Io.

By ochaurobora

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Io. Storia di un mostro. "Perché? E' la domanda che si fanno tutti. Quella più urgente, quella che DEVE avere... More

Non è stata colpa tua

Se nessuno ha qualcosa in contrario

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By ochaurobora

«Se nessuno ha qualcosa in contrario, partirei dal contorno occhi. E non mi venite a dire "cos'hai fatto ieri sera?" perché mi sono addormentato come un piciu davanti a Gigi Marzullo, e ho detto tutto.»

Salamandra si sollevò l'angolo dell'occhio destro e iniziò a picchiettare con il colore. Gli piaceva farsi i makeup in live, era in assoluto una delle cose che gli dava maggior soddisfazione, soprattutto per via dei commenti. Strano a dirsi, per essere un ragazzo che si truccava replicando stili di dive famose, di personaggi di film, di drag queen e improvvisando qualche volta creazioni tutte sue, aveva pochissimi odiatori. Certo, all'inizio c'erano stati, eccome, faceva parte della gavetta, ma lui, che a dispetto che viso da ragazzino, le guance un po' infossate e il mento a punta, aveva già ventotto anni, se li era fatti scivolare addosso. Ci rideva su, ed era bravo a riderci su, non come certi altri che tiravano pipponi offesi, facendo esattamente il gioco del nemico. Mirko Bosio, in arte Salamandra, aveva ricevuto la sua dose di insulti dal vivo, quando aveva cominciato a truccarsi a scuola e, convocato dal preside e redarguito, si era rivolto alla stampa locale. Ne era venuto fuori un polverone e alla fine era stato modificato il regolamento scolastico che stabiliva cosa potessero o non potessero indossare gli studenti, trucco compreso. Mirko e i suoi se ne erano sentiti dire di cotte e di crude, ma sua madre, originaria di Quarona Sesia, gli aveva mormorato tra i denti: "A las fàit ben.", schioccandogli poi un bacio su una guancia. Finite le superiori aveva trovato subito posto in una profumeria di Vercelli, dove, secondo il proprietario, il signor Mario, avere un commesso gay era una finezza. Forte della sua piccola popolarità, aveva dato ragione al datore di lavoro e in poco tempo era passato ai consigli per il trucco dati alle signore in pelliccia a prove da visagista vero e proprio. Non aveva mai lasciato quel negozio, nemmeno quando, con il nome d'arte di "Salamandra", aveva messo online le sue sessioni di trucco, prima solo consigli, poi prove fatte su se stesso, solo con il telefono e una ring light. Quei video avevano iniziato a portargli soldi e contratti pubblicitari per promuovere questo o quel prodotto, ma non sostituivano il sorriso di una cliente quando beccavi la sfumatura giusta di rossetto. Gli piaceva vendere, gli piaceva truccarsi, amava fare la diva senza soffrire il suo essere uomo, anzi, pensava di essere una straordinaria sintesi delle due cose. Gli occhi erano entrambi finiti, Marika da Novoli gli chiedeva che sfumatura di verde avesse usato e Salamandra specificava:

«Fate sempre attenzione, perché il verde è ingannatore. Io ho gli occhi verdi, un po' verde marcio d'autunno ma ci accontentiamo, e posso permettermi di giocarci un po'. Ma se li avete scuri o, peggio che peggio, azzurri, fate tantissima attenzione. Un attimo e mi passate da Jennifer Lopez nel jungle dress a Moira Orfei nei tempi d'oro.»

Abbassò gli occhi dallo schermo in cerca della matita per le labbra. Non aveva mentito, tutto quel verde andava sdrammatizzato e avrebbe puntato su un "nude". Mentre non guardava, tra i commenti che scorrevano in verticale ne comparve uno, di un utente alfanumerico, con l'immagine del profilo grigia. Il suo commento era semplicemente:

"Io."

Salamandra trovò la matita, la mostrò alla fotocamera roteandola come un bastone da majorette.

«E dopo tanta foresta, finalmente, il colore della carne.»

Erano giorni che si sentiva il raffreddore. Testa pesante, nausea, fatica a risvegliarsi al mattino.

«Ma con quelle occhiaie al massimo mi vendi due tachipirine!» aveva protestato il signor Mario, un po' ridendo e un po' no.

Mirko si era fatto dare tutte le ricette popolari da sua mamma e da sua nonna, perché a lui in effetti le medicine non piacevano tanto, se poteva evitava e aspettava che i suoi anticorpi facessero il proprio lavoro. Ma il signor Mario aveva ragione.

«Finisco la giornata e mi prendo domani di riposo, va bene?»

Tutti avevano tirato un sospiro di sollievo generale, Bosio era una risorsa assoluta per il negozio, anche quando qualcuno entrava solo per un autografo, lui riusciva sempre a rifilargli qualcosa, fossero anche solo dei campioncini per cui tornavano. Ma da giorni era uno straccio, pallido, spento.

«Ma non ce l'hai sottomano uno che ti faccia due coccole, ti massaggi i piedi, ti prepari il brodino di pollo?» aveva chiesto Teresa, la commessa più anziana, che aveva trentasette anni.

