In una Gabbia di Matti

Galing kay Tagliuccio

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Non è un caso se i loro nomi possano ricordare i pianeti del Sistema Solare, nessuno di loro sa il perchè epp... Higit pa

Capitolo 2 - Il gigante dei pianeti
Capitolo 3 - Un buon samaritano

Capitolo 1 - Una pecora nera tra le bianche

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Galing kay Tagliuccio

Essere come gli altri ci introduce in un mondo pieno di stereotipi, notando tutto ciò che è simile e identico senza aver paura di imbattersi nel diverso. Stando tra i simili ci si imbatte solo in eventi o problemi simili, e ci accontentiamo nella nostra "quasi uguaglianza" e viviamo la nostra vita. Se avessi saputo cosa mi sarebbe successo, forse anche io avrei voluto essere una delle tante pecorelle bianche del gregge. Purtroppo non lo sono più.

"Quindi... Hai deciso. Te ne andrai da qui."

"Sì, forse cambiare aria mi farebbe comodo."

"Hai ragione, questo posto ti ha sempre limitato, Neptune."

"Forse è così, forse no. Non saprei come prenderla da questo punto di vista."

*CREEEEK!!*

E tra le chiacchiere, l'autobus grigiastro arrivò in quel villaggio. Con il suo zaino e la valigia, iniziò a salire lentamente i gradini del veicolo.

"Promettimi una cosa."

"Cosa?"

"Che ritornerai, prima o poi."

Decise di non rispondere. Non immediatamente, almeno. Ci doveva pensare su, più si cresce, meno si mantengono le promesse.

"Vedremo."

*BEEP BEEP!* *BEEP BEEP!*

"Ungh..."

E così il ragazzo aprì gli occhi, osservando il soffitto bianco e pulito della sua camera. Non era la prima volta che gli capitava di sognare qualcosa che gli era successo in passato, e come ci rifletteva decideva sempre di scartare il ricordo, ignorarlo e andare avanti. Sì alzò dopo una decina di minuti, osservando lo zaino che stava ai piedi del letto. Nonostante lo utilizzi per andare a scuola, non è ancora completamente vuoto dai ricordi di quel posto.
Fortunatamente la scuola di città era disposta ad occuparsi di lui economicamente, almeno fino a quando avrebbero pagato le tasse di istruzione. Non è l'unico che vive in un appartamento, ma non si sente meno solo. Ogni giorno è sempre lo stesso, esclusa la scuola: si alza, si guarda allo specchio, si aggiusta i capelli castani, lunghi fino alle due spalle e va avanti, nonostante li tenga sempre spettinati.
Neptune riesce a badare a sè stesso, fortunatamente. È una cosa che solo in pochi a 15 anni sono capaci di fare.
Il suo appartamento era principalmente composto da una camera da letto, una cucina mista a salotto, con un piccolo divanetto che si affacciava ad una TV vecchiotta. Dall'altro lato vi era l'angolo cottura, divisa dall'angolo salotto solo da un tavolo di legno bianco e una sedia. In quella zona vi erano con un forno, un frigo e un microonde, attorno a qualche scaffale dove custodegs i suoi utensili da cucina e accanto un piccolo vasetto, dove stava crescendo un ravanello piuttosto massiccio e maturo. Gli piaceva prendersi cura delle piante per quando il suo tempo libero fosse quasi misero. In camera aveva un vaso di margherite bianche, alcune purtroppo appassite.
Appena finì di vestirsi e di fare colazione mise quello che gli sarebbe servito nello zaino, già colmo di oggetti. a volte li guarda prestandoci attenzione, altre volte no. Non si sa nemmeno perché ci sia una ghianda lì dentro, lasciata a miglior vita da ormai quasi 2 anni. Oltre a quella vi sono anche una conchiglia, un libro riguardante la cura del proprio orto, e una fionda. Gliel'aveva fabbricata da piccolo, quando ancora lavorava in falegnameria. Non lo ha mai ritenuto un padre, ma si è sempre preoccupato per lui.
Uscì dopo aver fatto bene o male quello che c'era da fare, la mattina non è mai stata tanto entusiasmante, anche perché non usava nè TV nè cellulare. Il sole di Settembre accecò i suoi occhi dorati con i suoi ultimi raggi caldi e luminosi, e tra il rumore delle macchine che sfrecciavano, sentì un paio di passi avvicinarsi in quel marciapiede solitario. Dovette chiudere gli occhi cercando di coprirseli anche con la mano.

*THUMP! THUMP! THUMP!*

"Apri gli occhi e goditi il sole, una volta tanto!"

Appena riuscì a sfidare la stella e a guardarla dritta negli.. occhi? Dovette subito guardare altrove, sentendoseli bruciare.

"Non così, idiota!"

Disse, ridendo, per poi poggiare una mano sulla sua spalla. Intanto Neptune lo guardava con gli occhi rossi, per poi accennare un piccolo sorriso, mentre iniziò a strofinarseli delicatamente.

"Sei tu, Chris..."

Disse, osservandolo dal basso verso l'alto. I suoi capelli e la sua barbetta color carota diventavano quasi rossi sotto il sole. Si era vestito come al solito, una giacca larga, maglia nera, e dei jeans.

"Stai andando a scuola, Neptune?"

"Sì, e dovresti anche tu"

"Che ne dici se... Andiamo insieme la prossima settimana?"

"La prossima settimana?! Christopher, penso sia già un miracolo non abbiamo chiamato i tuoi genitori, e siamo solo al primo mese di scuola. Lo so che fai difficoltà a comprendere quello che senti e che vedi, posso aiutarti."

"Non pensi di avermi già aiutato abbastanza? Se sono ancora qui in questa scuola è per te, ora fai fare a me il lavoro sporco, ok?"

Neptune non si fidava, sinceramente parlando. La sua calma è purtroppo contagiosa, quindi mollò la presa e decise di fidarsi. Conoscendosi ormai da due anni, sa che il campagnolo non è del posto, ma gli è sempre stato accanto. Lo considera un migliore amico dopotutto.

"Invece, tu Neptune? Hai bisogno di aiuto?"

"Aiuto?"

"Sì, esatto, ci aiutiamo a vicenda, no?"

"Sì, credo. Ma non penso di aver bisogno di aiuto"

"Mmmh..."

Christopher iniziò a girargli attorno, e fingendo un monocolo con le dita, lo osservava come il più scemo dei detective.

"Ottimo! Allora io vado a prendere un po' di pane alla panetteria, se vuoi pranziamo insieme dopo."

"Certo."

"Bene! Ci vediamo dopo scuola!"

*THUMP! THUMP! THUMP!*

Disse, per poi alzare la mano per salutarlo mentre si voltò quasi immediatamente di spalle, riprendendo la camminata. Neptune aprì bocca, ma non uscì nulla, nemmeno un semplice "A presto". Sospirò, e riprese la sua camminata verso scuola.
Non riesce a spiegarsi questa mancanza di emotività, sempre se si può definire tale. È sempre stato così, o almeno crede. Forse da quando se ne è andato da lì è peggiorato, ma dopo che hanno pagato così tanto non torna di certo indietro. Prenderá il diploma e vedrá se ritornare o meno da loro dopo la Laurea.
L'unica cosa che divideva lui e il suo arrivo era una strada, formata da un marciapiede stretto e malconcio, dove erbacce provenienti dalla recinzione accanto spuntavano e rendere il passaggio ancora più ostico, eppure non gli dava fastidio, gli provocava una certa calma. Era solo lui, quel marciapiede, e la natura. Doveva essere grato che, dell'altra parte della strada, non vi era assolutamente niente se non una casta zona piana, forse abbandonata, che si divideva solo da un muretto di pietra. Le macchine che passavano creavano un certo trambusto, ma vivere nella provincia di Matame, da soli, dava una sensazione di pace che spingeva Neptune ad andare avanti.
Dopo all'incirca qualche minuto arrivò al cancello principale della scuola. Vedere il cortile cementato così pieno di gente non era comune, molto spesso la gente entrava e aspettava il suono della campanella in classe. L'edificio scolastico era composto dal piano terra e altri due piani superiori. Le pareti bianche sotto un tetto color oceano davano ancora un'aria estiva e spensierata, nonostante fosse tutto il contrario di quello che si potesse aspettare. Affacciava ad una piccola piazzola cementata che fungeva da cortile, principalmente occupato dalla strada che dava spazio alle macchine per parcheggiare anche all'interno della recinzione scolastica. Appena iniziò a camminare lì dentro si sentì gli occhi di qualcuno addosso, ma in quel momento decise semplicemente di ignorare questo sentimento e a palesarsi di fronte all'entrata, stranamente sorvegliata da un bidello. Osservò il ragazzo, con occhi scavati e infastiditi, solo dalla sua presenza

"Non ti ha detto niente nessuno, moccioso?!"

