Bᴇʏᴏɴᴅ Tʜᴇ Nᴜᴀɴᴄᴇs

De wintermoore_

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«Mamma, papà, basta urlare! Per favore, non ce la faccio più a sentire i vostri lamenti.» Nel crepuscolo dell... Mais

Book Trailer e Introduzione
Dedica + cast
Playlist
𝐈 - 𝐒𝐡𝐚𝐝𝐨𝐰𝐬
𝐈𝐈 - 𝐁𝐫𝐢𝐝𝐠𝐞𝐬 𝐎𝐟 𝐅𝐫𝐢𝐞𝐧𝐝𝐬𝐡𝐢𝐩𝐬
𝐈𝐈𝐈 - 𝐒𝐢𝐛𝐥𝐢𝐧𝐠𝐬' 𝐓𝐚𝐩𝐞𝐬𝐭𝐫𝐲
𝐈𝐕 - 𝐒𝐡𝐢𝐟𝐭𝐢𝐧𝐠 𝐑𝐞𝐚𝐥𝐢𝐭𝐢𝐞𝐬
𝐕 - 𝐄𝐧𝐜𝐡𝐚𝐧𝐭𝐞𝐝 𝐄𝐧𝐜𝐨𝐮𝐧𝐭𝐞𝐫 𝐈𝐧 𝐋𝐨𝐧𝐝𝐨𝐧
𝐕𝐈 - 𝐔𝐧𝐬𝐞𝐞𝐧 𝐒𝐞𝐫𝐞𝐧𝐝𝐢𝐩𝐢𝐭𝐲
𝐕𝐈𝐈 - 𝐀𝐈𝐃𝐄𝐍
𝐕𝐈𝐈𝐈 - 𝐇𝐚𝐫𝐦𝐨𝐧𝐲 𝐨𝐟 𝐒𝐞𝐜𝐫𝐞𝐭𝐬
𝐈𝐗 - 𝐍𝐨𝐜𝐭𝐮𝐫𝐧𝐚𝐥 𝐑𝐞𝐯𝐞𝐥𝐚𝐭𝐢𝐨𝐧𝐬
𝐗 - 𝐂𝐨𝐧𝐧𝐞𝐜𝐭𝐢𝐨𝐧 𝐔𝐧𝐯𝐞𝐢𝐥𝐞𝐝
𝐗𝐈 - 𝐈𝐧 𝐓𝐡𝐞 𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭 𝐀𝐦𝐢𝐝𝐬𝐭 𝐁𝐨𝐨𝐤𝐬
𝐗𝐈𝐈 - 𝐒𝐮𝐬𝐩𝐞𝐧𝐝𝐞𝐝 𝐁𝐞𝐭𝐰𝐞𝐞𝐧 𝐅𝐫𝐢𝐞𝐧𝐝𝐬𝐡𝐢𝐩 𝐀𝐧𝐝 𝐃𝐞𝐬𝐢𝐫𝐞
𝐗𝐈𝐈𝐈 - 𝐑𝐞𝐜𝐨𝐧𝐜𝐢𝐥𝐢𝐚𝐭𝐢𝐨𝐧
𝐗𝐈𝐕 - 𝐈𝐧𝐭𝐢𝐦𝐚𝐭𝐞 𝐑𝐞𝐯𝐞𝐥𝐚𝐭𝐢𝐨𝐧𝐬
𝐗𝐕 - 𝐋𝐢𝐟𝐞'𝐬 𝐏𝐚𝐭𝐡
𝐗𝐕𝐈 - 𝐖𝐡𝐢𝐬𝐩𝐞𝐫𝐬
𝐗𝐕𝐈𝐈 - 𝐒𝐡𝐚𝐥𝐥 𝐰𝐞 𝐬𝐚𝐢𝐥 𝐭𝐨𝐠𝐞𝐭𝐡𝐞𝐫?
𝐗𝐕𝐈𝐈𝐈 - 𝐔𝐧𝐞𝐱𝐩𝐥𝐨𝐫𝐞𝐝 𝐓𝐫𝐚𝐢𝐥𝐬
𝐗𝐈𝐗 - 𝐆𝐚𝐫𝐝𝐞𝐧 𝐎𝐟 𝐋𝐨𝐯𝐞
𝐗𝐗 - 𝐔𝐧𝐝𝐞𝐫 𝐓𝐡𝐞 𝐒𝐭𝐚𝐫𝐬
𝐗𝐗𝐈 - 𝐖𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫 𝐖𝐨𝐧𝐝𝐞𝐫𝐥𝐚𝐧𝐝
𝐗𝐗𝐈𝐈 - 𝐏𝐚𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧 𝐔𝐧𝐝𝐞𝐫 𝐓𝐡𝐞 𝐌𝐨𝐨𝐧
𝐗𝐗𝐈𝐈𝐈 - 𝐈𝐧𝐧𝐞𝐫 𝐃𝐞𝐩𝐭𝐡𝐬
𝐗𝐗𝐕 - 𝐁𝐮𝐭𝐭𝐞𝐫𝐟𝐥𝐲𝐬
𝐗𝐗𝐕𝐈 - 𝐁𝐮𝐫𝐢𝐞𝐝 𝐏𝐚𝐬𝐭

