𝐴̶𝑝̶𝑟̶𝑖̶𝑙̶𝑒̶̶
𝐶̶𝑎̶𝑟̶𝑜̶ 𝑑̶𝑖̶𝑎̶𝑟̶𝑖̶𝑜̶, 𝑛̶𝑜̶𝑛̶ 𝑐̶𝑎̶𝑝̶𝑖̶𝑠̶𝑐̶𝑜̶. 𝑁̶𝑜̶𝑛̶ 𝑚̶𝑖̶ ℎ̶𝑎̶ 𝑎̶𝑛̶𝑐̶𝑜̶𝑟̶𝑎̶ 𝑐̶ℎ̶𝑖̶𝑎̶𝑚̶𝑎̶𝑡̶𝑎̶.
𝑁̶𝑜̶𝑛̶ 𝑔̶𝑙̶𝑖̶ 𝑖̶𝑛̶𝑡̶𝑒̶𝑟̶𝑒̶𝑠̶𝑠̶𝑎̶ 𝑑̶𝑖̶ 𝑞̶𝑢̶𝑒̶𝑙̶𝑙̶𝑜̶ 𝑐̶ℎ̶𝑒̶ 𝑚̶𝑖̶ ℎ̶𝑎̶ 𝑓̶𝑎̶𝑡̶𝑡̶𝑜̶? 𝑆̶𝑜̶𝑛̶𝑜̶ 𝑝̶𝑎̶𝑠̶𝑠̶𝑎̶𝑡̶𝑖̶ 𝑑̶𝑢̶𝑒̶ 𝑔̶𝑖̶𝑜̶𝑟̶𝑛̶𝑖̶, 𝑛̶𝑜̶𝑛̶ 𝑚̶𝑖̶ ℎ̶𝑎̶ 𝑛̶𝑒̶𝑚̶𝑚̶𝑒̶𝑛̶𝑜̶ 𝑠̶𝑐̶𝑟̶𝑖̶𝑡̶𝑡̶𝑜̶. 𝑁̶𝑜̶𝑛̶ 𝑣̶𝑢̶𝑜̶𝑙̶𝑒̶ 𝑠̶𝑎̶𝑝̶𝑒̶𝑟̶𝑒̶ 𝑠̶𝑒̶ 𝑠̶𝑡̶𝑜̶ 𝑏̶𝑒̶𝑛̶𝑒̶? 𝑁̶𝑜̶𝑛̶ 𝑣̶𝑢̶𝑜̶𝑙̶𝑒̶ 𝑣̶𝑒̶𝑑̶𝑒̶𝑟̶𝑚̶𝑖̶? 𝐶̶ℎ̶𝑖̶𝑒̶𝑑̶𝑜̶ 𝑠̶𝑜̶𝑙̶𝑜̶ 𝑢̶𝑛̶ 𝑚̶𝑒̶𝑠̶𝑠̶𝑎̶𝑔̶𝑔̶𝑖̶𝑜̶, 𝑛̶𝑒̶ ℎ̶𝑜̶ 𝑏̶𝑖̶𝑠̶𝑜̶𝑔̶𝑛̶𝑜̶. 𝐻̶𝑜̶ 𝑏̶𝑖̶𝑠̶𝑜̶𝑔̶𝑛̶𝑜̶ 𝑑̶𝑖̶ 𝑠̶𝑎̶𝑝̶𝑒̶𝑟̶𝑒̶ 𝑐̶ℎ̶𝑒̶ 𝑔̶𝑙̶𝑖̶ 𝑖̶𝑚̶𝑝̶𝑜̶𝑟̶𝑡̶𝑎̶. 𝐻̶𝑜̶ 𝑏̶𝑖̶𝑠̶𝑜̶𝑔̶𝑛̶𝑜̶ 𝑑̶𝑖̶ 𝑠̶𝑒̶𝑛̶𝑡̶𝑖̶𝑟̶𝑙̶𝑜̶ 𝑝̶𝑖̶𝑎̶𝑛̶𝑔̶𝑒̶𝑟̶𝑒̶ 𝑝̶𝑒̶𝑟̶ 𝑚̶𝑒̶, 𝑝̶𝑒̶𝑟̶ 𝑞̶𝑢̶𝑒̶𝑙̶𝑙̶𝑜̶ 𝑐̶ℎ̶𝑒̶ 𝑚̶𝑖̶ ℎ̶𝑎̶ 𝑓̶𝑎̶𝑡̶𝑡̶𝑜̶.
