Wicked Game

_shadowhunters_96 tarafından

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Quattro fratelli. Due coppie di gemelli. Quattro ladri e portatori di guai. Una piccola cittadina, al confin... Daha Fazla

Cast
00. Regole
Prologo
01. Sei una divinità
02. Sono allergico ai gatti
03. Sfidarmi ti costerà caro
04. Sei il mio incubo
06. Un fantastico partner in crime
07. Raven Parker è sempre stata un problema
08. Soltanto per cinque secondi
09. Guess who's back?
10. Sei nuda, Raven
11. Azriel cosa ne pensa?
12. Mi hai davvero scattato una foto?

05. Sei completamente matta

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_shadowhunters_96 tarafından

Nelly Furtado – Maneater

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VOLUME: ▁▂▃▄▅▆▇ 100%



I miei occhi, ancora appesantiti dal sonno, si posano pigramente sulla radiosveglia che giace sul mio comodino. Mi abbandono ad un sospiro affranto e poi mi giro sull’altro fianco e fisso il muro.

Sento i pugni di Mallory contro la porta del bagno; Peter sta cantando Gangsta’s Paradise.

«Muoviti, Peter!», strilla mia sorella. Prendo il cuscino e me lo metto in faccia, sperando che questo incubo finisca presto.  

Qualche minuto dopo, scendo dal letto con un rantolo e apro il cassetto del comodino.

Afferro il blocco note che mi ha regalato Peter l’anno scorso per Natale e sfioro con i polpastrelli il rivestimento ruvido.

Lo apro e poi prendo una penna blu. Do una scorsa veloce alle frasi che ho scritto. Alcune sono semplicemente delle citazioni, altre invece degli scarabocchi, e altre ancora sono dei pensieri confusi che ho buttato giù in alcuni momenti non molto allegri.

Premo la punta della penna sul foglio bianco, ripenso a mia nonna, alla leggenda del piccolo sognatore. Ogni dieci agosto i sogni diventano realtà, mi diceva.

La parte razionale della mia mente continua a ripetermi “Sono soltanto parole, svegliati”, ma la parte irrazionale mi ordina di aggrapparmi ancora a quello stupido sogno. È il mio salvagente.

«Sei stonato come campana!», continua a gridare Mallory nel corridoio.

«Perché non usi il tempo che hai a disposizione per mettere in ordine la tua stanza anziché strillare come una matta?», ribatte Peter stizzito.

«Perché quello che ha le scorie radioattive tra le lenzuola sei tu non io», replica, la voce graffiante.

Soffoco un gemito e inizio a scrivere con mano tremante:

“Un frammento di questo sogno è uno scorcio della realtà che ti attende”.

Peter dice che tutto ciò che voglio mi appartiene già. Devo solo avere fiducia. Devo credere in me stessa.

Ma intanto sono qui… e niente è ancora cambiato.

Fuori dalla finestra, le nuvole plumbee profilano il cielo e il suono fastidioso e prolungato di un clacson mi fa digrignare i denti.

«Questo è decisamente un risveglio del cazzo», mormoro e chiudo le veneziane. Apro la porta della mia stanza e incontro lo sguardo allegro di Peter mentre esce dal bagno. Oggi è più bello che mai. O forse è merito della collana di perline bianche che ha al collo. Gli dona. Sembra una divinità.

«Quanto profumo ti sei messo?», chiedo dilatando le narici.

«Due spruzzi», risponde secco. «Tre, quattro…», muove la mano davanti al viso, liquidandomi.

«A volte non ti capisco proprio. Ti comporti come se-», brontolo.

«Cosa c'è da capire?», mi interrompe.

«Nulla, lascia stare», mi chiudo in bagno e fisso il pavimento.

Non capiresti, Peter. È tutta colpa mia. È colpa di nostra madre. È colpa di nostro padre.

Sento una morsa intorno alla gola. Faccio un respiro profondo e costringo gli angoli della mia bocca a sollevarsi.

È tutto okay.

Quando finalmente siamo tutti pronti, ci riuniamo in cucina per fare colazione.

Pancakes per Peter, pane e marmellata per Azriel, il mio solito caffellatte e l’omelette con striscioline croccanti di bacon, uno yogurt con i cereali per Mallory.

Azriel versa della spremuta nei nostri bicchieri, e i suoi occhi si soffermano per un istante su Peter.

Quest’ultimo apre la bocca per dire qualcosa, ma Azriel gli indica con un cenno della testa l’orologio appeso al muro: non sono ancora le otto.

Mallory soffoca una risata e io alzo le sopracciglia e incrocio le braccia al petto con fare autoritario. Guardo Peter e scuoto il capo, delusa.

Quando sono finalmente le otto, non è Peter a mandare in frantumi il velo di silenzio che ci avvolge bensì Mallory: «Adoro le riunioni di famiglia e questa ha tutta l’aria di esserlo. Sento odore di morte e proviene dalla mia sinistra», lancia un’occhiata al suo gemello e sorride beffarda. Si infila una cucchiaiata di yogurt in bocca e mi guarda, spronandomi ad aprire le danze.

«Okay», esordisco fissando il vuoto. «Cos’è questa roba delle milf?», sposto lo sguardo su di lui.

«Oh Gesù, Raven!», Peter alza gli occhi al cielo e si preme le mani sulle guance.