𝐗𝐗𝐈𝐕 - 𝐓𝐡𝐞 𝐌𝐢𝐫𝐫𝐨𝐫 𝐆𝐚𝐦𝐞

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See You Again - Wiz Khalifa
"And when brotherhood come first, then the line will never be crossed"


«Quella vasca. Non c'è nemmeno una parola per descrivere cosa ho provato in quel momento. È stato wow.» Non facevo altro che ripetermi questa frase dopo quella sera.

Nel caldo abbraccio della dimora, io e Aiden ci ritrovammo immersi in una notte intrisa di mistero e promesse, pronti a esplorare i confini più profondi dell'anima attraverso un gioco senza tempo chiamato "Il Gioco degli Specchi". Creato da tutti noi, ma i meriti andavano dati di più a Lucille e Maya. Questo enigmatico passatempo prometteva di svelare segreti nascosti e di portare alla luce verità celate nei recessi più oscuri del cuore umano.

Il gioco iniziò con una semplice domanda, un enigma avvolto nel mistero e nella suggestione. Ci trovammo circondati da un'atmosfera carica di eccitazione e aspettativa, pronti ad accettare la sfida e a immergerci nel flusso ininterrotto delle domande e delle risposte.

Le prime sfide erano innocue, enigmi da risolvere con ingegno e perspicacia, progettati per testare la mente e lo spirito dei giocatori. Ma man mano che il gioco procedeva, le domande divenivano sempre più personali e profonde, scavando nel profondo dei pensieri e dei sentimenti di coloro che osavano partecipare.

Ci trovammo tutti quanti immersi in un vortice di emozioni e rivelazioni, una danza intricata di verità e segreti che ci costringeva ad affrontare la realtà della nostra esistenza e delle nostre relazioni. Attraverso una serie di domande stimolanti e confronti sinceri, esplorammo i meandri più oscuri dei nostri desideri e delle nostre paure, rivelando lati nascosti di sé stessi e del proprio legame.

Era il turno di Aiden: «Qual è una verità che avete sempre nascosto agli altri qui presenti?»

Lucille, prendendo un profondo respiro e guardandoci ad uno ad uno, come se fossimo tutti degli specchi, rispose: «Ho sempre avuto paura di non essere all'altezza delle vostre aspettative, specialmente perché tutti voi sembrate così sicuri di voi stessi.»

La sincerità di Lucille suscita un'ondata di supporto e comprensione da parte di tutti noi, specialmente da parte di Maya.

«Credo che tutti noi abbiamo quei dubbi, Lucille.» Disse Maya, cercando di confortarla in qualche modo.

Subito dopo fece la sua domanda: «La mia domanda è: quando vi siete sentiti più vulnerabili in questo ultimo anno?» La voce di Maya risuonava nella stanza.

