MIND OF GLASS: OPERATION Y

By DarkRafflesia

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Dave Morrison, Capitano del Navy SEAL, è un uomo determinato, autorevole, ma sconsiderato e fiscale. Noah Fin... More

⭐RICONOSCIMENTI
Presentazione
Cast
Dedica
Prologo
PARTE PRIMA
Capitolo 1: Bravo (Parte 1)
Capitolo 1: Bravo (Parte 2)
Capitolo 2: Coinquilini
Capitolo 3: Demoni del passato
Capitolo 4: Una semplice giornata di lavoro
Capitolo 5: Insieme
Capitolo 6: Prima Tappa
Capitolo 7: Presenza
Capitolo 8: Sconosciuto
Capitolo 9: Ricordi bruciati
Capitolo 10: Il prossimo
Capitolo 11: Vacanza (Parte 1)
Capitolo 11: Vacanza (Parte 2)
Capitolo 12: Dolore lontano
Capitolo 13: Turbolenze
Capitolo 14: Scontro
Capitolo 15: Notizia
Capitolo 16: Lettere reali
Capitolo 17: Firmato...
Capitolo 18: Sui tetti
Capitolo 19: In mezzo alla folla...
Capitolo 20: Rientro
PARTE SECONDA
Capitolo 21: Adunata
Capitolo 22: Sorpresa?
Capitolo 23: Toc-Toc
Capitolo 24: Legami scomodi
Capitolo 25: Nuovi ospiti
Capitolo 26: La spia
Capitolo 27: Tocca a me
Capitolo 28: Il mondo continua a girare
Capitolo 29: Prurito ed ematomi
Capitolo 30: Fede
Capitolo 31: Rimorsi
Capitolo 32: Torna a letto
Capitolo 33: Fiamme
Capitolo 34: Scuse e incertezze
Capitolo 35: Analista per caso
Capitolo 36: Non puoi dimenticare
Capitolo 37: Bersagli
Capitolo 38: Ostacoli
Capitolo 39: Ho trovato Jake e...
Capitolo 40: La bomba
Capitolo 41: Shakalaka
PARTE TERZA
Capitolo 42: Scampagnata
Capitolo 43: Pausa?
Capitolo 44: Nuove conoscenze
Capitolo 45: Mercato finanziario
Capitolo 46: Linea
Capitolo 47: Safe International Hawk
Capitolo 48: Fregati
Capitolo 49: In trappola
Capitolo 50: Dimitri Malokov
Capitolo 51: Rancore
Capitolo 52: Portare via tutto
Capitolo 53: Insofferenza
Capitolo 54: Colpe
Capitolo 55: Operazione Y
Capitolo 56: Amicizia
Capitolo 57: Risposta inaspettata
Capitolo 58: Rivelazione
Capitolo 60: Rottura
Capitolo 61: Solitudine
PARTE QUARTA
Dimitri Malokov & Iari Staniv
Capitolo 62: Egoismo
Capitolo 63: Apnea
Capitolo 64: Il prezzo da pagare
Capitolo 65: Anonimato
Capitolo 66: Saluto
Capitolo 67: Benvenuto nella squadra
Capitolo 68: Giuramento
Capitolo 69: Decisione
Capitolo 70: L'impegno che non serve
Capitolo 71: Lontanamente vicini
Capitolo 72: Vecchie amicizie
Capitolo 73: Vigilia
Capitolo 74: L'inizio
Capitolo 75: Le squadre
Capitolo 76: Patente?
Capitolo 77: La tana del lupo
Capitolo 78: Boom...
Capitolo 79: Maledetta emotività
Capitolo 80: Svantaggio?
Capitolo 81: Iari Staniv
Capitolo 82: Luccichio
Capitolo 83: La pace
Capitolo 84: Caduti
Capitolo 85: Respirare
Capitolo 86: Un'ultima cosa da fare
Epilogo
💜Ringraziamenti & Playlist💜

Capitolo 59: Con onore

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By DarkRafflesia


La risata di Dimitri fu la risposta affermativa che confermò quella rivelazione.