«Si sono estinti, Teresa.» le aveva risposto, avvoltolandosi la sciarpa attorno al collo, e chinandosi per baciarla, mentre quella scappava via urlando

«Per carità!»

per paura di prendersi un virus. Era stato l'ultimo ricordo di lui, avrebbe rimpianto per sempre quel bacio mancato. Mirko era uscito stringendosi nel giubbotto, con addosso una sensazione sgradevole, di avere dimenticato qualcosa o di non aver prestato attenzione a qualcosa, ma cosa? Era arrivato all'auto, ci era salito e aveva preso la strada per casa. Faceva sempre lo stesso percorso, per evitare il traffico, che a quell'ora era congestionato. Si era accorto che l'auto dietro la sua gli faceva i fari quando aveva svoltato in Corso Papa Giovanni Paolo II. Non ci aveva badato, la prima volta, magari stava solo andando troppo lento, secondo l'altro guidatore, ma quello insisteva e così aveva accostato nel primo slargo. Dall'auto era uscito un uomo che si era avvicinato al suo finestrino. Mirko lo aveva abbassato. L'uomo sorrideva con aria di rimprovero.

«Buonasera.» gli disse, ad ogni buon conto.

«Buonasera. Lo sa che ha tutte e due le luci dei freni rotte?»

Mirko si voltò istintivamente, come se dal sedile posteriore potesse vedere i fari.

«Ma come, tutte e due?»

«Eh sì. E' pericoloso, perché se gliene andasse almeno una si capirebbe quando frena, invece così non si capisce proprio. Io le stavo dietro, quando si è fermato allo stop, e l'ho capito solo lì.»

Mirko sospirò. Riconosceva il tono pedante, sapeva che quel tizio si sarebbe aspettato da parte sua che scendesse e andasse a cambiarle.

«Guardi, lei ha ragione, ma io ho l'influenza e devo andare difilato a casa. Domani le sistemo, promesso.»

«Ah, ma non può mica circolare così. Io chiamo i vigili.» e l'altro tirò fuori il cellulare.

«Ma no, senta, non mi pare il caso.» sorrise nel modo più irresistibile che gli riuscì «E anche volendo non lo trovo un meccanico aperto, adesso.»

«Ma che meccanico, va al distributore, gliele cambiano loro.»

Mirko sentiva il cerchio alla testa stringersi.

«Sia gentile, saranno chiusi anche i distributori, no?»

«No, il Toni chiude alle otto.»

«Il Toni?»

«E' qui avanti, dopo i Cappuccini. Con venti euro ha fatto, e dentro ha anche il bar. Così mi offre un caffè per averle evitato la multa.» rise l'uomo.

Mirko sospirò. In fondo sapeva che quel tizio aveva ragione. Ma com'era possibile che gli si fossero bruciate entrambe le lampadine? Se non era sfiga quella...

«Mi fa strada lei, che non so dove sia?»

«Certo, lei mi segua.»

Partirono dalla piazzola, superarono i Cappuccini, l'auto dell'uomo svoltò in via Don Paolo Pollone. C'era un po' di nebbia. L'ultima cosa visibile furono i fari dell'auto di Mirko mentre frenava.


___


sono stato bravo, sono stato molto bravo, che paura, che fatica, ma sono stato bravo, ho gestito due auto, sono stato bravissimo, avrebbe potuto vedermi chiunque e non è successo, ho mantenuto il sangue freddo, lui si è spaventato ma io ho mantenuto il sangue freddo, sono stato bravo, proprio bravo, e lo spray ha funzionato, non ne ero sicuro, avevo pronto quell'altro che avrebbe bruciato, e lui avrebbe urlato, invece è andata come nei film, lui non ha urlato, sono salito sulla sua macchina e sono partito, è andata bene, sono stato bravo, sono stato calmo, l'ho nascosto, sono tornato indietro, ho portato via la mia auto, ho preso la tanica, sono tornato indietro di nuovo, come se avessi tantissimo tempo, ho fatto il viaggio più lungo con la sua, poi ho messo giù lui, poi l'ho ucciso, poi l'ho lasciato lì, poi ho portato via l'auto, sono stato bravissimo, sono stato molto calmo, ho portato l'auto in mezzo ai campi, vicino alla Sesia, ho dovuto fare un sacco di manovre, non c'era una strada, a un certo punto mi sono impantanato, ma sono stato calmo, sono tornato indietro, ho cambiato campo, sono arrivato al fiume, ho fatto scendere il muso nell'acqua, ho sparso la benzina, ho dato fuoco all'interno dell'auto, tanto ci avrebbe pensato l'acqua, e sono tornato indietro ancora, sono arrivato alla mia auto, il cielo era ancora scuro, sono tornato a prendere il corpo, l'ho portato via, avevo le scarpe grandi il doppio per il fango, ma non ho sbagliato niente, l'auto è bruciata, lui è morto, domani lo faccio a pezzi, ma prima devo dormire, ho ancora un giorno di ferie, devo dormire, perché me lo merito, poteva andare tutto storto, è andato tutto bene, sono quasi a casa, SONO STATO BRAVO, SONO STATO BRAVISSIMO, DIO, MI SCOPPIA IL CUORE!