Alex che finora aveva mantenuto un atteggiamento piuttosto riservato, si aprì un po', ma scelse di non rivelare tutto: «Quando ho dovuto affrontare un problema con mio padre e mi sono trovato a gestire tutto da solo. È stato un momento in cui mi sono sentito molto isolato.»

Non ci aveva mai raccontato della situazione di suo padre o almeno non a me. Ma sicuramente Jake e Aiden lo sapevano meglio di chiunque altro qui dentro.

Jake intervenne, porgendo una mano sulla spalla di Alex in segno di sostegno. «Alex, sappi che non sei solo ora, ok? Siamo qui per te.» La voce di Jake era calma, quasi rassicurante.

Alex annuì lentamente, apprezzando il gesto, ma i suoi occhi rimanevano pensierosi, fissi nel vuoto. Aiden, sempre il più pratico tra noi, propose, «Perché non facciamo qualcosa tutti insieme domani? Magari una passeggiata nel parco o una pizza insieme, giusto per distrarci un po' e passare del tempo insieme.»

La proposta sembrò sollevare un po' lo spirito di Alex. «Sarebbe bello, sì. Grazie, ragazzi, davvero.»

Mentre la conversazione si spostava su argomenti più leggeri, mi chiedevo quanto Alex avesse sofferto in silenzio e quanto ancora non avesse condiviso con noi. Non sapevo che avesse dei problemi in famiglia, come li avevo io nell'altra realtà, ma la profondità del suo disagio era qualcosa che solo ora cominciavo a comprendere appieno. Decisi che avrei fatto del mio meglio per essere lì per lui, proprio come Jake e Aiden.

Il gioco prosegue, e ora era finalmente il mio turno di chiedere qualcosa che tocca le corde dell'autenticità personale. «C'è qualcosa che rimpiangiate di non aver detto a qualcuno qui stasera?»

Quasi nessuno rispose. Forse per l'imbarazzo o altro. Ma poco dopo una voce sottile richiamò l'attenzione di tutti.

Jake, rimasto in silenzio per un momento, aggiunge con un tono pensieroso, «io... rimpiango di non aver avuto il coraggio di esprimere i miei sentimenti più veri, quelli che ho tenuto nascosti per troppo tempo.»

Il silenzio cadde di nuovo sul gruppo, mentre le parole di Jake risuonavano nell'aria. C'era una vulnerabilità in lui che raramente si permetteva di mostrare.

Aiden, sempre attento, guardò Jake con un'espressione di sincera preoccupazione. «Jake, se vuoi parlarne, siamo qui per ascoltarti, non devi tenere tutto dentro.»

Jake esitò, poi guardò verso Alex, che gli aveva appena confidato il suo dolore. Forse ispirato dalla sincerità dell'amico, decise di aprirsi. «Ho sempre avuto paura del giudizio degli altri... ma la verità è che ho dei sentimenti per qualcuno del nostro gruppo da un po' di tempo. Ho sempre temuto che confessarlo potesse rovinare tutto.»

Il silenzio che seguì fu carico di tensione, ma anche di una sorta di attesa. Nessuno parlò subito, dando a Jake il tempo di raccogliere i suoi pensieri.

Infine, fu Alex a spezzare il silenzio, la sua voce morbida ma ferma. «Jake, qualunque cosa tu senta, e per chiunque tu la provi, non cambierà il fatto che siamo amici. Siamo qui per te, non importa cosa.»

Le parole di Alex sembrarono alleggerire il peso che Jake portava. Con un sospiro, quasi di sollievo, Jake li guardò, uno per uno, un sorriso timido ma grato che gli illuminava il viso.

«Grazie, ragazzi, significa molto per me. Non sono ancora pronto per dire di più, ma... grazie per essere qui.»

Aiden annuì, aggiungendo, «Quando sarai pronto, noi non andremo da nessuna parte.» E con quelle parole, l'atmosfera si alleggerì. La serata proseguì con più risate e piani per il giorno seguente, ognuno consapevole che i legami tra loro si erano rafforzati in quella notte di confessioni e supporto reciproco.

In tutto ciò, rimasi in silenzio. Sapevo che ero io, almeno che non fosse gay e provasse dei sentimenti per uno dei ragazzi.

