Runadium - La città delle str...

By Sayami98

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Coverart by R. R. Night - Rosenfield Graphics (@Rosalie_TheDarkLady) Immagine nel 1° capitolo by @elvahesse (... More

1. Sedici anni e coincidenze.
3. ... scripta manent.
4. Prudenza e menzogna.
5. Tracce.
6. Fidelia.
7. Il Consiglio.
8. Sybilla.
9. La Strega Nera.
10. L'ora fatale.
11. Purgatorium.
12. Dolori immortali.
13. Risposte.
14. Cuori di neve.
15. Runadium.
16. Pagine e fiamme.
17. Come pioggia.
18. Trappole. (Pt.1)
18. Trappole. (Pt.2)
19. Verità di stelle.
20. Traditi e traditori.
21. Nell'antro della Strega.
22. Identità.
23. Scheletri, sangue e polvere.
Epilogo.

2. Verba volant...

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By Sayami98


"È fede in una magia:

che un aggettivo possa giungere dove non giunse, cercando la verità, la ragione;

o che un avverbio possa recuperare il segreto che si è sottratto ad ogni indagine."

Elio Vittorini - Diario in pubblico.


Prim entrò nella stanza con una tazza di tè fumante in una mano e il libro di storia stretto in braccio.

Allora, la Dichiarazione di Indipendenza fu firmata e sottoscritta nel 1776...

I suoi occhi vagarono da una parte all'altra dell'ambiente, in cerca di una sistemazione sulla quale appollaiarsi.

Lo sguardo le cadde sulla scrivania.

Il famigerato quaderno a quadretti era rimasto abbandonato lì sopra dal giorno precedente, una bic nera con il tappo tutto mordicchiato giaceva accanto a lui.

Quanto vorrei...

Scrivere.

Aveva una voglia matta di scrivere, ma aveva paura anche solo di pensarlo.

Senza rendersene conto, si era già accomodata sulla sua sedia girevole con il cuscino di stoffa blu, a gambe incrociate, la tazza a mezz'aria, il libro ancora stretto tra le braccia.

Gli gettò un occhio.

"Il 4 luglio, a Filadelfia, fu pronto un documento redatto da Thomas Jefferson..."

-Oh, andiamo, a chi interessa la storia quando...-

Quando posso scrivermela IO la storia.

Un brivido le corse lungo la schiena.

Osservò il quaderno, poi la penna lì accanto.

Al diavolo.

Lasciò cadere il libro di storia sul pavimento, senza curarsi minimamente della pagine accartocciate, ed afferrò la penna.

Quasi tremava per l'emozione.

Non era mai stata così impaziente di scrivere, e non riusciva a spiegarsene il motivo.

Era come se qualcosa la stesse spingendo verso la carta, qualcosa di magnetico, di intrigante, di incantato.

Buttò giù un sorso di tè e abbandonò la tazza sulla scrivania, accanto al quaderno.

Che cliché per una scrittrice.

Si chinò sul ripiano e posò con delicatezza la punta della penna sulla carta bianca, percorsa dalla griglia dei quadratini, tracciando un impercettibile puntino.

Il flusso creativo arrivò di nuovo, questa volta violento, pressante, quasi doloroso.

La sua mano prese a muoversi freneticamente, la calligrafia sembrava trasformarsi, tondeggiante, elegante, allungata.

Apparivano decori piuttosto che lettere.

Il testo scorreva nel suo corpo per poi trasferirsi sul foglio sgualcito del quaderno.

Parole, frasi, periodi.

Sembrava una magia, un incantesimo.

Prim non capiva nemmeno che cosa ci fosse scritto, la sua scrittura assomigliava a quella di un'altra lingua.

Una, due, tre pagine piene di niente e di tutto, di scarabocchi e forme geometriche senza senso, un'accozzaglia indefinita di simboli che si susseguivano in ordine quasi trascorrente, come il corso del fiume che alla fine si getta giù per la cascata.

-Ahi!- esclamò all'improvviso.

Un dolore lancinante al tendine la costrinse ad abbandonare la penna quando ancora non aveva terminato la frase.

Roteò un paio di volte la mano e strinse a sé il braccio, applicando una leggera pressione delle dita in mezzo alle nocche, tra anulare e medio.

Le vene del polso, sotto alla luce soffusa dell'abatjour, sembravano quasi nerastre.

Guardò di nuovo il quaderno.

