MIND OF GLASS: OPERATION Y

Από DarkRafflesia

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Dave Morrison, Capitano del Navy SEAL, è un uomo determinato, autorevole, ma sconsiderato e fiscale. Noah Fin... Περισσότερα

⭐RICONOSCIMENTI
Presentazione
Cast
Dedica
Prologo
PARTE PRIMA
Capitolo 1: Bravo (Parte 1)
Capitolo 1: Bravo (Parte 2)
Capitolo 2: Coinquilini
Capitolo 3: Demoni del passato
Capitolo 4: Una semplice giornata di lavoro
Capitolo 5: Insieme
Capitolo 6: Prima Tappa
Capitolo 7: Presenza
Capitolo 8: Sconosciuto
Capitolo 9: Ricordi bruciati
Capitolo 10: Il prossimo
Capitolo 11: Vacanza (Parte 1)
Capitolo 11: Vacanza (Parte 2)
Capitolo 12: Dolore lontano
Capitolo 13: Turbolenze
Capitolo 14: Scontro
Capitolo 15: Notizia
Capitolo 16: Lettere reali
Capitolo 17: Firmato...
Capitolo 18: Sui tetti
Capitolo 19: In mezzo alla folla...
Capitolo 20: Rientro
PARTE SECONDA
Capitolo 21: Adunata
Capitolo 22: Sorpresa?
Capitolo 23: Toc-Toc
Capitolo 24: Legami scomodi
Capitolo 25: Nuovi ospiti
Capitolo 26: La spia
Capitolo 27: Tocca a me
Capitolo 28: Il mondo continua a girare
Capitolo 29: Prurito ed ematomi
Capitolo 30: Fede
Capitolo 31: Rimorsi
Capitolo 32: Torna a letto
Capitolo 33: Fiamme
Capitolo 34: Scuse e incertezze
Capitolo 35: Analista per caso
Capitolo 36: Non puoi dimenticare
Capitolo 37: Bersagli
Capitolo 38: Ostacoli
Capitolo 39: Ho trovato Jake e...
Capitolo 40: La bomba
Capitolo 41: Shakalaka
PARTE TERZA
Capitolo 42: Scampagnata
Capitolo 43: Pausa?
Capitolo 44: Nuove conoscenze
Capitolo 45: Mercato finanziario
Capitolo 46: Linea
Capitolo 47: Safe International Hawk
Capitolo 48: Fregati
Capitolo 49: In trappola
Capitolo 50: Dimitri Malokov
Capitolo 51: Rancore
Capitolo 52: Portare via tutto
Capitolo 53: Insofferenza
Capitolo 54: Colpe
Capitolo 55: Operazione Y
Capitolo 56: Amicizia
Capitolo 57: Risposta inaspettata
Capitolo 58: Rivelazione
Capitolo 59: Con onore
Capitolo 60: Rottura
Capitolo 61: Solitudine
PARTE QUARTA
Dimitri Malokov & Iari Staniv
Capitolo 62: Egoismo
Capitolo 63: Apnea
Capitolo 64: Il prezzo da pagare
Capitolo 65: Anonimato
Capitolo 66: Saluto
Capitolo 67: Benvenuto nella squadra
Capitolo 68: Giuramento
Capitolo 69: Decisione
Capitolo 70: L'impegno che non serve
Capitolo 71: Lontanamente vicini
Capitolo 72: Vecchie amicizie
Capitolo 73: Vigilia
Capitolo 74: L'inizio
Capitolo 75: Le squadre
Capitolo 76: Patente?
Capitolo 77: La tana del lupo
Capitolo 79: Maledetta emotività
Capitolo 80: Svantaggio?
Capitolo 81: Iari Staniv
Capitolo 82: Luccichio
Capitolo 83: La pace
Capitolo 84: Caduti
Capitolo 85: Respirare
Capitolo 86: Un'ultima cosa da fare
Epilogo
💜Ringraziamenti & Playlist💜

Capitolo 78: Boom...

