Undercover

By hajarstories_

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⚠️TW⚠️ In questo libro saranno presenti argomenti come: stress post traumat!co, maf!a, sostanz3 stupefacent... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Extra Kathrine
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Extra Alejandro
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Extra Weston
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 26
Capitolo 27
Epilogo
Ringraziamenti

Capitolo 25

151 10 25
By hajarstories_

Si conobbero. Lui conobbe lei
e sé stesso, perché in verità non s'era
mai saputo.
E lei conobbe lui e sé stessa, perché
pur essendosi saputa sempre,
mai s'era potuta riconoscere così.
Italo Calvino

⋅•⋅⊰∙∘☽༓☾∘∙⊱⋅•⋅

Claire

Ci eravamo preparati e, dopo aver mangiato la colazione che Weston aveva preparato, ci dirigemmo fuori in direzione della villa di Alejandro.

Quella sera si sarebbe tenuto il colpo che il messicano stava ormai preparando da più di un anno.

Ricordo ancora come avessi scongiurato Mary di affidarmi quel caso in quanto era il più bramato da tutti quanti a causa della sua grandezza. Lei, però, mi affermò che ormai era troppo tardi e che aveva già affidato il caso ad un altro agente.

Era anche vero che mai avrei pensato di far anch'io parte del piano e, soprattutto, di finire con il mettermi insieme a quell'agente che avevo detestato per un breve periodo di tempo per avermi soffiato il posto.

Dovevo ammettere che provavo un po' di nostalgia. Avrei lasciato quella casa che mi aveva ospitata per mesi e avrei dovuto dire addio a San Diego e all'odore della salsedine.

L'unica cosa che mi confortava era che non avrei dovuto dire addio a Weston.

E, senza rendermene conto, ci ritrovammo davanti alla villa di Alejandro.

Appena tolsi il casco, la prima figura che vidi davanti all'uscio era quella di Kathrine. Il sole di fine dicembre illuminava i suoi capelli biondi che le arrivavano sopra le spalle e i suoi occhi azzurri che assomigliavano così tanto all'oceano che bagnava la West Coast. Con una mano posata sul pancione attendeva il nostro arrivo con uno sguardo alquanto preoccupato.

Mi diressi velocemente verso di lei lasciando Weston dietro la villa intento a sistemare la moto e, solo quando fui abbastanza vicina, notai gli occhi lucidi.

«Kathrine cosa succede?» domandai intimorita da quello sguardo.

«Ha fatto evadere Xavier!» esclamò guardandomi per poi cercare con gli occhi il moro che stava ancora sistemando la moto.

«Cosa stai dicendo? Cosa vuol dire che ha fatto evadere Xavier?» chiesi confusa cercando di comprendere al meglio ciò che stava pronunciando la donna davanti a me.

«Questa mattina è uscito presto senza dirmi dove stava andando. Poi, ho acceso la tv e al telegiornale hanno detto che Xavier è evaso dal carcere e che tutti lo stanno cercando! Ho fatto uno più uno e ho collegato le due cose. Se ho ragione, Alejandro ha fatto evadere suo padre e lo starà portando q-» non riuscì a finire la frase che il rumore di un auto dietro di noi la interruppe.

Mi voltai velocemente e vidi Alejandro scendere dall'auto seguito poi dal padre ancora vestito da carcerato.

Kathrine andò incontro a lui notando la sua aria innervosita.

Poi, dopo, accadde il caos.

Alejandro portò la sua mano dietro alla sua schiena e io, capendo le sue intenzioni, corsi verso la donna.

Il messicano mi puntò la pistola contro e in quel momento, guardandolo negli occhi, capii.

Lui sapeva.

Avevo una pistola con me, certo, ma non potevo colpirlo.

Ero nel suo territorio.

Ero circondata.

Pensai immediatamente a Weston e con un movimento celere afferrai la mano della bionda iniziando a correre il più velocemente possibile verso la moto dell'agente.

Un colpo.

Alejandro aveva sparato.

Dalle labbra di Kathrine uscì un urlo che fece accorrere Weston che non aveva assistito alla scena.

Alejandro mi aveva appena sparato.

«Kathrine corri da Weston, scappate!» esclamai per poi serrare le labbra dal dolore.

«Ma sei f-ferita, i-io n-»

«Vai, Kathrine!» urlai per poi vedere Weston avvicinarsi a noi.

