rachel sia il tuo tipo Megan. L'ho fatta venire da te, di comune accordo con le altre, per farti capire se ti piacciono realmente le donne, ma... in fondo speravo non ti prendessi così tanto di lei. Sono vere le voci che corrono, è particolarmente stronza. Ho paura che andando avanti su questa strada ti farà soffrire."

"Shan, non sono già invaghita, ho fatto semplici apprezzamenti su di lei. Siamo sincere, l'ho vista solo un paio di volte."

"Oh Shannon, non fare la guastafeste! Sai che la gente è perfida e se ha possibilità di inventare balle non perde occasione."

"Sì, Amber ha ragione..." Ashley si schiera immediatamente dalla parte di Amber. D'altronde Rachel Kinney è il suo sogno erotico da mesi, quindi non potrebbe fare altrimenti.

"Ho solo detto la mia, poi lei è libera di frequentare chi vuole."

"Apprezzo il tuo interessamento Shan." E così dicendo mi alzo e le cingo il collo con le braccia. Ricambia subito amichevolmente la stretta e dopo esserci scambiate un sorriso torno a sederle di fronte.

"Non viene stasera il tuo amorino dagli occhioni azzurri?" Mi stuzzica Taylor.

Non posso proprio contenere le risate. Ora che ci penso però, siamo sedute al tavolo da più di mezzora e di Rachel nessuna traccia. Mi sto guardando intorno da quando siamo arrivate e il mio cuore ha già perso un paio di battiti. Una prima volta mi è sembrato di vederla appoggiata al bancone del bar, poi la tipa si è girata e a tutti poteva somigliare tranne che alla persona in questione. Successivamente una figura in penombra si stava scatenando in pista proprio sotto ai nostri occhi e aveva il suo stesso taglio di capelli. I casi sono due: o il vino sta facendo effetto o Rachel Kinney mi ha completamente fottuto il cervello. Mi chiedo come, dato che abbiamo scambiato appena qualche parola e la sua gelida compostezza non ha lasciato trasparire emozioni. Forse sto vivendo le stesse sensazioni di una quindicenne eccitata che ha appena scoperto la sua omosessualità.

Ordiniamo un altro giro di Spumante, idea delle mie compagne d'avventura per festeggiare l'accaduto. Vino e idiozie stanno facendo nascere parecchi sorrisi questa sera. Una serata memorabile, oserei.

Sono quasi le due quando una ragazza vestita interamente di bianco mi nota da lontano e mi fa l'occhiolino. Sta entrando nel locale e una buona massa di ragazze si sta disponendo contro le pareti, come se a passare non fosse lei, ma un importante personaggio di Hollywood.

"Oh, oh qualcuno è appena arrivato!"

"Zitta Tay, mi ha appena fatto l'occhiolino e sento di non potercela fare."

"Raggiungila! Che ci fai ancora qui?!"

"No no no, io me ne resto qua!"

Come se non avessi pronunciato alcuna parola, si alzano tutte in piedi e mi spingono verso le scale. Cerco di ritornare indietro un paio di volte, ma i loro sguardi mi scannano viva. Non ho altra scelta e sto seriamente sentendo caldo. I miei zigomi stanno andando a fuoco ed istintivamente li copro con i palmi delle mani. Scendo un po' traballante i piccoli scalini che mi separano dal pian terreno e mi avvicino al bordo della pista. Il mio sguardo è fisso sul pavimento e non oso sollevarlo perché non ne reggerei uno soltanto per l'imbarazzo. Sfortunatamente però, la curiosità e il desiderio di rivederla mi spingono a cercarla tra la folla. Dalla mia posizione ho una buona visuale di quasi tutta la pista e non impiego molto tempo a riconoscerla. Rachel sta ballando, o meglio, sta facendo da palo ad una bellissima ragazza prorompente dai lunghi capelli biondi. Si muove sinuosamente e l'altra, con un drink in mano, si lascia trasportare appena, compiaciuta. Mi sento una cretina, quella è la sua ragazza ed io sto continuando a fissare! Amareggiata per la situazione e priva di voglia di sentire le prediche delle mie amiche, affretto il passo verso l'uscita del locale. La frescura notturna mi taglia il viso inesorabilmente e a poco a poco si impadronisce di tutto il mio corpo. Mi siedo su un cumulo rudimentale di cemento, a pochi metri dalle porte d'entrata del Trash. Resto lì un bel po'. Persa fra i miei pensieri, non mi accorgo di non essere sola.