___


Avevano trovato l'auto, una Seat Ibiza rossa, alle sei del mattino. L'incendio si era spento e la Sesia, la cui corrente era più forte grazie alle piogge dei giorni precedenti, aveva spinto il muso dell'auto, facendolo ruotare abbastanza da sommergerlo totalmente. Era stata avvistata da lontano, da due persone che stavano correndo e avevano allertato le forze dell'ordine, temendo che il guidatore fosse annegato. Erano stati chiamati i sommozzatori, oltre a un paio di mezzi cingolati che riuscissero a raggiungere il greto del fiume per estrarre la vettura. L'interno era bruciato e anche parte dell'esterno aveva i segni neri delle fiamme. Qualunque cosa ci fosse stata dentro ora non era più recuperabile, ma alla polizia bastò la targa. Alle otto e dodici bussarono all'appartamento di Mirko Bosio, in arte Salamandra. La famiglia venne allertata un quarto d'ora dopo. Vista la notorietà del soggetto, le ricerche partirono subito, alle nove il negozio era pieno di gente, il signor Mario piangeva, Teresa piangeva. Vennero recuperate le immagini delle telecamere piazzate sulle strade principali, a partire dal parcheggio, perché Mirko era un abitudinario e metteva la macchina sempre nello stesso posto. Il percorso iniziò a frammentarsi man mano che il veicolo prendeva vie laterali e solo un caso volle che il sistema di sicurezza di una trattoria, che riprendeva ad ampio raggio lo sterrato antistante, registrasse laggiù, oltre la strada, la Seat di Bosio che si fermava e una figura che si avvicinava al finestrino per parlargli. Erano minuscoli, là in fondo, ma non c'era dubbio che uno dei due fosse il giovane visagista e l'altro fosse un uomo di spalle. Non sembrava esserci stata una vera e propria discussione, tra i due, la Seat ripartì, superata da un'auto e poi seguita da un'altra. La prima sembrava una Opel Mokka scura, la seconda una Skoda Fabia, forse grigia. Della Opel Mokka si ritrovarono altre immagini nella zona di Santa Maria e il proprietario venne rintracciato. Della Skoda Fabia nessuna traccia, non nella zona di Vercelli. Il telefono di Bosio era stato spento venti minuti dopo aver lasciato il negozio nella zona dei Cappuccini. Il suo contenuto venne scaricato dallo spazio di archiviazione e venne vagliato ogni singolo numero telefonico, messaggio, immagine. Nel frattempo si cercava Salamandra in tutto il Piemonte, la rete scatenata nell'avvicinare questa scomparsa, così violenta, a quella di Assunta Lozzi. Tra Vercelli e Maddaloni c'erano quasi 850 km. 


___


Barbara Biondelli aveva un piercing al labbro con una piccola pietra verde al centro. Le stava bene, perché aveva labbra morbide e carnose, sembrava naturale che dovessero venire sottolineate da un gioiello.

«Noi ci siamo incontrati una volta sola.» piangeva la ragazza «Ed era una persona bellissima, aveva un'anima splendida, trasparente. Non era come nessuno di quelli che fanno i fenomeni, ci si poteva parlare. Cioè, zero battute, zero frecciatine, io non ci posso credere...»

Scoppiò in un pianto a dirotto, le labbra che si arricciavano, come quelle dei bambini. Il trucco le colava copioso dagli occhi, come in certi trend che si vedevano spesso, quelli delle ragazzine che volevano a tutti i costi esibire il loro dolore. Ma il dolore di Barbara era vero.

«Ecco, io non sono religiosa. Non lo sono, però... però magari mi sbaglio e allora ci provo, e vi chiedo di pregare con me, che magari lo abbia preso uno sbandato ma non gli abbia fatto niente, perché...»

Si interruppe di nuovo. Poi giunse le mani e prese a bisbigliare qualcosa, forse la sola preghiera che si ricordava dai tempi delle elementari. Non era tempo per parlare di borse, accessori per il telefono o peluche, niente tempo di "Fake or Fail", il tema del suo canale, nel quale dimostrava che qualche volta gli oggetti "tarocchi" erano più fighi di quelli originali, soprattutto se firmatissimi. Barbara pregava per la salvezza di Salamandra e sotto alla sua diretta sfilavano i commenti:

"Anche la tua anima è splendida."

"Prego con te!"

"Tanto lo sanno tutti che è morto."

"Grande Babi!"

"Mi piaceva un botto."

"Ti prego, Mirko, torna!"

"Ora è un angelo."

"RIP SALAMANDRA"

"Lacrime fake o lacrime fail?"

"Voglio crederci, se ci credi tu è così."

"Barbara, ti voglio bene."

"Io."



Finito di scrivere alle 00.06
Non riletto.
Non corretto.


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