Azriel si schiarisce la gola.

«Quanti anni avevi? Eri chiaramente minorenne. E lei, quanti ne aveva? Santo cielo!», sbraito, non riuscendo più a contenere la rabbia. Ho passato quasi tutta la notte in bianco per questo dannato motivo. Guardo il mio fratellino e mi chiedo quante cose non mi abbia ancora detto. Lo guardo e sento di aver fallito come nostra madre.

«Vuoi seriamente aprire questo argomento proprio adesso?», chiede per niente mortificato. Sembra scocciato e mi fa infuriare ancora di più.

«In quale cazzo di universo ti sembra normale che uno studente minorenne vada a letto con la sua professoressa di letteratura per un misero voto?»

«Rav-»

«Stai zitto o giuro su Dio che non uscirai da questa casa vivo», minaccio, puntandogli contro la forchetta. Un pezzo di bacon penzola tra i rebbi e poi cade sul piatto.

«È stata solo una botta e via e lei non era vecchia come pensi, quindi-»

«Non ti conviene difenderti in questo modo», la voce tagliente di Azriel serpeggia tra di noi.

«Mallory sa chi è», si limita a dire. Guardo mia sorella e lei diventa di colpo paonazza.

«Ma non pensavo che sarebbe andato a letto con lei!», grida stringendo nel pugno il cucchiaio come se volesse scagliarglielo in faccia. Colpisco il piatto con la forchetta, interrompendo il loro imminente litigio.

«Sento di aver fallito. Non pensavo che il mio adorabile fratello fosse capace di fare queste stronzate! Non hai pensato alle conseguenze neanche per un secondo. Dimmi, ti ha costretto?», gli chiedo, lui spalanca gli occhi, sconcertato.

«No, Rav. Smettila! Non sei seria, andiamo», sbuffa una risata nervosa gettando la testa all’indietro per guardare il soffitto. «La prossima volta ti chiederò il permesso, mamma. Magari mi comprerai pure i preservativi, che ne dici?»

«Non ci sarà una prossima volta, perché se non ricordo male, tu hai la ragazza, Peter. E fortunatamente sappiamo chi è. Cosa vuoi fare? Vuoi essere uno sfasciafamiglie come nostra madre? Vuoi andare a letto con gente già impegnata?», interviene di nuovo Azriel. Allunga una mano verso di me e mi sfiora la spalla. «E non osare parlare a Raven in questo modo. Sono stato chiaro?»

«Certo. Chiedo scusa, maestà», borbotta mentre abbassa lo sguardo.

La sua espressione è come un pugno nello stomaco e la sua frase mi squarcia in due il petto. È la stessa cosa che mi ha detto papà.

«Peter», Azriel lo ammonisce e lui smette di mangiare. Lo guardo insistentemente, vorrei afferrargli la mano e dirgli che gli voglio bene. E che ogni cosa che faccio è per il bene di tutti.

«È tutto a posto», sussurro.

«Finisci di mangiare», ordina Azriel, serrando la mascella con uno scatto.

«Non ho più fame grazie a voi due. Sapete esattamente come rovinare i bei momenti degli altri e fingervi innocenti», rilancia con astio. Faccio strisciare la sedia sul pavimento, ma mio fratello è più veloce di me.

Azriel si alza in piedi e pianta le mani sul tavolo, allungandosi di poco verso Peter. «Finisci di mangiare, Peter, perché non ho intenzione di gettare quello che ho cucinato per te e poi lava i fottuti piatti.»

«Smettila di trattarmi come se fossi un maledetto bambino!», protesta, alzandosi a sua volta per tenergli testa.

«Stasera c’è una festa», esclama Mallory, cambiando discorso. «Si terrà al Il sussurro del diavolo.»

Il locale si chiama così. Ci sono tre ragazzi.

Ognuno di loro indossa la maschera del diavolo.

Quando la musica si ferma, se sei sfortunato, uno di loro ti sussurra qualcosa nell’orecchio.

E ciò che dicono diventa un ordine. È la regola del locale.

Per alcuni è il modo perfetto per lasciarsi andare.

Questo il covo dei bravi ragazzi che indossano camicie immacolate, non fumano mai e parlano di Dostoevskij.

È il locale delle brave ragazze che alla luce del giorno indossano vestiti che non rivelano troppi centimetri di pelle e che non imprecano neanche per sbaglio.

È lì che si abbandonano e si sporcano l’anima: tra fiumi di alcool, droga e sesso negli angoli più bui del locale.

«Alla quale tu non andrai», sentenzio, rilassandomi contro lo schienale della sedia.

«Noi ci saremo, invece. Sarà una festa privata! Sai cosa vuol dire? Che ci saranno sicuramente tanti figli di papà ai quali potremmo sfilare orologi costosi, cellulari, bracciali, o persino il portafoglio.»

Azriel mi lancia un’occhiata complice, ma non si esprime.

«Vacci, allora», mi porto la tazza davanti alle labbra.

«Non posso farlo senza di te», arriccia il labbro superiore in una piccola smorfia. «Sei scaltra. Tu sai come muoverti in situazioni del genere», ammette con una punta di disagio.

«In situazioni di pericolo, intendi?», chiede Peter. «Io voglio andare lì per divertirmi non per rubare, quindi non contate su di me.»