"Uhm... Non si corre sul pavimento bagnato?"

Disse, senza nemmeno guardarlo negli occhi. In quel momento lo prese dal colletto della felpa, costringendolo ad osservare la sua furia nei suoi confronti, come se avesse delle anime che aveva imprigionato nelle sue pupille

"Ti farò pulire i bagni se non la smetti con questo atteggiamento!"

Disse, per poi mollarlo.
"Intendo riguardo l'avviso scolastico! Sei stato espressamente escluso dalla giornata di oggi."

"Che ci sarebbe di tanto speciale, oggi?"

"Ora voi giovani non usate più i cellulari!?"

"In realtà io non lo uso vera-"

"Bah! Non mi interessa! Oggi c'è l'incontro con un eroe di guerra. I tuoi insegnanti lo avranno detto e non avrai prestato nemmeno attenzione!"

"E perché dovrebbe riguardare me?"

"È pericoloso. I pericoli sono imminenti, perfino la polizia di tutta Matame è pronta ad agire! Questo qui è un pezzo grosso, ragazzo, dovresti ringraziare ti abbiamo esonerato!"

"Perché lo avrebbero dovuto fare a priori?"

"Perchè i tuoi genitori-"

"Non sono i mie-"

"Bah! Non mi interessa! Sono troppo lontani! Se dovesse succedere qualcosa la reputazione della scuola calerà a picco!"

Da quel che si dice in giro per la scuola questo bidello è scorbutico con tutti. Si racconta che da piccolo è scivolato sul pavimento bagnato, sporcandolo nuovamente. Il bidello, per punirlo, gli fece pulire i bagni. Ora per questo è diventato un bidello scorbutico. Neptune non sapeva come prendere questa situazione, ma decise di usare il suo menefreghismo e coraggio per ignorarlo, e cercare di passare in mezzo a lui e la porta. Si mise di fronte a lui quasi immediatamente.

"Ti ho appena detto che non puoi passare..."

"Altrimenti?"

"..."

*POW! POW! SLAP!!*

Alla fine il ragazzo si ritrovò appoggiato al cancello principale dello stesso colore del tetto, con la faccia piena di schiaffi e un bernoccolo sulla testa. Alla fine questa situazione non era niente di speciale, per una persona normale restare a casa sarebbe stato più un pregio che difetto, eppure lui voleva fare parte di questa giornata scolastica. Essere diverso tra tutti è frustrante. Spesso non si capisce, spesso si trova quello che è divertente noioso e quello che è noioso divertente. È come soffocare in un oceano che non fa del male, ma accarezza, fa stare comodo. Eppure senza subire dolore si soffre, pensando che nessun altro sia come te. È così difficile essere uguali agli altri? Eppure tutti lo fanno.
Quasi arreso, decise di guardare il cielo, ormai quasi invernale, per qualche secondo. Almeno il sole continuava a splendere, e si accontentava del calore che gli dava.
Proprio quando iniziò a ritornare all'appartamento, una mano lo prese per il polso, e lo tirò indietro, nuovamente al cancello

"Ho visto che hai bisogno di una mano!"

Nel mentre, Neptune guardava la sua mano tenerlo stretto. Cercò di liberarsi scuotendo un po' il braccio

"Lasciami."

"Andiamo Neptune! So che vuoi entrare."

Smise di muoversi, guardandolo in maniera piuttosto dubbiosa.

"Come mi conosci?"

"Tutti ti conoscono!"

Per il ragazzo era impossibile tutto ciò, e di conseguenza si limitò semplicemente ad alzare il sopracciglio, con uno sguardo piuttosto annoiato

"Beh, no, non è vero... Ma facciamo parte della stessa classe. Mi sono trasferito quest'anno."

"Ah, capisco. Perché vorresti aiutarmi?"

"Perché ti trovo... Interessante. Sei il ragazzo misterioso di cui tutti, beh, non tutti, vorrebbero sapere più su di te. Ti ricordi di me, vero?"

"Uhm..."

Non sapeva nemmeno chi fosse, eppure aveva un aspetto così particolare. Capelli biondi, lunghi e lisci, naso lungo, una camicia nera e dei pantaloncini. Ha anche una giacca scura, più larga del dovuto.

"Fiammetta Xylo, piacere di conoscerti, ragazzo misterioso."

"Chiamami solo Neptune, Fiammetta..."

Ma come fa la gente a dare questi nomi ai propri figli? Beh, non che il suo sia diverso...

"Come pensi di aiutarmi?"

"Beh, non saprei, volevo solo aiutarti. Pensavo potessimo pianificare qualcosa insieme"

"Ma che-"

"Non ti preoccupare, ragazzo misterioso! Potremo avere la risposta proprio sotto il nostro naso!"

Non sapeva se fosse una battuta o meno, ma Neptune si era reso conto come Fiammetta fosse proprio strano. Rimase in silenzio, guardandosi attorno, fino a quando non decise di prendere il suo modo di dire alla lettera: Osservò il cappotto, poi i suoi occhi azzurri. Riosservò il cappotto, e poi rialzò nuovamente lo sguardo mentre gli occhi del biondo seguivano i suoi. Aveva capito.

"Perfetto! Ottima idea. Dimmi solo una cosa, come mai vuoi così tanto entrare?"

"Nessun... Nessun particolare motivo, penso sia solo ingiusto"

"Certo."

Non lo ha creduto nemmeno un po'.

"Devo andare a fare una cosa, ora, ti aiuterò tra 5 minuti."

Passò effettivamente qualche minuto, ma non ebbe il tempo di chiedergli cosa dovesse fare che sparì in pochi isranti. Era così pieno di energia che appena ritornò, aprì il suo giaccone e fece al ragazzo cenno di entrare.

*FRUSH! FRUSH! PUFF!*

"perché ci hai messo così tanto a ritornare? Dove sei stato, poi?"

Chiese, aggrappato al suo corpo gracile, ma sorprendentemente resistente. Non era sicuro su quanto potesse essere affidabile questo piano, ma ogni gioco valeva la candela. Era imbarazzante, stupido e idiota, ma tanto valeva provarci.

"Mmh! Mmpff mmh!"

"Eh!?"

E senza dargli risposta, si avvicinò nuovamente all'entrata, col suo cappotto chiuso, stranamente più grosso del dovuto.

"E ora chi abbiamo qui, un mago dello stile?"

Disse l'uomo, guardandolo da cima a fondo

"Hai veramente la forma del corpo così, strana?"

"Mhm!"

"... Apri la giacca, moccioso, non me la bevo."

Proprio quando sembrava funzionare, Neptune pareva essere nuovamente al punto di partenza, pronto ad essere picchiato da quest'uomo un'altra volta, ma tutto d'un tratto Fiammetta decise di sboccare sul bidello.