Le parole iniziarono a risaltare, ai suoi occhi, quasi fossero sul punto di separarsi dal foglio e volare via.

"Bellissimi capelli neri. Betta. Era diventata insopportabile. Parapetto."

Che cosa?!, esclamò mentalmente, alzandosi in piedi e allontanandosi di colpo dalla scrivania.

No, non può essere... non posso averla scritta io questa roba.

Arretrò, sola nella sua stanza, fino a toccare con i polpacci la testiera del letto dietro di lei, lo sguardo ancora fisso nella direzione del quaderno.

Quello che aveva scritto già in precedenza si era avverato. Si era avverato tutto.

E se si fosse verificato realmente anche quello?

L'avrebbero accusata? Ne avrebbero dato la colpa a lei?

Stava andando troppo oltre, la sua testa iniziava a dare seri segni di squilibrio.

Prim, calmati una buona volta! Ha ragione Emily, sei solo stressata. Come le ha chiamate lei? Sciocchezze. Ecco, stai pensando ad un mucchio di sciocchezze. Niente di tutto quello che hai scritto si avvererà.

Prese un bel respiro, esitò per una manciata di secondi esaminando ancora la scrivania, poi uscì dalla camera di corsa, come per paura di essere inseguita da qualcuno.



-Prim! Prim, mi stai ascoltando?-

-Eh? Come?- rispose, alzando gli occhi sul viso corrucciato di Emily e guardandola veramente per la prima volta quella mattina.

-È da stamattina che hai la testa da tutt'altra parte. Vuoi spiegarmi che ti succede, per favore?-

-No... niente- disse, torturando con le dita una linguetta del quaderno.

-Sì, certo, come no...- fece Emily infastidita, guardandola di sbieco.

La campanella era suonata ormai da cinque minuti buoni, ma Prim non si decideva a raccogliere le sue cose e a schiodare dall'aula per andare ad assistere alla lezione successiva, la sua attenzione era catturata da altro al momento.

Un gruppo di simpatici spacconi avevano accerchiato il banco di Beth Harrison e la stavano motteggiando in modo decisamente poco amichevole.

Beth non era mai stata una di quelle ragazze che spiccano per qualche dote eccezionale o per qualche tratto estetico particolare.

A dire il vero, era abbastanza ordinaria, di corporatura massiccia, con un paio di occhi a mandorla un po' sporgenti, la carnagione ambrata e le dita grassocce sempre indaffarate a fare qualcosa.

Non era dotata neppure di una particolare attitudine per lo studio.

Prim, parlandoci una volta, aveva scoperto che non aveva intenzione di andare al college: avrebbe semplicemente dato una mano con l'attività di famiglia fino a quando non fosse venuto il momento di prenderne in mano le redini.

Di certo, però, quello che Beth poteva vantare, e che non mancava mai di mettere in mostra, erano i suoi bellissimi capelli corvini, lisci e sottili come fili di seta, lucidi e scuri.

Quel giorno erano raccolti in una treccia a spiga che le scendeva morbida lungo la schiena.

Un ragazzo del gruppo fece un passo avanti, posandole una mano sulla spalla.

Nascondeva l'altra mano dietro al busto e aveva un risolino maligno stampato in faccia.

Che ha intenzione di fare? Pensò Prim, infilando l'astuccio nella borsa senza distogliere lo sguardo dal gruppo, a poca distanza da loro.

Gli altri ragazzi sghignazzavano, lanciandosi occhiatine complici.

Beth si guardava intorno spaesata e spaventata.

Erano settimane che quei ragazzi l'avevano presa di mira senza un motivo ben preciso e la situazione non prometteva nulla di buono.

Prim fece per alzarsi, diretta sul gruppetto, ma il ragazzo che aveva posato la mano sulla spalla di Beth in un batter d'occhio, senza nemmeno accennare la minima esitazione, afferrò la treccia della ragazza, estrasse un paio di forbici affilate e tagliò.

Beth cacciò un urlo, guardando i suoi capelli che precipitavano a terra e infilandosi le dita fra quelli rimasti, un caschetto sbarazzino.

I ragazzi scoppiarono a ridere in coro.

Prim scattò in piedi allibita, con gli occhi sbarrati per la sorpresa e l'indignazione.

-Che state facendo?!- urlò.

Nel frattempo, un'altra ragazza era intervenuta a soccorrere Beth, spintonando via il tipo armato di forbici e infilandosi come scudo tra lui e la ragazza riversa sui propri capelli.

