You'd have to stop the world...

By kurt_hummel_approva

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Long-Fic su Will Byers di Stranger Things (S1-S4 & S5 inventata da me) Missing moments della serie e momenti... More

Prologo
1. Mike ~PARTE PRIMA~
2. Pijama Party
3. White Christmas (Prima parte)
4. White Christmas (Seconda parte)
5. Magic in the air
6. Happy New Year Darling
7. Happy Birthday sweetie
8. Primo giorno
9. Dustin
10. Should I stay or should I go...
11. The Demogorgon...it got me ~PARTE SECONDA~
12. Darkness
13. Screams
14. And the shame...was on the other side (Prima parte)
15. The shame was on the other side (Seconda parte)
18. Hope
19. Nascondino

16. Il portale

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By kurt_hummel_approva

Giorno 3 — (Notte-...credo?)


Arrivai illeso fino a casa Wheeler. Nel cielo non avvistai alcun pipistrello demoniaco.

Ad un certo punto mi dovetti nascondere da uno di quei mostri più piccoli, ma quella volta stetti ben attento a non fare rumore.

Quando finalmente misi piede dentro casa Wheeler udii degli echi. Mi avvicinai al salotto e dalla televisione si poteva vedere delle particelle dorate tremare.

«La ricerca del dodicenne Will Byers si è conclusa nella tragedia. Il corpo di Byers è stato ritrovato nell'acqua di questa cava dalla polizia di stato, questa sera...»

...

Cosa...?

Cosa?

Ma io non sono morto.

O...forse lo sono? E questo è solo l'inferno per punirmi?

Ci pensai. Mi diedi un pizzicotto. Pensai di nuovo. Potevo ancora sentire la fame e la sete e la determinazione di uscire da quel buio. Mi chiesi se avrei mai rivisto la luce del sole. Se sarei mai riuscito a sentire del calore sulla mia pelle. Tossii un paio di volte per colpa dell'aria malsana.

No, non ero morto.

Non so spiegarmelo, ma per qualche ragione sapevo di essere ancora vivo.

Le vittime del mostro non ce l'avevano fatta, e se loro non c'erano riusciti, io dovevo sopravvivere per tutti quanti.

Per il signor Harry e per Barb.

Solo che...Mike, mamma, Jonathan...

Loro non lo sapevano. Non sapevano che ero ancora vivo! Come avrei fatto a farglielo capire? A quel punto si dovevano già essere tutti arresi.

Come potevo aggiustare le cose?

Scesi nella versione demoniaca del seminterrato di Mike e mi sedetti sulle scale, sempre pronto all'azione.

La barretta semi ammuffita di quella mattina e il sorso d'acqua non mi bastavano già più. Mi sentivo la testa girare per lo sforzo di scappare e lo stomaco stringersi su sé stesso.

Era arrivato il momento di aprire il pacco di Reese's Pieces.

Tirai fuori la confezione. King Size - Reese's Pieces - E.T's favorite candy!

C'era ancora la pubblicità di quel film sopra.

Aprii il pacchetto, presi tre caramelle al cioccolato e burro d'arachidi e le mangiai. Il sapore era sempre buono come mi ricordavo (neanche fossero passati cento anni...) e sperai che la sete non arrivasse subito.

Chiusi il pacco con una molletta che avevo nello zaino (non so cosa ci facesse lì) e mi appoggiai per terra, la schiena sul divano di Mike.

«One day is fine and next is black...» iniziai a canticchiare. Guardavo il soffitto e pensavo che ormai la speranza stava svanendo. Ogni ora, ogni giorno che passava. Più tempo spendevo in quel luogo, più sentivo che stavo perdendo me stesso.

«So if you want me off your back...» è stupido. Ma sperai che qualcuno potesse sentirmi. Non mi era ancora chiara tutta la 'cosa delle luci e delle voci'.

«So come on and let me know

Should I stay or should I go?

Should I stay or should I go now?

Should I stay or should I go now?

If I go there will be trouble

And if I stay it will be double-»

«Will—sei— tu?— Sono —Mike! —Mi —senti?— Passo.» Smisi subito di cantare. Mi sollevai in piedi. «Mike?»