*BLEARGH!!*

"AAAAAH!! MA È SANGUE!"

Urlò, lo scorbutico, in maniera più schifata che impaurita. Ora la sua divisa si sporcò di un rosso acceso: perfino l'entrata si era dipinta di rosso, e il ragazzo nascosto poteva intravederlo da sotto il cappotto di Fiammetta
.
"D-Devo andare in bagno, mi scusi!"

Disse il biondo, spingendo l'uomo di lato e entrando finalmente nella scuola, che affacciava subito all'atrio principale dove si sarebbe tenuto l'evento tanto atteso. Aveva due strade disponibili, un corridoio a destra, e ovviamente a sinistra: prese la strada di sinistra, dovendo quindi percorrere di fretta tutto il corridoio con attorno le aulee delle altre classi, per poi entrare dalla porta del bagno alla sua destra. Ad ogni passo pareva cadere, inciampare e rotolare, ma la determinazione di Fiammetta lo spinse ad arrivare in un posto sicuro. Appena il ragazzo ebbe il via libera uscì dal cappotto e osservò il suo nuovo "amico", ora spettatore di uno spettacolo non così tanto piacevole. La sua bocca stava colando quanto più sangue possibile

"Fiammetta! Ma che-"

*SNIFF SNIFF!*

"..."

Rimase in silenzio, senza finire la frase.

"...Hehehe"

Alla fine la sua espressione cambiò, diventando stupito. Non si sapeva nemmeno se positivamente o negativamente

"Ma è pomodoro..."

"Ketchup per la precisione. Ha funzionato! Ora devo andare in un altro bagno. Se mi cercheranno qui ti beccheranno quasi sicuramente."

Non riuscì nemmeno a dire una frase di senso compiuto, stava semplicemente osservando quella macchia di ketchup sulle piastrelle un tempo pulite. Il bagno era fortunatamente vuoto, o almeno così sperava dato che le porte che si affacciavano ai gabinetti erano chiuse. In quell' ambiente così bianco vedere quel rosso quasi gli faceva male alla vista.

"Ricorda, ragazzo misterioso. Non so cosa hai in mente di fare qui, ma qualsiasi gioco vale la candela per qualsiasi cosa se è a fin di bene."

Detto questo, se ne andò, lasciando Neptune da solo insieme a quella macchia di ketchup. La osservò per qualche secondo, cercando di seguire il suo consiglio e pensare a qualche motivazione per poter venire a scuola in caso lo avessero beccato. Sarebbe un rischio beccarsi una punizione, meglio prevenirla se possibile. Alla fine decise semplicemente di improvvisare, e nonostante sia tutt'altro che un piano, si sentiva stranamente fiducioso, fino a quando la campanella non iniziò a suonare. Si pentì amaramente del suo istinto, ritenendo che improvvisare sia da puri idioti.

*DRIIIIING!*

Aprì la porta di legno, sporgendo la testa riuscì a vedere il corridoio precedente alla sua sinistra, e un prolungamento di quest'ultimo di fronte a sè. L'atrio da lontano pareva già pieno di professori, ed era proprio lì che si teneva l'incontro.
Sì dovette infilare in mezzo ad una classe, che lo guardò non con poco disaccordo e fastidio, ma poco gli importava. Appena arrivarono allo stesso atrio di prima, Neptune si sedette in una delle tante sedie, purtroppo non in chissà che modo coperto o nascosto, dato che il suo lato destro era vuoto, pieno solo dallo spazio apposito per fare passare gli altri studenti. La zona era formata da due grandi file di sedie divise da un passaggio centrale, di fronte ad essere vi era un piccolo palchetto di legno con delle tende, che occasionalmente lo coprivano dagli spettatori. Non era una zona molto grande, ma aveva il suo perché: Essendo questa scuola piuttosto piccola, furono sfruttate ogni zone al meglio, questa sarebbe solo un'area allargata del corridoio principale, che dava spazio anche all'entrata scolastica ma ora era un atrio.
Sembrava che tutti fossero presenti, tranne l'ospite d'onore. Neptune, ormai pecora nera in questa marmaglia di pecore bianche, decise di osservare I suoi dintorni con aria curiosa, voleva osservare una volta tanto quella zona che si distaccava dalla realtà fredda di quella scuola. Dalla pittura fredda e bisnca cadaverica, questa zona era scura, calda, quasi come se fosse un vero e proprio teatrino.
Stranamente non vi era nessun poliziotto o guardia, contrariamente a come aveva annunciato quel bidello.

"Non dovresti essere qui, ragazzo..."

Una voce proveniente dalla sua sinistra lo spaventò, facendolo sobbalzare. Si voltò velocemente, guardando il ragazzo accanto a sè: capelli biondi e corti, maglia da baseball, prevalentemente bianca e jeans. Probabilmente lo aveva già visto alte volte, solo di sfuggita. Sapeva solo che giocava a baseball, ma tutti lo avrebbero potuto capire da come si era vestito e dalla mazza accanto a lui. Sudava freddo, abbastanza da far salire al ragazzo una certa tensione, e un grande disagio.

"Ma che... Ma che ti prende? Come lo sai?"

"È complicato, non è una storia che ti riguarda..."

Balbettava, sembrava che nemmeno l'aria stesse uscendo dalla sua bocca.

"Lo so perché so chi sei... Sei l'unico diverso in questa scuola. Sei campagnolo no? Non sono ammessi qui, oggi."

Le sue parole non gli andarono giù, per niente. Dopo gli sforzi che aveva fatto per solamente entrare in questo edificio, sentire queste parole gli diedero sui nervi.

"Non hai risposto a alla mia domanda."

"Come è giusto che sia. Non dovevi essere qui, per nulla."

"Forse non sono l'unico che non doveva essere qui."

Neptune rispose, scrutandolo con uno sguardo che non dava nessun segno di positività. Non gli piaceva il suo modo di parlare, questa esclusione non gli andava giù. Si sentiva e voleva sentiesi un ragazzo normale, uno come tanti. Come risposta, gli occhi del ragazzo si spalancarono, stupito, arrabbiato, le sue pupille color topazio si rimpicciolirono e spalancò leggermente la bocca. Sembrava che Neptune gli avesse detto qualcosa abbastanza pesante da traumatizzarlo.

"Sei fastidioso, e cocciuto come un mulo, proprio come tutti i ragazzi in questa scuola..."

"Può essere."

Sottolineò, dandogli ancora più fastidio. A volte sapeva di essere una vera e propria spina nel fianco, ma non gli interessava essere stronzo. Neptune è sincero e diretto, si basa su quello che è vero e non ha paura di dimostrarlo, a nessuno.
Alla fine il ragazzo sospirò, guardando altrove mentre continuava a tremare leggermente. Qualunque cosa lo stesse affliggendo pareva distruggerlo dall'interno.
Subito dopo arrivò l'uomo che tutti aspettavano. Sbucò all'entrata principale, aprendola in maniera piuttosto scenica spalancandola completamente. Era insieme a quello che pareva un suo collega o assistente, vestito con giacca e cravatta. Il volto era nascosto da una bombetta. Il soldato si distingueva bene o male dalla sua figura imponente, molto alta e robusta. I capelli corvini, lunghi abbastanza da coprirgli il collo, il volto era pieno di rughe nonostante non dimostrasse tanta vecchiaia. Forse questo è l'effetto della guerra. Una cicatrice contornava il suo volto, partendo da una guancia all'altra. Si incammino per quel piccolo palchetto, per poi fermarsi proprio al centro del parquet rialzato ad osservare la platea per qualche secondo, prima di parlare.

"Allora, vi è piaciuta l'entrata di stile? Dicono che chi entra in ritardo è più affascinante."

