MIND OF GLASS: OPERATION Y

By DarkRafflesia

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Dave Morrison, Capitano del Navy SEAL, è un uomo determinato, autorevole, ma sconsiderato e fiscale. Noah Fin... More

⭐RICONOSCIMENTI
Presentazione
Cast
Dedica
Prologo
PARTE PRIMA
Capitolo 1: Bravo (Parte 1)
Capitolo 1: Bravo (Parte 2)
Capitolo 2: Coinquilini
Capitolo 3: Demoni del passato
Capitolo 4: Una semplice giornata di lavoro
Capitolo 5: Insieme
Capitolo 6: Prima Tappa
Capitolo 7: Presenza
Capitolo 8: Sconosciuto
Capitolo 9: Ricordi bruciati
Capitolo 10: Il prossimo
Capitolo 11: Vacanza (Parte 1)
Capitolo 11: Vacanza (Parte 2)
Capitolo 12: Dolore lontano
Capitolo 13: Turbolenze
Capitolo 14: Scontro
Capitolo 15: Notizia
Capitolo 16: Lettere reali
Capitolo 17: Firmato...
Capitolo 18: Sui tetti
Capitolo 19: In mezzo alla folla...
Capitolo 20: Rientro
PARTE SECONDA
Capitolo 21: Adunata
Capitolo 22: Sorpresa?
Capitolo 23: Toc-Toc
Capitolo 24: Legami scomodi
Capitolo 25: Nuovi ospiti
Capitolo 26: La spia
Capitolo 27: Tocca a me
Capitolo 28: Il mondo continua a girare
Capitolo 29: Prurito ed ematomi
Capitolo 30: Fede
Capitolo 31: Rimorsi
Capitolo 32: Torna a letto
Capitolo 33: Fiamme
Capitolo 34: Scuse e incertezze
Capitolo 35: Analista per caso
Capitolo 36: Non puoi dimenticare
Capitolo 37: Bersagli
Capitolo 38: Ostacoli
Capitolo 39: Ho trovato Jake e...
Capitolo 40: La bomba
Capitolo 41: Shakalaka
PARTE TERZA
Capitolo 42: Scampagnata
Capitolo 43: Pausa?
Capitolo 44: Nuove conoscenze
Capitolo 45: Mercato finanziario
Capitolo 46: Linea
Capitolo 47: Safe International Hawk
Capitolo 48: Fregati
Capitolo 49: In trappola
Capitolo 50: Dimitri Malokov
Capitolo 51: Rancore
Capitolo 52: Portare via tutto
Capitolo 53: Insofferenza
Capitolo 54: Colpe
Capitolo 55: Operazione Y
Capitolo 56: Amicizia
Capitolo 57: Risposta inaspettata
Capitolo 58: Rivelazione
Capitolo 59: Con onore
Capitolo 60: Rottura
Capitolo 61: Solitudine
PARTE QUARTA
Dimitri Malokov & Iari Staniv
Capitolo 62: Egoismo
Capitolo 63: Apnea
Capitolo 64: Il prezzo da pagare
Capitolo 65: Anonimato
Capitolo 66: Saluto
Capitolo 67: Benvenuto nella squadra
Capitolo 68: Giuramento
Capitolo 69: Decisione
Capitolo 70: L'impegno che non serve
Capitolo 71: Lontanamente vicini
Capitolo 72: Vecchie amicizie
Capitolo 73: Vigilia
Capitolo 74: L'inizio
Capitolo 75: Le squadre
Capitolo 76: Patente?
Capitolo 77: La tana del lupo
Capitolo 78: Boom...
Capitolo 80: Svantaggio?
Capitolo 81: Iari Staniv
Capitolo 82: Luccichio
Capitolo 83: La pace
Capitolo 84: Caduti
Capitolo 85: Respirare
Capitolo 86: Un'ultima cosa da fare
Epilogo
💜Ringraziamenti & Playlist💜

Capitolo 79: Maledetta emotività

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By DarkRafflesia


Fare il soldato? Tu?
Oh, mio Dio, questo ti fa onore, ma...
Sono orgoglioso della tua scelta, però...
Hai la dermatite; e se ti senti male?
Riuscirai a non rimanere scosso da quello che vedrai?
Il Navy SEAL?
Il Team Bravo è una squadra che si occupa di faccende pericolose, ce la farai?

«Brown.»

Il mio bambino...

«Brown.»

Quante atrocità starai vedendo...

«Brown.»

Voglio solo che mio figlio capisca cosa è giusto per la sua vita, voglio che tu stia bene.