Per me e Aiden, il Gioco degli Specchi si rivelò un'opportunità unica per esplorare la profondità del nostro amore e la forza del nostro legame. Con ogni domanda e ogni risposta, ci avvicinammo sempre di più alla verità del nostro essere, scoprendo la bellezza e la fragilità della nostra anima intrecciata.

Nel calore della dimora, circondati dall'affetto e dal sostegno dei nostri amici, Aiden ed io ci lasciammo trasportare dalla magia del momento, abbandonandoci completamente al fluire delle emozioni e alla bellezza della condivisione. Attraverso il Gioco degli Specchi, ci aprimmo l'un l'altro come mai prima d'ora, rivelando i nostri desideri più profondi e i nostri timori più oscuri.

Con il passare delle ore, il gioco raggiunse la sua conclusione, lasciando tutti noi partecipanti esausti ma soddisfatti per l'esperienza vissuta. Mentre ci preparavamo per andare a letto, nel silenzio della dimora addormentata e avvolti nel calore dei nostri abbracci, Aiden ed io ci sussurrammo parole di amore e gratitudine l'uno all'altro, pronti ad affrontare insieme ogni nuova avventura che il futuro ci avrebbe riservato.

Con il cuore colmo di speranza e la mente piena di sogni, ci addormentammo abbracciati, consapevoli che, nel nostro amore reciproco, avevamo trovato la forza per affrontare qualsiasi tempesta.


La notte del "Gioco degli Specchi" aveva lasciato un'impronta indelebile su di me. Mentre giacevo nel mio letto, incapace di dormire, i pensieri continuavano a ronzarmi in testa. L'atmosfera di quella sera era stata carica di emozioni così crude e potente che era difficile non sentirsi completamente esposto, come se ogni mia inseguità fosse stata tirata fuori all'aria aperta.

Era stato Jake, in particolare, a sorprendermi quella sera. La sua mano sulla mia spalla mentre mi aprivo sulle difficoltà con mio padre era stato un gesto di una gentilezza così disarmante. Jake e io eravamo stati amici per anni, ma la nostra amicizia sembrava sempre inclinarsi tra alti e bassi, momenti di grande vicinanza seguiti da periodi di distanza. Tuttavia, quella sera, avevo sentito il vero peso della sua lealtà e del suo sostegno.

Riflettevo su come Jake avesse affrontato la sua vulnerabilità, rivelando sentimenti nascosti che aveva tenuto soppressi per così tanto tempo. Il coraggio che ciò aveva richiesto mi aveva profondamente toccato. La sua ammissione mi aveva fatto riflettere su quanto fosse importante avere persone accanto a sé che ti permettono di essere completamente te stesso, senza giudizi o aspettative.

La sincerità di Jake aveva creato un ponte tra noi, uno che ero determinato a non lasciare deteriorare di nuovo. In un modo strano, la sua vulnerabilità aveva rafforzato la mia. Mi ero reso conto di quanto fosse importante avere qualcuno con cui poter parlare apertamente dei propri problemi, delle proprie paure.

Negli ultimi mesi, avevo sentito il peso della solitudine mentre navigavo nelle acque turbolente dei problemi con mio padre. Ma quella sera, con Jake e gli altri, avevo capito che non ero solo. L'appoggio di Jake, il suo gesto di mettere una mano sulla mia spalla, era più di un semplice gesto di conforto; era un promemoria che, non importa quanto difficile fosse il cammino, ci saranno sempre persone disposte a camminare con me.

Decisi che avrei fatto più sforzi per essere aperto con Jake, per condividere non solo i carichi che portavo, ma anche i momenti felici. Non volevo che la nostra amicizia fosse definita solo dai momenti di crisi; volevo che fosse una condivisione completa, una vera connessione che potesse sopportare le tempeste.

Mentre la notte si trasformava lentamente in alba, mi sentivo grato per Jake, per il nostro gruppo, per Aiden, per Maya e anche per Althea e Lucille, e per il gioco che ci aveva permesso di esplorare e accettare le nostre verità più profonde. Era chiaro che le cose tra noi, tra tutto il gruppo, sarebbero cambiate, ma ero fiducioso che questi cambiamenti sarebbero stati per il meglio.