«Esattamente. Finalmente ci siete arrivati.» aggiunse, godurioso di quella frase che giunse alle sue orecchie. «Chi ha sparato per primo non è mai stato rilevante, Morrison. Hai comunque ucciso i miei uomini a sangue freddo

«Ma io l'ho fatto perché credevo... – Dave si portò una mano sulla fronte. – Non avrei mai...»

Indietreggiò, fissando un punto nel vuoto con incredulità.
Quel tradimento non era mai esistito. Lui e i suoi uomini avevano combattuto per una menzogna.
Era stata manomessa.
Le risate con i Del'fin.
Era stata manomessa.
Le bevute tutti insieme.
Era stata manomessa.
Il desiderio di poter incontrarsi anche dopo la missione, senza fare finta di essere dei perfetti sconosciuti.
Era stata manomessa.
Tutto, in realtà, era stato sincero.
Era stata manomessa.
Quella guerra era stata realizzata da qualcuno che voleva vedere le due squadre eliminarsi tra di loro. E loro avevano abboccato, eliminando nel peggior modo possibile quattro uomini che si erano sentiti traditi come avevano reputato di esserlo stati anche loro; avevano premuto il grilletto annebbiati, presi in giro, mossi dalla volontà di qualcun altro che aveva sperato che tutti quanti morissero lì, in mezzo all'Oceano Indiano. Era stato manipolato; aveva trionfato in una missione boicottata.
La squadra di Dimitri – tutti, tutti loro – erano innocenti.

Che cosa aveva fatto? 

Quelle giocate a braccio di ferro, la timidezza nel dormire tutti quanti sotto lo stesso tetto dell'accampamento, il criticare giocosamente le brandine scadenti della fregata, il desiderio di immaginare un mondo dove Russia e Stati Uniti non fossero mai stati avversari: era stato veritiero e gentile sin dal principio. E lui aveva vissuto dieci anni credendo il contrario per colpa di qualcuno che aveva manomesso l'operazione.
Noah aggrottò le sopracciglia con aria stupita, leggendo bene il sentimento che stava prevalendo nel corpo del soldato; stava riflettendo anche lui sul fatto che davvero Dimitri e Dave avessero potuto essere amici, compagni d'arme senza freni; eppure adesso erano lì, divisi da qualcosa che non era partito da nessuno dei due e che non poteva più riappacificarli. A Dimitri non importava avere ragione; voleva solo vendicarsi di chiunque. Che Dave fosse stato manipolato non era rilevante; doveva soffrire come aveva sofferto lui.
Vittima del rancore, non poteva più sfuggire a quella prigione.
Neppure dopo aver scoperto che Dave fosse innocente.

«Cosa credevi, Morrison? Non c'è più niente che puoi fare.»

«Io non ho mai voluto tradirti! – Dave scoprì il volto, turbato. – Non ho mai voluto farlo!» digrignò i denti. «Chi è stato a manomettere l'operazione? Chi è stato!?» alzò il tono, in preda ad una crisi di nervi.

«Sono stato io, Morrison.»

Silenzio.
Le sue corde vocali ebbero un blocco subitaneo che gli cancellò la voce, rimpiazzata da un nodo che gli stritolò la gola e gli estinse la rabbia. Dal guardare nuovamente l'altoparlante, Dave abbassò lentamente la testa; i suoi occhi marroni erano sbarrati, l'espressione allibita. Sia lui che Noah seguirono la fonte della voce per focalizzarsi sull'unica persona insieme a loro che era priva del bavero davanti alle labbra.
Jude Collins li stava guardando senza ripensamento, con un'eleganza e decoro di chi non aveva perso il ruolo di Generale e non fosse in pericolo di vita. I suoi occhi acquamarina non trasudavano nemmeno una singola goccia di rimpianto, bensì erano freddi, colpevoli senza dubbio, ma con una consapevolezza di chi non avrebbe mai provato alcun rimorso.
E d'altronde, dopo dieci anni in cui aveva vissuto quella parte, nessuno aveva dubitato di lui.

Eccetto per Noah.