Neptune lo osservò con uno sguardo che difficilmente si poteva descrivere, era di certo molto confuso, e giudicante. Di certo questa introduzione era piuttosto particolare. Per quanto non gli piacesse, la classe iniziò subito ad acclamare e applaudirlo.

"Huh?"

Non capendo come mai questo apprezzamento, il ragazzo si guardò attorno, per poi scuotere la testa e sospirare. L'unica cosa che attirò la sua attenzione, fu nuovamente il ragazzo accanto a lui, che guardandolo con disprezzo, iniziava ad alzare la mano. Con la paura che avvisasse i docenti, Neptune gli abbassò la mano, di forza.

"Ma che fai?!"

"Pensi sia idiota per caso?"

"Lascia la mano..."

"Costringimi a farlo."

Tra i loro bisticci, l'uomo iniziò a parlare.

"Io sono Notos Vènturi. Alcuni mi conosceranno, altri no, dipende da dove provenite."

Disse, accennando una fragorosa risata.

"Sono stato qui a Matame tempo addietro, credo siano stati una trentina di anni fa. Sono molto orgoglioso di aver cambiato questa città per il meglio. Sono qui con la speranza di ispirare o di aiutare tutti voi, se possibile di persona. Diciamo che ho tempo infinito fino a quando non scoppia un'altra guerra."

Rise nuovamente, senza contenersi. Anche la maggior parte degli studenti fece lo stesso, ammirati dal suo coraggio. Neptune era ancora a bisticciare, invece.

"Non so nemmeno come ti chiami, ma se sono qui non significa tu debba fare il paladino della giustizia e dire della mia presenza agli altri."

"Ma cosa stai dicendo? Non è per questo, ma lo diventerà se non stai fermo!"

"Come se ci credessi!"

"Vedi di ascoltarmi, tu, uhm... Uh..."

"Pensi di farmi paura, uh..."

Decisero di continuare quella piccola scenata, fino a quando non si fermarono improvvisamente, a guardarsi entrambi con fare interdetto. Tutti e due volevano dirne 4 all'altro, eppure non sapevano per niente il loro nome. Decisero di fare una piccola tregua, per stringersi la mano e guardarsi come se nulla fosse successo.

"Sono Neptune"

"Piacere, Basbat."

Fatto questo, si riguardarono come prima, scordandosi la loro presentazione civile.

"Vedi di ascoltarmi Neptune, o finisce male."

"Pensi di farmi paura, Basbat?"

E come avevano smesso di darsi fastidio, ricominciarono senza mezzi termini, mentre Notos continuava a parlare camminando tra le file di sedie.

"Ovviamente il mio compito non è proprio questo, sono stato convocato qui per vedere nuovamente questa città. Parlarvi del mondo, di inquinamento, milizia, società e bullismo. Penso però, che essere generici non basti. Ognuno di noi è diverso per quello che è, quindi ognuno vede queste argomentazioni in modo diverso."

E così continuò a camminare, voltarsi verso gli studenti e parlare. Non pareva più qualcosa di formale, e fortunatamente nessuno osava disturbare le sue parole, che tutti definivano sagge. Forse non tutti.

"Insomma, quante volte avete sentito di come non bisogna inquinare e di come il bullismo sia sbagliato? Vero giovane?"

E fu proprio in questo momento, che Notos poggiò la sua mano sulla spalla di Neptune. I due interruppero quella piccola faida. Basbat era stranamente terrorizzato, mentre il ragazzo non osò nemmeno guardare il soldato dritto negli occhi. Sì limitò a sospirare e a guardare basso, con un'espressione piuttosto seccata.

"Merda."

Notos rise, questa volta senza fermarsi, mentre i docenti hanno iniziarono ad avvicinarsi. Appena notarono Neptune, lo mandarono subito in presidenza, creando un certo disordine generale che interruppe l'incontro con l'uomo.

"Nonostante le precauzioni e gli avvisi hai deciso di intrufolarti in una scuola controllata per assistere ad un evento potenzialmente pericoloso, rischiando di essere preso per terrorista o criminale. Forse lo sei comunque, date le numerose regole infrante in una sola giornata."

Neptune, la Preside, Notos e il suo assistente si erano spostati in una sola stanza, nonchè in Presidenza. Era una semplice stanza con una cattedra imponente, un mobile che conteneva i documenti di ogni anno scolastico, e una vetrata che si affacciava al centro città. L'incontro era stato temporaneamente sospeso, dato che a molti studenti sorse il dubbio che proprio il ragazzo in questione potesse essere un pericolo, un criminale, pronto ad uccidere il soldato. Non aveva più il suo zaino, ormai confiscato e messo da parte in uno dei tanti cassetti della scuola.

"Non so nemmeno chi sia quest'uomo. Non provengo da Matame, lo dovrebbe sapere."

Neptune rispose, seduto su una sedia di fronte alla donna che avrebbe potuto cacciarlo definitivamente dalla scuola. Nel frattempo, Notos osservava divertito la scena.

"Infatti non credo a queste menzogne, ma per la miseria, Neptune! Non puoi mandare in fumo un incontro così importante! Rischi di essere cacciato, non saprei nemmeno come prendere la situazione. Come mai oggi ti sei svegliato con questo grande desiderio di venire nonostante tutto?"

La preside chiese, un po' preoccupata per lui, ma non nascose anche il disappunto che stava provando: lei era seduta sulla cattedra, dando le spalle alla vetrata. Neptune scosse la testa, chiudendo gli occhi mentre cercava di sistemare tutti i pensieri che gli entravano e uscivano nella sua testa. Aveva paura, e avrebbe fatto di tutto pur di non mostrare la sua insicurezza, il suo sentirsi diverso. Forse aveva preso questa cosa anche un po' troppo seriamente.

"Mmmh..."

"Allora?"

"Non... Non è qualcosa a che devo dire, non a lei. E no, non mi interessa risolverla, se ho fatto qualcosa è perché ritengo giusta farla, finché non faccio male a nessuno non ho motivo di giustificarmi."

"Allora dillo a me."

Il soldato decise di intromettersi, accennando un sorriso.

"Prima o poi la verità va a galla, ragazzo. La tua cocciutaggine non è la soluzione a tutti i problemi."

Dopo quella risposta, Neptune riteneva fosse già un miracolo il fatto che la preside non gli sia saltata addosso dalla rabbia. Aveva uno sguardo piuttosto furibondo, ma abbassò velocemente i toni quando Notos iniziò a parlare.

"Ma, signor Vènturi... Il suo incontro in questo modo verrà-"

"E sia."

"Mi vuoi fare odiare da tutti per caso?"

Neptune rispose, un po' agitato.

"Non lo farei mai. Se tu avessi ascoltato quello che ho detto capiresti. Dissi che avrei aiutato tutti i tuoi compagni, uno ad uno."

Fece una linguaccia, proprio come fanno i bimbi, pronti a rinfacciare la verità detta dalla loro mamma. Il ragazzo rimase basito, senza parole, non sapeva nemmeno come descrivere quell'uomo così strano e sereno.

Alla fine la scuola accettò passivamente la temporanea sospensione dell'incontro. Notos, per poter aprirsi meglio con Neptune, decise di portarlo nuovamente al cortile cementato. Scelse appositamente un angolo indisturbato, situato nella parte più lontana di quella sorta di piszzola. Il suo assistente decise di seguirlo, nonostante il soldato non fosse pienamente convinto.

"Sei venuto per incontrare il mio bel faccino o i miei muscoli possenti, ragazzo?"

"Prossima domanda per favore."

"Per il mio carisma?"

"Assolutamente no."

"Forse per la mia fama?"

"Senti, preferisco finire la faccenda qui, me ne posso semplicemente tornare a casa e tu puoi ritornare a fare quello che vuoi. Sprecare tempo così è inutile"

"E vuoi tornare di nuovo tra quelle montagne lassù a Nord-Ovest di Matame?"