«Brown!»

Gavin si rinsavì, sbattendo le palpebre per avere coscienza dell'ambiente attorno a sé.
Era sul ponte, ancora immobile dopo che l'ostaggio era stato salvato e il nemico ucciso. I suoi occhi marroni caddero a pari coi suoi pensieri sul corpo a terra, perforato dalla pallottola che aveva sparato...
Kyle.
Mosse lo sguardo in avanti per incontrarsi con quegli occhi verdi, perplessi quanto infastiditi dalla sua assenza. Quinn lo stava fissando, non muovendosi da lì fino a quando non gli avrebbe dato una risposta.

«Ci...Ci sono. Stavo riflettendo sulle bombe. – rispose atono. – Possiamo andare.»

Kyle aprì la bocca per ribattere, ma Gavin lo sorpassò per continuare ad avanzare.
Arricciò il naso in una smorfia, intirizzendo la mascella.

Qualcosa non andava nel ragazzo.

Dopo che la donna presa in ostaggio era andata via per mettersi al riparo, aveva fatto cenno a Brown di proseguire la ricerca del detonatore per disinnescare le bombe, tuttavia si imbatté nella sua figura attonita, attanagliata da qualcosa che la scena aveva scaturito in lui da renderlo vuoto, annullato. Lo aveva chiamato la prima volta, la seconda, la terza, ma Gavin non si era mosso, non gli aveva risposto; i suoi occhi spalancati erano rimasti a fissare un punto indefinito fino a quando lui non aveva dovuto alzare la voce per riportarlo sulla Terra. Ed era cosa assai rara che il giovane si comportasse in questo modo; lavoravano insieme da pochi mesi, ma vederlo perdersi nel vuoto non era mai successo. Assottigliò lo sguardo, stizzito; se doveva occuparsi di un compagno di squadra che mentalmente era altrove, non sapeva per quanto ancora la sua pazienza avrebbe retto l'ordine di Dave di fare team con lui. 

Ripeteva dentro la sua testa che erano gli ordini, che da buon soldato doveva rispettare le scelte del suo superiore, che quella era un'ulteriore prova che potesse evidenziare le sue qualità sul campo; mettere da parte gli attriti della vita privata per focalizzare tutto sulla missione. Era un mantra di vitale importanza per la carriera di un soldato; per quale motivo, allora, erano proibite le coppie sul lavoro, o sulla stessa squadra, se vi erano donne come Stella nel team? Per evitare che la relazione inficiasse sull'esperienza di un buon soldato e mettesse a repentaglio la vita di entrambi. Aveva visto come Liam e Stella si guardavano, per esempio; per quanto avessero potuto negarlo a loro stessi per non disobbedire ad uno degli ordini più severi del Navy SEAL, era palpabile il loro flirtare implicito ad ogni parola, ai convenevoli che si scambiavano con disinvoltura per non abbassare le difese. Questo non riguardava, però, solo le relazioni amorose, bensì il rapporto interpersonale tra compagni di squadra. 

Persino Dave e Noah, che si odiavano e si insultavano con disprezzo, si erano appena ritrovati insieme a dover raggiungere la NASA per completare la missione. Se c'era riuscito un mocciosetto senza distintivo come Noah, non vedeva il motivo per il quale non dovesse farlo lui, esperto e con mille fatiche sulle spalle. Scrollò le spalle con arroganza, recuperando la distanza con Gavin per afferrargli la spalla e obbligarlo a fermarsi.

«Adesso invece mi ascolti, novellino.» si mise davanti a lui, solo per vederlo arretrare di colpo, impreparato. «Non so cosa diamine ti stia passando per quel cervello, ma la concentrazione è importante. Siamo circondati da bombe e dobbiamo proseguire con cautela.» fece scivolare le parole ad una ad una con la sua voce.

Gavin sollevò gli occhi a causa del divario di altezza che li separava e si rabbuiò. «Parli tu di cautela? Lo stesso vichingo spaccone che vuole spaccare tutto? – lo provocò, il tono basso e abbattuto. – Voglio ricordarti di tutte le storie che hai fatto in passato perché Dave ti metteva sempre in disparte?»

«Stai giocando con il fuoco, Brown.»

«Sto solo dicendo le cose come stanno. Vuoi fare bella figura con Dave? Bene. Non ti ostacolerò in questo: stai già andando molto bene.»

Il giovane lo spostò con una mano, volendo continuare ad andare avanti. Ma Kyle non rimase di certo indietro, dandogliela vinta e concludendo la conversazione così.