Consumo la mia colazione in silenzio, mi pulisco gli angoli della bocca con un tovagliolo e poi sorrido.

Quindi toccherà a me.

«Se mi credi così capace, allora va bene. Ma se lo chiedi soltanto perché vuoi sballarti gratis, ti ricordo che in questa casa non c’è posto per i bugiardi.»

«Come sempre, sarei felice se mi risparmiaste le risse o qualsiasi altra stronzata che richiederebbe un mio intervento», dice Azriel e lancia un’occhiata torva a Mallory. «Sparecchia», ordina, indicando poi con un cenno del capo il lavandino. «E datti una mossa, Peter, perché siamo già in ritardo.»

Peter borbotta qualcosa tra sé e sé e va verso il lavello. Mallory inizia a sparecchiare in fretta e furia e infine dà una mano a suo fratello.

«Ieri ho incontrato quel coglione di Elias», confesso. Guardo fuori dalla finestra per evitare gli sguardi curiosi dei miei fratelli. «Mi ha detto che me la farà pagare, quindi tenete gli occhi ben aperti, perché se quel deficiente oserà prendersela con voi, oltre alla macchina questa volta gli farò saltare pure le palle», decreto. Afferro lo zainetto e me lo metto in spalla, poi regalo un ultimo sorriso ai miei fratelli e lascio sul tavolo una porzione di pancake, perché so che papà cercherà qualcosa da mangiare quando noi saremo fuori.

Fortunatamente ho nascosto i gioielli che abbiamo rubato in un posto in cui non li troverà mai. Non è così furbo come sembra.

Appena apro la porta, abbasso lo sguardo sulla busta nera ai miei piedi.

Mi piego sulle ginocchia per afferrarla. Mi guardo intorno, cercando di intercettare qualche figura misteriosa nei paraggi.

Una ragazza sta facendo jogging, un’altra signora porta a passeggio un pastore tedesco e un uomo sta leggendo il giornale appoggiato alla staccionata bianca.

«Cos’è?», chiede Peter alle mie spalle.

Mallory mi affianca e mi prende la busta dalle mani. «È l’invito ufficiale. Conosco il sigillo», picchietta le unghie sul sigillo rosso in cera e poi apre la busta.

All’interno non c’è alcun invito.

Un semplice biglietto. Destinato a me.

“Come si sente una volpe in mezzo ai predatori?”

«Cosa vuol dire?», chiede Azriel cupo.

«Sarà quel coglione di Bailey», esclamo, infilando il biglietto nello zainetto. «Ma a lui ci penserò io.»

«Non se ne parla! Hai intenzione di andare lì ed essere la preda di quei coglioni?», grida Peter. È visibilmente scosso.

Sogghigno. «Preda?», chiedo, inarcando un sopracciglio. «Facciamo vedere a questi imbecilli di cosa sono capaci i Parker.»

Azriel ricambia il mio ghigno, ma lo sopprime in fretta.

«Tu non sorridi mai», gli fa presente Mallory. «Quindi adesso mi fate paura.»

«Cosa succederà se uno dei tre diavoli ti chiederà di fare qualcosa di stupido?», domanda Peter mentre si torce nervosamente le dita.

«La farò», dichiaro mentre mi incammino lungo il viale.

«Bailey proverà a fregarti, non è vero?»

«Sì, ci proverà. Ma questa cosa è tra me e lui, quindi non ci pensare. Quel povero idiota è sempre stato troppo prevedibile», ridacchio, il battito rapido del mio cuore rimbomba nelle mie orecchie. L’adrenalina mi scorre nelle vene.

«Fermi», Mallory solleva l’indice e poi guarda Peter, una scintilla di malizia negli occhi. «E la sua migliore amica? Potrebbe essere un problema.»

Peter è rosso dalla vergogna. «No», dichiara con tono deciso, scuotendo la testa. «Non voglio trascinare Lucy in questo casino.»

«Sai di che pasta sono fatti, quelli lì. Sarà anche la tua ragazza, ma se darà problemi, la calpesterò come uno scarafaggio», asserisco e metto fine a questa conversazione.

Vediamo quanto sei bravo, Elias.

Vediamo cosa sussurrerà il diavolo nel mio orecchio.




«Mettete la roba lì», dico indicando il vassoio in vetro al centro del tavolo. Come previsto, papà è stato qui. E non si è preoccupato di lasciare in ordine la cucina.

Sento il tintinnio dei gioielli e sorrido compiaciuta quando noto le pietre preziose incastonate negli anelli d’oro.

«Ottimo lavoro, ragazzi», batto il cinque ai miei fratelli e Mallory si lascia cadere sulla sedia con aria pensierosa. Rigira tra le dita un anello d’oro bianco e fissa la pietra verde, poi se lo infila al dito e sorride. «Inizia a piacermi, sai? Fare volontariato e aiutare gli anziani in difficoltà. Trovi sempre un sacco di cose interessanti.»

«Non puoi tenerlo», le dico e  lei sbuffa, se lo sfila e lo rimette a posto.

«Quando consegnerai questa roba?», chiede Peter. Prende una mela per metà marcia e fa una smorfia di disgusto. Azriel gli passa un coltello e Peter la sbuccia, tagliandola poi a fette.

«Al momento giusto», rispondo guardando il mio gemello. Ha un’espressione scettica, ma non osa fare altre domande.