Quello sguardo che stava rivolgendo loro l'anziano, era lo stesso che aveva tinto i suoi lineamenti quando gli aveva teso la mano alla sala interrogatori; quel gesto di messa alla prova per vedere se si fosse fidato di un perfetto sconosciuto al primo incontro. E lui aveva diffidato; aveva già capito che quell'uomo non aveva nel sangue nemmeno un briciolo di patriottismo o amore per la sua gente se non per il proprio tornaconto personale, per un onore che non esisteva.
Il vero colpevole dell'Operazione Y era davanti ai loro occhi.
Era lui il vero nemico che avrebbero dovuto affrontare.

«C-Cosa significa? Cosa sta dicendo?» mormorò Dave con tono sommesso.

Jude non batté ciglio. Deglutì, inspirando dalle narici. «Significa che sono stato io a farti credere che Iari avesse sparato a Sully. Era tutto organizzato da quando i piani alti mi hanno affidato l'Operazione Y.»

«Lei aveva detto...» si zittì, ricordando perfettamente le parole che l'anziano aveva pronunciando prima che si separassero.

Non fermarti mai alle apparenze, chiunque può essere tuo nemico.
Aveva sempre saputo che avrebbe incontrato Dimitri e Iari. Aveva previsto che la verità sarebbe venuta a galla e sarebbero venuti da lui a prenderlo. E nonostante tutto, aveva lasciato lui e Noah in balia di quelle continue prove, civili morti e attentati; a Jude non era mai importato difendere gli Stati Uniti.
Tutto tornò nella mente di Dave da cancellargli la voce un'ulteriore volta.

«Sì, l'ho detto. – confermò Jude. – Il mio ruolo da Capitano e da Generale non hanno mai instillato dubbi nelle linee governative. È facile brancolare nel buio nelle vesti di chi ti puoi fidare ciecamente.»

«Sei una fottuta spia.» disse Noah, corrugando la fronte, inorridito. «Non sei mai stato dalla parte degli Stati Uniti. Tu non volevi che gli americani e i russi fermassero i nordcoreani, perché tu...tu sei uno di loro.»

Il Generale non confermò né negò. Ma il suo silenzio fu una vera risposta per Dave, il quale collegò i punti di ciò che il ragazzo aveva detto. Rabbrividì, sudando freddo in un ossimoro vivente.

«Ora capisco perché hai usato Kenneth Jung come esca per i tuoi affari. – si rivolse a Dimitri, le spalle contratte. – Volevi mandare un segnale, punire i nordcoreani poiché anch'essi coinvolti nella morte dei Del'fin.» si rabbuiò, serrando i pugni e chinando lo sguardo. «Da quanto tempo è nelle linee nordcoreane?» si riferì al traditore dall'altro lato del vetro.

Jude si strinse nelle spalle. «Morrison-»

«Da quanto?!»

Il veterano si morse l'interno della guancia, tramortito da quel tono elevato. «Da quindici anni.»

Le spalle del Capitano si abbassarono dall'avvilimento.
Pallido in viso, fu quantomeno distratto dalla figura di fronte nel momento in cui la porta all'interno della stanza delle bombe si aprì, arrestando il flusso di pensieri pronto per colpirlo da quelle rivelazioni.
Sbucò davanti ai due americani Iari Staniv, in completo, come se fosse stato sempre lì con loro senza essersi mai manifestato apertamente. Teneva la mano dentro la giacca blu scuro, camminando con una sicurezza tale da intimidire i poliziotti lì presenti.

«Finalmente hai confessato i tuoi peccati.» disse secco, fermandosi davanti a Jude. La sua sedia, rispetto a Dave e Noah, era messa a tre quarti, non proprio frontale, perciò poterono osservare entrambi, senza che il russo si mettesse davanti al vetro. «Ti sei fatto catturare, ammettendo implicitamente di essere la causa del nostro rancore.» tirò fuori la mano, portando con sé una pistola.