«Avresti saputo fare di meglio?» allargò le braccia, il mitragliatore appoggiato sul suo busto per rimanere appeso con la forza della sua sola mano.

I passi di Gavin si bloccarono, lo sguardo che oltrepassò l'orizzonte, agganciandosi sull'edificio della NASA. La presa sul fucile venne meno, tanto che Kyle vide le sue braccia abbassarsi lentamente contro i fianchi, l'arma attaccata al tattico grazie alla cinghia che gli avrebbe impedito di perderla in uno scontro più dinamico e disordinato. Continuò.

«Perché l'ho notato quello che hai fatto: hai abbassato l'arma, hai assecondato il nemico, dandogli speranza.» riafferrò il mitragliatore, l'aria rimproverante evidente. «Sei rimasto immobile. Hai iniziato a pensare, a rimuginare, a farti venire le paranoie perché per te quella era una situazione a senso unico.»

«Perché... – deglutì Gavin, senza voltarsi, un nodo alla gola che fece uscire la sua voce altalenante. – Se quella donna non fosse stata norvegese, che cosa avresti fatto? Come avresti potuto comunicare con lei senza farti scoprire?»

«Queste domande non ti faranno sentire meno impotente, you know?»

Gavin inspirò di scatto con le narici, cercando di non mostrare troppo platealmente le spalle muoversi con un singulto. Digrignò i denti dalla rabbia, serrando le mani in dei pugni.

«Se quella donna non fosse stata norvegese, che avresti fatto tu?» riformulò meglio la domanda Kyle.

«Non lo so.» bisbigliò Brown. «Non lo so.»

«Non lo sai perché ci hai pensato troppo.»

Qualcosa di umido colò lungo la sua guancia.
Gavin riconobbe in fretta cosa fosse e alzò la mano per arrestare il corso di quella goccia, impedendo ai suoi occhi di farne uscire altre. Ma la vista si stava appannando sempre di più, facendo diventare il panorama distorto e gradualmente irriconoscibile.

Sei così emotivo e dolce. Gli diceva sempre sua mamma con affetto e apprensione.

Posso farcela. Ribatteva lui, quanto più determinato possibile.

Sollevò la testa al cielo, cacciando indietro quelle lacrime.
Se Kyle lo avesse visto in quelle condizioni, avrebbe maggiormente confermato le sue ipotesi. Le ipotesi di tutti. Stava deludendo persino Jake, che si era impegnato per tirarlo su di morale e fargli capire che quelle insicurezze erano del tutto normali. Ma come le aveva superate lui? Veniva sempre vantato da tutti; anche quando non era parte del Team Alpha era stato scelto per le loro missioni e poi era passato celere al Team Bravo. Se fosse stato davvero incompetente non si sarebbe mai ritrovato così in alto. E Noah? Era lì con loro, lì con Dave. Lo stesso ragazzo di cui lui aveva avuto paura si era ripresentato per chiudere i conti, per fronteggiare il pericolo disarmato, sotto la protezione di Dave, ma comunque con coraggio. Con un coraggio che lui non aveva. Scosse la testa, gli occhi stretti.

«Stai continuando a pensare.» lo pressò Kyle.

«Smettila! Non sto pensando!» Sì invece.

Gavin si voltò, non mostrando le lacrime, ma sentori che gli mozzarono il fiato.
Gli occhi rossi e lucidi.
Quinn strinse le labbra in una linea sottile, distogliendo lo sguardo.
Altra scelta errata per l'animo già percosso dalla disperazione del ragazzo.

«Non vuoi neanche guardarmi in faccia, adesso?» domandò questi, recuperando il fucile. «Non voglio proseguire ulteriormente questa cazzo di conversazione. Voglio solo trovare il detonatore e finirla qui. Sono stanco.» gli diede nuovamente le spalle, iniziando a camminare a passo veloce, facendo attenzione ad altre bombe sparse per il percorso. «Non voglio più saperne di questa storia.»

«Aspetta, Brown.»

«No.»

«Ti ho detto di aspettare!» Kyle camminò a passo veloce per raggiungerlo.

«Non ti aspetto.»

Aumentò le velocità, continuando per la strada senza fermarsi. Voleva andare dritto al dunque. Non ce la faceva più ad ascoltare quelle parole ogni quel volta non dovevano agire contro qualcuno; voleva trovare il detonatore e finirla lì. Ormai non c'era più nulla che lo invogliava ad andare avanti se non un pensiero che era diventato una certezza dalla quale non si sarebbe schiodato. 