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Από DarkRafflesia


La vita da cecchino non era mai stata esuberante come quella di un soldato qualunque che doveva gettarsi nella mischia. Quando si imbracciava un fucile di precisione, il tempo si annullava, ma al tempo stesso diventava il tuo fedele alleato; era solo questione di tempo, di un secondo, di un battito di ciglio, che un singolo colpo poteva cambiare le sorti della partita. I rumori erano i tuoi amici, mezzi con la quale ogni oggetto attorno a te poteva diventare un'arma fatale per il nemico; bastava un'esplosione, un fuoco d'artificio, un guasto tecnico, un tonfo energico, che il proiettile – per quanto avesse potuto essere silenziato – passava maggiormente inosservato e la vittima svaniva da questo mondo senza che nessuno potesse farle compagnia per vivere i suoi ultimi istanti di vita; non lo sentiva nemmeno. Un attimo prima pattugliava, quello dopo non c'era più e doveva ricominciare daccapo una nuova vita senza ricordarsi di essere morta, senza rendersi conto che nell'esperienza precedente era un criminale che si era macchiato le mani di sangue ed aveva fatto la stessa fine di quelle povere persone che aveva ucciso.

In fin dei conti Sully non era mai stato un tipo religioso.

Non aveva mai creduto fedelmente al Paradiso, all'esistenza di un luogo dove chi non aveva peccato, o quantomeno si era inchinato per ricevere la benedizione di Dio, veniva perdonato e condotto in un luogo dove avrebbe vissuto beatamente per l'eternità. Se doveva essere sincero, lui era un peccatore che avrebbe dovuto bruciare all'inferno, perché in fondo si era macchiato anche lui le mani; non importava se lo avesse fatto per il bene e per legittima difesa; non uccidere era comunque parte dei dieci comandamenti. Non sarebbero bastate milioni di giustificazioni per impedirgli di scendere negli inferi. Se davvero lassù ci fosse qualcuno che li stava osservando marcire piano piano, lasciando che il libero arbitrio li facesse morire ad uno ad uno, non avrebbe avuto nulla da ridire. Molti davano la colpa a chi li osservava, come se questi decretasse da che parte l'ago della bilancia dovesse muoversi, ma la verità era che il mondo era tutta una grossa ruota. Una ruota che prima o poi sarebbe girata per tutti e avrebbe toccato ogni singolo tassello. 

Non era mai stato superstizioso, ma alla fortuna ci credeva eccome. Soprattutto quando smetteva di essere un dongiovanni ed indossava una divisa; due vite diverse con equilibri altrettanto diversi. Avrebbe voluto avere la stessa fortuna che aveva a letto anche quando le sue mani dovevano premere il grilletto.

La vita da cecchino non dipendeva dal suo fascino, ma dalla tecnica, da una parte della sua anima che affiorava solo quando si isolava dal resto della squadra; disteso su un nascondiglio, mimetizzato alle volte, con il fucile saldamente appoggiato su una superficie drittissima, il calcio sulla spalla che avrebbe dovuto attutire il colpo, occhio concentrato sul mirino e fiato lento, il cuore che doveva quasi entrare in bradicardia per evitate che il colpo mancasse il bersaglio. Tuttavia c'era sempre qualcosa che andava storto quando il suo occhio aveva l'onore di poter osservare tutto. 

E diciamo che in quel momento l'atmosfera era abbastanza critica da non essersi mosso di un millimetro da dove si era puntellato con il fucile dopo aver coperto Jake. Da quando avevano scoperto della presenza dell'autobus scolastico, dei civili, bambini per la maggior parte, e dei nemici che stavano girovagando dietro il mezzo per usarlo come scudo, la stasi e il silenzio che si respirava sul ponte non poteva essere colmata dal trambusto degli altri luoghi in cui stava imperversando lo scontro e le sirene non smettevano di echeggiare per il quartiere.
Il suo occhio si posò su Jake, ancora immobile dietro l'auto, invisibile per il momento al nemico; tramite lo zoom, Sully registrò purtroppo l'espressione tesa del collega.

«Non fare quella faccia, Shakalaka.» disse alla radio.

Notò le spalle di Jake fare su e giù. «Stavo pensando, cazzo. Mi hai spaventato.» scoccò un'occhiata nella sua direzione, senza mutare lo sguardo serio.

«Pensavi al fatto che Noè fosse arrivato in soccorso del nostro Generale? Perché a dirla tutta sono stupito anche io.» ammise dopo che tutti avevano ribattuto simultaneamente alla voce di Dave che dichiarava apertamente che Noah fosse lì con lui ad impedire che il satellite si schiantasse sulla città.