Jude lo guardò dal basso verso l'alto, immobile sulla sedia, come se anche i suoi polsi fossero legati. Vicino a lui vi era un piccolo tavolino, e fu proprio lì che Iari posò l'arma.
L'anziano scoccò un'occhiata a Noah; era giovane, troppo giovane per essere stato chiamato in un caso pericoloso come quello. Davanti a lui gli sembrò di vedere lo stesso Dave Morrison ventiseienne, schietto e puro, un ragazzo che viveva con le sue idee, con le sue regole, con una carica che lo spingeva sempre ad andare avanti; tuttavia l'hacker aveva una nota insolita che non poté ignorare. Per la sua età, era fin troppo intelligente e scaltro; durante l'interrogatorio gli aveva fatto capire che nessuno avrebbe dovuto dubitare di lui, considerandolo solo un membro più giovane e quindi con poca esperienza. Gli aveva mostrato che quel suo singolo attimo in cui l'aveva sottovalutato avrebbe dovuto rimangiarselo. Non era a conoscenza di come Dave l'avesse conosciuto, dove avesse pescato quel ragazzino e come avesse fatto ad attirare l'attenzione della CIA, ma quei due insieme, per dove erano giunti con quelle personalità opposte e apparentemente impossibili da incastonare, avrebbero fatto grandi cose.
Lo sentiva dentro il suo petto.

«Essendo una spia nordcoreana, avevo informato la Classe Najin del vostro arrivo. – iniziò a raccontare. – Conoscendo il piano di attacco ideato da Dave, sapevo che voi Del'fin vi sareste allontanati dalla fregata da soli. Allora ho manomesso il tuo fucile, Iari.» lo guardò, non potendo sopportare il volto ferito di Dave che si contorceva dal dolore parola dopo parola. «Al momento in cui avresti preso l'arma, loro avrebbero sparato verso il Team Alpha: avevo dato loro le coordinate.»

«I nordcoreani hanno solo fatto finta di non vederci...» biascicò Dave.

«Esattamente. Avrebbero dovuto uccidere Sully, ma hanno mancato il bersaglio. Nonostante tutto, il piano aveva funzionato. Hanno attirato la vostra attenzione e tutto è coinciso con precisione con il movimento di Iari. Di nascosto al Capitano Vlasov, ho interrotto le comunicazioni tra Team Alpha e Del'fin per accentuare i sospetti. Quando mi hai chiesto cosa fare, avevo previsto che le vostre squadre sarebbero affondate, decretando come vincitori i nordcoreani.» si rivolse di nuovo a Morrison con orgoglio. «Nonostante avessi sempre saputo che fossi diverso dagli altri, che la tua squadra combattesse con una fiamma che andava al di là del semplice indossare la divisa per servire il proprio paese, mi sono illuso di poter vincere. Tu sei un leader nato, il Team Alpha non era solo una squadra, ma una famiglia che ha continuato ad esistere con il Team Bravo. Porti quel ruolo da Capitano meglio di chiunque altro. D'altronde lo hai ottenuto salvando la tua squadra.»

Di sasso. Dave e Noah erano rimasti di sasso. Dietro quel fascicolo vuoto dell'Operazione Y vi era una missione fottuta in partenza. I loro sforzi si erano rivelati sempre più inutili. Avevano combattuto e agito per una causa che era sempre rimasta sconosciuta.

«E adesso cosa vorresti fare, Morrison? – Iari si voltò verso di lui, abbozzando un sorriso al di sotto dei baffi. – Ricordo che mi dicesti di voler spodestare il Capitano Collins e ci sei riuscito. Solo che ora lui è un Generale...Punti anche a quello?»

Dave si risvegliò dalla stasi. Cancellò la rivelazione di quelle parole che gli trafissero il petto per fare di nuovo un passo avanti e sbattere un pugno contro il vetro.

«Non provare ad ucciderlo! Quelle persone non c'entrano nulla! Lascia andare i poliziotti, lasciali andare!» urlò.

«Nell'Operazione Y sono morte delle persone che non avevano fatto nulla di male. Non vedo perché non dobbiamo seguire questa linea anche adesso.» la mano sulla pistola si fece più tenue, delicata, quasi ad accarezzarla. «Ma non sarò io ad uccidere il Generale Collins.» spinse l'arma dall'altro lato del tavolo.

