| Cantami Una Canzone | Mahmo...

By shipperdipendente

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"Cantami una canzone, una di cui solo io possa sentirne le parole" DISCLAIMER: Storia completamente inventata... More

PREMESSA
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prologo

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By shipperdipendente

Un palco e un respiro prima di metterci piede, un solo passo e tanta aria da buttare fuori dai polmoni.
Non che il giovane non avesse già calpestato quell'immenso pavimento cristallino, aveva anche già avuto il piacere d'avere il freddo trofeo tra le mani, con l'adrenalina che scorreva nelle vene come un fiume in piena.

Ma respirare la sua stessa aria, era tutt'altro che abituale.

Non ne sapeva niente, nessuno l'aveva avvisato, nessuno aveva accennato ad una sola consonante del nome maledetto che sulla punta della lingua bruciava come ferro incandescente.
Un solo sguardo, nel corridoio a luci blu che precedeva la serata già carica d'ansia, e si era capito l'andazzo di tutta quella situazione.

Ricordi di una notte che solo il buio aveva potuto raccontare a bassa voce.
Una sola volta, sussurrando.
Respiri su respiri che facevano eco nella sua testa da quando aveva rincontrato quelle pozze marroni, piene e vuote.
Riflesse nelle sue iridi erano le parole non dette e i saluti dovuti.

Era rimasto lì, a vissare le scarpe tirate a lucido per l'esibizione, per poi prendere un respiro e fare quel passo che lo separava dal scendere quelle ripide scale, che ad ogni gradino alternavano il suo battito cardiaco.

L'unica cosa a cui avrebbe dovuto pensare erano le parole della canzone inedita che stava per cantare, ed invece il pallino fisso che non si cancellava dalla sua corteccia celebrale era quell'uomo vestito di rosso scuro che aveva tenuto viva la passione in lui per non sa quanto tempo.

Proprio lui, lo aspettava, per essere presentato da lui medesimo.
Con il cartoncino blu con la scritta bianca "Sanremo 2024".
"Maledetto il giorno in cui mi hanno scelto tra i candidati", aveva silenziosamente pensato Alessandro tra sé e sé, mentre il suo sguardo rimaneva fisso su quell'uomo tanto bello quanto dannato, come il diavolo, come Lucifero che era caduto all'inferno solo per aver peccato di vanità.

Quel rosso scuro, fiammeggiante, risaltato dal tessuto in eco pelle, richiamava al colore del posto dannato d'oltre terra.
Richiamava le fiamme di quella sera, di quel caldo hotel, riscaldato da ansimi e pelle su pelle.

"Chissà se si ricorda..."

Chissà
Chissà
Chissà
Chissà
Chissà

A ripetere quella parola non se ne era reso conto, ma era arrivato all'ultimo scalino, all'ultimo momento di esitazione prima di scoppiare.
Sperava solo di mettere tutta quell'energia nella sua performance, e d'incantare il pubblico come lui stesso era stato incantato dal suo dannato tentatore in rosso.

"Soffrire può sembrare un po' fake
Se curi le tue lacrime ad un rave."

Ripetere le parole della canzone era la prima cosa che gli era venuta per riprendere in mano le sue emozioni e restare con il sangue freddo più a lungo possibile. Solo le parole e la melodia a salvarlo dal panico che pian piano incominciava ad assalirlo.
Continuava a mascherare il nervosismo dovuto alla vicinanza col suo diavolo, con quello per l'esibizione. Che per la verità, era passata in secondo piano dal momento in cui aveva udito di sfuggita il suo nome.

C'era un macello sul palco, palline di carta ovunque date da una gag precedentemente fatta per far ridere il pubblico. E grazie a loro quasi quasi Alessandro si stava scordando il pensiero fisso di quegli occhi su di sé.
Ma era durato solo un momento impercettibile, perché il microfono che amplificava la voce dell'uomo che lo tormentava, aveva riportato il suo cervello alla realtà. Come la sveglia lo fa' con un sonno molto profondo.

Era il momento di cantare, era il momento di spaccare il palco con la sua voce e i suoi passi inusualmente coordinati con la musica dal ritmo particolare e senza tempo.

Ma non era di certo Amadeus a doverlo presentare, no sarebbe stato troppo facile, di fatti i demoni non ti lasciano stare tanto facilmente.
Era lui che doveva pronunciare il suo nome, doveva pronunciarlo forte e chiaro, per far capire al pubblico di chi si stava parlando.

"Vai Marco, pronuncia il mio nome senza paura, fallo lentamente come l'ultima volta".

Poi qualcosa che non si aspettava, un momento impercettibile, durato troppo poco per contare, ma allo stesso tempo così intenso a rimanere impresso sulle telecamere a bianche luci.

Prima uno sfioramento tenero e dolce sulla spalla, come se fosse una carezza troppo timida per palesarsi anche a se stessa. Poi improvvisamente, ed inaspettatamente...

BOOM.

Occhi su occhi, come sole e mare si incontrano al tramonto.