-Siete impazziti? Come vi salta in mente di fare una cosa del genere?!- gridò la sconosciuta, pronta a prendersi anche una forbice nell'occhio se necessario.

Emily era rimasta impietrita ad osservare la scena come se avesse appena visto un fantasma.

Prim si lanciò in avanti, pronta a dare man forte alla ragazza, quando un improvviso movimento lasciò tutti a bocca aperta.

Beth era scattata in piedi, singhiozzando, con i pugni stretti e la testa infossata in mezzo alle spalle.

-I miei capelli... i miei bellissimi capelli neri... me li avete tagliati tutti...- sussurrò.

Sembrava sul punto di cadere a terra svenuta da un momento all'altro.

Prim sentì le rotelline nel retrobottega del suo cervello attivarsi.

-Erano l'unica cosa bella che avevo... io-io vi odio! Vi odio tutti quanti, bastardi!-

Tutti i presenti, immobili, fissavano Beth sconvolti.

"Ciocche di capelli neri come l'ebano erano sparse sul pavimento.

L'aria era gelida, e nessuno accennava neppure a muoversi.

Betta, sconvolta, continuava a passarsi freneticamente le mani fra i capelli rimasti.

Altri erano giunti in suo soccorso e si stavano già scagliando contro il gruppo di bulletti che aveva compiuto quel gesto tremendo, mentre una folla ancora più corposa iniziava a radunarsi fuori dall'aula, attirata dal fracasso.

Primula era già decisa ad intervenire quando Betta si alzò in piedi di colpo, afferrandosi la testa con tanta violenza che avrebbe potuto staccarsela dal collo.

-I miei bellissimi capelli neri, me li avete tagliati tutti!- gridò tra le lacrime. -Vi odio, maledetti!- disse, e si precipitò fuori, nel corridoio, diretta verso la terrazza, pronta a compiere un gesto folle.

Quella situazione e quella vita erano ormai diventate insopportabili."

Gli ingranaggi nel cervello di Prim scattarono ed il panico si impossessò di lei.

Sta accadendo veramente.

Beth fece due passi indietro, rischiando di inciampare nei suoi stessi piedi, poi si voltò e corse via per il corridoio, scansando a spallate i curiosi che si erano appostati sulla porta.

-Dove sta andando?- chiese Emily in tono apprensivo, guardando in direzione della ragazza.

Prim una risposta ce l'aveva.

Vincendo il peso che sentiva sullo sterno e che le stava impedendo di respirare normalmente, si gettò all'inseguimento, rapida come un ghepardo, facendo oscillare le sue gambette sottili più velocemente che poteva.



"L'avrebbe fatta finita.

Era questione solo di istanti e poi, finalmente, avrebbe potuto starsene in pace.

Per sempre.

Si arrampicò goffamente sul parapetto del terrazzo e guardò in basso.

Il vento soffiava ad est.

Ma ad un tratto..."

Il testo si interrompeva bruscamente, se lo ricordava bene.

Sentì la carta lacerarsi sotto alle dita della mano e capì di aver probabilmente strappato la copertina del quaderno.

Non vi badò e continuò a correre disperatamente verso il terrazzo.

Non sentiva la stanchezza nelle gambe né il fiato corto, tanta era l'ansia che la spingeva ad andare avanti.

Aveva portato con sé anche il quaderno dove aveva scritto quelle maledettissime righe in una sorta di esigenza solidale, come a dire "ci sei dentro anche tu, in questa storia, e quindi vieni anche tu".

Salì l'ultima rampa di scale in un balzo, anche se il suo corpo iniziava a mostrare i primi segni di cedimento: non sentiva più i muscoli delle gambe e credeva che di lì a poco avrebbe vomitato un polmone.

Trovò, come sospettava, la porta di emergenza del terrazzo aperta.

Deglutì, cercando di riprendere fiato, e trascinò i piedi fuori, guardandosi intorno con circospezione.

Beth era alla sua destra, in piedi sul parapetto, con le braccia abbandonate lungo il busto e lo sguardo fisso nel vuoto.

Aveva paura, Prim lo percepiva.

Cercando di trovare il tono più calmo e posato del mondo, iniziò a parlare, pregando di riuscire ad evitare il peggio.

-Beth...-

La ragazza si voltò di colpo, guardandola terrorizzata.

Per un secondo, Prim temette che si sarebbe buttata giù immediatamente, ma non lo fece.