Probabilmente lo farò questa sera.

«Andiamo a prepararci!», Mallory si passa una mano sul collo arrossato e poi guarda Azriel. «Il mio vestitino è parecchio provocante, quindi vedi di non rompere», gli punta l’indice contro.

«Non romperò le palle a te», Azriel solleva le mani davanti al petto. «Ma romperò qualche naso, se ignorerai i miei consigli. Non metterti nei guai.»

 «Dobbiamo essere molto carini. Sembreranno tutti usciti da una cazzo di rivista di moda», borbotta Peter infilandosi in bocca una fetta di mela. «Mal, ricordati il documento falso, altrimenti non ti faranno entrare.»

«Ho già pensato a tutto io. Conosco qualcuno lì, chiuderà un occhio per noi. E poi, è una festa privata. Nessuno verrà a controllare.»

«Quindi ci saranno gli amici di Elias», do voce ai miei pensieri. Lui ha un conto in sospeso con me, ma forse la sua ragazza riuscirà a tenerlo a bada.

«Sì», risponde Mal aggrottando le sopracciglia. «Niente risse, Raven.»

«Vado a prepararmi», le faccio l’occhiolino, prendo i gioielli e salgo nella mia stanza.

Penso a quella stronza di nostra madre e mi chiedo cosa penserebbe di noi, se sapesse in che casini siamo finiti per colpa sua e di papà.

Apro l’armadio e inizio a tirare fuori almeno cinque gonne diverse, alcuni top dal più innocente al più appariscente, diverse calze e body.

Il bagno sarà sicuramente occupato da Peter e Mallory, quindi mi siedo davanti alla scrivania e mi guardo nel piccolo specchio. Prendo i trucchi e sorrido al mio riflesso, pensando già al momento in cui sarò lì dentro e vedrò gli occhi infiammati di rabbia di Elias. Pensava davvero di intimorirmi con quel biglietto?

Quando finisco di prepararmi, mi guardo allo specchio e do un’ultima passata di gloss sulle labbra tinte di nero.

Guardo la camicia bianca oversize sbottonata, che lascia intravedere il body nero di pizzo, e decido di infilarla nella gonna nera plissettata a vita alta; quattro piccole catenine sono attaccate ai passanti della cintura. Abbottono la camicia e opto infine per una cravatta nera che ho fregato ad Azriel.

Indosso le calze e infilo il mio piccolo coltellino nel fodero di pelle attaccato al reggicalze.

Faccio scivolare i piedi nei miei anfibi neri e poi esco dalla mia stanza. I miei fratelli mi aspettano.

«Perché hai questo aspetto gotico del cazzo?», chiede Mallory, squadrandomi dalla testa ai piedi con disgusto. Lei è luminosa come il sole. Indossa un vestito corto dorato con un piccolo spacco laterale, i capelli biondi scendono morbidi sulle spalle.

Azriel è vestito tutto di nero, nulla di diverso a dire il vero.

Peter corruga la fronte e fa oscillare lo sguardo tra la sua camicia bianca e quella che indosso io. «Ma quella è mia?», chiede.

«E quella è la mia cravatta?», aggiunge Azriel.

«Fa parte del mio piano», mi limito a dire.

«Che piano?», indaga Mallory.

«Far venire un infarto a Elias», sorrido, lanciandole un’occhiata oltre la spalla.

«Non farò domande», borbotta Azriel.

«Elias è fidanzato», mi ricorda Peter.

«Anche tu. Quindi vedi di tenerlo nei pantaloni», minaccio, guardandolo male.

«Spero non ci siano milf in quel posto», commenta Mallory, abbandonandosi ad una piccola risata.

«Attenta, il figlio del sindaco potrebbe tapparti la bocca con il suo c-»

«Taci», gli dà una spallata e digrigna i denti.

Peter sorride con aria soddisfatta. Adora farla arrabbiare.

«Davvero, avresti potuto optare per qualche vestito più decente», mormora Mal guardandomi la gonna con orrore.

«Cosa c’è, adesso non vuoi più andare in giro con me? Ti vergogni? È questo che stai cercando di dirmi?», le chiedo con calma. Lei non risponde, quindi lo prendo per un sì.

I gemelli escono per primi, Azriel mi afferra per il gomito.

«A me piace come sei vestita», mi dice accennando un piccolo sorriso. «Cerca di non combinare casini. Dico davvero, non ho voglia di atteggiarmi da teppista.»

«Non ho bisogno di essere salvata, lo sai», alzo gli occhi al cielo.

«Salvata forse no, ma aiutata sicuramente sì.»

Faccio una smorfia. «No.»

«Sei la mia gemella, ti conosco», fa scontrare le nostre spalle in un gesto mezzo affettuoso e aggiunge: «Una sola parola da parte tua e scateno l’inferno.»

Annuisco e con i polpastrelli sfioro la punta del fodero che preme sulla mia coscia. «Avrò tutto sotto controllo», lo rassicuro.

«Spingiti soltanto fin dove sei in grado di nuotare. Capito?», mi guarda dall’alto e annuisco. «Odio i casini, ma per voi metterei sottosopra il mondo.»

«La morte e la sua falce», gli sorrido.

Az mi fa l'occhiolino. «E guai chi tocca la mia falce.»


