Il rintocco della mezzanotte

By CelsianaWhite

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Inghilterra, 1800. Artemisia è una ragazza solare, allegra, interessata a scoprire il mondo e ogni sua sfacce... More

Prologo
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16

Capitolo 1

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By CelsianaWhite


Le giornate si susseguivano pigre da quando suo padre aveva rinunciato all'idea di trovarle un marito. «D'altronde, almeno avrò la certezza di lasciarti una buona eredità.» Le aveva detto una mattina. «Non ci sono parenti maschi a cui lasciare la casa, quindi andrà tutto a te, e questo mi consola.» Le aveva sorriso dolcemente e lei si era sentita tranquillizzata da quelle parole.

Molte delle giovani donne che conosceva erano state costrette a gettarsi tra le braccia del primo gentiluomo interessato a sposarle, solo perché avevano un qualche lontano cugino che avrebbe ereditato tutte le proprietà della loro famiglia lasciandole senza niente.

Ma Artemisia era fortunata. Nessun cugino, da nessuna parte. «Devo ringraziare il cielo che la zia non abbia mai procreato allora.» Sorrise scherzosa al padre che la fulminò con lo sguardo.

«Non sono cose da dire, Artemisia!» Ma non riuscì a rimanere serio abbastanza da farla sentire in colpa.

Artemisia era già con un piede fuori dalla porta quando sentì il padre urlarle di far visita a sua zia. «E che ti sia da punizione per averla presa in giro!»

Si girò verso di lui e lo vide ridacchiare. «Forse allora dovresti venire anche tu a trovarla!»

Con le mani sui fianchi lo guardò con aria severa, la fronte corrugata la faceva sembrare quasi arrabbiata. Ma non durò che pochi secondi e poi si mise a ridere.

«Allora vado dalla zia, poi passo anche da Lady Moore!» Disse, salutando il padre con la mano, mentre oltrepassava la metà del vialetto.

Sulla strada per villa Taylor, la casa dei suoi zii, Artemisia ebbe modo di intravedere la signorina Evans a passeggio con uno dei gentiluomini che avevano danzato con lei all'ultimo ballo di Lady Moore.

«Ciao Janet!» La salutò da lontano, per non intromettersi nella loro conversazione. Nulla la annoiava di più che sentire i discorsi di un giovane corteggiatore alla sua amata.

Janet le sorrise, mentre il giovane che era con lei si portò una mano al cappello, in cenno di saluto.

Artemisia pensò che tra tutti gli uomini che avevano ballato con lei, Janet avesse scelto di farsi corteggiare proprio dal più brutto. Ma un'occhiata al suo bastone da passeggio le fece intendere che probabilmente era anche il più ricco.

Janet era la prima di quattro sorelle femmine e con un cugino maschio da parte della madre. Quindi doveva dare il buon esempio e trovare un marito entro la fine della stagione. Un marito ricco, ovviamente.

Artemisia si dispiacque per lei. Un sospiro le abbandonò le labbra mentre si perdeva tra i suoi pensieri.

La vita è veramente ingiusta a volte.

A distrarla fu la vista di una donna che armeggiava con le piante di un'aiuola a lei familiare. Sua zia se ne stava accucciata tra le piante, intenta a sistemare le rose e a borbottare contro le spine che le pungevano le dita.

Appena vide la nipote, la salutò con la mano e le chiese: «Come mai quell'aria corrucciata, cara?»

«Buongiorno. Nulla, nulla, ero solo un po' pensierosa» Non voleva tirare in ballo l'argomento matrimonio con sua zia, che non riusciva a comprendere il suo desiderio di rimanere nubile.

«Ti verranno le rughe a pensare troppo, tesoro.»

Mai quante ne sono venute a te, zia.

Nonostante i suoi commenti fossero spesso molto infelici, voleva bene a sua zia. «Cercherò di fare pensieri più felici allora.»

La signora Taylor fu soddisfatta della risposta della nipote e le riservò un gran sorriso, prima di invitarla in casa.

«Lo zio c'è?»

«No, cara, ma penso che rientrerà a breve. Che ne dici se nel frattempo ci prendiamo un tè?»

Artemisia annuì e seguì la zia nel salottino, dove rimase a chiacchierare a lungo.

Qualche ora dopo, lo zio di Artemisia era rientrato e aveva interrotto i pettegolezzi delle due donne.

«Buonasera, signore. Spero non abbiate parlato troppo male di me in mia assenza.» Il signor Taylor era un uomo di buon cuore, sempre pronto a scherzare con Artemisia e con la moglie. Aveva superato ormai la mezza età e i capelli brizzolati ne erano la prova, ma lo sguardo rimaneva giovanile e vivace. Entrando in salotto salutò la moglie con un leggero bacio sulle labbra, poi fece un cenno ad Artemisia. «Avete passato un buon pomeriggio?»

«Si, zio. Come al solito abbiamo chiacchierato tutto il tempo.» Poi si voltò verso l'orologio da parete che ticchettava dietro di lei. «Ora però credo che sia ora di andare, Lady Moore mi aspetta.»

Sua zia le fece segno di alzarsi. «Certo cara, non farla aspettare.» Si alzò a sua volta per accompagnare la nipote fino all'uscita. «Torna presto a trovarmi, mi raccomando.»

«Certo, zia!» Artemisia la salutò ancora, mentre si allontanava lungo il vialetto e si incamminava verso Debston House, la residenza privata di Lady Moore.