Quel pensiero gli fece tremare il labbro inferiore. Aumentò la presa sul fucile d'assalto, guardando dritto davanti a sé, seppur non vedesse niente, se non quella fottuta vetta alla quale lui non sarebbe mai potuto arrivare; glielo avevano detto i suoi genitori. Si erano spaventati per lui quando aveva confessato di voler entrare nei Marines; lo ritenevano con poco sangue freddo. Lo avevano visto sempre molto emotivo per ogni cosa che lo circondasse da non essere mai trattato come un uomo. Mai preso seriamente. Ogni chiamata nei loro confronti era un continuo ripetersi delle sue condizioni: come stesse, come si trovasse, quanto fosse pericoloso. Una preoccupazione dopo l'altra. Forse avevano ragione. Lui aveva solo voluto tastare sulla propria pelle il senso del fallimento. E forse era stato un bene scoprirlo adesso, prima di fare una cazzata e morire a causa della sua poca serietà e disciplina.
Una mano gli ghermì con violenza la spalla per indurlo a fermarsi.

«What the fuck, ho detto fermati!» Kyle lo tirò indietro con prepotenza, costringendolo a guardarlo. Gavin aveva lo sguardo così mesto che non ebbe neanche le forze di rispondergli a tono, rimanendo in silenzio. «Non vedi che di fronte a te c'è il nemico? Accovacciati, maledizione!» mosse la nuca di lato per indicargli implicitamente a cosa si riferisse.

Lo seguì, inclinando il capo e scoccando un'occhiata lungo il ponte. Altri esplosivi con filo si stagliavano per la strada, ma in fondo si palesò un gruppo di persone; sei uomini, i quali avevano circondato un dispositivo che sembrava essere...
Si riprese, accendendo lo sguardo.

«Il detonatore...» sospirò col fiato mozzo.

Kyle annuì, mollando la presa per chinarsi dietro un'auto. Gavin fece lo stesso, scegliendo una macchina accanto.

«I preparativi sembrano ultimati. Vogliono i fuochi d'artificio.» disse beffardo Quinn, aggrottando le sopracciglia, gli occhi verdi puntati sul nemico. «Un scontro è fuori questione, se i proiettili colpissero il detonatore potrebbero danneggiarlo. Bisogna eliminarli ad uno ad uno, senza farci scoprire. Una granata fumogena, magari? Questo potrebbe disorientarli e perdere di vista l'ambiente.» ragionò irato per quelle scelte fuori dalla sua portata. «Dove cazzo è Jake quando serve? Quei bastardi hanno invertito le dinamiche per metterci nella merda.» ringhiò furioso.

Gavin provò ad aprire la bocca, ma venne nuovamente troncato.

«Andrò io avanti. Tu rimani qui e coprimi.» disse Bravo Cinque, senza neanche guardarlo. «Se creo un diversivo per attirarli su di me, avresti campo libero per disinnescare il detonatore, perciò al mio segnale avanza.»

«Sai bene che non funzionerà come piano. Appena ti vedranno attiveranno le bombe. Non avrai il tempo di farli fuori tutti.» ribatté Gavin, cercando il suo sguardo che non tardò ad arrivare.

«Vorresti dirmi che tu avresti un'idea migliore?» lo provocò Kyle.

Il giovane si morse l'interno della guancia. Abbassò gli occhi sull'asfalto, disanimato.
Una risposta più che esaustiva per l'altro.

«Rimani qui. – ribadì. – Ci penso io.»

Gavin non volle neanche vederlo avanzare senza di lui. Lasciato indietro come se fosse l'anello debole, era lampante la decisione che Kyle aveva preso, il motivo più che altro.
Non voleva che rimanesse immobile a non fare nulla, ad aspettare solamente la sua direttiva perché da solo non sapeva prendere l'iniziativa. Se solo avesse provato a fare un passo, avrebbe combinato danni, e sarebbero stati uccisi entrambi. Ma se Kyle fosse andato avanti in quel modo, non sarebbero stati scoperti? Non sarebbero saltati in aria? E perché un uomo doveva essere costretto a fare tutto da solo perché affiancato da un soldato incompetente che non era in grado di annullare l'insicurezza per una volta e pensare solamente al compimento della missione, alle persone che dovevano essere salvate?

Sto pensando di nuovo. Sto pensando di nuovo senza fare nulla.