Ma l'eco se ne era andato in un lampo, così come era arrivato.

Per un attimo pensai di essermelo immaginato. La testa cominciava a giocarmi brutti scherzi.

Ero sfinito. Mi accasciai per terra, sperando di non essere svegliato da nessun mostro. Tolsi la sicura al fucile, che ormai mi portavo appresso da giorni (quanto tempo era passato? Tre giorni giusto? Almeno, questo è ciò che ho sentito dal telegiornale...)

Appoggiai l'arma sul pavimento, proprio accanto a me.

Mi tolsi lo zaino e lo abbracciai, sperando che mi aiutasse a sopportare il freddo, per qualche motivo.

Lì, per terra, pregai che mi trovassero presto.

Mi addormentai.

Solitamente nei libri si scrive «Si addormentò pacifico e tranquillo» o «Cadde in un sonno ristoratore».

Questo non fu il caso.



Giorno 4

Mi svegliai udendo dei passi al piano di sopra. Non prometteva nulla di buono. Con le ossa rigide mi alzai lentamente. Mi faceva male tutto. Continuavo a gemere di dolore, cercando di non farmi sentire. Dio santo, sembravo un bambino.

Beh, ero un bambino.

Mi misi lo zaino in spalla e agguantai il fucile. Mi appallottolai sotto il tavolo di Mike, pronto a sparare. Non riuscii a controllare i miei respiri pesanti, che continuavano ad uscire dalla mia bocca involontariamente.

Non mi deve sentire.

Sentii gli scalini del seminterrato scricchiolare sotto il peso di qualcosa.

Pregai dentro di me di non scoprire cosa quel 'qualcosa' fosse.

La creatura però, si avvicinò ben presto al mio nascondiglio.

Sembrava come quella che mi aveva rapito, cosa che non mi aiuto a controllare i respiri isterici.

Avevo il fucile puntato davanti a me.

Solo dieci proiettili rimasti.

Potrai rimandare la tua morte per solo dieci volte.

E probabilmente non uscirai mai di qui.

Resterai bloccato all'inferno per sempre.

Scacciai quei brutti pensieri e mi concentrai sul mostro. Non c'era via d'uscita. Conoscevo il seminterrato di Mike meglio delle mie tasche. Se quella creatura non si spostava, non potevo neanche rischiare di fare una corsa disperata verso le scale.

In un salto mi avrebbe acchiappato subito.

Attesi.

Vidi le gambe del mostro piegarsi.

Si stava piegando per vedere sotto il tavolo.

Feci scattare il fucile e il mostro fece uno scatto.

Me lo ritrovai faccia a faccia, con le fauci terrificanti spalancate, a ruggirmi sul viso.

Sentii un tanfo nauseabondo uscire da quella bocca mostruosa. Mi chiesi quante persone aveva ucciso.

Divorato.

La bava mi arrivo fino ai capelli, umida e disgustosa.

Successe tutto in pochi secondi.

Premetti il grilletto. Il mostro fu colto di sorpresa e cadde all'indietro.

Allo stesso tempo il rinculo del fucile mi aveva sposato di tre centimetri indietro sul pavimento sudicio.

Mi alzai di corsa, prima di perdere quei pochi secondi di vantaggio che avevo appena ottenuto. Non li avrei certo gettati al vento così.

Corsi come un pazzo su per le scale, udendo il ruggito del mostro, che si era ripreso dalla sorpresa e dal colpo di proiettile.

Corsi fuori, fino a ritrovare la mia bicicletta, abbandonata lì dal giorno prima.

Nove proiettili rimasti.

Ero talmente spaventato che non mi fermai neanche per mettere nuovi proiettili. Pedali alla velocità della luce fino alla mia casa.

Ancora oggi non sono sicuro di come io sia sopravvissuto.

Il mostro aveva semplicemente smesso di inseguirmi?

Dubito.

Sembrava quasi...

Ma è assurdo...

Eppure...

Si insomma...il mostro sembrava quasi avere...uno scopo.