Jude osservò la pistola a pochi centimetri dalla sua mano. Era scarica, priva del caricatore. Iari non era uno sprovveduto; non avrebbe mai lasciato un'arma carica con la consapevolezza che l'uomo avrebbe potuto farsi fuori pur di ucciderlo insieme a tutti gli altri. Quando voltò le spalle ai due agenti e andò nei pressi della porta, disse:

«Il caricatore è dentro la tasca della cintura che ha addosso, Generale. La scelta è sua.» e abbandonò la stanza.

«Fottuto bastardo, torna qui!» gridò Dave, sbattendo anche l'altro pugno con il vano tentativo di rompere il vetro. Non poteva neanche raggiungerlo, essendo bloccati dentro la stanza. «Fuck! Non è possibile. Non riesco a crederci!»

«Morrison.»

«Stia zitto, Generale. Non ho tempo per commentare quello che ha fatto!» si portò una mano sui capelli biondo cenere per darsi una calmata.

Troppe informazioni, troppa delusione e troppe domande. Doveva suddividere le priorità e pensare al resto dopo.

«Dave.»

Dave sollevò lo sguardo. Jude emanava aria di tristezza; i suoi tratti seriosi non avevano mai manifestato quel senso di arresa che diffuse con una singola parola ed un tono che non aveva nulla a che vedere con la sua altezzosità e autorità nell'essere di grado più elevato, con quel potere che aveva sempre indossato con una maschera alle quale lui aveva sempre portato rispetto.
E quei pensieri vennero condivisi dal veterano, il quale infilò la mano nella tasca della cintura, facendo raggelare il sangue nelle vene dei due agenti della CIA.

«Non ci provi! Non lo faccia!» tuonò Dave, piantando le mani sul vetro.

Nei suoi occhi si riflesse il movimento titubante con la quale Jude aveva tirato fuori il caricatore della pistola che gli aveva donato Iari; i poliziotti si animarono, iniziando a dimenarsi freneticamente dalle loro corde con le lacrime agli occhi, urlando e mormorando suppliche incomprensibili.

«Nonostante avessi dovuto odiare ogni singolo soldato del Navy SEAL, in te c'era qualcosa di diverso. – iniziò Jude, ignorando le sue parole. Gli occhi si persero nel caricatore, nella quale vi era un solo proiettile, utile per chiudere le danze. – Mi hai fatto perdere la pazienza, mi hai fatto bofonchiare per tutte le tue peripezie, ma hai un cuore d'oro che pochi, al giorno d'oggi, hanno.»

Dave scosse la testa, iniziando a dare pugni contro la superficie, non avendo più nulla da fare. «La smetta! La smetta di dire queste cazzate! Non è vero! Non è vero niente!»

Noah era rimasto imbambolato, gli occhi fissi sul modo con la quale Jude aveva preso la pistola e stava infilando il caricatore con una lentezza aberrante, con un ardore che pochi avrebbero manifestato in quelle situazioni. Ardore? O forse era codardia? Rinuncia alle proprie responsabilità? No.
Quello era un atto di fede.

«Quello che hai passato quando sei entrato nel Team Bravo è ingiusto. Per questo insieme ai piani alti abbiamo deciso di donarti il titolo di Capitano; perché solo tu avresti potuto avere le forze di portare un titolo così alto in giovane età.» proseguì Jude, incastonando bene il caricatore. «La tua volontà ti porta a fare degli errori, ma quegli stessi errori ti portano al successo. Perché riesci a convertire ogni singola emozione negativa in carburante, in energia.»

«Posi l'arma! La prego, non lo faccia!» Dave continuò a dare pugni, osservando l'agitazione, la paura di quei poliziotti.

Noah si morse il labbro inferiore: il suo cuore perse un battito, stravolto dalla tachicardia. Quelle parole di addio lo stavano distraendo, quelle considerazioni positive nei confronti di Dave gli stavano mostrando una figura che andava in contrasto con lo stesso volto di quest'ultimo. Gli occhi rimbalzarono ovunque, seppur vi fossero i continui di tonfi di Dave contro il vetro che gli stavano distruggendo le tempie. Le iridi grigie, infatti, si posarono proprio su quel vetro antiproiettile che era stato installato da poco. Ad ogni vibrazione, registrò una sorta di cedimento in coincidenza dei bordi. Fosse possibile che, se avessero insieme colpito in quel modo, avrebbero potuto staccarlo da lì? Si mosse, caricando una spallata contro il vetro. Quando urtò contro di esso, serrò le palpebre dal dolore e soppresse un grugnito. In risposta, Dave lo guardò perplesso.