Tutto troppo, tutto troppo poco.
Ne voleva ancora, uno dopo l'altro.
Proiettili nel cuore, che colpiscono ogni arteria e ogni vaso sanguigno.
Era stato colpito in posti del cuore che neanche sapeva di avere, o che lo stesso uomo che aveva a fianco era stato capace di creare e bucare con il proprio sguardo, tutto da solo, senza aiuto.
Che lo guardasse ogni giorno così, per il resto delle loro due vite, se quello era stato l'effetto.
Se sentirsi in paradiso era così facile, perché privarsene?

Tentando di nascondere se stesso attraverso delle espressioni controverse e nella distrazione della sua stessa presentazione, troppo lenta e dolorosa per sembrare una normalissima esposione del sui brano e di lui stesso.
Cercare di perdersi in quelle sillabe, per non perdersi nei pozzi castani che stavano alla sua sinistra, ancora vividi e pulsanti come ferite che bruciano, da cui esce sangue rosso vino.
Ne avrebbe sinceramente voluta una bottiglia in quello stesso momento, scappare nella sua camera d'hotel e non uscirne più per tutta la sera.

Era stato riempito abbastanza di emozioni per quella sera, nonostante fosse tutto appena iniziato.
"Quando si inizia a ballare, è difficile smettere, ed io di ballare con te non ne avrò abbastanza" parole fresche sulla sua pelle, che si sbattevano ancora tra le sue meningi. Prima o poi scoppieranno, aveva pensato.

Alla telecamera da casa si percepivano le sue espressioni indisposte e misteriose, a tal punto che decifrarle, da lì a poco, sarebbe stata l'unica cosa che al suo pubblico sarebbe interessata.

The show must go on.

Avrebbe fatto meglio a farselo entrare in testa il prima possibile, quel motivetto ripetuto da molti artisti di fama mondiale.
Non voleva entrare in un loop di cui ancora si doveva trovare il nome, non nel momento in cui la sua testa avrebbe dovuto pensare a sfondare l'Ariston con la sua visione della vita e una storia da raccontare a voce piena.

Quanto era passato? A raccontarlo sembrerebbe un'eternità ma i pochi secondi di attesa si erano spezzati nello stesso momento in cui il diavolo aveva sussurrato le ultime parole pubbliche tra di loro, almeno per quella sera.
Un momento impercettibile, per i soli che si fermano alle apparenze e non vanno a fondo nelle storie che le persone provano a raccontare.

"Vai Ale"

Il corpo dell'uomo aveva tremato subito dopo aver pronunciato quelle parole così dolce e sensibili, che trattenevano una cura intima, una preoccupazione da una persona così legata a te da non riuscire a lasciarti andare.
Anche se l'uomo lo fece comunque. Staccò la mano, ancora legata con le mantette al presentatore, che precedentemente erano servite alla gag di qualche minuto prima.

Del freddo pungente aveva cominciato ad estendersi dalla spalla fino al petto del cantante, subito che era rimasto solo sul palco. Una canzone da presentare e un palco da spaccare, l'unica cosa che doveva avere controllo su di lui, sulla sua ansia e sul suo essere un artista di un livello alto tanto quanto i big.
Eppure il fremere delle dita che poco prima lo avevano sfiorato, e delle parole che lo avevano ipnotizzato, tenendolo prigioniero di un sogno ad occhi aperti.
Le sentiva ancora tutre quelle sensazioni, ma voleva comunuqe che fossero spazzate via da un vento freddo tanto quanto le lenzuola che ricordava aver trovato quella faditica mattina di Agosto.

Derubato di anima e corpo, cercò comunque di non farsi abbattere e di performare su quel palco, cantando il suo inedito "TUTA GOLD" , sperando di impressionare tutto il suo pubblico.
Sperava di non deludere loro, se stesso e tutte le persone che gli stavano attorno e che lo supportavano. Sperava di non farsi abbattere da un piccolo momento di debolezza dovuto a dei ricordi ancora freschi e duri da affrontare a testa alta.
Doveva ripetersi il mantra che per mesi era stato la colonna sonora delle sue giornate e delle sue serate in discoteca, per dimenticare ciò che era accaduto.
"Non sono incatenato a nessuno, sono libero dai miei mostri, non possono rincorrermi nei sogni se io non chiudo gli occhi"

Ma i mostri correvano e mangiavano, divoravano. Banchettavano con lui ogni notte che ne avevano l'occasione.
Sempre meno negli anni, ma comunque troppo spesso per essere dimenticati. Sapeva già che per non farsi rincorrere, quella sera, non avrebbe assolutamente dormito, avrebbe richiamato il silenzio senza ottenerlo. L'unica cosa che avrebbe ottenuto sarebbero state delle occhiaie profonde come pozzi neri.