Sembra siano passati secoli dall’ultima volta che ho messo piede in questo posto. La prima volta mi ha aiutata Rico. Ero ancora decisamente troppo piccola per intrufolarmi in un posto del genere, o forse erano gli altri troppo vecchi per me.

Scandaglio l’entrata dell’edificio in stile liberty e Azriel fischia alle mie spalle.

«Vado io per prima», avviso gli altri e mi inoltro nel locale, superando le porte girevoli.

Sento la presenza dei miei fratelli dietro di me e mi sento al sicuro. Non sono un coniglio spaventato. E non sono sola.

Attraversiamo il piccolo corridoio illuminato dalla luce calda delle applique. Il tappeto è rosso sangue, le cornici dei quadri sono nere, le pareti cremisi.

Un buttafuori allunga il braccio verso di noi per fermarci.

«Nome?»

«Siamo i fratelli Parker. Mallory, Raven, Azriel e Peter. Siamo sulla lista», lo informa mia sorella. Un altro tizio spunta la casella accanto ai nostri nomi e poi fa un cenno di assenso al buttafuori.

«Conoscete la regola, no?», chiede l’omone davanti a me. «Niente casini o verrete buttati fuori entro due secondi.»

«Ho la faccia di uno che ama mettersi nei guai?», chiede Peter, sbottonando un altro po’ la camicia. Ha caldo per caso? O è un altro attacco d’ansia?

«Tu no», risponde il buttafuori, spostando lo sguardo su di me. «Ma lei sì.»

«Mi sottovalutano tutti», dice Mallory sottovoce.

«Non daremo fastidio», dichiaro, poi scendo le scale. 

Questo posto non è cambiato molto. Noto soltanto un piccolo particolare: i divanetti  prima erano bianchi, adesso sono neri.

La luce rossa abbraccia il locale e Mallory ci fa cenno di seguirla verso il nostro tavolo. Guardo i tre ragazzi con la maschera del diavolo addosso, la camicia nera sbottonata e le maniche arrotolate quasi fino ai gomiti. Uno di loro incrocia le braccia tatuate al petto e divarica leggermente i piedi, sollevando di poco il mento, come se stesse guardando proprio verso di noi.

Scommetto che Elias gli ha ordinato di tenere d’occhio il nostro tavolo. O forse soltanto me.

«Sedetevi, torno subito», dico ai miei fratelli.

«Eccola! Comincia», brontola Peter. «Ci butteranno fuori entro cinque minuti.»

«Hai davvero così poca fiducia in lei?», chiede Azriel, appoggiando il braccio sullo schienale del divanetto.

Mi dirigo verso il tizio tatuato e gli sorrido ammiccante. Inclina di poco il capo e con l’indice gli faccio cenno di chinarsi verso di me. Il suo petto è scosso da un fremito, probabilmente sta ridendo.

Faccio scivolare la mano sulla sua nuca e avvicino la bocca al suo orecchio. «Appena ti liberi dal guinzaglio che ti ha messo intorno al collo Bailey, fammi un fischio. Magari ti darò il permesso di sussurrarmi all’orecchio tutte le porcate che vorresti farmi», le mie unghie nere sfiorano la vena pulsante del suo collo.

«Non giocare con il diavolo», minaccia, la voce bassa e profonda.

«Gioco sempre con i miei simili. Allora? Ho ragione?», gli chiedo, appoggiando la guancia sulla sua spalla. Avvicino le labbra al suo collo.

«Mi ha pagato», ammette, il respiro affannoso. «Ma lo sapevi già, a quanto pare.»

«Goditi la serata anche tu e tieniti i suoi soldi», mi premo contro di lui e sorrido. «Mi faresti un favore? Potrei pagarti in modo diverso», la mano scende a toccargli il petto muscoloso. Lo sento deglutire.

«Forse. Dipende cosa sei disposta a perdere», risponde e con una mano cerca di sistemarsi l’erezione che preme contro il tessuto dei jeans.

«Voglio che lo staff mi dia una maschera. Ne avrò bisogno. Ti farò sapere io quando.»

«Tu sei matta», ride e scuote la testa. «Lo sai che non puoi farlo.»

«Fallo e non te ne pentirai. Com’è che ti chiami?»

«River», risponde con voce roca.

«Affare fatto, River?», gli chiedo, facendogli gli occhi dolci.

«Dovresti lavorare in questo posto. Sembri portata per queste cose. Non ci farebbe male avere qualche ragazza tra di noi», ribatte, ma non ricevendo alcuna risposta da parte mia, aggiunge: «Vedrò cosa posso fare per te.»

«Grazie, River», gli bacio il collo.

Appena gli do le spalle, il sorriso muore sulle mie labbra. Raggiungo di nuovo i miei fratelli.

«Hai flirtato con quel tizio. Perché?», chiede Mallory, ma non appena intercetto Elias con la coda dell’occhio, mi costringo ad abbandonarmi ad una risata fragorosa e a gettare la testa all’indietro. Ho bisogno che lui mi veda. Voglio che sappia che sono qui. E che non ho paura. Né di lui né degli stronzi che gli ronzano intorno.

Cammina disinvolto verso il suo tavolo, la sua ragazza è aggrappata al suo braccio.