«Continua a colpire! Possiamo farlo cedere!» gli urlò, notando che il suo colpo aveva smosso ulteriormente il vetro.

Il soldato lo seguì a ruota libera, iniziando a dare anch'egli spallate per oltrepassare quel muro. «Posi quella cazzo di arma! Possiamo ancora salvarla!»

Jude osservò la pistola, poi i due agenti che davano colpi contro il vetro e infine la videocamera puntata sulla sua figura. Le parole di Dimitri risuonavano ancora cristalline nella sua mente; mentre lo stavano legando su quella sedia, gli aveva ribadito che ogni singola parola che avrebbe pronunciato sarebbe stata mossa contro di lui, lo avrebbe fatto sprofondare in un mare di umiliazione e agonia, senza che nessuno avesse potuto salvarlo. Una volta rivelati i suoi peccati, ciò che lo avrebbe atteso sarebbe andato contro la Corea del Nord e la sua fine non sarebbe stata tanto diversa. Aveva delle informazioni preziose da difendere, azioni, piani. Ma prima di ciò, era ancora un Generale del Navy SEAL.

«Dave, queste saranno le mie ultime parole, perciò ascoltale attentamente.» iniziò con serietà.

Dave sentì l'ansia rimbombargli nel cervello. Aumentò le energie, ma non voleva saperne. Per quanto forzuto avesse potuto essere, quei tentativi non erano cento per cento efficaci, sebbene anche Noah lo aiutasse con tutte le sue forze. Non rispose a quella sentenza di Jude, anche perché non sarebbe successo: quelle non sarebbero state le sue ultime parole.

«Non sono degno del titolo di Generale, non lo sono mai stato in verità, perché questo titolo sarebbe dovuto toccare a qualcuno di fedele agli Stati Uniti, di valido per mantenere l'ordine nelle retrovie militari.»

«Stia zitto! Non pronunci nulla!» tentò di troncarlo, Dave, il viso rivolto verso di lui.

«Hai sempre dimostrato ottime qualità sul campo. Un ottimo spirito di collaborazione. Quando sei entrato alla CIA, sono usciti dalla Direzione delle Operazioni i migliori agenti del campo. Il tuo ruolo da leader è ammirevole.» Jude tirò il carrello della pistola per caricare quel singolo colpo in canna.

Un suono che mandò in allerta Noah e Dave.
Il ragazzo sentiva la spalla tremare, vibrare con scosse continue di dolore. Le forze diminuivano ad ogni colpo senza poter dare un contributo maggiore a quel tentativo di irruzione che diventava a mano a mano sempre più inutile.
Dall'altra parte, Dave incrementò le energie.
Non poteva minimamente rinunciare così, di punto in bianco, e lasciare i russi vincere. Non gliene fregava niente se era un traditore, non gli importava che fosse una spia; in quel momento voleva solo salvare quelle persone, i poliziotti, e discuterne in tribunale, in prigione, in qualunque posto che non fosse quello, senza bombe e vittime.

«Quando tutto questo sarà finito, usa i filmati delle videocamere che appureranno ai piani alti quello che sta per uscire dalla mia bocca. – arrivò al dunque, muovendo la pistola per puntare la canna in coincidenza del cuore. – Sei uno degli uomini di cui ha bisogno il Navy SEAL; sono sicuro che sarai una figura di spicco e di motivazione per i soldati.»