𝑉̶𝑜̶𝑔̶𝑙̶𝑖̶𝑜̶ 𝑙̶𝑒̶ 𝑠̶𝑢̶𝑒̶ 𝑙̶𝑎̶𝑐̶𝑟̶𝑖̶𝑚̶𝑒̶.
𝐻̶𝑜̶ 𝑏̶𝑖̶𝑠̶𝑜̶𝑔̶𝑛̶𝑜̶ 𝑑̶𝑖̶ 𝑠̶𝑎̶𝑝̶𝑒̶𝑟̶𝑒̶ 𝑐̶ℎ̶𝑒̶ 𝑒̶̀ 𝑢̶𝑚̶𝑎̶𝑛̶𝑜̶.
𝐻̶𝑜̶ 𝑝̶𝑒̶𝑛̶𝑠̶𝑎̶𝑡̶𝑜̶ 𝑑̶𝑖̶ 𝑠̶𝑐̶𝑟̶𝑖̶𝑣̶𝑒̶𝑟̶𝑔̶𝑙̶𝑖̶ 𝑝̶𝑒̶𝑟̶ 𝑝̶𝑟̶𝑖̶𝑚̶𝑎̶ 𝑖̶𝑜̶. 𝐹̶𝑜̶𝑟̶𝑠̶𝑒̶ 𝑠̶𝑖̶ 𝑡̶𝑟̶𝑎̶𝑡̶𝑡̶𝑎̶ 𝑠̶𝑜̶𝑙̶𝑜̶ 𝑑̶𝑖̶ 𝑓̶𝑎̶𝑟̶𝑒̶ 𝑖̶𝑙̶ 𝑝̶𝑟̶𝑖̶𝑚̶𝑜̶ 𝑝̶𝑎̶𝑠̶𝑠̶𝑜̶. 𝑆̶𝑐̶𝑟̶𝑖̶𝑣̶𝑒̶𝑟̶𝑒̶𝑖̶ 𝑠̶𝑜̶𝑙̶𝑜̶: 𝑆̶𝑐̶𝑢̶𝑠̶𝑎̶ ̶𝑠̶𝑒̶ ℎ̶𝑜̶ 𝑑̶𝑒̶𝑡̶𝑡̶𝑜̶ 𝑐̶ℎ̶𝑒̶ 𝑛̶𝑜̶𝑛̶ 𝑚̶𝑖̶ 𝑎̶𝑚̶𝑎̶𝑣̶𝑖̶. 𝐸̶𝑟̶𝑜̶ 𝑎̶𝑛̶𝑐̶𝑜̶𝑟̶𝑎̶ 𝑎̶𝑟̶𝑟̶𝑎̶𝑏̶𝑏̶𝑖̶𝑎̶𝑡̶𝑎̶ 𝑝̶𝑒̶𝑟̶ 𝑝̶𝑟̶𝑖̶𝑚̶𝑎̶, 𝑒̶ 𝑡̶𝑖̶ ℎ̶𝑜̶ 𝑝̶𝑟̶𝑜̶𝑣̶𝑜̶𝑐̶𝑎̶𝑡̶𝑜̶. 𝑁̶𝑜̶𝑛̶ 𝑎̶𝑣̶𝑟̶𝑒̶𝑚̶𝑚̶𝑜̶ 𝑑̶𝑜̶𝑣̶𝑢̶𝑡̶𝑜̶ 𝑓̶𝑎̶𝑟̶𝑒̶ 𝑠̶𝑒̶𝑠̶𝑠̶𝑜̶ 𝑑̶𝑎̶ 𝑎̶𝑟̶𝑟̶𝑎̶𝑏̶𝑏̶𝑖̶𝑎̶𝑡̶𝑖̶. 𝑄̶𝑢̶𝑒̶𝑙̶𝑙̶𝑜̶ 𝑐̶ℎ̶𝑒̶ 𝑒̶̀ 𝑠̶𝑢̶𝑐̶𝑐̶𝑒̶𝑠̶𝑠̶𝑜̶ 𝑒̶̀ 𝑎̶𝑛̶𝑐̶ℎ̶𝑒̶ 𝑐̶𝑜̶𝑙̶𝑝̶𝑎̶ 𝑚̶𝑖̶𝑎̶.
𝑁̶𝑜̶.
𝑁̶𝑜̶.
𝑁̶𝑜̶𝑛̶ 𝑝̶𝑜̶𝑠̶𝑠̶𝑜̶ 𝑐̶ℎ̶𝑖̶𝑒̶𝑑̶𝑒̶𝑟̶𝑒̶ 𝑠̶𝑐̶𝑢̶𝑠̶𝑎̶. 𝐿̶𝑜̶ 𝑔̶𝑖̶𝑢̶𝑠̶𝑡̶𝑖̶𝑓̶𝑖̶𝑐̶ℎ̶𝑒̶𝑟̶𝑒̶𝑖̶.