«In verità sono contento. – udì all'orecchio; la voce di Jake era soave e morbida, qualcosa che non aveva nulla a che vedere con la ruvidità di un soldato. Sully l'aveva sempre apprezzata, definita un toccasana per la spigolosità della sua vita. – Sono felice che quei due siano riusciti in qualche modo a mettere da parte le ostilità; il Generale mi era sembrato davvero giù alla cerimonia, quando ha raccontato la diatriba che hanno avuto.»

«Ancora tu non li hai visti insieme, ma sono pericolosi. Sapessi quanti insulti si scaricano dalla mattina alla sera. All'inizio non ci ho creduto tanto, alla fine Noè è solo un ragazzo, ma appena l'ho visto con i miei occhi mi sono dovuto ricredere.»

«Woah, davvero?»

«Oh, fidati. Non credo che adesso quei due abbiano fatto pace come due amici che hanno ammesso i loro sbagli. Quello che fanno sul campo sono delle tregue.» spiegò Sully.

«Se mi dici questo, allora Dave ha una bella gatta da pelare tra le mani.» osservò Jake.

«Non posso negare che il nostro superiore si meriti qualcuno che possa stuzzicarlo un po'. Noi non possiamo farlo perché di grado inferiore, ma Noè non ha nulla che possa impedirglielo.»

«Meglio che non ti senta se non vorrai essere punito. – borbottò Jake – Novità?»

«Purtroppo niente. – rispose il cecchino, muovendo il mirino verso il nemico. – Tutto è immutato.»

«Quanti ne vedi?»

«Direi otto. Cinque sono dietro l'autobus, due pattugliano il ponte, mentre l'ultimo è vicino all'entrata del mezzo.»

Ci fu una pausa da parte di Jake, un momento di riflessione. Poi parlò: «Non puoi uccidere quelli dietro, dico bene?»

«Vorrei tanto, ma il rischio di colpire uno dei bambini è alto. I loro movimenti sono imprevedibili quanto il vento.» spiegò Sully, leccandosi il labbro inferiore. «Il primo potrebbe andare bene, ma questo smuoverebbe troppo le acque.»

«E questo non va affatto bene.» replicò l'artificiere con durezza e tono altalenante. «Dobbiamo salvare quei bambini e liberare il ponte, non possiamo rimanere qui per sempre

«Quegli uomini ci stanno aspettando, sanno che siamo qui. Se non ci vedranno arrivare, potrebbero avviare comunque il fuoco come avvertimento: uccidere l'autista o uno dei bambini.»

«Non possiamo permetterglielo, merda!» imprecò Jake, il fiato corto e bollente.

«Mantieni la calma, Bravo Quattro.» disse impassibile Sully. «Troveremo un modo per avanzare.»

**

Fosse facile, dannazione. Pensò Jake Grant a quelle parole del cecchino che avrebbe voluto lo rassicurassero. Conosceva bene Sully, e faceva schifo nelle consolazioni; questo perché quel marpione prendeva tutto come una barzelletta e tentava di sminuire la gravità della merda con freddure o toni schietti e naturali che a lui non servivano assolutamente a nulla. Avrebbe voluto avere la stessa ironia e leggerezza del compagno, ma purtroppo quando l'ansia arrivava c'era poco da fare. Non sapeva quanti minuti fossero passati dal momento in cui si erano fermati e avevano scoperto dell'autobus, ma a giudicare da altri suoni, bombe e sparatorie, le lancette stavano girando in fretta. Si strinse nelle spalle, accasciandosi sullo sportello della macchia dove si era nascosto. 

Otto uomini, tre frontali, cinque oltre l'autobus, in un punto cieco che né lui né Sully avrebbero potuto eliminare. Si passò una mano sulla mascella dalla barbetta lievemente incolta; era da tanto che non faceva carburare la mente per qualcosa che non fosse uno stupido lavoro dietro ad un bancone a fare la guida turistica. Ed era questo quello che amava del suo lavoro, perché non solo doveva sforzare il cervello ad ideare tattiche militari, ma anche a mettere in atto tutti gli anni di studio, far vedere quanti benefici una laurea in chimica aveva da offrire; non sbagliò a preparare lo zaino con sostanze e oggetti da piccolo chimico e artificiere. Quando Dave gli aveva mandato il messaggio quella notte, non aveva chiuso occhio, ma non aveva voluto ammetterlo a Sully, nonostante fossero soliti dirsi tutto; non voleva sembrare una matricola alle prime armi, un novellino che ancora, dopo anni di servizio, se la faceva sotto alla vigilia di una missione. 