"Serata noiosa eh?"

"Deludente più che altro." Mormoro.

"Come mai, Meg?"

– Questa voce profonda... –

"Rachel, sei tu... ehm, che ci fai qui?" Il mio sguardo incontra inevitabilmente il suo, perché il mio viso si volta immediatamente, come sotto l'effetto di una bizzarra stregoneria.

"Mi stavo annoiando là dentro e una cozza si è letteralmente appiccicata a me. Il ritocco ai capelli attira attenzioni, la mia parrucchiera è in gamba." Si preoccupa di farmi l'occhiolino mentre scandisce la seconda parte della frase.

Accenno un debole sorriso, prima di ripensare alle sue parole: "Ah, quindi lei non è la tua..."

"Ragazza? Oh no, assolutamente no!" Risponde repentina.

"Che strano, per un momento ho pensato lo fosse."

Cala il silenzio per alcuni minuti. Rachel sorseggia il suo drink sino a finirlo e appoggia il bicchiere a terra. Io, priva di argomenti di cui parlare, guardo i sassolini sparsi davanti ai miei sandali e calcio quelli più vicini.

"Perché non andiamo da me?" Propone improvvisamente.

La sua richiesta invade le mie riflessioni. Anche la più ingenua delle ragazzine avrebbe capito le sue intenzioni.

"Ehm, veramente io... non sono quel tipo di persona."

"In genere chi frequenta il Trash lo è."

"Bhè, io non lo sono." Il mio tono di voce è abbastanza infastidito e il mio sguardo diventa profondamente serio.

"Ti accompagno a casa?"

Il suo modo di porsi è sempre così calmo, ogni situazione esterna pare non importarle. Sono incerta sul da farsi, perché il mio cuore sta battendo all'impazzata a causa della sua vicinanza, mentre il cervello sta vietando al mio corpo di alzarmi e tornare a casa con lei. Forse sta notando la preoccupazione che mi tormenta, perché si rivolge a me una seconda volta.

"Voglio solo portarti a casa, nulla di più, ma se preferisci ti lascio stare."

"No, va bene. Portami a casa"

– Ehi, tutta quest'intraprendenza? –

"Vieni." Mi fa cenno di seguirla nel parcheggio.

– Tutta la mia roba è al tavolo delle ragazze... –

"Allora?"

"Si, scusa..."

Sale in sella alla sua maestosa moto nera. Fortunatamente non è molto alta, di conseguenza non rischierò di fare figuracce montandola. Mi accomodo dietro di lei e poco dopo, con estrema premura, mi accorgo che mi sta porgendo il suo casco.

"E tu?" Chiedo.

"Non preoccuparti. Dove ti porto?"

"102 Bleecker Street."

Mi infilo il casco giusto in tempo, prima che Rachel dia gas e parta a tutta velocità.

"Tieniti." Mi ordina.

Mi sento un po' a disagio, non so quanto dovrei osare. Mi limito a posarle le mani sui fianchi e avvicinare di poco il bacino. La sua camicia bianca sta fluttuando verso di me a causa del vento. Il tessuto su cui sto poggiando le mani è morbido e un profumo inebriante mi sta travolgendo. Azzarderei sia un profumo da uomo.

– Vorrei abitare più lontano e restare in sella a questa moto per ore... –

Invece, ahimè, siamo sotto casa dopo una manciata di minuti. Scendo dalla moto, sfilo il casco e glielo porgo.

"Grazie del passaggio."

"Figurati. Allora buonanotte!"

"Aspetta! Devi proprio andare? Non ti va di rimanere e parlare un po'?" Propongo timidamente.

"Non sono il tipo di persona che si ferma a chiacchierare. Tuttavia, sentiamo. Vuoi sapere qualcosa su di me?"

"Bhè, uhm... Si sentono tante voci sul tuo conto e sono curiosa di sapere quanto siano veritiere."