Lanciai la bicicletta a terra e corsi dentro casa.

Chiusi la porta dall'interno (non che avesse funzionato l'ultima volta), e mi abbandonai contro la parete. Con le ginocchia piegate e lo zaino su di esse, tirai fuori un nuovo proiettile. Caricai il fucile e diedi un sorso all'acqua.

Presi tre caramelle Reese's Pieces e le mangiai, pregando di non aumentare la sete.

Considerai le mie possibilità.

Ormai, la speranza di uscire da quel posto era quasi morta.

Tutti i metodi per comunicare con mia madre avevano fallito, o erano risultai non abbastanza efficienti per provare a spiegare dove fossi. Persino con l'alfabeto era troppo complicato anche solo provare.

Il telefono durava pochi secondi, ed era molto difficile farsi sentire. Le luci davano solo due possibilità: SI e NO.

Se solo mamma avesse saputo il morse code...ma valeva quanto l'alfabeto fatto di luci. Sempre tutto troppo complicato.

Non sapevo dove fossi. Ero da solo. Le uniche persone ad aver condiviso la mia esperienza erano morte. Io ero ancora vivo. Ma lo potevo sentire...che sebbene stessi riuscendo a scappare dai mostri...quel luogo mi stava uccidendo.

Lo potevo sentire nell'aria tossica che respiravo.

Nella terra marcia che calpestavo.

Dentro di me sapevo - sapevo - che prima o poi sarei morto. Di freddo, di fame, di sete, per intossicazione.

Quel luogo era come un cancro.

Piano piano si stava insinuando dentro di me, facendomi ammalare.

Non era come un mostro.

Non potevo sparargli.

Ero completamente impotente davanti alla mia stessa fine.

Non era una cosa da cui potevo scappare.

E, prima o poi, mi avrebbe ucciso.

Lo sentivo dentro di me.

E piano piano stavo iniziando ad accettarlo.

Nessuno mi avrebbe mai trovato lì.

Dopo tutto, come facevo a fargliene una colpa?

Neanche io sapevo dove fossi.

Non so nemmeno quale fosse la cosa più terribile: non sapere dove fossi, sapere che sarei morto lì, sapere che anche nella morte non avrei mai lasciato quel posto.

Già.

Chi sa cosa sarebbe stato peggio...

I miei occhi si erano ormai abituati al buio. Non potevo dire lo stesso del freddo, però.

Mi chiesi se avrei mai rivisto la luce del Sole. Le stelle, la Luna. Jonathan mi aveva raccontato che aveva solo tre anni quando gli americani misero piede sulla Luna per la prima volta. Mi disse che anche se era piccolo, si ricordava benissimo quella diretta tv, l'emozione di vedere l'uomo conquistare lo spazio.

Mi chiesi se avrei mai rivisto Jonathan. O la mamma. Mi mancava tantissimo. Era l'unica che avevo provato a raggiungermi. Era l'unica che mi aveva creduto.

Mi chiesi se avrei mai rivisto Dustin, o Lucas.

O Mike.

Mi mancava il mio migliore amico.

Mi mancava con tutto il cuore.

Passavamo quasi ogni giornata insieme da ben otto anni.

Non riuscivo neanche a immaginarmi un futuro dove non ci fosse lui.

Forse può sembrare esagerato o forse no. Ma io avrei speso tutta la mia vita con lui.

Lui era il mio...migliore amico.

Compagno di avventure (reali o fantastiche), supereroe personale per via dei bulli, l'unica persona a cui potevo raccontare tutto.

Beh...quasi tutto.

Ma quella è un'altra faccenda.

Il punto è che mi mancavano tutti.

E volevo solo riaverli accanto.

Non so quanto tempo passò.

So solo che dopo un bel po' di tempo che me ne stavo lì seduto, inizia ad udire Should I Stay or Should I Go.

Era la mamma! Stava di nuovo provando a comunicare!

La corrente di depressione e pessimo, fu per un solo attimo sostituita da uno schizzo di entusiasmo.

Stavolta dovevo fare sul serio.

Ripensai al giorno prima.