La sua non era paura, ma solo ansia, il timore di non avere gli strumenti adatti sul campo, il timore di commettere nuovamente uno sbaglio e pentirsi di aver accettato il suo ritorno al Team Bravo. I suoi compagni non smettevano mai di dirgli quanto fosse capace ed esperto nel suo lavoro; avrebbe voluto davvero crederci, se non fosse per la sua maledetta autostima che, dopo gli eventi di tre anni fa, era diventata più ingestibile del normale. 

Si avvicinò nei pressi della sporgenza per studiare la zona circostante; le macchine ricoprivano solo il lato dietro di lui, lasciando entrambe le corsie vuote, una colmata dalla presenza dell'autobus. Non potevano raggirare, non potevano nascondersi, non potevano fare niente di niente se non un scontro frontale ravvicinato. Che fosse stato uno contro cinque o due contro cinque, sarebbe stato comunque un suicidio per entrambi. Avevano studiato bene, i loro nemici; Malokov e Staniv dovevano avergli insegnato le basi dei punti deboli di un soldato. Quella doveva essere la loro tomba, avevano studiato quante più probabilità per chiuderli in un labirinto ad una sola uscita; non avevano neanche programmato di far esplodere il ponte, cosa che lui avrebbe potuto smorzare con uno schiocco di dita. Avevano creato uno spazio aperto per contrastare Sully e usato degli ostaggi per sbilanciare lui nel profondo. 

Come avevano fatto a capire che loro due sarebbero andati in quel ponte, non ne aveva idea. O forse sì...? Andò oltre il vetro della macchina; anche da lì si vedeva l'ultimo piano della NASA, luogo dell'ufficio del CEO; potrebbero averli visti arrivare già da un bel po' e schierato le squadre per creare ostacoli opposti al loro operato.

Chissà allora come se la stavano Kyle e Gavin. Chissà come stava quel ragazzo...

Non c'era minuto da perdere; quei bambini stavano sicuramente tremando di paura, i genitori in casa a pregare per la solo salvezza. Tolse lo zaino dalle spalle per poggiarlo sull'asfalto e lo aprì per rovistare all'interno. Dando le spalle a Sully, non tardò ad arrivare la sua voce all'orecchio.

«Che stai facendo?»

«Ho un'idea.» replicò Jake, mettendo un cacciavite fra le labbra per avere entrambe le mani libere, il fucile dietro la schiena al posto dello zaino da insospettire ulteriormente il cecchino.

«E questa idea in cosa consiste esattamente?» domandò, smuovendosi sul posto per accingersi a spostarsi. «Se devi vedertela da solo, non ci metto nulla a scendere e a coprirti le spalle.»

«No! Tu rimani dove sei!»

Il tono di voce di Jake si alzò senza volerlo, severo e stizzito, inducendo Sully a paralizzarsi sul posto. Aveva tolto addirittura il cacciavite dalle labbra per scandire al meglio le parole. Metabolizzò quello che aveva appena fatto, fermandosi dal cercare quello che gli serviva e raddrizzando la schiena, non avendo il coraggio di voltarsi in direzione del cecchino per farsi vedere in faccia, per mostrargli la mortificazione che aveva tinta sul volto in quell'esatto istante. Ma non poteva permettere a Sully di spostarsi da dov'era.

«Dammi cinque minuti e... ti spiegherò tutto.» mormorò con un filo di voce.

Non ricevette una risposta da parte di Sully, il che non prometteva nulla di buono. Jake si morse l'interno della guancia, stringendosi nelle spalle dalla frustrazione; quando recuperò tutto ciò che gli serviva, prese il cacciavite ed iniziò a smanettare sull'asfalto, armeggiando con sostanze, bustine, fili e recipienti che stava montando con velocità. 