"No, ma come lo sai!?"

Neptune spalancò gli occhi, e con la bocca schiusa si chiedeva come sapesse della sua provenienza. I suoi occhi ormai erano fissi su di lui, che rispondeva con il suo solito, caloroso sorriso.

"Un compaesano riconosce un altro. Penso che la testardaggine sia un tratto comune tra noi."

Il soldato disse, per poi mostrargli il suo zaino, precedentemente confiscato.

"Prometto di darti questo zaino, se mi dirai a cosa devo la tua presenza!"

Neptune sbuffò, piuttosto seccato, ma nonostante tutto sapeva che raccontare - almeno solo a lui - i suoi problemi riguardanti la sua "diversità", sarebbe stata la scelta più intelligente, e forse la meno dolorosa.

"Lo trovo semplicemente ingiusto."

"Cosa?"

"Ma ci sei su questa terra, almeno!?"

Solo Neptune aveva la sfacciataggine di parlare ad un eroe di guerra a suon di insulti.

"Sono venuto qui per potermene andare dalla montagna, per essere finalmente un ragazzo come tanti, di città. Nonostante tutto però c'è sempre qualcosa che mi ricorda come non sia come gli altri"

"E quindi sei venuto qui per partecipare a questo eventuccio come gli altri."

"Più o meno..."

"Vuoi limitarti a tanto, ragazzo? La città è noiosa."

"Certo, in paragone alle trincee è noiosa, ma non vado in guerra nemmeno se mi dovessero pagare fino al mantenimento!"

"Non intendo questo."

Disse l'uomo, accennando una risata alle parole del ragazzo.

"Vieni dalle montagne, hai così tanto potenziale! Vuoi rischiare veramente di essere un dipinto come tanti? Una copia di una rivista?"

Neptune non risposte, abbassando il capo. Eppure gli dava fastidio. Non può semplicemente fare quello che vuole?

"Non ti costringerò, ragazzo, ma almeno vorrei che tu ci riflettessi bene d'ora in poi a questa tua diversità, sempre se la puoi chiamare tale. Perché invece, non la chiami "originalità"?"

Neptune continuò a rimanere in silenzio, accennando solo un pesante sospiro. Alla fine di tutto ciò, Notos gli porse il suo zaino.

"Hai un paio di cose interessanti qua dentro, non perderle."

Aggiunse il soldato, per poi iniziare ad incamminarsi verso l'entrata della scuola. Passò però relativamente poco, prima che il suo assistente poggiò una mano sulla spalla del ragazzo, spingendolo all'indietro per poi impugnare una pistola, puntata verso la testa dell'uomo. Neptune cadde per terra, rotolando all'indietro mentre mollava la presa del suo zaino, che cadde poco distante da lui. Per essere una spinta gli aveva fatto piuttosto male.

"Ma che-!?"

*CLICK!*

"Fermi. Tutti e due."

Notos si voltò, osservando l'uomo puntargli l'arma addosso. Il ragazzo rimase pietrificato al guardare la scena, pareva non crederci. Sperava fosse una simulazione di qualche sceneggiata.

"Mi chiedevo quando avessi smesso di fingerti mio assistente"

L'uomo gli rispose, mentre nel suo volto iniziò ad apparire in piccolo sorriso.

"Se lo sapevi perché hai deciso di non fare niente!?"

Neptune rispose. La sua paura si trasformò in rabbia con quella domanda.

"Perché non ho mai avuto un assistente, speravo potesse aiutarmi molto di più e fare un lavoro più dignitoso. Non è stato un bel travestimento."

"...EH!?"

In quel momento, sia Neptune che l'uomo con la pistola parevano concordare su una cosa: Notos era veramente un deficiente.

"POTEVI FERMARE TUTTO SUBITO MA NON LO HAI FATTO?"

Dissero all'unisono.

"Sì esatto!"

"MA CHE HAI NELLA TESTA!?"

"Sono troppo forte, vero?"

"No! Sei solo un-"

"Silenzio ora!"

Urlò, l'uomo armato, mentre la sua espressione iniziò a farsi più seria.

"Notos Vènturi... Finalmente posso guardarti con il disgusto che provo da anni a causa tua! Riporteremo Matame a quella che era un tempo, dopo che ti avrò fatto fuori."

"Wow, non sei proprio riuscito ad andare avanti."

"Hai rovinato tutto! Sei paragonabile ad un carnefice, un genocida! Sei un mostro Notos, solamente un mostro!"

L'uomo urlò, mentre Neptune osservava la scena seduto per terra. I suoi occhi si facevano sempre più piccoli ogni secondo che passava, e il suo corpo iniziava a tremare dalla paura. Ora doveva pure assistere all'uccisione dell'uomo che aveva interrotto e portato fuori.

"Io, genocida?"

"Pensi veramente di aver fatto bene alla città!? Fermando la medicina che avrebbe potuto curare tutto, ci hai solo rovinato!"

"Ah, sì?"

Notos rispose, con un sorriso piuttosto beffardo. Il ragazzo non sapeva più qual era la situazione attuale, se credere alle parole del soldato o meno. Cos'era questa faccenda della medicina, adesso?

"Penso che i tuoi superiori ti abbiano detto un paio di storielle inventate."

"NON OSARE INSULTARLI O SEI MORTO!!"

"Tanto muoio comunque, no?"

"BRUTTO-"

*THUD! CRACK!!*

Neptune aveva preso lo zaino, e con la fionda scagliò la pigna che vi era all'interno contro la testa dell'uomo armato. Non aveva idea del perché lo aveva fatto, non voleva vedere nessuno morire, specialmente Notos, proprio ora che lo stava un minimo comprendendo nonostante non vedessero il mondo con gli stessi occhi. Nemmeno lui saprebbe descrivere quale forza lo aveva spinto a compiere questo gesto, lo aveva fatto e basta. Non voleva che succedesse tutto ciò, si sentiva responsabile, colpevole di portare alla morte qualcuno, che forse, non se la meritava. Il discorso riguardante quella medicina lo aveva confuso, aveva fatto bene a fermarlo?

"Ma che-!?"

L'uomo osservò la pigna, per terra. Scrutò solamente poi il ragazzo con la coda dell'occhio, ora rosso dalla rabbia. Si girò e con la pistola puntata verso di lui, decise di sparare.

*BANG!!!*

"..."

Neptune rimase immobile, in silenzio. Notos riuscì ad ammazzare l'uomo prima che potesse premere il grilletto. A quanto pare, aveva creato un ottimo diversivo nonostante le sue intenzioni fossero diverse.

"Ottima idea, ragazzo."

"Ho ucciso... Una persona..."

"Sì, si può dire di sì, ma mi hai salvato, credo. Forse sarei riuscito a farcela anche da solo."

Neptune lo osservava, perso, spaventato.

"Nonostante tutto, te ne sono grato."

Dopo lo sparo ci fu un silenzio tombale, ma subito dopo, l'edificio scolastico scoppiò nelle urla disperate e nei pianti. Chissà chi altro aveva sentito.

"Sicuro di essere un ragazzo normale? Nessuno lo avrebbe fatto, probabilmente mi hai salvato la vita. Vuoi ancora distruggere la tua originalità per caso?"

"..."

"Riprenditi, perché ora è meglio se te ne vai. O meglio, ce ne andiamo. L'uomo ha parlato al plurale, probabilmente c'è qualcun'altro tra noi. Non posso più rimanere. Stai al sicuro Neptune."