"Sono anni che girano voci sul mio conto. Non sono una persona romantica, non ho un carattere facile, di conseguenza la gente mi dipinge come una stronza senza cuore. Non mi definirei tale; mi piace divertirmi. Alle persone piace etichettare."

"Oh, capisco... quindi immagino tu non sia interessata ad avere una ragazza." Mi sento la persona più infantile del mondo nel pronunciarle queste parole.

"Perché dovrebbe interessarti?" Incrocia le braccia contro il petto.

"Così, per fare conversazione. Non volevo sembrare un'impicciona."

Mi sento terribilmente in imbarazzo. Ho paura di sbagliare in qualsiasi situazione o di apparire come una sciocca. Cerco di nascondere il respiro pesante. Il cuore mi batte forte nel petto e quando cala nuovamente il silenzio fra noi temo lo riesca a sentire rimbombare nella mia cassa toracica.

"Ora vado." Si sta voltando per andarsene, ma non posso permetterglielo. Non così.

"Rachel!"

"Mh?"

"Ti vedrò di nuovo, vero?"

Mi sorride appena, annuendo debolmente. L'ultima scena che mi si presenta davanti prima di rincasare è la sua Suzuki che svolta verso Harrison Street.

– Ha realmente annuito? O me lo sono sognata? La rivedrò al Trash? O mi scanserà senza pietà dopo il mio rifiuto? Eppure mi ha accompagnata a casa, è stata premurosa. E se Shannon avesse ragione? In fondo ieri una mezza proposta me l'ha fatta... Oh cazzo, è tardi! –

Sto ancora addentando una fetta di pane tostato al volo, quando mi rendo conto che in cinque minuti devo essere al salone. Nel tentativo di uscire di casa inciampo in qualcosa di morbido. Fortunatamente la ringhiera del pianerottolo mi sorregge e non cado distesa a terra. Sullo zerbino c'è la borsetta nera che ho letteralmente abbandonato ieri al tavolo. Rovisto all'interno e recupero il cellulare. Ovviamente abbonda di sms da parte di Taylor, Ashley, Amber e Shannon, ma non ho tempo di leggerli tutti, devo mettermi a correre.

Un'altra settimana si è conclusa in fretta e di Rachel nessuna notizia. Non l'ho più vista al locale, nonostante abbia prolungato la mia permanenza sino alle quattro del mattino. Le conseguenze non sono state delle migliori: il viola opprimente delle occhiaie mi ha accompagnata ogni mattina a lavoro, insieme alla stanchezza e all'emicrania. Ora dopo ora mi convinco sempre di più che non la rivedrò. Non ha avuto ciò che desiderava, mi ha eliminata dalla sua lista di presumibili "ragazze facili" ed è sparita esattamente come è comparsa.

– Troverò qualcuno, prima o poi. – Mi ripeto.

La domenica pomeriggio è sempre troppo noiosa e per far passare il tempo mi dedico alle pulizie domestiche. In teoria ho già pulito ieri... e anche l'altro ieri, ma non trovo nulla di più coinvolgente da fare. Spesso invidio la mia palla di pelo bianca che se ne sta acciambellata tutto il giorno sul divano a dormire. Vorrei uscire un po', ma non in compagnia delle mie solite compagne di avventure. Il loro insistere sul rintracciare Rachel a tutti i costi mi ha lievemente seccata. Indosso una tuta sui toni del blu che non vesto da un sacco di tempo ed entro in bagno per controllare il mio stato.

– Per una volta niente coda. – Sfilo l'elastico e scuoto la testa per far cadere i miei lunghi capelli sulle spalle.

Il sole mi coccola deliziosamente durante la mia passeggiata verso il parco. Ho dovuto legare la felpa in vita e sfoggiare la mia noiosissima canotta bianca. Non mi dispiace affatto, sono felice del caldo che mi accompagnerà per i prossimi mesi. Il parco è colmo di gente: bambini che giocano nell'area adibita appositamente per loro, genitori che li controllano da una panchina poco distante, giovani che fanno jogging. Impiego una decina di minuti per trovare un posticino dove poter sedermi. All'ombra di un imponente quercia mi rilasso completamente, incrociando le gambe sulla lastra di legno della panchina.