Quelle paranoie lo congelavano. I suoi arti rimanevano immobili. Anche se dentro la sua testa diceva di muoversi, di andare, di raggiungere Kyle e impugnare il dannato fucile, il suo corpo non voleva assecondarlo, perché aveva paura. Aveva paura di arrivare lì e non concludere niente. In un modo o nell'altro non c'era un equilibrio. Aveva ragione Kyle a ribadirglielo; o andava troppo in là, ferendosi, e non potendo completare quello che aveva iniziato o rimaneva fermo a guardare, arrendendosi impotente.

Era stanco di questa storia.

Quante volte gli era stato detto che non avrebbe mai potuto fare il soldato?
Quante volte il suo aspetto non aveva intimorito nessuno?
Quante volte lo avevano visto come quello troppo emotivo?

La sua famiglia, in primis, aveva visto in lui una bontà che doveva essere protetta, perciò non importava quanto si fosse impegnato a mostrare che fosse in grado di cavarsela da solo, loro avevano sempre visto in lui un piccolo pulcino che non sarebbe mai diventato un'aquila. Che fossero dieci, venti, trenta, i suoi anni, ai loro occhi era sempre un bambino che aveva bisogno di conforto e supporto.
Eppure quante volte era andato avanti lo stesso?
Quante volte non si era lasciato scoraggiare per perseguire i suoi sogni?
Non ci era arrivato?
Non era finalmente dove aveva voluto essere?
Non stava indossando la divisa che la sua famiglia gli aveva detto di non indossare per paura di perderlo?
Sapeva quanto i suoi genitori gli volessero bene, quanto volessero il meglio per lui; non avevano mai ostacolato le sue scelte, lo avevano lasciato libero di fare quello che voleva. Se fosse tornato indietro, non avrebbe reso reali quelle paure che aveva sempre voluto cancellare, la fiducia che aveva ottenuto, la forza che aveva dimostrato?

Io ho abbandonato il team e me ne sono pentito a neanche una settimana dalla firma del documento. Gli aveva confidato Jake. Mi sono sempre detto che fosse la cosa giusta, invece guarda dove sono? Di nuovo qui.

Le mani sul fucile si strinsero. Il cuore iniziò a battere veloce, dominato da un nuovo ingranaggio che aveva iniziato a muoversi per permettere a quella macchina di funzionare a dovere, per come era stata costruita, per il fine cui era predisposta. Gli occhi si asciugarono, quel pizzicare andò via, mentre l'espressione cambiò, lontana dalla disperazione previa, dal senso di arresa che lo stava divorando dall'interno, lentamente, finché di lui non sarebbe rimasto più nulla.
I rischi del mestiere esistono.
Essere soldato significava anche questo. Paura di essere ferito? Non avrebbe mai dovuta averne. Paura di sbagliare? Non era solo. Lui era supporto. Il suo ruolo era quello. Si era addestrato per essere un supporto per i suoi compagni. E questo avrebbe fatto. Sollevò lo sguardo, smettendola di fissare l'asfalto sporco e umido, cosparso di detriti, per fronteggiare il suo obbiettivo: il detonatore. La mano si spostò nei pressi del tattico. Voleva mettere quella dannata laurea in ingegneria in atto, o doveva ancora aspettare?

I pensieri cessarono.
Le gambe si mossero.

E Gavin scavalcò con agilità l'auto, iniziando a correre in uno slalom articolato per evitare le bombe, pur di arrivare al detonatore circondato da nemici. Così facendo, attirò l'attenzione di Kyle, i quali occhi si sgranarono impreparati.

«Che cazzo fai?! Brown!» lo chiamò, non potendo alzare troppo la voce per non farsi scoprire.

Ma Gavin non lo ascoltò nemmeno, troppo focalizzato su ciò che aveva davanti. Se per qualche secondo il detonatore avesse perso il segnale con le bombe, loro non avrebbero potuto azionarlo in nessun modo, giusto? Lui aveva ciò che li avrebbe rallentati. Tirò fuori dal tattico una granata, ma non una stordente e nemmeno una frammentazione, anche perché lui non ne disponeva. Era diversa da tutte le altre, perché era stata realizzata da lui stesso.

Quella era una granata EMP.

Premette il pulsante e la lanciò contro i nemici, al centro di quel cerchio. Questi si scostarono, convinti di avere chissà qualche esplosione da cui difendersi. Invece non fu così. Un'onda elettromagnetica disattivò i loro mirini olografici, le comunicazioni e il detonatore. Se i calcoli di Gavin erano esatti, aveva trenta secondi per disinnescare le bombe, prima che qualcuno dei nemici sacrificasse la propria vita per azionarle: i preparativi, anche se uno di loro era rimasto inginocchiato al dispositivo, sembravano essere ultimati. Non potevano perdere altro tempo. Ovviamente si accorsero di lui, mirando nella sua direzione, ma non avendo mirini a disposizione, faticarono a sparare. 