«Weston, prendi Kathrine e andate!» continuai posando una mano sulla ferita cercando di far fermare la fuoriuscita di sangue.

«Non ti lascio qui!»

«Diamine, Weston! Prendi Kathrine e andate!» Urlai nuovamente per poi afferrare la pistola che tenevo in uno degli stivali e girarmi verso Alejandro che si stava avvicinando sempre di più.

Il messicano alzò nuovamente il braccio puntandoci la pistola addosso.

«Andate! Vi copro io!»

Tolsi la sicura e iniziai a sparare in direzione del nemico mentre sentivo dietro di me i passi di Weston e Kathrine mentre si allontanavano.

Sparai tutti i miei colpi fin quando non finii i proiettili.

Il dolore era lancinante e quasi insopportabile.

Fortunatamente, dato che stavo correndo, non riuscì a puntarmi bene e il colpo finì sul braccio e non sulla schiena.

Trattenni il fiato fin quando non sentii la moto di Wes allontanarsi da quella villa.

Crollai in ginocchio davanti ad Alejandro che ormai mi aveva raggiunta.

Il mio respiro era pesante e non ero stata in grado di bloccare quell'emorragia.

«Credevi davvero di battermi?» domandò abbassandosi leggermente su di me e avvolgendomi le dita attorno a collo.

Il fiato iniziò sempre di più a mancarmi e decisi di raccogliere tutte le mie forze per allontanarlo da me.

Avrei vinto.

Caricai un pugno colpendolo sulla mandibola e facendolo allontanare da me dandomi tempo e modo di alzarmi e cercare di scappare.

Sapevo che non sarei finita molto lontano a causa della ferita, ma non avrei mollato, non mi sarei fatta uccidere. Non avrei permesso a uno scarafaggio come Alejandro di privarmi della vita.

Feci qualche metro prima di venir raggiunta dal messicano che mi sparò nuovamente, quella volta alla gamba, facendomi cadere a terra.

Mi afferrò da un braccio trascinandomi fin dentro la villa con al suo fianco suo padre che assisteva al tutto con un sorrisetto sul viso.

Xavier Garrido.

Avevo assistito al suo arresto, così come tutti i cittadini americani, dato che era stato trasmesso in tv.

Il dolore alla gamba e al braccio cominciava a diventare parecchio difficile da sopportare, soprattutto dopo che Alejandro mi legò ad una sedia in quella che sicuramente era la sua stanza delle torture.

«Vediamo un po', cosa dovrei farmene di te?» domandò girandomi attorno come un animale fa con la sua preda.

«Direi che io sono l'ultima cosa di cui dovresti preoccuparti, Alejandro. Insomma, credi davvero che quel container giungerà qui? Un po' ingenuo e forse hai preso un po' troppo sul serio il "sogno americano", non credi?»

Uno schiaffo mi arrivò in pieno viso così forte che mi fece voltare dall'altra parte.

Cominciai a ridere e a lui ciò non piacque.

Non ero una pazza.

Sapevo che facendo così non avrei fatto altro che alimentare la sua rabbia e la sua frustrazione che lui avrebbe scaricato sul mio corpo.

Lo sapevo e comunque quella consapevolezza non mi avrebbe fermato.

Più tempo lui passava in quella stanza a picchiarmi, e più tempo concedeva a Weston e alla DEA di escogitare un piano per tirarmi al più presto fuori da quella situazione.

«Cos'è? Picchiandomi ti sentirai meno stupido per aver seriamente creduto che fossi un sicario? Oppure lo fai per non pensare a come Kathrine sapesse tutto e stesse escogitando con noi un modo per vederti dietro le sbarre?  E tu saresti il boss del cartello di Tijuana? Seriamente? Se tuo padre fosse morto si starebbe rivoltando nella sua stessa tomba» continuai a parlare e ogni mia parola lui continuava a picchiarmi fin quando le sue mani non si spaccarono, così come il mio volto.

Sputai il sangue che avevo in bocca sulle sue costose scarpe per poi portare la testa indietro sorridendo.

Dio, che dolore.

Non c'era una singola parte di me che non mi facesse male.

Un ultimo pugno e l'unica cosa che vidi fu il buio.

⋅•⋅⊰∙∘☽༓☾∘∙⊱⋅•⋅

Weston

Spensi la moto e aspettai che Kathrine scendesse per poter fare lo stesso.