È bellissima. Indossa un vestitino nero aderente, le labbra tinte di rosso. I capelli castano chiaro rimbalzano sulla schiena ad ogni suo passo e ogni tanto sfiora le sue clavicole come se fosse nervosa e cercasse di darsi conforto da sola. Lo fa anche Peter a volte.

Elias ha sempre lo stesso aspetto impeccabile di sempre, anche se ha addosso una semplice camicia nera infilata nei pantaloni. Il suo pollice sfiora la fibbia e poi infila il dito nel passante della cintura. Si siede a gambe divaricate sul divanetto, invitando la sua ragazza a sedersi sulla sua coscia.

Inclina il capo e il suo sguardo incontra il mio. Faccio frullare le dita in segno di saluto e poi gli strizzo l’occhio. Un muscolo guizza sulla sua mascella e stringe il pugno sulla coscia. Lancia un’occhiata al tizio mascherato e gli fa un cenno del capo.

«Che ingenuo», dico a denti stretti mentre lo guardo.

«L’hai comprato, non è così?», chiede Azriel indicando River. «Provo vergogna per gli uomini. A volte bastano due moine e cadono subito ai tuoi piedi. È imbarazzante.»

«Già. È stato più facile del previsto», giocherello con la collana che ho al collo.

«Accidenti, la sua ragazza è a cavalcioni su di lui. Lei sì che non perde tempo», dice Peter, strabuzzando gli occhi.

«Puoi andare da Lucy, se vuoi», piego il capo e lo guardo. In realtà voglio che lui si goda davvero la serata. Non lo voglio tra i piedi e non voglio che mi tenga il broncio.

«Tra poco», risponde, tamburellando nel frattempo le dita sul tavolo.

Lo guardo attentamente. È nervoso. Loro due appartengono a due mondi diversi e so quanto vorrebbe sentirsi normale in situazioni simili.

Con la coda dell’occhio intravedo Lucy sulla pista da ballo insieme ai suoi amici.

Azriel aggrotta le sopracciglia. «Neanche la tua ragazza ama perdere tempo, fratellino.»

«Vado a ballare», esclamo mandando giù il primo shot di vodka. «Az, il lato destro è tuo», indico un gruppo di ragazze. «Sfrutta il tuo fascino da cattivo ragazzo», gli faccio l’occhiolino e lui annuisce.

«Rav-», Peter cerca di fermarmi, ma io sono già sparita in mezzo alla folla.

Ondeggio i fianchi e ballo, cercando di avvicinarmi sempre di più a Lucy.

Le afferro delicatamente il gomito, porto l’altra mano sulla sua gola in un movimento sensuale e le dico: «Non è il diavolo che ti sussurra nell’orecchio, ma sappi che potrei diventare il tuo peggior incubo. Spezzagli il cuore e io ti spezzerò le gambe, Lucy Howard.»

Si gira di colpo verso di me e le sorrido amichevolmente.

«Il tuo ragazzo ti aspetta», indico Peter con un cenno del capo.

«Non l’avevo visto», dice scoccandomi un’occhiata omicida. «Non c’è bisogno che tu sia sempre così scontrosa.»

«Adesso che l’hai visto, puoi raggiungerlo e smetterla di strusciarti sul cazzo del tuo amico», le do una spallata e mi allontano da lei, ma senza perderla di vista.

Appena la musica si ferma, sento un sussurro nell’orecchio : «Shh, dolcezza», una mano coperta da un guanto nero scivola sul mio avambraccio. «Sali sul tavolo dov’è seduto Ryan Campbell e fallo sudare. Sii spietata, se necessario. È troppo innocente, non trovi?», quando mi giro, il tizio mascherato si è già allontanato e la musica è ripartita.

Perché proprio lui?

Un ragazzo appoggia la mano sul mio fianco. «Vuoi farmi divertire, piccola?», la sua mano sale verso la mia vita.

«Non sono un parco giochi. Sparisci», mi scrollo la sua mano di dosso. Mi faccio spazio tra la folla, dando spallate a chiunque mi capiti davanti, e guardo Ryan. Batte nervosamente il piede sotto il tavolo e muove la testa seguendo il ritmo della canzone.

Mi avvicino lentamente a loro e mi appoggio con la spalla al muro.

«Servizio al tavolo?», dico con una sfumatura ironica nella voce. Ryan mi guarda e spalanca gli occhi, sorpreso. «Oh, sei tu», dice.

Elias mi guarda come se volesse incenerirmi sul posto, quindi mi do una spinta e salgo sul loro tavolino, le ginocchia premono sulla superficie lucida e levigata del tavolo.

«Ma che cazzo», sbraita Adeline, la ragazza di Elias. «Cosa pensi di fare?»

«Devo intrattenere qualcuno», spiego stringendomi nelle spalle, poi inizio a sbottonarmi la camicia e sposto lo sguardo sul figlio del nostro sindaco.

La camicia scivola sulle mie braccia e me la tolgo con un movimento provocante, poi gliela lancio in faccia. Lui l’afferra e deglutisce. Mi guarda con stupore, appallottola la camicia e se la mette in grembo, schiarendosi la gola.

Mi sfilo la cravatta e mi piego, allungandomi verso di lui. «Ciao, Ryan», gliela metto intorno collo, lui percorre con gli occhi le mie braccia tatuate. Con uno strattone lo faccio avvicinare di più a me e i suoi occhi questa volta scivolano sulla scollatura profonda del body di pizzo che indosso.