I proiettili lo mancarono, soprattutto perché lui non stava intraprendendo il percorso con le bombe munite di filo, dando loro la facile e banale opportunità di sparare ad esse per ucciderlo; stava compiendo una vera corsa ad ostacoli tra i tettucci delle auto, scavalcando e scivolando lungo i cofani e i bagagliai. Quando arrivò nei pressi del detonatore, prese la seconda granata che portava con sé, una fumogena; tirò la linguetta, abbandonando la presa sul fucile, e la gettò verso di loro. Una coltre di fumo lo rese invisibile. 

Non si fece prendere dal panico del disorientamento, come fecero i mercenari che credettero di vederlo comparire dal nulla per sbarazzarsi di loro, bensì andò dritto per dritto sul detonatore. Un nemico gli si pose davanti, intento a sparargli, ma Gavin fu più veloce di lui; tre colpi, due sulle gambe e uno in testa quando lo vide curvarsi dal dolore, senza agire. Dopodiché prese dalla tasca un altro dispositivo di disattivazione. Per fortuna quelle bombe erano elettroniche, altrimenti con il trucchetto dei fili e delle sostanze chimiche non avrebbe avuto altre chance. La fortuna aveva giocato a suo favore. Con qualche comando disinnescò tutti gli esplosivi collegati al segnale, spegnendo definitivamente il detonatore. Gavin, dalla fronte imperlata di sudore, sospirò dal sollievo, abbassando le spalle.

Ce l'aveva...

Uno sparo.
Un proiettile gli sfiorò la guancia non appena il fumo iniziò ad attenuarsi.

Gavin si chinò sul detonatore e mirò davanti a sé, individuando l'uomo che aveva provato a sparargli. Questi si stava scagliando verso di lui per avere più visuale e non sparare alla cieca, nonostante il trambusto dei suoi colleghi che stavano urlando, scambiandosi ordini alla rinfusa. Alla fine anche il soldato si trovava nella loro medesima condizione, solo che lui aveva calcolato perfettamente il percorso per disinnescare le bombe: il resto contava poco. Riuscì a prenderlo in testa per un soffio, eliminandolo, ma un secondo sbucò dal fumo. 

Provò a sparare, ma i proiettili presero le placche pettorali del nemico, perciò dovette allungare la mano, per la poca distanza tra loro, e scostare la canna del fucile di quest'ultimo per deviare tutti i colpi a raffica che fuoriuscirono da essa. Le palpebre ebbero uno spasmo. Eppure l'avversario si incazzò parecchio, spingendo contro il suo corpo per fargli sbattere la schiena contro un'auto; gli diede un calcio sullo stinco e Gavin ringhiò dal dolore, cadendo quasi su un ginocchio. Quel frangente il mercenario se l'assaporò parecchio, dimenandosi dalla presa per mirare alla sua testa. 

Quando fece fuoco, tuttavia, non uscì nessun colpo, sinonimo che l'arma fosse scarica. Furioso, impugnò diversamente il fucile e lo sbatté contro la testa di Gavin. Questi si adagiò contro il finestrino della macchina, perdendo la presa sull'arma per quel flash che invase la sua vista. Strinse gli occhi, non in grado di recuperare l'equilibrio. Ma il nemico non aveva finito. Insoddisfatto, caricò un altro colpo con il calcio, il quale impattò vigorosamente contro la sua tempia. La testa sbatté contro il finestrino; mille pezzi si riversarono fuori e dentro la macchina, mentre il corpo scivolò rovinosamente sull'asfalto.

Su un fianco, Gavin non riaprì gli occhi, perdendo conoscenza.

Sulla tempia si creò uno sfregio di sangue che colò sino alla guancia, attraversandogli il viso.
Una scena che fu limpida agli occhi di Kyle, poiché il fumo gli impedì di avanzare, ma si diradò nel momento esatto in cui il suo collega era stato messo fuori gioco.
I suoi occhi si spalancarono ulteriormente, il fiato mozzo e il corpo paralizzato.
Aveva dato priorità alla bomba. Adesso toccava a lui.

«GAVIN!» tuonò in preda alla collera.