Fu costretto a doversi togliere i guanti nel processo per avere più sensibilità con i polpastrelli e capire al tatto quello che stava facendo, tanto che le palpebre ebbero qualche spasmo inconsulto ogni qual volta questi venivano a contatto con alcune polverine irritanti o con scosse elettriche per via dell'innesco che doveva mantenere il tutto quanto più equilibrato possibile e immune agli urti una volta che avrebbe iniziato a muoversi. Ci voleva davvero pochissimo a causare un'esplosione per via di un urto non calcolato o imprevisto. Per questo i suoi palmi erano ormai tutti rovinati da scottature o cicatrici di ogni genere; talmente abituato a lavorare senza guanti, aveva perso il conto di tutte le volte che si era bruciato ed era dovuto andare in missione con le mani fasciate al di sotto dei guanti per proteggerle ulteriormente. 

Ma cosa poteva farci? I guanti militari non avevano nulla a che vedere con quelli in lattice con la quale i chimici erano soliti lavorare con le sostanze; più robusti e protettivi, non poteva sentire nulla, e quando doveva muoversi con materiali pericolosi e piccoli, tutto quello spessore sarebbe stato deleterio, per non dire...esplosivo. Gli avevano dato del pazzo, quando era arrivato al Navy SEAL e aveva mostrato ai suoi superiori come era in grado di creare granate per i suoi commilitoni; quando non aveva trovato alcun team che lo accettasse, era stato rifilato appunto all'armeria, dove aveva fatto vedere quanto valesse da far cambiare subito idea ai suoi compagni di squadra. 

Peccato che l'entrata al Team Bravo gli aveva dato un brutto schiaffo in faccia, rammentandogli che quello non era mai stato il suo posto. Soprattutto quando, tre anni fa...

No. No. Puoi evitarlo. Jake scosse la testa, non facendosi tormentare dai ricordi. Puoi salvare tutti questa volta. 

Addentò il cacciavite per chiudere il coperchio di quello che aveva creato, poi lo riprese ad avvitò le ultime viti per chiudere bene quel concentrato di pressione. Posò tutti gli strumenti dentro lo zaino, il quale rimase a terra, non potendo togliere il fucile d'assalto e dovendo essere più leggero per quello che stava per fare. Attaccò tramite un gancio quello che aveva creato sulla cintura, al lato sinistro, dopodiché tornò vicino all'uscita della copertura e fece un respiro profondo. Si passò il retro del braccio sulla fronte, dopodiché posò la mano sulla radio per aprire il collegamento con Sully.

«Ci sono.» dichiarò, deglutendo per farsi coraggio, gli occhi sul nemico, determinati quanto accesi.

La risposta del cecchino fu istantanea. «Sei ancora in tempo per dirmi che cazzo vuoi fare.»

«Tu non scendere, devi coprirmi.» Jake recuperò il fucile da dietro la schiena per impugnarlo saldamente e liberare la mente. «Devi uccidere il nemico ai piedi del bus.»

«Solo questo?» Sully si insospettì. «Jake, non mi piace quando non mi parli apertamente.»

L'artificiere abbassò lo sguardo con aria turbata. Eccolo. Si faceva sgamare subito. Quanto era idiota. Non era bravo a nascondere quello che gli passava per la testa, non era per niente esperto come il cecchino. Si morse il labbro inferiore e sospirò, prendendo un lungo respiro a pieni polmoni.

«Nel momento in cui sparerai al primo, i due si volteranno per mirare al bus, insieme ai cinque dietro di esso. Non sappiamo nemmeno se siano cinque, perciò dobbiamo fare in fretta. Li attirerò al di là del bus, così potrai avere una visuale libera per farli fuori.»

«Cos-?! Ma sei impazzito?! Rischi di farti colpire!»

«Fidati di me, Sully. Funzionerà.» gli assicurò Jake.

**

Sully aggrottò le sopracciglia, combattuto. Avrebbe davvero funzionato? La tentazione di mandare a puttane quel piano e scendere per dargli supporto per lo scontro ravvicinato era forte, ma scansionò bene le parole che gli disse Jake per comprendere che davvero quella era l'unica cosa che potevano fare. Se lui fosse sceso, non avrebbero potuto sparare al nemico ai piedi sul bus a causa dei due davanti che ostruivano la visuale; se fosse sceso, i bambini sarebbero morti e i cinque dietro l'autobus avrebbero sparato senza fine e pietà. Se fosse rimasto lì sopra, tre sarebbero stati fatti fuori, ma gli altri cinque? C'era un'auto accanto al bus, utile per nascondere ulteriormente le tracce del nemico se avessero provato a raggirare il mezzo; da che parte avrebbe potuto...?

«Vai, Bravo Tre! Adesso!»