«Madre divina. Cosa stai facendo, Parker?», mormora sbattendo più volte le palpebre, come se fosse in preda alle allucinazioni.

«Sei venuta a fare la puttana con i ragazzi delle altre?», chiede Adeline.

«Vuoi che faccia la puttana anche col tuo, Adie?», dico con voce melliflua.

Avvicino la bocca a quella di Ryan. Credo abbia persino smesso di respirare.

«Basta così», tuona Elias.

«Grazie», gli dice Adeline, dandogli un bacio dietro l’orecchio. «Stavo quasi per vomitare.»

«Ma come, vuoi perderti la parte migliore, Bailey?», gli dico, sogghignando. Mi avvicino a lui e apro le gambe, scostando con il ginocchio un bicchierino di vodka.

Elias spinge via la sua ragazza e si china su di me. Mi guarda con disprezzo.

«C’è uno strano fetore al mio tavolo, Parker. Che ne dici di finirla qui e di levarti dal cazzo?»

«Spero che almeno tu goda», rispondo, il tono allegro.

«Cosa?», chiede la sua ragazza. Il suo sopracciglio schizza verso l’alto.

«Cammina perennemente con un dito infilato nel culo, quindi spero che almeno lui goda», scendo dal tavolo e guardo Ryan. «Puoi tenere la cravatta, ma la camicia mi serve.»

«C-certo», balbetta e me la passa. Si alza e si avvicina a me. Fa per aprire bocca, ma si sente osservato, quindi facciamo due passi.

«In realtà a me piace tua sorella», sbotta all’improvviso. Lancia un’occhiata al suo amico e poi guarda di nuovo me.

«Ottimo! Tu a lei non piaci», ribatto e mi allontano da lui. Lancio la camicia sul nostro divanetto e poi raggiungo il bar con un nodo che mi serra la gola.

«Ciao», dico al barista. «Odi anche tu questa gente, vero?», gli chiedo, ma lui non mi calcola minimamente.

«Dammi qualcosa da bere. Che sia abbastanza forte, grazie». Leggo il nome sulla targhetta appiccicata sulla sua maglietta. «Jason», dico regalandogli un sorriso.

«Subito», risponde freddo.

Qualcuno si siede accanto a me e ordina una birra.

Lo guardo con la coda dell’occhio, lui si avvicina di più.

«Quindi è questa la tua vocazione?», chiede Elias. Il suo ginocchio preme contro la mia coscia. È decisamente troppo vicino a me. «Una volta eri ambiziosa. Adesso vuoi soltanto che qualche stronzo ubriaco ti scopi?», ride. «Sei ridicola.»

«Tu non sai cosa voglio, Elias. Non mi conosci affatto», mi aggrappo al bancone, la mia presa è salda, ma i miei palmi sono sudati.

«Lo pensi davvero?», si alza in piedi e appoggia il gomito sul bancone. Il suo respiro mi solletica l'orecchio. «Ti conosco abbastanza bene da sapere che tasti premere per farti male, Raven.»

«Ne dubito», stringo i denti e mi giro verso di lui. Pessima, pessima idea.

Mi guarda con fare altezzoso, il mento lievemente sollevato, la testa di poco piegata di lato. I suoi occhi sono fissi nei miei. Accenna un piccolo sorriso, poi mormora: «L'abbandono di tua madre ti ha decisamente fottuto la testa», le sue labbra sono ad un soffio dalle mie. «Cosa c'è, volpina? Ho toccato per caso un tasto dolente?»

«No», rispondo, il tono freddo.

«Peter soffre ancora d'ansia?», chiede con una scintilla perfida negli occhi.

È come se mi avesse lanciato addosso una secchiata d'acqua gelida.

«Non lo trovi ridicolo?», gli chiedo.

Lui inarca un sopracciglio. «Cosa?»

«Usare mio fratello per colpirmi.»

«Bisogna usare tutte le armi a disposizione per colpire il nemico, no?», si stringe nelle spalle e retrocede. Ho ancora il suo profumo nelle narici.

«Oh», scendo dallo sgabello, la differenza di altezza è imbarazzante. «Hai ragione, Elias.»

Un muscolo guizza sulla sua mascella. «Bene, avvicinati un’altra volta al mio tavolo in quel modo e ti prometto che passerai il resto della serata in bagno a piangere», sputa velenoso, afferra la sua birra e se ne va.

«Certo…», commento tra me e me. Quando finalmente il barista mi mette davanti il drink, lo trangugio con poca eleganza e in pochi sorsi, poi vado a caccia.

Sfilare bracciali non è mai stato difficile. Ci muoviamo come un branco, non siamo mai lontani l’uno dell’altro.

Rubare è come ballare. All’inizio non conosci i passi e impari a muoverti con cautela facendo attenzione a non sbagliare. Ma poi inizi a muoverti con grazia e tutto diventa più semplice.

Rigiro tra le dita il bracciale di Elias. Non se n’è accorto.

Mi dirigo verso Mallory,  faccio scivolare il bracciale sul suo palmo e lei lo infila nella sua borsetta. Azriel tiene sotto controllo la situazione.

Peter sta ballando con Lucy ininterrottamente.

Sta bene.

Stiamo bene.

Quasi a fine serata, qualcuno inizia a spintonarmi verso l'uscita. È River.