Con un sentimento di rinnovata speranza e determinazione, finalmente mi lasciai andare ai sogni, pronto ad affrontare il domani con un nuovo spirito e una rinnovata comprensione dell'amicizia e del supporto reciproco.

In quel momento, mi sentivo incredibilmente grato per l'amicizia con Jake. Aveva sempre avuto un modo particolare di far sentire le persone accettate e supportate, un dono raro che avevo imparato ad apprezzare nel corso degli anni. Dopo la serata del "Gioco degli Specchi", il nostro rapporto sembrava essersi addentrato in una dimensione ancora più profonda e significativa.

Mentre camminavamo verso il parco il giorno seguente, il silenzio tra noi non era pesante, era piuttosto un confortevole spazio di comprensione muta. Jake era il tipo di amico che non aveva bisogno di parole per esprimere il suo supporto; la sua presenza era sufficiente.

Finalmente, trovai il coraggio di rompere il silenzio. «Jake, grazie per ieri sera. Non so cosa farei senza di te.»

Jake mi sorrise, il suo sguardo calmo e rassicurante. «Non devi ringraziarmi, Alex. Siamo amici, è quello che facciamo. Ma dimmi, come stai davvero?»

Era una domanda diretta, tipica di Jake. Sempre dritto al punto, sempre sinceramente interessato alle risposte. Respirai profondamente, apprezzando l'opportunità di condividere.

«Ho avuto giorni migliori,» ammisi, guardando il sentiero davanti a noi. «La situazione con mio padre è stata davvero dura. Ma parlare di questo ieri sera... ha aiutato, anche solo un po'.»

Jake annuì, ascoltando attentamente. «Vuoi parlarne di più ora?» chiese.

Pensai un momento prima di rispondere. «Forse sì. Sai, è stato difficile affrontare tutto da solo. A volte mi sento come se stessi portando un peso troppo grande per me.»

«Capisco,» rispose Jake, mettendo una mano sulla mia spalla. «Ma ricorda, non sei solo in questo. Io ci sono, e anche gli altri. Non devi portare tutto da solo.»

Le sue parole mi fecero sentire un po' più leggero. C'era qualcosa di profondamente confortante nel sapere che potevo affidarmi a lui e agli altri.

Cambiando argomento, Jake propose: «C'è un campo da Basket qui vicino, che ne dici di passarci e di fare qualche tiro? Può essere utile per far uscire la propria rabbia interiore, e così magari ci aiuta a sfogarci. Che ne dici?»

Accettai con entusiasmo la proposta di Jake. Non avevo mai considerato il basket come uno sfogo per le mie frustrazioni, ma l'idea di fare qualcosa di fisico, di distrarmi, mi sembrava perfetta in quel momento.

«Suona come un'ottima idea, Jake. Un po' di movimento ci farà bene,» risposi, mentre ci dirigevamo verso il campo da basket.

Mentre camminavamo, il silenzio che aveva avvolto la nostra conversazione si trasformava in un confortevole scambio di battute leggere. Giocare a basket non era solo un modo per sfogarsi, ma anche un'opportunità per ridere e ritrovare quella leggerezza che spesso la vita quotidiana ci costringe a mettere da parte.

Arrivati al campo, Jake prese la palla e iniziò a fare qualche tiro. Osservarlo era quasi terapeutico. La sua concentrazione, il modo in cui ogni movimento sembrava scacciare via i pensieri pesanti, mi incoraggiava a fare lo stesso. Presi la palla e mi unii a lui, lasciando che il ritmo e il suono del pallone che rimbalzava sull'asfalto riempissero il mio mondo.

Dopo un po', fermandoci per riprendere fiato, Jake mi guardò con un sorriso. «Vedi? Non è solo un gioco, è anche una via di fuga, almeno per un po'. Ti senti meglio?»

Annuii, sorridendo a mia volta. «Sì, è strano come qualcosa di così semplice possa fare la differenza. Grazie per avermi trascinato fuori, Jake.»