Entrambi ci togliemmo il casco per poi venir raggiunti da un ufficiale con indosso la divisa.

«Non può parcheggiare la moto lì!» urlò da dietro il cancello verso la mia direzione.

Mi ero recato nel luogo più sicuro di San Diego: la "Naval Air Station North Island", parte della base navale di Coronado.

«Sono l'agente speciale della DEA Weston Torres e abbiamo bisogno del vostro aiuto. Possiamo entrare?»

L'uomo, allora, prese il telefono e iniziò a parlare con qualcuno per verificare la mia identità e, una volta fatto, aprì il cancello facendoci entrare.

«Agente della DEA e anche soldato dell'Army, impressionante. Sa, anch'io ho combattuto in Iraq» disse fiero mentre ci guidava verso l'interno.

«Ho bisogno di parlare con il direttore del dipartimento di Arlington e di Washington, immediatamente.»

«E posso chiederle il motivo?» domandò arrestando il passo e voltandosi verso di noi osservando anche Kathrine.

Kathrine che ancora era traumatizzata e che non aveva smesso di piangere e di accarezzarsi il pancione.

E come potevo biasimarla? Non riuscivo a levarmi l'immagine di Claire da davanti i miei occhi.

Era stata ferita e chissà che cosa quel mostro le stava facendo in quel momento.

«Senta, la mia collega è gravemente ferita e in questo momento è tenuta prigioniera da un narcotrafficante e io non posso muovermi senza prima consultare il mio capo. È una questione di vita o di morte!» esclamai alzando il tono della voce e trattenendomi dall'attaccare quell'uomo al muro.

Sembrava avere la mia età, anche se la divisa che gli fasciava il corpo gli conferiva un'aria un po' più matura.

«Seguitemi...» disse constatando la gravità della situazione.

Ci recammo in una sala piena di attrezzi tecnologici che pareva il fulcro di quella stazione navale. Sicuramente, in quel momento, eravamo finiti all'interno della sala operativa.

«Metteteci in contatto con i direttori dell'FBI e della DEA, immediatamente» affermò e subito dopo degli uomini cominciarono a lavorare.

Non passò molto tempo prima che il viso di Mary e di Johnson comparissero davanti a noi.

«Weston cosa diamine è successo?»

«Agente Torres, problemi con il piano?» domandò il direttore dell'FBI Johnson.

«Hanno preso Claire.»

«Cosa significa che hanno preso Claire? Weston cosa stai blaterando?» domandò Mary con sguardo allarmato.

Cercai di respirare, cercai di calmarmi e di trovare le parole adatte.

Ma come potevo dir loro che avevo lasciato Claire lì a morire?

Come?

Una parte di me voleva correre in quella villa, afferrare Claire e accertarmi che stesse bene. L'altra parte, quella più razionale, mi ricordava che non ne ero in grado. Se avessi messo piede anche solo vicino alla villa, molto probabilmente gli uomini di Alejandro mi avrebbero sparato e non ne avremmo ricavato niente.

Dovevo mantenere la calma e ragionare.

Mi passai una mano tra i capelli e cercai di parlare ma un groppo in gola me lo impedì.

«Alejandro e Xavier hanno ferito Claire e adesso la tengono prigioniera nella sua villa» disse Kathrine vedendomi in difficoltà.

«Cosa?»

«È tutta colpa mia, avrei dovuto salvarla, non avrei dovuto lasciarla lì» affermai guardando Mary in faccia e prendendomi l'intera responsabilità.

Temevo per Claire, era più forte di me, seppur sapessi di che pasta fosse fatta quella donna non potevo non avere paura per lei.

«Stiamo calmi. Alejandro ha fatto evadere Xavier e hanno scoperto le vostre identità, dico bene?» chiese Johnson e noi annuimmo.

«E si può sapere cosa ci fa Kathrine White lì con te, agente Torres?»

«Le abbiamo offerto un accordo di immunità affinché ci aiutasse in quanto anche lei aveva scoperto chi fossimo...» spiegai velocemente con sempre più paura e ansia.

Dovevo ritornare in quella villa.

Dovevo aiutarla.

«Kathrine adesso non è l'importante, Dwayne, l'importante è salvare Claire e arrestare i Garrido. Credo di avere un piano.»

⋅•⋅⊰∙∘☽༓☾∘∙⊱⋅•⋅

Nota dell'autrice

Sorpresaaaaa.
-3

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