Jude lo guardò, sorridendo.
L'immagine di un giovane Dave riaffiorò nella sua mente, quel ragazzaccio dallo sguardo disciplinato, ma anche birbante. Era il perfetto esempio di uno studente modello – soldato in questo caso – che sapeva quale fosse il suo posto, quando intervenire, quando parlare e come comportarsi davanti ad un suo superiore; non saltava un allenamento, si svegliava prima di tutti, addirittura in anticipo, e il suo cervello carburava le tattiche migliori dove nessuno dei suoi uomini veniva lasciato indietro.
Spostò lo sguardo su Noah.
I suoi occhi grigi erano puntati su di lui; si era accasciato sul vetro col fiatone, sicuro che non avrebbero fatto in tempo. Guarda un po' quel tipetto. Si disse, sospirando dalle narici.
Pareva proprio che volesse supplicarlo con lo sguardo di non farlo. Ci teneva anche lui a quei poliziotti, per quanto freddo avesse potuto essere; tuttavia, scegliendo quel lavoro alla CIA, aveva appena stipulato un contratto con la morte. Queste scene sarebbero state quotidiane per lui, non poteva vivere rosa e fiori per sempre. Avrebbe dovuto sopportare tante di quelle situazioni che forse sarebbe stato lui, quello rapito e legato su una sedia un giorno. Mosse il labiale, mandando un messaggio che solo Noah poté tradurre.

Don't let him fall.

Dall'espressione attonita e sconvolta del ragazzo, dedusse che avesse compreso. Dopodiché si rivolse nuovamente a Dave, prendendo un respiro profondo.

«Sono sicuro che riuscirai a portare questo titolo con onore. Meglio di quanto lo abbia fatto io. Sei l'unico in grado di farlo.» annunciò.

Dave sentì una fitta al petto.

«Non lo dire! Non provare a dirlo!» gridò, aumentando la violenza con la quale stava spingendo contro il vetro.

«Dave Morrison, io, Jude Collins, in qualità di Generale del Navy SEAL, decido di rinunciare ufficialmente al mio titolo, nominando te come mio legittimo successore.» pressò il cane della pistola, chiudendo gli occhi. «Dì a mia moglie e ai miei figli che li amo e che mi dispiace.»

Premette il grilletto.

«NO!» urlarono Noah e Dave.

Il proiettile esplose, trapassando il busto di Jude Collins e colpendo perfettamente il cuore; il colpo fu talmente ravvicinato che uscì dalla schiena e si conficcò sul pavimento. La pistola cadde a terra, priva della presa della mano che scivolò a penzoloni sul bracciolo della sedia. I poliziotti urlarono, ma quelle voci colme di dolore furono solo un vago ricordo che venne estinto dal momento in cui il sensore di battito cardiaco segnò l'assenza del battito. La luce sopra la porta bloccata diventò verde, ma non servì più a nulla, poiché quelle cinture avvolte ai corpi dei sei poliziotti si innescarono contemporaneamente.

Ci fu una deflagrazione che invase lo stanzino oltre il vetro.

I corpi dei poliziotti vennero travolti da tutta quella pressione e aria che si frantumarono in mille pezzi, coinvolgendo in parte anche il corpo dell'ormai defunto Jude Collins.
Il vetro antiproiettile vibrò, senza spaccarsi.
Ma non fu quello che costrinse i due ad allontanarsi di botto da esso, bensì tutto il sangue che schizzò dai corpi fino ad imbrattare completamente la superficie, rendendo impossibile vedere ciò che vi era dall'altro lato.