La sua voce sopraggiunse ai timpani dei cinque uomini restanti. Si girarono e mirarono verso di lui; le ottiche olografiche ritornarono limpide ai loro occhi, l'effetto della granata EMP svanito. Non avevano più scusanti per mancare il bersaglio, adesso. Ma a Kyle non gliene fregava un cazzo. Oltrepassò la macchina per correre, seppur più lento a causa del mitragliatore che aveva in mano, verso di loro. Alcuni proiettili lo sfiorarono; grugnì infastidito, senza rallentare la sua corsa. Un'altra pallottola gli sfiorò l'avambraccio, un'altra si conficcò sulla coscia. Kyle cadde su un ginocchio, imprecando sottovoce e non riuscendo a muoversi, ma aveva già guadagnato abbastanza distanza per poter agire. 

Staccò la granata fumogena dal tattico per creare un diversivo.

La lanciò poco prima di loro, affinché l'intera corsia fosse totalmente oscurata. Convinti che lui sarebbe sbucato da lì, i mercenari spararono senza sosta in quella direzione, non potendo mai prevedere che Kyle si rialzasse tentoni per camminare zoppicante verso tutt'altro lato, usufruendo della corsia di destra per fare il giro e coglierli di sorpresa. Non c'era più nessun timore di prendere il detonatore, nessun timore che qualcuno lo attivasse nel momento in cui si sarebbero accorti di lui. Oltrepassò il guardrail per avere una copertura, mirando verso di loro con uno sguardo accecato dalla rabbia.

«Mangiate un po' di piombo, stronzi.» mormorò, appoggiando il mitragliatore sull'acciaio per maggiore stabilità.

Non ebbero il tempo di reagire.
Kyle avviò il fuoco, crivellando di colpi i quattro rimanenti, fuori dalla traiettoria del corpo inerme di Gavin. Cessò di sparare non appena questi caddero a terra tramortiti e immobili. Staccò il mitragliatore dal tattico per eliminare il peso dal suo corpo, adagiandosi stremato sul guardrail per riprendere fiato e sentire del tutto quella pallottola che stava muovendosi dentro il suo corpo. Pressò la mano sul braccio, notando il sangue sporcare il tessuto. Poi intravide quello sulla coscia. Non avevano preso arterie, almeno. Con difficoltà oltrepassò il guardrail per camminare velocemente – per quanto avesse potuto – verso il corpo ancora privo di sensi di Gavin. Quando si inginocchiò, la prima cosa che fece fu pulire il sangue che aveva imbrattato metà del viso di Bravo Sei; aveva una brutta ferita alla tempia, ma non sembrava così grave come aveva visto da lontano. Vedendo la sua testa sbattere contro il finestrino, essendoci anche alcuni cocci sopra il suo corpo, aveva pensato che si fosse ferito da qualche altra parte, ma il vetro era stato clemente con lui da lasciarlo incolume, circa.

«Come on, femminuccia.» pressò due dita sulla carotide di Gavin; battito regolare. Respirava anche, visto il movimento lento del petto che portava le sue spalle ad alzarsi e abbassarsi. «Appena ti risveglierai ti farò molto male.»

Staccò il fucile dal tattico di Gavin, dopodiché lo mosse con cautela, soprattutto per non fargli molleggiare troppo la testa, e gli afferrò il braccio per costringerlo a sedersi; gli diede la schiena per far in modo che il mento si posasse sulla sua spalla e portò le mani sotto le sue cosce. Se non fosse stato per quei maledetti proiettili non avrebbe riscontrato tale fatica, ma lo sforzo per tornare in piedi, caricandosi il corpo del più giovane, lo sentì tutto negli arti tremanti.
Cosa diavolo ho appena visto. Pensò Kyle, scoccando un'occhiata al viso piatto, un poco sofferente, di Gavin. Altro che novellino.
Dopodiché iniziò a camminare per giungere alla fine di quell'eterno ponte.

**

«Questo era l'ultimo!»

Esordì Gregory, sollevandosi dalla copertura non appena l'ultimo nemico venne fatto fuori. Dovette asciugarsi un rivolo di sangue dalla guancia che era stata colpita da un detrito che era esploso nel momento in cui una pallottola aveva perforato parte del riparo in cemento, rimbalzando, e camminò in avanti, attraversando l'ingresso della NASA per assicurarsi che non vi fossero altri uomini da uccidere o nascosti, pronti a tendergli una trappola. 