Il mostro aveva aperto un varco nel muro...ed era passato.

Mi chiesi se forse - solo forse - non potessi fare lo stesso. Era molto improbabile...ma valeva la pena tentare.

Andai vicino al muro.

Peccato che il mostro si affacciò per primo.

Fuori da casa mia, c'era la creatura. Ma stavolta ero guidato dalla disperazione di tornare a casa.

Uscii di casa e prima che potesse passare dal portale che stava creando, gli sparai in faccia.

Otto proiettili.

Caricai.

Sparai ancora.

E ancora.

E ancora.

Sei proiettili.

Il mostro se ne andò. Stava chiamando i rinforzi.

Entrai di corsa in casa e inizia a sbattere le mani contro il muro. Il portale era duro. Non aveva fatto in tempo a formarsi. Dannazione, non sarei mai riuscito a buttarlo giù.

Continuai a sbattere. Ero affaticato.

La dose di adrenalina di prima era già stata esaurita.

Iniziai a piagnucolare.

Respiravo male.

«Mamma?»

«Will?»

«Mamma?!»

Le lacrime mi iniziarono ad uscire dagli occhi.

Togli la fottuta carta da parati!

«Mamma...»

«WILL!»

«Per favore...»

Continuavo a sbattere. Togli la carta da parati!

Stavo esaurendo le forze. Mi veniva da piangere e singhiozzare, senza mai smettere.

Mi spaventai quando non la udii più.

«Will!» Mi venne un nodo alla gola.

«MAMMA!»

«Will! Sono qui! SONO QUI! Oddio...»

«MAMMA! Ci sei? Mamma?»

Strappò la carta da parati.

Iniziai a piangere. La potevo a malapena vedere. Ma fu abbastanza.

«Mamma?»

«Oh mio dio...Will!»

Si appoggiò al portale. Avevo il viso tutto bagnato dalle lacrime.

«Mamma!»

«Oh Grazie a Dio...tesoro. Will...» Toccava il portale come se stesse provando ad accarezzarmi, a consolarmi.

Io continuavo a piangere, sapendo di non avere molto tempo. Il mostro probabilmente aveva già chiamato dei rinforzi. E la creatura stava arrivando.

«Mamma...mamma sta arrivando!» Mi voltai. Fuori dalla casa sentivo il mostro avvinassi, attratto da quella forza di energia.

«Dimmi dove sei! Come arrivo a te??»

Stavo piangendo come un disperato.

«È come casa...ma è così buio...è così buio e vuoto. E fa freddo!» Il mostro si avvicinò alla casa.

«Mamma? MAMMA!» Mi si ruppe la voce. Ero al limite della disperazione. Volevo solo tornare a casa e riabbracciarla.

Lei era lì davanti a me. Pochi centimetri tra di noi.

Eppure non potevo tornare a casa.

Non poteva ancora salvarmi.

Ed io mi sentivo sopraffatto.

Il pericolo imminente.

I pianti di mia madre.

«Ascoltami! Giuro che ti troverò, ok? Ma adesso ho bisogno che tu ti nasconda.»

Il mostro colpì la porta. La stava sfondando.

«Mamma per favore!» Non volevo lasciarla. Non adesso che ero riuscito a parlare con lei.

Trova un modo di sfondare questo coso, ti supplico!

«No, no ascoltami...io ti troverò, ma ora devi scappare! Corri! Scappa!» Il mostro sfondò la porta. Ruggì, spalancando le fauci a forma di fiore.

Io, con le lacrime che sgorgavano dai miei occhi come fontane, mi allontanai dal portale, lasciando mia madre indietro. Ero così vicino.

Scappai.

Come mi aveva detto lei.

Fuggii nei boschi, sperando di seminare ogni creatura che mi stesse inseguendo.

Sfortunatamente, non fu così.


--<3--


Spazio autrice

Mi piace questo capitolo :) quanto angst...ah beh, serve anche quello. Se vi piace lasciate una stellina e un commento che mi fa sempre molto piacere <3 Alla prossima nerdini (boh vi chiamo così perché sono ossessionata da ST, ma ok...)

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