L'uomo disse, andandosene da lì, in maniera pure tempestiva, dato che sembrava essere sparito subito dopo che Neptune distolse lo sguardo. Il ragazzo non riuscì a muoversi per un po', dovevo ancora metabolizzare quello che era successo: osservava il corpo inerme, ormai pieno di sangue. Notò due fodere di pistola, entrambe vuote: Notos gli aveva rubato l'arma chissà quando per potersi difendere. Alla fine scosse la testa, cercando di fare mente locale e iniziare a correre sotto le urla che spaccavano il cielo mattutino.
L'unica cosa da fare ora, era scappare. Decise di correre verso il cancello principale, ma dovendo passare accanto all'entrata, decise di osservare le porte spalancate della scuola. Gli studenti stavano correndo via, piangendo, alcuni erano sporchi di sangue, feriti e malridotti. Cosa stava succedendo esattamente? Dalle vetrate della porta notò una figura piuttosto anonima attaccare qualcuno con una mazza da baseball, ma da quel dettaglio riuscì a capire, purtroppo, chi fosse. Quella scoperta gli raggelò il sangue. Si sentì nuovamente responsabile di tutto ciò, doveva fermare tutto questo caos per conto suo, nonostante il terrore incombente che stava provando. Doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa. Decise di correre verso le porte ormai aperte, ed entrando si affacciò all'atrio, ora non più pacifico come prima. Le sedie erano disordinate, lanciate via e buttate attraverso i corridoi adiacenti. Il pavimento era sporco, di quel rosso che aveva già visto in precedenza. Non era Ketchup, però. Neptune alzò lo sguardo, uno sguardo troppo spaventato da poter descrivere con poco. Come gesto di autodifesa impugnò strettamente la fionda e aggrappò la toppa con tutta la manoz tenendosela stretta pronta a scagliare. Cosa però? Un bel niente. Voleva solo puntare ad essere uno stupido diversivo per trattenerlo, fino a quando la polizia non sarebbe arrivata. Qualcuno l'avrà pur chiamata, o almeno così sperava. L'importante per lui, al momento, è tenere nascosto con la mano la toppa vuota, cercando di far credere all'aggressore di essere pronti ad agire.

*CRACK!! THUMP! THAWCK!!*

"Basta così!"

Neptune urlò, attirando la sua attenzione. La mazza colava ormai di sangue. Fortunatamente si fermò, smise di attaccare i poveri malcapitati che gli capitano sotto tiro. Basbat osservò il ragazzo con la fionda stupito, in maniera però negativa.

"...Come fai ad essere qui? Dovrebbe averti sparato..."

Neptune non rispose.

"Cos'è, quella..?"

Indicò la sua fionda, color verde.

"Ma che razza di domanda è!? È una fionda idiota!"

"So che è una fionda! Intendo, cosa ci hai fatto!?"

"Notos ha ammazzato il suo assistente..."

Gli occhi di Basbat si spalancarono. Le sue braccia divennero molli. Con quell'affermazione pareva aver perso la ragione.

"Ma come..? Io... Io-Io ho sentito un colpo di pistola! Notos non... Non... Non ha pistole!"

Con quelle parole, Neptune capì chi fosse l'altra persona che il soldato aveva accennato, e c'è l'aveva proprio di fronte.

"Gli ha rubato una pistola ed ha sparato..."

Il ragazzo non sapeva esattamente come definirli, sinceramente parlando.

"Quindi anche tu sei uno dei... Dei..."

"Puoi chiamarci rivoluzionari se tanto vuoi..."

"Perchè devi fare tutto questo?!"

"Perché non capiscono! Non hanno mai voluto capire quello che il così tanto amato Notos ci ha fatto perdere! E tu! Sei uno di loro!"

Basbat puntò Neptune con la mazza. Il ragazzo reagì tirando a sè la toppa della fionda ancora di più, mentre digrignava i denti.

"Meglio se stai fermo..."

"Altrimenti?"

"Vuoi veramente saperlo!?"

"Da dove sbuca questa fionda, poi!?"

"..."

*GULP!*

Se glielo avesse detto tutta la furia omicida che aveva addosso gli si sarebbe scagliata contro. Ammettere di aver contribuito all'assassinio del suo collega non lo avrebbe aiutato per nulla.

"Uno di noi è morto! E tu, Neptune... Centri qualcosa... La tua presenza ha causato tutto questo! Ne sei cosciente!?"

"..."

"Non mi piaci..."

Basbat decise di corrergli contro. Neptune ormai era diventata la sua preda, un suo nemico. Chiuse gli occhi dallo spavento, lasciando la presa alla toppa che si scagliò contro il ragazzo con la mazza.

*THUD!*

Non gli venne addosso un bel niente, ma solo il movimento compiuto dall'elastico lo fermò, facendogli chiudere gli occhi con l'intento di proteggersi da chissà che cosa.

"...Ma... Non stavi tenen-"

*POW!!*

Neptune ne approfittò, dandogli una testata dritta sul naso. Un pugno, per quanto potesse essere più semplice, non sarebbe stato tanto efficace. Voleva solo mandarlo a terra il prima possibile, ora che era cosciente che le parole non servivano più a nulla. Basbat era andato, ora doveva solo difendere sè stesso, e involontariamente anche la scuola.
La fronte del ragazzo divenne rossa, e del sangue colò copiosamente fuori dal naso di Basbat, che cadde a terra.

"...Ugh..."

Si tenne la fronte, ma non ebbe in tempo di riprendersi che Basbat pareva già provare a rialzarsi.

"H-Hai... Scelto la via difficile, Neptune..."

Il ragazzo lo osservò, facendo qualche passo indietro. Dovette guardarsi altrove per cercare qualcosa da lanciare, ma niente di utile.
"Sarebbe stato molto più semplice, se non fossi venuto in questa scuola..."

Era spacciato.

*THWACK!!*

Con un colpo Neptune venne scagliato contro un muro dei due corridoi: comprese subito quale fosse, notando la porta del bagno alla sua sinistra: Nonostante la sua testa non riusciva a pensare in maniera lucida, al momento, si chiese dove fosse finito Fiammetta, se fosse riuscito a scappare in qualche modo. Purtroppo non poteva saperlo, e ora, era troppo impegnato a soffrire un colpo che pareva averlo già mandato K.O. . Non si sarebbe mai aspettato così tanta forza, gli lareva surreale, impossibile da immaginare, eppure ora la schiena e lo stomaco ne risentivano con questo colpo, che lo sbalzò di qualche metro. Rimase steso per qualche secondo, senza sapere cosa fare. Pareva essersi già arreso.

"Almeno avevi ragione, sei come tutti gli altri ragazzi. Cadi a terra allo stesso modo."

Basbat disse, per poi dargli le spalle.

"Mi toccherà fare le cose da solo..."

"..."

Ora era stato accettato come uno degli altri, uno fra tanti, una pecora bianca in mezzo a tutte le altre pecore bianche. Eppure ora gli dava fastidio. Gli provocava sconforto, rabbia. Cercò di rialzarsi, e di guardarsi attorno. Qualche pezzo di cemento si staccò dal colpo, questo però gli faceva solo ricordare il dolore pungente e bruciante alla schiena.

"Hey!"

Basbat si girò, al sentire la voce di Neptune.

*THUD!! SPLAT!*

In ginocchio, il ragazzo prese un piccolo sassolino di cemento, e nonostante la pesante debolezza che il colpo gli aveva causato, mirò sul volto del ragazzo. Quel colpò andò dritto verso il suo occhio, aperto.
Basbat urlò dal dolore e cadde a terra dal dolore, mentre Neptune pareva rialzarsi lentamente, sotto qualche colpo di tosse e sputo, che faceva uscire solo del sangue.

"Ugh..."

*COFF! COFF!*

"M-Mi hai giudicato troppo in fretta..."

Disse, con uno sguardo di sfida, quasi come se volesse provocargli un certo fastidio.

"I-Io...! Io ti... TI AMMAZZO! SEI MORTO!!"