𝑀̶𝑎̶ 𝑣̶𝑜̶𝑟̶𝑟̶𝑒̶𝑖̶ 𝑓̶𝑎̶𝑟̶𝑙̶𝑜̶. 𝑆̶𝑜̶ 𝑐̶ℎ̶𝑒̶ 𝑛̶𝑜̶𝑛̶ 𝑒̶̶̀ 𝑢̶𝑛̶𝑎̶ 𝑝̶𝑒̶𝑟̶𝑠̶𝑜̶𝑛̶𝑎̶ 𝑐̶𝑎̶𝑡̶𝑡̶𝑖̶𝑣̶𝑎̶, 𝑖̶𝑛̶𝑓̶𝑎̶𝑡̶𝑡̶𝑖̶ 𝑛̶𝑜̶𝑛̶ ℎ̶𝑎̶ 𝑑̶𝑎̶𝑣̶𝑣̶𝑒̶𝑟̶𝑜̶ 𝑚̶𝑎̶𝑛̶𝑑̶𝑎̶𝑡̶𝑜̶ 𝑙̶𝑎̶ 𝑚̶𝑖̶𝑎̶ 𝑓̶𝑜̶𝑡̶𝑜̶ 𝑎̶𝑑̶ 𝐴̶𝑢̶𝑟̶𝑜̶𝑟̶𝑎̶. 𝐸̶𝑟̶𝑎̶ 𝑎̶𝑟̶𝑟̶𝑎̶𝑏̶𝑏̶𝑖̶𝑎̶𝑡̶𝑜̶, 𝑝̶𝑒̶𝑟̶ 𝑞̶𝑢̶𝑒̶𝑠̶𝑡̶𝑜̶ 𝑛̶𝑜̶𝑛̶ 𝑠̶𝑖̶ 𝑒̶̶̀ 𝑓̶𝑒̶𝑟̶𝑚̶𝑎̶𝑡̶𝑜̶ 𝑞̶𝑢̶𝑎̶𝑛̶𝑑̶𝑜̶ 𝑔̶𝑙̶𝑖̶ ℎ̶𝑜̶ 𝑐̶ℎ̶𝑖̶𝑒̶𝑠̶𝑡̶𝑜̶ 𝑑̶𝑖̶ 𝑠̶𝑚̶𝑒̶𝑡̶𝑡̶𝑒̶𝑟̶𝑒̶. 𝑆̶𝑜̶𝑙̶𝑜̶ 𝑝̶𝑒̶𝑟̶ 𝑞̶𝑢̶𝑒̶𝑠̶𝑡̶𝑜̶.
𝑁̶𝑜̶?
𝐷̶𝑖̶𝑜̶, 𝑠̶𝑡̶𝑜̶ 𝑐̶𝑒̶𝑟̶𝑐̶𝑎̶𝑛̶𝑑̶𝑜̶ 𝑑̶𝑖̶𝑠̶𝑝̶𝑒̶𝑟̶𝑎̶𝑡̶𝑎̶𝑚̶𝑒̶𝑛̶𝑡̶𝑒̶ 𝑑̶𝑖̶ 𝑔̶𝑖̶𝑢̶𝑠̶𝑡̶𝑖̶𝑓̶𝑖̶𝑐̶𝑎̶𝑟̶𝑙̶𝑜̶.
𝐴̶𝑣̶𝑒̶𝑣̶𝑜̶ 𝑑̶𝑒̶𝑡̶𝑡̶𝑜̶ 𝑏̶𝑎̶𝑠̶𝑡̶𝑎̶. 𝑆̶𝑡̶𝑎̶𝑣̶𝑜̶ 𝑝̶𝑖̶𝑎̶𝑛̶𝑔̶𝑒̶𝑛̶𝑑̶𝑜̶.
𝑀̶𝑖̶ 𝑑̶𝑒̶𝑣̶𝑒̶ 𝑙̶𝑒̶ 𝑠̶𝑢̶𝑒̶ 𝑙̶𝑎̶𝑐̶𝑟̶𝑖̶𝑚̶𝑒̶, 𝑐̶𝑎̶𝑧̶𝑧̶𝑜̶.