-Che ci fai qui!? Che vuoi!?- domandò la ragazza, con la voce stridula e tremolante che faceva la ola con le sue corde vocali.

-Solo aiutarti- rispose Prim, muovendo un passo avanti il più cautamente possibile.

-No! A nessuno qui importa di me! A nessuno importa cosa voglio io... che senso ha andare avanti così?-

-Beth, non farlo. Sai che sarebbe un errore. Hai ancora tutta la vita davanti e...-

-Quale vita?!- replicò lacerata l'altra. -Non potrò nemmeno proseguire gli studi come tutti i ragazzi normali! Tutto per colpa di quello stupidissimo negozio di fiori... non mi sono neanche mai piaciuti i fiori!-

Prim la vide guardare in basso e sospirare.

Non voleva farlo davvero, ne era certa.

-Beth, ci sono sicuramente molte altre possibilità che rischi di mandare all'aria, così. Hai davvero intenzione di bruciare tutte le cose belle che...-

-Cose belle?! Quali cose belle?!- gracchiò inviperita Beth. -L'unica cosa bella che avevo me l'hanno tolta...-

Si passò istintivamente una mano umidiccia nei capelli corti, tirando su col naso.

Prim cercò di mantenere la calma.

Non si stava mettendo bene, per lei, non riusciva a convincerla.

Inspirò ed espirò profondamente.

Tira fuori un po' di abilità retorica, maledizione!

-Beth, non disperare- sussurrò. -I capelli ricrescono, e poi... devo dire che questo taglio ti dona molto. Sei davvero carina.-

La ragazza si voltò, guardandola negli occhi per la prima volta.

-Carina?- ripeté.

Bingo.

-Sì- soffiò. -Molto carina. Scommetto che potresti trovarti un bravo ragazzo in un batter d'occhio, con questo nuovo taglio di capelli.-

-Un bravo ragazzo, dici?-

Beth sembrava incantata.

-Già- sorrise ammiccante Prim.

Vide gli occhi di Beth spegnersi e, inspiegabilmente, quello che avrebbe dovuto fare in seguito le venne spontaneo.

Continuando a sorridere, mosse alcuni passi verso il parapetto.

-Non è forse quello che hai sempre voluto, Beth? Un ragazzo carino e premuroso che badasse a te?- le sembrava di leggerle nella mente, oltre quei due occhietti opachi che la fissavano.

Non capiva cosa stesse succedendo, ma lasciò che il suo istinto continuasse ad agire per lei.

Porse una mano alla ragazza.

-Vieni- pronunciò, come fosse stato un obbligo improrogabile piuttosto che un invito. -Ora puoi andare a cercarlo.-

Beth guardò prima lei e poi la sua mano, come imbambolata, poi, accettando il suo aiuto, scese dal parapetto e si diresse in silenzio verso l'uscita d'emergenza, tornandosene da dove era venuta.

-Grazie...- sussurrò con un sorriso perso sul viso poco prima di sparire dentro l'edificio.

Prim tirò un sospiro di sollievo e gettò gli occhi al cielo.

Non aveva la più pallida idea di che cosa e di come ci fosse riuscita, ma almeno era stato evitato l'irreparabile e nessuno l'avrebbe accusata di nulla.

Si voltò, intenzionata a tornarsene a sua volta in classe, e per poco non le prese un colpo: il ragazzo col cappuccio rosso era in piedi di fronte a lei, a qualche metro di distanza, con un sorrisetto divertito dipinto sul viso e le braccia incrociate davanti al petto.

-Ciao.-

-Ciao- rispose, un po' intimorita.

Che ci faceva lì?

-Niente male- constatò il suo interlocutore, osservandola con i suoi occhi brillanti, all'ombra del cappuccio. -Complimenti.-

-Grazie- rispose ancora Prim, dopodiché imboccò spedita la porta d'emergenza, e questa volta fu lei a lasciarselo alle spalle, impalato da solo.

Non riusciva a capire perché ma, ogni volta che lo incontrava, una sensazione sgradevole la pervadeva, una sorta di campanello d'allarme.

Mah...

Scrollò le spalle e allungò il passo, diretta verso la sua classe.



-E quindi stava per buttarsi di sotto.-

-Ah-ah- rispose Prim, scrutando con attenzione le schifezze che vendevano al distributore automatico, intenzionata a scegliere quella più grassa in assoluto.