Basbat cercò di rialzarsi il più velocemente possibile, in preda alla furia, per poi iniziare a corrergli addosso. Neptune da come era arrabbiato si spaventò, e senza nemmeno pensarci due volte, decise di correre via, prendendo il prolungamento del corridoio alla sua destra. I passi dei due parevano rompere il silenzio in quella che era una situazione al cardiopalma, e Neptune doveva fare quello che era possibile per cavarsela, o almeno, rimanere vivo. Tutte le classi che incinreava erano chiuse, forse anche sbarrate da qualcuno che probabilmente sperava di non essere stato beccato. Dopo un po', però, ogni strada finisce, e l'unica via disponibile erano un paio di porte, tra le quali, quelle della mensa di fronte ai due. Non ci pensò due volte e decise di tirare una spallata alla porta, aprendola ed entrando nella stanza, piena di tavoli e sedie che si accumulavano al centro della zona. Ai lati, vi erano soprattutto i banconi del cibo, e un paio di macchinette per offrire qualche scnak agli studenti. Fortunatamente era vuota, dopotutto era passata bene o male una misera ora da quando si era intrufolato, quindi non vi era nessuno presente. Nonostante la paura del ragazzo, decise nuovamente di sfruttare il suo particolare ingegno per trovare un modo di rallentare un attimo il pazzo con la mazza. Neptune decise di scivolare sotto uno dei tanti tavoli centri della mensa dopo averbe scavalcati un paio, evitando così di rallentare sè stesso per non dover passare attorno numerosi ostacoli comunemente chiamati tavoli e sedie. Basbat diede un colpo di mazza al tavolo, spaccandolo, ma non vi trovò nessuno.

*THWACK! CRACK!*

"...Ma che-"

"Qui! Idiota!"

Neptune urló, sbucando dalla parte opposta della mensa. Nonostante il tono sicuro del ragazzo, dentro di sè era tutt'altro che fiducioso delle sue capacità. Per quanto potesse essere capace di sopportare così tanto stress e terrore, sapeva che fisicamente non aveva speranza.

*THWACK! CRACK!*

Colpì nuovamente un altro tavolo, e Neptune era già sparito.

"Mancato, di nuovo!"

"Cosa pensi di ottenere così?!"

Neptune lo osservò quasi basito, fino a quando non decise di utilizzare la sua lingua tagliente per dirgliene quattro.

"Mmmh... Secondo te cosa?! Forse un pó di cibo perché ho fame?"

*THWACK! CRACK!*

E così iniziò un piccolo gioco di "acchiappa la talpa", dove Neptune provava a fare esaurire mentalmente e fisicamente Basbat nascondendosi da un tavolo all'altro, tra insulti e frecciatine.

"Forse voglio le chewing gum attaccate sotto i tavoli?"

"Tappati la bocca!"

*THWACK! CRACK!*

"O forse voglio soltanto sopravvivere!? Ding ding ding! Risposta esatta! Hai indovinato!"

"Basta!!"

*THWACK! CRACK!*

Ogni gioco però, ha una fine, e Neptune stava sottovalutando un lò troppo la furia di Basbat. Alla fine si nascose sotto un tavolo piuttosto scoperto, uno al limite della stanza, lontano dall'ammasso centrale di altre sedie e tavoli, tutti dello stesso colore. Il ragazzo divenne completamente pallido quando sentì una presenza minacciosa dietro le sue spalle.

"Beccato..."

"...Ti assicuro che non vincerai nessun premio se mi colpisci! Il tempo è finito! Vuoi ancora colpirmi?"

"Perchè non stai zitto e basta!?"

*THWACK! CLANK!!*

E proprio in quell' istante che Neptune venne scaraventato proprio contro il bancone della mensa, nell'esatto punto dove venivano messe in mostra le teglie del cibo e delle posate. Cadde dall'altra parte, provocandosi un forte dolore alla testa e ancora alla schiena, come se non fosse già abbastanza danneggiata. Le posate di metallo gli caddero addosso, e seduto per terra, ansimava. Si guardava attorno, in cerca di qualcosa, qualsiasi cosa che avesse potuto aiutarlo anche solo a poter respirare un altro paio di minuti.

"Pensi di star aiutando la gente, così?! Mi stai solo provocando un enorme fasti-"

*BAM!*

Usando lo stesso bancone come copertura, Neptune sentiva i passi del suo nemico avvicinarsi. L'unica cosa che poteva fare, era usare una delle tante teglie cadute e colpirlo di sorpresa, sbattendogliela proprio sul volto. Pareva essere svenuto.

"Ugh... Uff.."

Neptune osservava la scena, con la fronte grondande di sangue.

"Non voglio averci più a che fare, nemmeno morto, anche se ci manca poco..."

Borbottò fra sè e sè, mentre usciva dalla mensa. Di Basbat non vi fu nemmeno una reazione. Dopo qualche secondo Neptune era già nel corridoio, camminando debolmente verso l'uscita.

"NEEPTUUNEE!"

"ANCORA!?"

La voce del pazzo gli fece fermare il cuore dal terrore per qualche secondo, e riprese a correre, con gli occhi sbarrati. Passò accanto all'atrio, precedentemente colmo di persone, risate, applausi, ma soprattutto pace. Si spostò direttamente all'altro corridoio, che nè luì nè Fiammetta hanno osato passare prima. Era strutturato bene o male nello stesso modo del primo, unica differenza, è che al posto del bagno vi era un laboratorio di fisica che spesso veniva utilizzato dagli studenti. Oltre a questo e a ovviamente le altre classi, se si svoltava a sinistra vi era il continuo del corridoio che a lato, vi erano le scale per salire al primo piano. Tra le due scelte, Neptune si rifugiò nel laboratorio, sbarrando la porta con una delle tante sedie disponibili. Era composto soprattutto da dei tavoli uniti tra loro prendendo una forma ad U, essi si affacciavano ad uno schermo che servirà per trasmettere chissà cosa, e attaccatecalle pareti vi erano le teche dei macchinari ed esperimenti.

"Questo non molla! Ma come fa ad essere così determinato!? Volevo solo ascoltare un tipo strano in una giornata di scuola e ora mi ritrovo contro un pazzo vero e proprio!"

Non sperava nemmeno di poter nascondersi, non avrebbe funzionato, prima o poi lo avrebbe trovato soprattutto con le condizioni in cui era ridotto. Decise di perlustrare la zona, fino a quando non vide una delle tante teche di vetro del laboratorio, con dei pesi pesetti di 4 Kg, utilizzati spesso per fare i calcoli di qualche esercizio per la Tensione.

"...ma chi me lo ha fatto fare..."

Pensando ancora a tutto quello che poteva fare quel giorno, deglutì, e decise di prendere due di quei pesi e di inginocchiarsi dietro i tavoli uniti. caricò nuovamente la toppa della fionda con uno di essi, e rimase fermo ad osservare la porta attendendo, pazientemente l'arrivo di Basbat. Non era granché comodo, soprattutto per la grandezza dei pesi, che nonostante fossero più o meno circolari non si potevano contenere semplicemente in una piccola toppa di stoffa. Questo però era l'unica cosa adatta a difendersi, secondo lui.

*SBAM! CRACK!*

Nel frattempo, sentiva le altre porte, spaccarsi, aprirsi. Basbat bussava violentemente in ogni aula, e ogni volta Neptune pregava non ci fosse nessuno, che tutti fossero evacuati sfruttando il ragazzo come diversivo.
Alla fine, bussò alla sua porta.

"Esci fuori! Accetta il fatto che Matame è ormai rovinata!"

"..."

"Ma che ne sai, tu, di Matame?!"

"..."

Neptune continuava a prendere la mira in silenzio, cercando di ignorare le sue parole, nonostante le sue mani, debolmente, tremavano.