La donna, rimasta vedova e con un figlio disperso in guerra, spendeva il suo tempo organizzando feste e ricevimenti. Ma nonostante fosse spesso ospite di eventi mondani, le frivolezze non erano di suo interesse e invitava spesso Artemisia da lei per discutere dei romanzi che erano solite leggere.

Le due donne erano imparentate molto alla lontana, da parte della madre di Artemisia, e questo aveva sicuramente facilitato il loro rapporto. Negli anni Lady Moore le si era affezionata sempre di più e, quando il figlio era partito per la guerra, Artemisia era diventata parte della sua famiglia a tutti gli effetti.

L'ingresso di Debston House era sontuoso, con due grandi battenti dorati sempre perfettamente lucidati e un maggiordomo pronto ad accogliere gli ospiti.

«Signorina Marshall, buongiorno. La signora la sta aspettando.»

Artemisia era ospite di Lady Moore talmente spesso che non aveva più bisogno di presentarsi al maggiordomo.

«Oh cara, finalmente, pensavo non venissi più!» Lady Moore la accolse nel suo salottino.

«Sono stata trattenuta da mia zia, ma alla fine eccomi qua! Vogliamo riprendere da dove avevamo lasciato l'ultima volta?»

«Sì, ti prego, sono andata avanti con la lettura, e non posso credere che lui le abbia rivolto davvero quelle parole. Ma come si permette, così supponente!»

Artemisia non poté fare a meno di ridere. Era tipico di Lady Moore prendersela con il protagonista maschile di tutti i romanzi che leggevano, per poi alla fine innamorarsene comunque.

«Avete ragione, davvero pretenzioso da parte sua aspettarsi che lei accettasse una richiesta di matrimonio come quella. Ma sono sicura che si farà perdonare, i gentiluomini ci riescono sempre!»

Lady Moore si rilassò sulla poltrona. «Sì, suppongo che sia così. Sarà per questo che alla fine riescono a convincere anche me.»

Quando Artemisia lasciò Debston House era ormai sera, il sole era tramontato da poco e si vedeva ancora qualche bagliore nel cielo. Passeggiare sotto le stelle le metteva sempre tranquillità, anche se si sarebbe presa una strigliata una volta arrivata a casa.

«Una signorina nubile non dovrebbe passeggiare da sola di sera, lo sai.» Le avrebbe detto suo padre, prima di prepararle una tazza di tè caldo.

Era consapevole che suo padre avesse ragione a preoccuparsi, ma non le importava. Le strade a quell'ora erano più quiete, spoglie dei loro giovani innamorati e dei signori che parlano di affari.

Anche se quella sera, lungo la strada, una figura che camminava nella sua direzione c'era eccome. E quella figura Artemisia la conosceva fin troppo bene.

«Signorina Artemisia!» Il signor Weston si affrettò verso di lei.

«Oh no, non stasera.» Si affrettò a cambiare strada, imboccando un viottolo secondario. Avrebbe allungato di poco la strada per casa, ma almeno avrebbe evitato quell'essere spregevole.

«Signorina Artemisia aspettate!» La sua voce appariva così vicina, era evidente che stesse correndo per raggiungerla. «Signorina, aspettate!»

«Non ci penso neanche» Borbottava tra sé «Non dopo quello che avete fatto.» Distratta, andò a sbattere contro qualcosa.

«Vai da qualche parte, bambolina?»

Artemisia inorridì nel sentirsi chiamare così, e i brividi aumentarono quando guardò di fronte a sè e vide un uomo che le sorrideva con fare lascivo.

«Dove vai così di corsa, tutta sola?»

Artemisia arretrò di qualche passo ma l'uomo la seguiva ad ogni movimento.

«Non ti sarai mica persa?» Il suo alito la raggiunse come un pugno in viso. «Lascia che ti aiuti a ritrovare la strada.»

Le afferrò il braccio e la strattonò verso di sé, tenendola stretta.

«Lasciatemi andare!»

«Non credo proprio, bambolina.» Si umettò le labbra, continuando a sorridere. «Credo di sapere cosa potremmo fare io e te, sai?»

Artemisia lo guardò con disgusto, dimenandosi per cercare di scappare.

«Hai davvero un buon profumo, bambolina.»

Improvvisamente, Artemisia percepì la stretta diminuire. A poco a poco, la sensazione di essere intrappolata svanì del tutto. Il tonfo che sentì le suggerì che l'uomo fosse caduto.

«Ma cosa...»

«Non c'è di che.»

Quella voce la colse di sorpresa. Profonda, calma, come se non le avesse appena salvato la vita.

«Io... vi ringrazio.»

Non riusciva a vedere in viso colui che l'aveva salvata, ma poteva scorgerne vagamente i contorni. Al buio i suoi capelli sembravano scuri, quasi neri, e gli ricadevano in onde morbide sul viso che rimaneva in ombra. Superava Artemisia in altezza di diversi centimetri, il che la costrinse ad alzare lo sguardo per intercettare il suo.

«Non serve che mi ringraziate, ma forse dovreste usare le strade principali per muovervi la sera.»

Artemisia era ancora stordita da quanto successo.

«E forse dovreste farlo prima che lui si risvegli.»

Guardò l'uomo ai suoi piedi, ancora senza sensi, e le vennero i brividi.

«Sì, sì avete ragione.»

Ma a quel punto si stava rivolgendo al nulla perché, quando risollevò lo sguardo, lo sconosciuto era scomparso.

Con i brividi ancora addosso, scossa da quanto appena successo, si affrettò a tornare sulla strada principale. Per sua fortuna, quando indugiò con lo sguardo in ogni direzione per sincerarsi che non ci fosse più nessuno, scoprì che del signor Weston non vi era più traccia.

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