"Meg, sei tu?"

Una voce maschile, divertente e allegra mi fa tornare sulla terra ferma. Quando mi volto non credo a quello che vedo.

"Jake!"

Il mio fidanzatino del liceo è qui davanti a me con un sorriso a trentadue denti stampato in volto. Mi alzo per concedergli un abbraccio, ancora un po' esitante per l'incontro.

"Che ci fai qui a Seattle?" Domando.

"Abito a quindici chilometri da qui! Ho sempre adorato questo parco, sin dai tempi del liceo..."

"Come stai? Quanto tempo, eh?" Domando, incuriosita e sorpresa allo stesso tempo.

"Puoi dirlo! Sto bene Meg, tu come stai? Lavori? Studi?"

"Sto bene anche io Jake. Lavoro come parrucchiera da un paio d'anni ormai."

"Non sei cambiata di una virgola! Forse hai solo modificato la pettinatura... niente più code di cavallo?" Si prende gioco di me, in modo gentile.

"No, ehm, in realtà oggi mi andava di lasciarli liberi. Proprio come pensavi, non sono cambiata affatto. Tu che fai ora?"

"Lavoro in un negozio di ferramenta."

"Oh!"

"Mi ha fatto tanto piacere rivederti. Sai, era da tanto che..."

Improvvisamente il mio sguardo viene catturato da una figura poco distante da noi, diretta verso il lato opposto del parco.

– Quella tuta... –

La figura in questione sta costeggiando il prato, da sola. Il mio sguardo la segue senza mai distogliersi. Sento le gambe formicolare, come se volessero correre da lei all'istante, incuranti della distanza, incuranti della situazione.

"Meg? Mi stai ascoltando?" Il mio ex cerca di riportarmi alla realtà, invano.

"Jake scusami tanto, devo scappare! Ci sentiamo eh! Ho ancora il tuo numero!"

Non mi importa della sua risposta, sto già sfrecciando verso l'uscita. Non credo di aver mai corso più velocemente prima d'ora; al liceo la mia professoressa di educazione fisica mi dava sempre della scansafatiche, per il semplice fatto che odiavo la sua materia e mi estraniavo da tutto standomene seduta sulle tribune con le cuffiette nelle orecchie.

Il perimetro del parco è troppo vasto, non riuscirò mai a raggiungerla, così lascio che i miei occhi la rincorrano, scoraggiata.

– Sta svoltando verso Harrison Street! –

Non posso crederci, è proprio vicino a casa mia. Le mie gambe scattano ancora cariche di adrenalina. Imbocco Olive Street, una scorciatoia che mi farà risparmiare qualche minuto. Dieci minuti abbondanti di corsa mi hanno letteralmente stremata e sono costretta ad appoggiarmi al muro di una casa per riposare un po' le gambe. Mi trovo a un centinaio di metri da casa mia e ho perso di vista Rachel. Con la fortuna che possiedo avrà sicuramente svoltato in qualche altra strada.

"Anche tu fai jogging." La voce è profonda, famigliare.

Mi devo ricredere.

"...Sì!" Sobbalzo, voltandomi.

"Bhè, a giudicare dal fiatone, oserei dire che non corri da molto."

Il suo sorrisino malizioso le dona un'aria più simpatica del solito.

"Effettivamente non corro da un po'. Perché non ricominciare?" Azzardo un'espressione sicura, consapevole che non mi si addica per nulla.

– Ti prego, fa che non sia arrossita... –

"Questo è il giusto spirito." Si limita a rispondere lei.

"Domani mattina ti andrebbe di correre insieme?"

– Oh mamma, l'ho detto davvero? –

"Perché no. Ti aspetto alle otto, davanti a casa mia."

"Abiti qui?" Indico la viletta dietro le mie spalle. Il destino ha voluto che il luogo dove ci siamo scontrate per la prima volta sia anche il ritrovo del nostro primo appuntamento. Posso definirlo un appuntamento, no?

"Proprio così. Abitiamo a pochi passi." Conferma lei annuendo appena.

"...Magnifico!"

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