«Sempre a disposizione, amico. E ricorda, non è importante essere sempre forti da soli. A volte, condividere il peso è proprio quello che ci serve per andare avanti,» rispose Jake, passandomi di nuovo la palla.

Continuammo a giocare, alternando momenti di concentrato tiro a canestro a quelli di scherzi e risate. Questo tempo trascorso insieme non solo alleggeriva il mio cuore, ma rafforzava anche il nostro legame. Era come se ogni passaggio della palla fosse un altro tassello che aggiungevamo alla nostra amicizia, consolidandola ulteriormente.

Col passare del tempo, il sole cominciò a scendere, tingendo il cielo di colori caldi. Ci sedemmo sul bordo del campo, guardando il tramonto e bevendo dell'acqua per reidratarci.

«Sai,» iniziai, esitante, «parlare ieri sera ha aperto una sorta di valvola di sfogo che non sapevo di avere. Mi sento... più leggero, in un certo senso.»

Jake annuì. «È importante, Alex. Aprire quei cancelli, lasciare che le cose fuoriescano, può fare miracoli per la nostra salute mentale. E ricordati, sono sempre qui, per i tiri a canestro o per le chiacchierate.»

«Grazie, Jake. Davvero,» dissi, guardandolo con gratitudine.

«È quello che facciamo, no?» rispose lui con un sorriso.

Mentre il cielo continuava a scurirsi, entrambi sapevamo che quella serata non era solo un semplice gioco di basket. Era un segno della nostra resilienza e della forza trovata nella condivisione e nel supporto reciproco, elementi essenziali per affrontare qualsiasi cosa la vita ci mettesse davanti.

In quel momento, mi sentivo profondamente grato per il supporto di Jake e volevo esprimere ciò che provavo.

«Jake, vorrei solo dirti quanto tu sia importante per me. Non solo come amico, ma come una roccia su cui posso sempre contare. Le tue parole, il tuo sostegno, hanno davvero fatto la differenza per me. Grazie per essere qui a supportarmi, per non giudicarmi e per essere così autentico. Non so cosa farei senza di te.»

Jake mi guardò con un sorriso caloroso. «E io non so cosa farei senza di te, Alex. Siamo una squadra, sempre pronti a darci una mano l'uno con l'altro. E sai cosa? Sono grato per ogni momento che passiamo insieme, che sia una serata di profonde discussioni o una partita di basket rilassante come quella oggi. Siamo veramente fortunati ad avere questa amicizia.»

Annuii, sentendomi pieno di gratitudine e calore. «Sì, siamo fortunati. E prometto che farò del mio meglio per esserci sempre per te, così come tu ci sei sempre per me. Siamo più di amici, siamo una famiglia. E non c'è niente al mondo che valga di più.»

Mentre il sole calava all'orizzonte, mi sentivo immerso in un profondo senso di gratitudine. Guardando Jake accanto a me, sentii un'onda di calore nel cuore, una sensazione di completezza e connessione che mi aveva accompagnato per anni.

Guardai per un attimo Jake e poi spostai lo sguardo sul cielo arancione e rosa, «forse io e Jake siamo più di due semplici amici amici. Forse siamo... anime gemelle platoniche.» Questo fu quello che pensai.

Questo pensiero mi riempii di serenità. Sentivo che non c'era bisogno di dire le parole ad alta voce; c'era una comprensione silenziosa tra di noi, un legame che andava oltre le parole.

Mentre camminavamo via dal campo da basket, mi sentii grato per la presenza di Jake nella mia vita. Sentivo che, indipendentemente da ciò che il futuro avrebbe portato, avrei avuto sempre Jake al mio fianco, la mia anima gemella platonica, il mio compagno di avventure e di riflessioni profonde.

E così, con un sorriso nei confronti del tramonto e un battito sereno nel petto, mi lasciai trasportare dal calore della serata, sapendo che avevo un compagno di viaggio per tutta la vita accanto a me.

Sarebbe stato per sempre.

Qualsiasi cosa sarebbe accaduta.

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