La voce di Jake lo rinsavì e gli impedì di completare i suoi pensieri. Questo perché l'artificiere si era alzato per uscire dalla copertura e passare all'azione. Lui fu molto più veloce di lui e mosse immediatamente il mirino sul nemico all'entrata del bus; premette il grilletto e la sua nuca esplose con un colpo preciso che, sebbene andò oltre il suo cranio e proseguì al di là per entrare nell'autobus, non prese l'autista e oltrepassò il vetro, conficcandosi più in lontananza. I due di pattuglia si voltarono al tonfo sordo del loro compare caduto rovinosamente sull'asfalto e ciò permise a Jake e Sully si sparare in simultanea, uccidendoli entrambi con tre colpi sul collo e poi sulla nuca il primo e con un colpo in testa il secondo. Adesso sarebbe stata tutta questione di velocità, giusto? Perché lui non avrebbe più potuto fare altro per Jake, visto che davanti ai suoi occhi non c'erano più bersagli da uccidere e le cinque sagome che prima camminavano dietro il bus erano sparite per abbassare la testa e non essere presumibilmente perforate dalle sue pallottole. 

Peccato che non avrebbe potuto farlo a prescindere, perciò mosse il mirino verso la figura di Jake per capire che diavolo avesse in mente.

Sbiancò, spalancando gli occhi e arretrando dall'ottica per garantire ai suoi sensi che non avesse avuto un'allucinazione.

Eppure era la pura e cruda realtà quella che stava vedendo.

Jake non aveva intrapreso la via dove vi era l'auto, potendola scavalcare a passo veloce per trovarsi scoperto e alla mercé del nemico.

No.

Jake stava correndo al lato opposto, quello in cui l'autobus ostruiva il passaggio, alla sua sinistra, ai bordi del ponte. Lo vide posare il fucile sulla schiena per prendere la pistola con la mano destra, mentre la sinistra agganciò qualcosa che lui non ebbe modo di vedere, per come l'artificiere si era sempre mosso; c'era un cubo, un blocco, qualcosa che aveva staccato dalla cintura per farla roteare con il movimento del braccio, caricando quello che fece percepire una fitta al suo cuore.

«No... – sospirò, volendo fare qualcosa che, purtroppo, sarebbe stata inutile, essendo troppo lontano per fermare quella pazzia. – No! Jake! Che cazzo fai?!» pronunciò alla radio, premendo celere il pulsante.

**

Ma Jake non gli rispose, poiché troppo intento a non distrarsi.
Saltò sopra il bordo del ponte, dove vi era un piccolo marciapiede, utile a far camminare una sola persona, e lo utilizzò per poter andare al di là dell'autobus e fronteggiare i presunti cinque nemici. Tre di loro erano rivolti verso di lui, gli altri due invece verso l'auto attaccata al mezzo scolastico; aveva previsto bene, allora. Se solo lui e Sully avessero provato ad accerchiarli, sarebbero già partiti a sparare prevenuti per crivellarli di colpi. Era quello che avrebbero fatto anche con lui, se solo non avesse avuto quel cubo a sua disposizione che aveva attirato la loro attenzione da bloccare le rispettive dita sul grilletto. Facendolo roteare con il braccio, Jake aumentò la potenza per lanciarlo in alto, verso di loro.

La traiettoria fu perfetta.

In questo modo si sarebbe posto tra lui e i cinque uomini, i due che si erano appena voltati per osservare col fiato mozzo e gli occhi spalancati gli ultimi istanti della loro vita. Aveva calibrato anche l'intensità della carica per impedire al botto di coinvolgere i bambini dentro il bus; anche perché le sostanze sarebbero state fatali contro un essere umano, mentre un mezzo avrebbe potuto trattenere l'onda d'urto venendo solamente dissestato un po'. Gli dispiaceva per le orecchie di quei poveri bambini, tuttavia sarebbero stati immuni alla morte e non si sarebbero feriti. Era l'unica cosa che avrebbe potuto fare per proteggerli.

Per proteggere anche Sully.

Quando l'esplosivo venne agganciato dal mirino della sua pistola, puntata in avanti con precisione, sorrise, rivolgendosi a quegli sguardi raccapricciati dal vicolo cieco cui erano vittima.