Mi mette tra le mani una maschera e mormora: «Divertiti», mi dice. Alza di poco la sua per stamparmi un bacio sulle labbra.

Lo afferro per il colletto della camicia e approfondisco il bacio.

«Grazie, River», gli do una pacca sulla spalla e mi infilo la maschera.

Elias è ormai ubriaco e non sta più ballando, ma oscilla da una parte all’altra mentre muove un braccio verso l’alto. Le sue mani si spostano desiderose sul corpo della sua ragazza. Lei inarca la schiena e lui preme il bacino contro il suo sedere; lei sorride e piega il capo all'indietro sul suo petto.

«Ordina ad Elias Bailey di raggiungere quel punto lì», gli indico l’angolo meno affollato della sala.

«Sarà fatto, ma non mettermi nei guai», indietreggia fino a sparire in mezzo agli altri.

Cammino sicura di me verso l’altro angolo della sala e mi nascondo dietro la spessa tenda rossa.  

Aspetto.

Scorgo la sua sagoma, poi lo sento dire: «Chiunque tu sia, ti consiglio di fare in fretta», mi dà le spalle. Esco dal mio nascondiglio, prendo il mio coltellino e glielo punto alla gola. «Allora cercherò di essere breve, Elias», sussurro e lo sento deglutire.

«Sei pazza», butta fuori un respiro e poi si gira con cautela verso di me.

«Sì? Eppure dovevi aspettartelo, visto che mi conosci così bene», premo la lama sulla sua gola, ma non abbastanza da fargli male.

«Sei completamente matta, cazzo», mi guarda e poi abbassa lo sguardo sul coltellino.

Guardo l’evidente protuberanza nei suoi pantaloni e alzo gli occhi al cielo. «Ti eccita il pericolo, Bailey?»

«Vaffanculo, stronza», fa per avvicinarsi ma sollevo la lama un po’ più in alto.

Acciuffa appena un respiro, i suoi occhi cercano i miei. «Stai giocando con il fuoco e temo che ti brucerai, volpina.»

«Se io brucerò, tu brucerai insieme a me. Mi credi davvero così scema? L'ho capito, sai?», inarco un sopracciglio dietro la maschera. Lui finge di non aver capito.

«Cerchi di spingere Ryan verso Mallory», rido e faccio un altro passo verso di lui. «Ecco il tuo piano. “Se Ryan spezzerà il cuore a Mallory, Raven darà di matto e si sentirà in colpa"», dico e lui spalanca di poco gli occhi. «Dovrai impegnarti di più, Elias. Sei dannatamente prevedibile.»

«Sei perfida», sussurra guardandomi con i suoi occhi torbidi e quel sorriso pigro che prende lentamente vita sulle sue labbra.

«Se osi prendertela con i miei fratelli, giuro che ti taglio le palle. Sono stata chiara?» con la lama del coltello gli sollevo il mento e lui ride.

Sta davvero ridendo.

Mi solleva lentamente la maschera, ignorando la lama che preme di nuovo sulla sua gola, e la getta a terra. Mi guarda dal basso verso l’alto, soffermandosi infine sulle mie labbra.

«Sono venuto qui di mia spontanea volontà. So che hai flirtato con River, non sono un coglione come pensi», mi sorride, compiaciuto. «Sorpresa?», chiede.

«Allora perché sei venuto?».

Lui solleva le spalle tornite e dice: «Per ricordati che sono io guidare questo gioco.»

«Ne sei sicuro?», rimetto il coltellino nel fodero sulla coscia ed Elias mi spinge bruscamente verso il muro, togliendomi quasi il respiro.

«Potrai anche fregare gli altri, Raven, ma per fottere me non basteranno un’occhiata ammiccante e un sorrisetto del cazzo, lo sai.»

«Ma ti basta avere un coltello puntato alla gola, vedo», rispondo e rido divertita. La sua mano mi afferra il mento e i suoi occhi affilati mi trafiggono come due spade; gli circondo la vita e faccio scivolare le mani sul suo sedere. In modo delicato e con un movimento quasi impercettibile gli sfilo il portachiavi dalla tasca posteriore.

«River mi ha interrotto nell’esatto momento in cui la mia ragazza aveva la mano sul mio cazzo, Raven. Inizi a darmi davvero sui nervi. Tu non riusciresti a farmi arrapare neanche se ti cambiassi la faccia e ti rifacessi le tette», mi toglie le mani dal suo corpo e io gli colpisco l’inguine con il ginocchio, mancando di poco le palle, ma lui si piega ugualmente in due.  

«Dai per scontato che una come me voglia fare eccitare uno come te, Bailey. La prossima volta il mio coltellino te lo ficcherò in un occhio.»

Elias raddrizza la schiena, lo sguardo furioso. «Mi devi ancora una fottuta macchina.»

«Ti devo molto di più», gli guardo il polso e sorrido. Il suo bracciale adesso appartiene a me.

«Non finisce qui», mi punta l’indice contro in segno di avvertimento e si allontana a passo svelto.

Faccio girare il suo portachiavi intorno all'indice e sorrido.

Certo che non finisce qui.

Okay, finalmente ho aggiornato 🥲 scusate, so che avrei dovuto aggiornare prima, ma ho avuto un imprevisto ❤️
Spero vi sia piaciuto 💅🏻

Okumaya devam et

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