-E tu hai fatto in modo che non lo facesse.-

-Esatto.-

-Mh. E quindi, ripetimi, perché credo di non aver ancora capito come è andata- proseguì Emily dando un calcetto al distributore. -Tu sapevi quello che stava per fare perché, in poche parole, l'avevi scritto tu.-

-Proprio così- dichiarò Prim, chinandosi a prelevare la sua merendina alla ciliegia dalla cassettina automatica.

-Non ci credo.-

-Uffa, Emily!- sbottò Prim, esausta. -Credi quello che ti pare, ma non farmi ripetere le cose cento volte se poi è tutto inutile.-

Stavano camminando per il cortile della scuola, le lezioni erano terminate già da un pezzo.

A distanza di qualche giorno dall'accaduto, fortunatamente, la notizia del "nuovo taglio di capelli" di Beth non aveva ancora fatto tanto scalpore quanto quella della sua tremenda festa di compleanno e quello che era successo sull'attico della scuola era rimasto sull'attico.

Almeno, il ragazzo con il cappuccio era un tipo discreto.

-Avanti, allora- la incalzò l'amica. -Fammi vedere questo quaderno.-

Prim frugò nella tracolla che aveva appesa alla spalla e ne estrasse l'oggetto richiesto per poi consegnarlo ad Emily.

-Guarda tu stessa.-

Emily iniziò a sfogliare rapidamente il blocco note ma, non appena giunse alle pagine in questione, assunse un'espressione alquanto perplessa e storse il naso.

-Cos'è questa roba?- chiese, scorrendo le righe con lo sguardo. -Che c'è scritto? Non si capisce niente, sembra arabo!-

-Ma che stai dicendo?- rispose Prim, riprendendosi il quaderno e osservando il punto in questione. -Eppure la mia calligrafia non fa così schifo, io ci leggo bene...-

-Ma come fai a leggere bene, sono tutti simboli messi in fila a casaccio!- esclamò Emily.

Prim assunse la sua solita espressione da "ma-si-può-sapere-che-vai-blaterando?" ed Emily puntò un dito sulla pagina, in cima, all'altezza della terza riga.

-Guarda un po' qua, questo è un triangolo. Mi vuoi spiegare che significa?-

-Un triangolo?- esclamò incredula Prim.

Nel punto che Emily stava indicando era scritta una "O" in stampatello definito, forse la lettera più chiara di tutta la pagina, e non aveva niente a che spartire con un triangolo.

-Sul serio vedi un triangolo?-

-Certo! E qui una linea lunga che non riesco proprio a capire, e qui uno scarabocchio...-

Le ipotesi erano due: o qualcosa non andava con gli occhi di Emily, o qualcosa non andava con i suoi.

E, chissà perché, aveva come l'impressione che la seconda fosse quella esatta.

Chiuse il quaderno di botto e lo rimise nella borsa.

Emily la guardò sospettosa. -Per me ti stai inventando tutto.-

-Può darsi- tagliò corto Prim. -Ora comunque devo andare, a domani.-

Gettò la carta della merendina nella pattumiera e fece retrofront, diretta verso casa sua.



Non appena entrò, percepì subito che c'era qualcosa di strano.

Il buio regnava sovrano e neppure il più lieve dei suoni rompeva il silenzio.

Qualcosa non va.

-Sono a casa!- urlò, ma la sola risposta che le giunse fu l'eco della sua voce che riscendeva giù per le scale.

All'improvviso, un alito di vento le spirò sul viso ed una luce incandescente, come di una torcia, si propagò per la stanza.

-Buona sera, mi scuso per l'intrusione.- Una figura di donna stava in piedi nel suo ingresso.

Aveva il volto celato da un mantello bianco e reggeva in una mano una fiaccola che sprizzava scintille da ogni lato.

Prim quasi cacciò un urlo, indietreggiando bruscamente.

Si ritrovò con le spalle alla porta. -Chi... chi è lei?-

-Mi scusi, non mi sono neppure presentata- dichiarò la donna con voce dolce ma impassibile, scoprendo il viso nascosto sotto al suo particolare abbigliamento.

Era di età indefinibile: avrebbe potuto essere una signora matura o una ragazza ancora acerba, nulla lasciavano intendere le sottili rughe che percorrevano le sue belle mani dalle dita affusolate, ricoperte di anelli e bracciali fini e preziosi.