«Boom... – bisbigliò, dopo aver indietreggiato abbastanza verso il bordo, tenace e con uno sguardo vittorioso. – ...Shakalaka

Pressò il grilletto.
Il proiettile si scagliò fulmineo verso l'esplosivo che aveva costruito su due piedi; un concentrato di C-4 e carburante, il quale si sarebbe detonato con una scintilla e un po' di calore. Appena questo si conficcò sulla superficie, attivò il processo che Jake aveva realizzato; l'esplosione del C-4 creò una fontana di carburante infiammato che si riversò sui corpi dei cinque uomini. Questi non solo vennero coinvolti dall'onda d'urto e dal calore, ma bagnati di carburante presero fuoco e si bruciarono istantaneamente. L'autobus ondeggiò, mentre i bambini e l'autista si abbassarono con le orecchie tappate dalle mani per dimezzare il fischio che fece soffrire i loro timpani.

Le loro urla assordanti di panico non furono paragonabili a ciò che si riflesse nelle iridi azzurre sgranate di Sully. Non stava più nemmeno utilizzando il mirino per osservare la scena – in una posizione tra l'accovacciato e il carponi – poiché ad occhio nudo, nonostante la distanza, non fu impossibile; il suo cuore scalpitò comunque, il sudore freddo da intorpidirgli gli arti.
Jake era più lontano da loro da non essere preso dal carburante che schizzò maggiormente al lato del nemico, ma l'onda d'urto lo travolse in pieno. Non si perse nemmeno un momento del corpo dell'artificiere non toccare più il marciapiede per essere scaraventato fuori dal bordo del ponte.
E senza nulla che potesse impedirlo, Sully lo vide cadere.

«JAKE!» urlò, la sua voce che echeggiò per il fiume di quanto fu elevata.

L'ultimo suono che sentì Jake oltre il fischio perenne alle orecchie e al dolore al petto, una spinta che gli aveva per un attimo arrestato l'aria nei polmoni. Il suo corpo venne attratto dalla forza di gravità da non capire nemmeno quanto gli mancasse prima di collidere con l'acqua, avendo gli occhi chiusi, ma ci fu un segnale ben più grande a segnalargli che era tutto finito. Un enorme splash, simile ad un boato, invase i suoi timpani; un fruscio e poi un suono ovattato si sostituì a tutto il resto. 

Sprofondò celermente di qualche metro. L'acqua tentò di attutire la caduta e di mantenere il suo corpo ad una distanza ravvicinata con la superficie, ma fu inutile. Iniziò ad affondare e affondare. Come se fosse un macigno pesante, senza più qualcosa che lo aiutasse a rimanere in alto, il più vicino possibile alla luce. I vestiti e i capelli si muovevano lentamente, dolcemente, trasportati dal soave movimento dell'acqua. Le braccia erano ferme verso l'alto, completamente immobili. E le labbra erano ancora schiuse, dove bollicine abbandonavano costantemente i suoi polmoni, rendendolo privo di aria, ma pervaso di acqua, e aumentando il peso del suo corpo, immune ormai alla spinta di Archimede. 

Quando queste cessarono di uscire, le palpebre si sollevarono di poco.
Jake vide la fioca luce della superficie, un calore che lo fece sentire bene.
Era tutto finito. Ce l'aveva fatta. Non si era ferito nessuno questa volta.
Era stato un bene tornare nel Team Bravo, altrimenti come avrebbe potuto vedersela da solo Sully?
Sully.
L'ultimo nome che gli attraversò la mente. Dopodiché chiuse gli occhi.
E inerme, esanime, venne inghiottito dall'oscurità.

________________________________________________________________________________

Angolo autrice:

Ci spostiamo alla resa dei conti da parte dello stallo cui sono stati vittima Sully e Jake. 

Questo capitolo si presenta pieno di sottotesto, di elementi che mostrano parte della natura di Bravo Tre e Bravo Quattro, ma ancora deve affiorare del tutto per poter comprendere il motivo delle loro scelte e dei loro atteggiamenti. 

È stata solo l'autostima a indurre Jake a compiere questo sacrificio?

E questo lato che abbiamo visto di Sully, da dove è sbucato fuori? 

E sul finale....Cosa succederà adesso? 

Venerdì forse avrete le risposte...o forse no? Bhe, il prossimo aggiornamento sarà il Capitolo 79: Maledetta emotività. 

A presto!

Συνέχεια Ανάγνωσης

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