𝑁̶𝑜̶𝑛̶ 𝑠̶𝑜̶ 𝑝̶𝑒̶𝑟̶𝑐̶ℎ̶𝑒̶́ 𝑣̶𝑜̶𝑔̶𝑙̶𝑖̶𝑜̶ 𝑠̶𝑒̶𝑛̶𝑡̶𝑖̶𝑟̶𝑙̶𝑜̶ 𝑝̶𝑖̶𝑎̶𝑛̶𝑔̶𝑒̶𝑟̶𝑒̶. 𝑁̶𝑜̶𝑛̶ 𝑑̶𝑜̶𝑣̶𝑟̶𝑒̶𝑖̶ 𝑛̶𝑒̶𝑚̶𝑚̶𝑒̶𝑛̶𝑜̶ 𝑣̶𝑜̶𝑙̶𝑒̶𝑟̶𝑙̶𝑜̶ 𝑣̶𝑒̶𝑑̶𝑒̶𝑟̶𝑒̶. 𝐹̶𝑜̶𝑟̶𝑠̶𝑒̶ 𝑙̶𝑢̶𝑖̶ 𝑠̶𝑎̶ 𝑚̶𝑒̶𝑔̶𝑙̶𝑖̶𝑜̶ 𝑑̶𝑖̶ 𝑚̶𝑒̶ 𝑞̶𝑢̶𝑒̶𝑙̶𝑙̶𝑜̶ 𝑐̶ℎ̶𝑒̶ ℎ̶𝑎̶ 𝑓̶𝑎̶𝑡̶𝑡̶𝑜̶, 𝑝̶𝑒̶𝑟̶ 𝑞̶𝑢̶𝑒̶𝑠̶𝑡̶𝑜̶ 𝑛̶𝑜̶𝑛̶ 𝑚̶𝑖̶ 𝑠̶𝑐̶𝑟̶𝑖̶𝑣̶𝑒̶. 𝐹̶𝑜̶𝑟̶𝑠̶𝑒̶ 𝑒̶̀ 𝑝̶𝑒̶𝑟̶ 𝑞̶𝑢̶𝑒̶𝑠̶𝑡̶𝑜̶ 𝑐̶ℎ̶𝑒̶ 𝑛̶𝑜̶𝑛̶ 𝑚̶𝑖̶ ℎ̶𝑎̶ 𝑎̶𝑛̶𝑐̶𝑜̶𝑟̶𝑎̶ 𝑐̶ℎ̶𝑖̶𝑎̶𝑚̶𝑎̶𝑡̶𝑎̶.
𝑁̶𝑜̶𝑛̶ 𝑚̶𝑖̶ ℎ̶𝑎̶ 𝑐̶ℎ̶𝑖̶𝑎̶𝑚̶𝑎̶𝑡̶𝑎̶.
Con la penna stretta in mano Paulina prese a cancellare furiosamente ogni parola scritta su quella pagina, come se bastasse a cancellarle anche dal suo stupido cervello, da cui erano nate.
Stupido, stupido cervello, si ripeteva. Aveva captato tutti i segnali d'allarme, ma ingenuamente si era convinto che tenendo una distanza di sicurezza niente sarebbe andato storto. Le aveva fatto credere che sarebbe stata al sicuro fino a che non si fosse legata sentimentalmente a lui.
Invece non era bastato. E alla fine non era nemmeno riuscita a non volergli bene.
E lo sapeva che c'era qualcosa di deforme in quel suo sentimento, perché non era giusto desiderare disperatamente di salvare il legame che aveva con la persona che le aveva fatto tanto male.
Ma ne sentiva l'urgente bisogno. Il senso di colpa era una consolazione che le dava l'illusione di stare bene. Una convinzione che il suo stupido cervello si era inventato pur di rifiutarsi di accettare una verità scomoda.
Quello che aveva subito avrebbe gridato dentro di lei per il resto della sua vita.
Una pagina della sua vita che non bastava cancellare e accartocciare. Con le lacrime agli occhi e un senso di nausea alla bocca dello stomaco, camminò con la vista annebbiata e il passo incerto fino in cucina. Accese uno dei fornelli del piano cottura, avvicinò la carta alla fiamma che danzava selvaggia.
La pagina prese fuoco, in fretta. La fiamma era più alta di quanto avesse previsto. Spaventata Paulina la gettò nel vicino lavandino, e aprì il rubinetto quando la vide annerita e consumata. Finse che non ne fosse rimasta traccia, se non quell'odore acre di bruciato e di bagnato.
Ora era solo un mucchio di carta raggrinzita, adagiato sul fondo di un vecchio lavandino.
Irriconoscibile.
Forse doveva solo concedersi un po' di tempo. Il tempo che le sarebbe servito per scrivere una pagina di diario di cui non si sarebbe vergognata.