I capelli scuri erano raccolti in alto, in uno chignon ordinato, gli occhi erano tracciati da una linea delicata ed elegante, mentre le labbra erano rosee e ben delineate.

Indossava un abbigliamento molto particolare, che si componeva del mantello color avorio, ricamato d'oro lungo i bordi, e di un vestito rosso scarlatto, vagamente simile a quello di una dama di corte dell'ottocento, impreziosito anch'esso da ricami dorati che correvano lungo tutto il corpetto e all'estremità della gonna.

-Il mio nome è Esme Roothford. Lei deve essere Primrose Palegrove, dico bene?-

-Ehm, non esattamente- replicò Prim, osservando attentamente la donna. -Il mio cognome è Phillips, non Palegrove.-

Prim continuò a guardarsi intorno insospettita: porte e finestre erano sbarrate e null'altro sembrava abitare la casa in quel momento all'infuori di loro due.

-Scusi, potrei sapere chi l'ha fatta entrare?-

-Nessuno- replicò la donna, impassibile. -Sono entrata da sola.-

-Che cosa?!- esclamò lei, alzando ulteriormente la guardia.

Quella persona era strana, tutto stava diventando strano.

-Dove sono i miei genitori?-

-I suoi "genitori" sono tornati alla loro mansione originaria, signorina Palegrove.-

Palegrove? È dura di comprendonio, evidentemente...

-Di che cosa sta parlando?-

Come per magia, nelle mani della donna si materializzò un fuoco blu cobalto dal quale scaturì una pergamena di carta sottile e giallastra, bruciacchiata ai bordi e legata nel mezzo da un nastro rosso ciliegia.

Prim sbarrò gli occhi, incredula. Cos'era, una specie di scherzo?

-Questo è il Patto dell'Incantesimo che la ha tenuta nascosta qui fino ad oggi- dichiarò impassibile Esme. -È scaduto, e noi siamo venuti a riprenderla.-

Incantesimi? Patti? Fiamme blu che si materializzavano dal nulla? Ma che diavolo stava succedendo?

Che quella tizia fosse una psicopatica? Una pazza assassina?

Prim si strinse ulteriormente alla porta e, quasi ringhiando, si rivolse alla donna: -Dove sono mia madre e mio padre? Dove li hai portati?-

Esme rimase immobile, con la luce giallastra della fiaccola che le mandava scaglie di luce sul viso.

-Non sono tenuta a darle altre informazioni- osservò pungente. -Il signor Featherstride le fornirà tutte le indicazioni del caso. Per ora è solo necessario che mi segua, il mio compito è quello di scortarla fino a Kleatine.-

-Dove scusa?-

-La sua nuova casa.-

Prim, nel frattempo, aveva raggiunto con le dita il manico di un ombrello riposto nel portaombrelli accanto alla porta, e già stava pensando a come agire.

-Tu non mi porti proprio da nessuna parte, io non ti conosco. Ti sei intrufolata in casa mia e hai fatto sparire i miei genitori.-

-Non siamo dello stesso avviso, signorina Palegrove.-

Esme sorrise.

Aveva un bel sorriso, luminoso e quasi etereo, ma che proprio per la sua estrema innocenza, in quel contesto, dava i brividi.

Prim strinse la mano intorno al manico dell'ombrello.

-Allora credo proprio che dovrai costringermi.-

Le due rimasero qualche secondo ad osservarsi l'un l'altra, Prim era pronta a scattare al primo movimento.

Ma, improvvisamente, la torcia si spense e l'ingresso piombò nuovamente nel buio più completo.

Prim estrasse la sua arma dal portaombrelli e la puntò nel vuoto nero.

-Dove sei?!- urlò, cercando di cogliere anche il più minimo movimento nell'aria intorno a lei.

Le sembrava di trovarsi in un sogno, forse stava davvero sognando.

Improvvisamente, uno schiocco di dita ruppe il silenzio.

Prim trattenne il respiro.

Poi, un soffio di aria calda le investì il viso, le sue gambe cedettero e si ritrovò a cadere incosciente nel buio dell'ingresso di quel posto che, un tempo, aveva chiamato "casa".


ANGOLINO TUTTO NOSTRO:

Hey ragazzi! Eccovi il secondo capitolo di Runadium!

Che ne pensate, vi è piaciuto?

Io spero vivamente di sì.

Fatemelo sapere e magari lasciatemi anche un voticino già che ci siete ahah! :)

Un bacio grande grande ed un abbraccio!

Sayami98.

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