Nel mentre, per fortuna, il pubblico si era assaporato quello che aveva servito loro. Avrebbe dovuto solo finire di fare gli ultimi ringraziamenti e per poi finalmente correre via e ammazzarsi di alcool nei party che si proiettavano da lì a poche ore.
Sarebbe stata una serata stancante ma piena di adrenalina, un ossimoro per le persone che solitamente non festeggiano molto spesso, quindi di certo non per lui. Lui le capiva certe cose.
Ne assaporava l'essenza ogni giorno, aggrappandosi a certezze che solo lui aveva, o a storie che a volte potevano sembrare solo favolette.

Passo dopo passo si era sempre di più allontanato dal palco, per poi scomparire dietro le quinte.
Cercando di sciogliere i muscoli ad ogni passo, sentendo il suo camerino sempre più vicino, sempre più vicino a toccare un minimo di pace, vicino a prendere quel meritato respiro di cui era stato privato per troppo a lungo.

Ma non sembrava che l'universo lo volesse lasciare in pace quella sera.

Sentì dei passi, sempre più vicini, sempre più assordanti e pungenti.
I suoi nervi fremevano come foglie al vento, oscillavano e sbattevano tra loro.
Non cercavano pace al contrario suo, che di pace ne era così assetato, tanto da raggiungere la disperazione.

Per qualche strano motivo inspiegabile si era fermato in mezzo al corridoio, quasi rassegnato al suo destino.
A piedi fermi, per quel lungo tratto di pareti bianche piene di tecnici e persone che facevano il loro lavoro.
Ma tutto era sparito nel esatto momento in cui lui gli aveva toccato di nuovo la spalla, questa volta con più decisione, con l'intenzione di farsi notare.
Lasciare un segno era l'obbiettivo di quel tocco, non più tanto delicato, come invece lo era stato il precedente.

<<Ale sei andato alla grande su quel palco, hai incantato tantissime persone, dico sul serio>> l'uomo aveva aperto bocca, lasciando uscire parole di elogio e ammirazione nei confronti del suo pari che stava accanto a lui.
Alessandro aveva alzato gli occhi, da prima fissi sulle sue scarpe, cercando di incontrare di nuovo i suoi.
<<Grazie Marco lo apprezzo davvero, ora devo davvero scappare, ma grazie>> aveva cercato di liquidarlo nel modo più gentile possibile, senza urtare i sentimenti di nessuno, restando sempre nella posizione di andarsene al più presto e evitare quella conversazione in ogni modo a lui possibile.

<<Sai, io in realtà ti dovevo davvero parlare di una cosa, di quella cosa>> .

Oplà, il suo cuore aveva fatto un salto supersonico in una pozza d'acqua, per poi non risalire più a galla.
Aveva fatto breccia in una ferita scoperta, colpendo così inaspettatamente a fondo da lasciarlo senza fiato.
Voleva scappare più in quel momento che in tutta la sua vita, o almeno era uno dei momenti in cui avrebbe più voluto farlo. Volare via come il vento e scomparire tra le lenzuola di un letto vuoto tanto quanto lui.

Aveva cercato di spiegare quanto non volesse continuare la conversazione, e che avrebbe preferito tagliarsi un braccio pur di evitare Marco, ma l'unica cosa che uscì dalla sua bocca era stato un flebile: <<Credo proprio che ti stiano aspettando la' fuori>> indicando con il capo il palco molto lontano da loro.

In effetti era così, stavano cercando proprio il coconduttore, che doveva presentare il prossimo cantante.
Urlavano il suo nome, cercando di farsi sentire il più chiaro possibile.
Marco aveva girato la testa verso di loro, e poi di nuovo verso l'uomo di fronte a lui, che con un cenno della testa aveva mimato un "vai" poco fraintendibile.

Il coconduttore gli rivolse un ultimo sguardo prima di sussurrare qualcosa di indefinito al cantante, che per la fretta degli eventi non era riuscito a capire il significato di quelle parole.
Dopo di che, Marco, era sparito tra gli applausi del pubblico, lasciando da solo l'uomo a percorrere la via della sua presunta libertà in balia dei suoi pensieri.









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ANGOLO AUTRICE

Wow raga, mi sento motivata a scrivere una storia intera dopo tanto tempo, direi anche finalmente.

Ho così tanto pensato se scriverla o no, perché attualmente ancora non so se andrò mai avanti.
Ma visto che non mi sono messa nella prospettiva di far durare questa fanfiction o funfiction (potete chiamarla come volete) molto a lungo. Quindi ho pensato "perché no?".
Voglio cavalcare l'onda di Sanremo2024 per non pensare al fatto che l'anno prossimo non vedremo più Amadeus condurre.

E niente spero che per ora vi piaccia, spero non ci siamo errori, nel caso segnalatemeli che provvederò a sistemarli.

Divertitevi a leggere e a sognare con me, cercherò di restare attaccata fedelmente al carattere delle singole persone aiutandomi anche con eventuali interviste.

Ci tengo a farla uscire bene sta storia, anche se è un idea campata completamente in aria, giusto come sfizio alla mia mente che brama intrattenimento a non finire.

xoxo guys.

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