Dopo che lui e Liam avevano attraversato il Potomac, si erano diretti a piedi verso l'ingresso aperto dell'edificio, pur di occupare il perimetro e vedere se ci fossero feriti che non erano riusciti a scappare. Ma erano stati accolti da quattro mercenari che parevano già stanchi del loro lavoro, come se avessero dovuto occuparsi di altro prima di loro. Avendo il supporto della polizia e, in seguito, quello della SWAT che pareva essere riuscita a circondare la NASA a partire dal retro, erano stati fatti fuori in un battito di ciglio. 

Lui era ancora bagnato fradicio; essendo l'aria umida e il sole praticamente inesistente, si era preso di freddo e i capelli neri, lievemente più mossi, gli ricadevano sul viso, anche se lui tentava di portarseli sempre indietro. Quando diede il via libera, i medici e i paramedici lo oltrepassarono per andare a soccorrere i feriti; uomini e donne dipendenti dell'agenzia erano usciti subito allo scoperto, chiedendo aiuto e qualcuno che si occupasse di loro; inutile dire che anche Liam si era mosso, abbandonando il fucile dove si era riparato per andare ad aiutare i suoi colleghi dai guanti in lattice. 

Era più forte di lui; non vedeva l'ora di poter aiutare il prossimo con tutto ciò che aveva a disposizione in quella mente medica. Gregory invece rimase lì, a controllare l'ambiente circostante, a muoversi sul posto per assicurarsi che tutto fosse sotto controllo; il suo sguardo era turbato, cupo, lontano dal sollievo che stavano condividendo gli agenti di polizia, della SWAT e il team medico che era stato in grado di far avanzare anche qualche ambulanza, in attesa di altre. 

Da quell'atmosfera che si respirava pareva essere tutto finito, un lieto fine che aveva decretato la fine di quella tragedia.

Eppure non era così. Gregory ne era consapevole.
Se la SWAT aveva avuto modo di avanzare dal retro, significava che Dave e Noah erano dentro la NASA.

Non aveva loro notizie. Non aveva più nulla se non quell'avviso che aveva decretato l'arrivo del giovane. Non riusciva, tuttavia, ad essere felice del suo ritorno, poiché ciò cui stavano andando incontro sarebbe stato pericoloso, per entrambi. Una lotta che li avrebbe messi in difficoltà più di tutte le altre volte. Perché prima avevano dovuto avere a che fare con giochetti e trucchetti di ogni genere, uomini che Dave avrebbe steso con un solo dito, adesso avrebbero dovuto affrontare i due russi di petto, fermando lo schianto del satellite di cui nessuna di quelle persone, se non il Team Bravo, era a conoscenza.

Suoni ripetuti fecero sobbalzare non solo lui, ma tutte le persone lì presenti sul posto.
Le loro teste si mossero contemporaneamente verso l'alto.

Un parlottio confuso ed esagitato si propagò per il cortile, chi preoccupato, chi spaventato.
Gregory si strinse nelle spalle, la mano che ebbe uno spasmo inconsulto per voler prendere la radio e avviare le comunicazioni. Ma gli ordini erano stati chiari: non poteva farlo. Non finché tutto il resto del Team non si fosse riunito lì davanti. Non finché l'intera zona non fosse stata liberata.

Ma i suoi occhi verdi, timorosi e impensieriti, si agganciarono ad un'esplosione che fece scoppiare le vetrate del decimo piano, obbligando i civili e gli agenti a spostarsi da lì per paura di essere colpiti da qualche coccio in picchiata verso il terreno.
Costernato, la mano guantata arrivò davanti alle labbra.

«Dave...Noah...» farfugliò, provando una morsa diorrore al petto. 

________________________________________________________________________________

Angolo autrice:

Scriverò poco perché sono di fretta aaaaaaaaaaaaaaaa. 
Comunque!

Oggi ci spostiamo verso Gavin e Kyle e...che dire...Finalmente abbiamo visto il novellino in azione che è riuscito a mettere da parte tutte le sue insicurezze e i suoi timori. Cosa ne pensate? Avete rivalutato anche un po' Kyle? 

Io devo essere onesta. Il bestione non è cattivo. Ha solo dei metodi un po' troppo rigidi nel fare da insegnante, ma ha cercato in tutti i modi di spronare Gavin ad agire e...diciamo..alla fine c'è riuscito, no?

E nel finale? Gregory e Liam sono arrivati all'entrata, ma la situazione sembra peggiorare minuto dopo minuto..soprattutto dove vi sono Dave e Noah.

Come se la staranno cavando? Lo scoprirete nel Capitolo 80: Svantaggio? 

Buon week-end!

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