A differenza del soldato, rimasto immobile davanti a quel panorama, Noah continuò ad indietreggiare, gli occhi che si erano spalancati di netto; non aveva battuto ciglio nemmeno per un secondo, registrando appieno quello che era accaduto, l'esplosione, le urla, il momento in cui le sue orecchie erano state invase da quel suono appiccicoso, melmoso, gli schizzi che si erano spalmati sul vetro; aveva visto perfettamente quei corpi esplodere ad uno ad uno, simultaneamente, le facce terrorizzate dei poliziotti diventare un vago ricordo. I resti erano tutti lì, proprio sulla finestra, perché gli organi che erano schizzati fuori dai loro corpi si erano spalmati sulla lastra.
Vedeva pezzi di qualcosa, ma erano pervasi di sangue che erano irriconoscibili.
Il battito cardiaco incrementò senza che lui ne avesse il dominio. Le iridi grigie vibravano, non in grado di staccarsi di quello schifo, seppur conscio del male che stava recando alle sue interiora. Erano delle persone. Quei pezzi erano parte di coloro che fino a qualche istante prima lo stavano guardando impauriti. Le gambe traballarono. Il suo volto sbiancò, mentre il labbro inferiore sussultò senza il suo consenso. Gli bastò semplicemente deglutire la sua stessa saliva per avere la sensazione di aver inghiottito qualcosa di quel quadro carminio. Il suo corpo, infatti, non l'accettò e la rispedì indietro, insieme a tutto il cibo che aveva ingerito prima di uscire di casa. Il torace venne scosso dai conati. Noah dovette portarsi una mano davanti alla bocca, resistendo a quella forza che gli stava scuotendo lo stomaco. Ma ne uscì sconfitto, poiché questi continuarono e fu costretto ad allontanarsi verso l'angolo della stanza, dove poggiò l'altra mano sul muro per sorreggere il corpo quando la bocca venne scoperta.

Vomitò, cercando in tutti i modi di rimanere in piedi e non inginocchiarsi a terra per colpa di quelle scosse. Quando non restò nulla nel suo stomaco, i conati proseguirono per quella scena disgustosa, accompagnati da qualche colpo di tosse. Gli occhi erano sigillati, alle sue narici arrivò un tanfo acre e nauseante. Fece qualche passo per distanziarsi dalla pozza, poiché si accasciò a terra carponi, recuperando il fiato perso. E rimase lì, in quel modo, in preda a quella tragedia.

In quel frangente non si accorse che Dave era rimasto immobile come una statua di marmo, pietrificato, senza anima e vita. Non poté vederlo in volto, ma era evidente che i suoi occhi fossero ancora sgranati, fissi su quel dipinto che aveva imbrattato il vetro, il fiato trattenuto, come se i suoi polmoni avessero dimenticato come si respirasse. Ma il suo cuore non aveva dimenticato come battere; scosso e in fibrillazione, era l'unica cosa che poteva percepirsi in quel petto statico, in quel corpo che impercettibilmente stava vibrando; le mani lungo i fianchi avevano le dita aperte, in cerca di voler fare qualcosa che ormai non avrebbe più potuto cambiare le sorti di quei malcapitati. Le parole che aveva pronunciato Jude erano svanite, rimpiazzate da un fischio che stava offuscando ogni cosa attorno a lui; non sentiva più le urla dei poliziotti. 

Perché non stavano urlando? Perché non stavano chiedendo aiuto? Perché il vetro non aveva ceduto dopo tutte le spallate che aveva dato?

Non aveva nemmeno sbattuto le palpebre, non ne era in grado.
In quel color nocciola le pupille erano ristrette per l'orrore che era appena accaduto, quel singolo granello in più che aveva rovinato l'equilibrio della bilancia.
Non era più in quell'edificio. Non era più in quello stanzino.
Davanti a lui vi erano solo Jude e quei poliziotti.
Anche se erano stati spazzati via dall'esplosione che aveva tinto di rosso ogni cosa, lui – quel colore – non lo vedeva. Era rimasto bloccato nel tempo, in quelle parole, in quelle rivelazioni.
E stava soffocando. 

________________________________________________________________________________

Angolo autrice:

Questo capitolo l'ho scritto ad agosto dell'anno scorso.
È stato un parto e continua ad esserlo per tematiche e situazioni forti che mettono in mostra quanto il mondo sia corrotto, ovunque. 

Nonostante Dave provi sempre ad essere corretto ed abbia una mentalità sana e rivolta verso il bene, il mondo in cui vive lo ha mosso a suo piacimento, lasciandolo in uno stato delusione e senso di colpa. 

Noah lo ha capito. 
Per quanto possa non sopportare Dave, ha capito bene le circostanze da esterno e ha valutato bene la situazione.

Tuttavia è troppo tardi.
Jude è morto e si è portato via sei vite innocenti. 
Cosa riserverà il destino ai nostri due manipolati protagonisti?
Lo scoprirete venerdì con il Capitolo 60: Rottura. 
A presto!

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