*SBAM! CRACK! CRASH!!*

Basbat aprì finalmente la porta, e Neptune, scagliò il colpo.

*THUD! SDANG!! CRACK!*

Nonostante I suoi sforzi, peró, Basbat fu abbastanza repentivo da usare la sua mazza per rispedire il peso al mittente, scagliandoglielo contro. L'oggetto, probabilmente in metallo, lo colpì in pieno volto, rompendogli del tutto il setto nasale. Dopo il colpo, Neptune pareva perdere le forze ogni istante che passava, si sentiva svenire, e i suoi occhi, ormai senza più orbite, guardavano il soffitto.
Era consapevole che se si fosse arreso in questo momento, sarebbe molto probabilmente morto. Non riusciva a capire nemmeno perché si fosse intromesso in tutto ciò, poteva evitare tutto, fare finta di nulla e dormire in quel letto, accettando il fatto di essere diverso. Poteva accettare di aver sbagliato a presentarsi a scuola in tutti i modi possibili, ha voluto scegliere il peggiore. Con quei pochi respiri che riusciva a fare, il suo sguardo ritornò a puntate il ragazzo con la mazza. Neptune digrignò i denti, unica cosa intatta della sua faccia, ormai dipinta di rosso, caricò l'altro peso e lo scagliò contro Basbat, prendendolo in pieno stomaco.

*THUD! BAM!!*

Il ragazzo rifiutò, per la prima volta nella sua vita di morire. Sputò una quantità abbastanza abbondante di sangue, e osservò Basbat cadere a terra, in ginocchio. Ora anche lui sapeva cosa si provava a subire 4 chilogrammi scagliati contro.

"E adesso... C-come la mettiamo..?"

Neptune sussurrò, mentre cercò di camminare fuori dalla stanza. Decise di calciare anche la mazza del ragazzo, come gesto di disgusto, ma una mano decisa gli afferrò la caviglia.

"B-Brutto..."

"AAH!!"

*THUMP! THUMP! THUMP!*

Una carica di adrenalina iniziò a scorrere in tutto il corpo del povero ragazzo, che, decise di reagire riempiendo Basbat di calci e pestoni in faccia. Neptune riuscì a liberarsi dalla presa e a correre via, portando questa stramba lotta ad una fuga per la propria vita. Uscì nuovamente in quel corridoio, ma decise di cambiare direzione: ritornare nuovamente all'atrio sarebbe stato soltanto inutile. Dopo qualche secondo apparve Basbat dietro di lui, che si lanciò come un animale contro il ragazzo, fortunatamente evitò di farsi prendere girando a destra, dove aveva visto precedentemente le scale dell'edificio. Salì al primo piano, che si presentava molto simile al precedente, se non fosse per la mancanza dell'atrio e del laboratorio di fisica, rimpiazzato con quello di chimica. Decise di correre il più lontanamente possibile dalle scale, rinchiudendosi in una delle stanze che affacciava al cortile cementato. La classe pareva stranamente ordinataz forse perché gli studenti erano scesi precedentemente ad ascoltare Notos. Gli zaini erano accanto alle sedie degli studenti, e i banchi erano colmi di libri e quaderni, giustamente abbandonati al destino dopo l'accaduto. Dopo averla ispezionata con lo sguardo per qualche istante si sedetteper terra, guardando l'entrata mentre cercava di usare tutta la forza rimasta solamente per poter respirare.

"Non voglio morire, non voglio morire, non voglio morire..."

Neptune continuava a ripeterselo nella testa come una sorta di preghiera, di ultimo desiderio. I suoi occhi vagavano con stanchezza per tutta l'aula, cercando di capire in che modo avrebbe potuto salvarsi. I suoi pensieri correvano come un treno, le sue idee svanivano, a volte le forze per pensare razionalmente mancavano. Aveva bisogno di riprendersi, di svegliarsi e di evitare di farsi abbracciare dagli arti freddi della morte, ma l'unica cosa che aveva trovato, era una forchetta metallica della mensa che era caduta nelle sue tasche.
Decise solo dopo di frugare tra i tanti zaini per cercare qualcosa da bere, in modo tale da poter riprendersi quanti bastava per non chiudere completamente gli occhi. Riuscì fortunatamente a trovare una bottiglietta d'acqua, e la aprì, a fatica. Appena se la avvicinò tra le sue labbra, umide di sangue, i suoi occhi osservarono mestamente la presa della corrente accanto alla porta. Solo dopo averci pensato un pò spalancò gli occhi, spremendo per sbaglio la bottiglia dall'emozione, bagnandosi il volto. Neptune aveva finalmente un'idea.

"Meglio essere stesi in ospedale, che in una bara... Non posso dire lo stesso di Basbat..."

Disse fra sè e sè, mentre si affacciava alla finestra per calcolare bene o male quanti metri doveva subire in una potenziale caduta.

"...Non so calcolare i metri esatti, merda..."

Imprecò, sospirando ora più frustrato di prima. Cercò però di riprendersi, iniziando a bagnare il pavimento di tutta la classe con le bottigliette d'acqua che riusciva a trovare negli zaini. Dopo aver completato ciò, si inginocchiò accanto alla porta. Appena puntò la bottiglia d'acqua alla presa iniziò a sentire dei passi pesanti avvicinarsi.

"Ma quando arriva questa polizia!?"

Disse, in maniera quasi arrabbiata e delusa, mentre iniziava a riempire la presa della corrente vicino all'entrata d'acqua. Cercava di fare più attenzione possibile per non metterne troppa, altrimenti quello abbrustolito sarebbe stato lui. Fatto questo iniziò ad indietreggiare lentamente, fino a quando la schiena già logora si scontrò contro il davanzale della finestra

*BAM! BAM! BAM!*

"SEI MORTO! SEI MORTO!"

Basbat urlava, mentre Neptune decise di salire sul davanzale, inginocchiandosi. Per quanto fosse pericoloso, era l'unico posto asciutto della disponibile. Sputò altrò sangue, ormai non sapeva quanto ne aveva perso. Infine prese la forchetta, e caricò la toppa con essa, mirando verso la presa della corrente. Stavolta decise di usare solamente tre delle sue dita, che stringevano la toppa attorno al manico dell'oggetto.

*BAM! BAM! BAM!*

Ora doveva solo aspettare.

*BAM!*

E aspettare...

*CRASH! CRASH!*

"SEI-"

*THUD! CRACK! ZZAAAAPP!!*

Appena Basbat sfondò la porta, Neptune scagliò la forchetta contro la presa umida d'acqua. Tutte e 3 le punte si conficcarono ai buchi della corrente, e iniziò il cortocircuito tanto sperato. Da qualche scossa iniziò un vero e proprio incendio: l'elettricità si propagò in fretta grazie all'acqua, e in meno che non si dica, il piano folle di Neptune andò a buon fine.

*BOOOOM!!!*

La classe esplose, insieme a Basbat, che sparì tra il fumo color pece. Probabilmente cadde a terra, finalmente privo di sensi. Neptune si salvò rimanendo inginocchiato sul davanzale, dovette solo resistere al colpo.

"H-Ha... Ha funzionato..."

Il ragazzo sussurrò, senza più forze, potendo finalmente rilassarsi. Nel frattempo, osservava tutta la classe bruciare

"...Spero non mi facciano pagare i dan-"

*BOOM!!*

Una seconda esplosione lo prese alla sprovvista. Venne spinto all'indietro, e cadde sul cemento freddo dal primo piano dell'edificio scolastico.
Si ruppe la schiena, e chiuse gli occhi, mentre in sottofondo, riusciva finalmente a sentire le sirene della polizia.

*WHEOO! WHEOO! WHEOO!*

Ipagpatuloy ang Pagbabasa

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