Nebbia E Tenebre | MARVEL

By Nadja-Villain

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Per ogni conquista c'è un prezzo da pagare. L'antidoto che doveva assicurare la vita ad Astrid l'ha fatta cro... More

𝗜𝗡𝗧𝗥𝗢𝗗𝗨𝗭𝗜𝗢𝗡𝗘
𝗣𝗔𝗥𝗧𝗘 𝟭 ✹ 1 . Fiume in piena
2 . Tonnellate
3 . Ventuno Dicembre
4 . Rinforzi
5 . Cantina
6 . Vissuti segreti
7 . Forzatura
8 . Fuliggine
9 . Lucciole
10 . Campanelle
11 . Etere
12 . Confini sottili
13 . Ostaggi
14 . In rete
15 . Piano ribelle
16 . Saluta i tuoi fan
17 . Manifesto
18 . Dieci per cento
19 . Olio e gas
20 . Infantile
21 . Profondi stati emotivi
22 . Central Park
23 . Presentazioni discutibili
24 . Idromele
25 . Sogni lucidi
26 . Seiðr
27 . Zucchero
28 . Opinione Pubblica
29 . Adulti
30 . Confronti
31 . Scambio di coppia
32 . La prestigiatrice
33 . Tornerò
34 . Cautela
35 . Scommesse
36 . Effetto Rosenthal
38 . Condizioni
39 . Confessioni rischiose
40 . Forbici
41 . Voragine
42 . Altitudine
43 . Dritto al cuore
𝗣𝗔𝗥𝗧𝗘 𝟮 ✹ 44 . Cambiamenti
45 . Vecchie amiche
46 . Un'arma su misura
47 . Creep
48 . Dress Code
49 . Sorridi
50 . Esposizione
51 . La Navicella
52 . Ore Piccole
53 . Eclissi
54 . Il Bimbo-geco
55 . Testimoni
56 . Gerbere gialle
57 . Domani
58 . Regole per uscire di casa
59 . Vittime
60 . Zheltyy Tsvetok
61 . Un gioco da ragazzi
62 . Pessime idee
63 . Acque calme e braci accese
64 . Disarmati
65 . Accoglienza
66 . Alta marea
67 . Deviazioni
68 . Ricadute
𝗣𝗔𝗥𝗧𝗘 𝟯 ✹ 69 . Azione Correttiva
70 . La regolata
71 . Pour deux, s'il vous plaît
72 . Do svidaniya
73 . Protocollo Palla di Neve
74 . Un ricordo comune
75 . Nascondino
76 . Blackout
77 . Fuggitivi
78 . Cercami

37 . Ubiquità

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By Nadja-Villain

Una folata bollente attraversò la scala guidata da passi corruschi e polverosi. Steve e Fury fecero spazio per non collidere con un treno in corsa. Astrid si fermò solo davanti alla porta, ricordandosi del garbo che Clint aveva richiesto nei confronti di essa. Corse e si lanciò nel manto bianco. Una colonna di vapore si sollevò verso l'alto, mentre il suo cuore batteva all'impazzata.

Che stronzo.
Che stronzo.
Che stronzo.

Rimase a fissare le nuvole basse dissiparsi e transitare per una decina di minuti, finché una chioma rossa non sbucò nella sua visuale.

-Cosa stai facendo? Clint potrebbe usarti come carbonella per una grigliata in questo momento.

-Abbasso la temperatura corporea.

-E come mai?

-Mi stavo surriscaldando.

-Mh... una spiegazione esaustiva.

Astrid si immobilizzò completamente. Decise che la Vedova non avrebbe carpito un singolo indizio né dal suo tono di voce, né dal movimento di una cornea.

-Non mi stenderò nella neve accanto a te per interrogarti. Tony è atipicamente non iperverbale. - fece una pausa per osservare il suo comportamento - Avete litigato?

-Sì! Proprio questo! Abbiamo litigato.

-Dev'essere stata dura litigare a bassa voce per trentacinque minuti.

-È stata una litigata lunga e rispettosa.

Natasha scosse la testa e si mise a ridere. Le lanciò addosso un blocco di neve con la punta del piede, che andò a sciogliersi sul ventre fumante disteso, sfrigolando ed evaporando.

-Dai, tirati su. Nick inizierà a farsi delle domande. Lo sai che non gli sfugge niente.

-Papino mi metterà in castigo o hai intenzione di riferirgli dettagli succulenti su di me, da custodire segretamente ed usare a proprio vantaggio? - le uscì così, senza pensare, un po' per gioco e un po' perché era da un po' che aveva la sensazione che le stavano nascondendo qualcosa con la scusa che non se lo ricordava.

-Dettagli? - domandò Natasha risentita.

-Stavo scherzando. - disse Astrid sollevando una mano in una richiesta di aiuto. Natasha la afferrò, ma invece di aiutarla, uno strattone la fece sprofondare con tutto il corpo nel manto candido. Accusò il colpo. Astrid si sbellicò per lo scherzo e per questo si beccò una palla di neve in faccia.

-Me lo merito. - riconobbe, asciugandosi la faccia con la maglia.

-Ti conviene entrare, prima che Stark recuperi la sua parlantina. Ha già puntato la birra. In vino veritas! - ribatté Natasha seria e restia allo scherzo. Si pulì i vestiti e girò i tacchi, lasciando Astrid a rimuginare sul significato di quell'affermazione.
Stava già aprendo la porta di casa quando l'altra pensava ancora a Tony che smontava la copertura con battute equivoche o rispondeva all'interrogatorio mascherato dallo sguardo suadente della Vedova. Così, si drizzò con un balzo e seguì le orme degli stivali della russa affondando i piedi nudi e goffi nella neve.

-Aspetta! Nat! Non dicevo sul serio!

Perché se l'era presa tanto?
Entrò a testa bassa, mentre la rossa prendeva posto su una delle sedie vuote.
Nel salotto si parlava di un'inconsueta giornata di Natale. Clint espresse tutto il suo rammarico alla moglie per non essere stato presente alla cena e per aver perso "quell'aereo". Le diede un bacio alla fronte.

Astrid tirò a sé una sedia. Una gamba grattò sul pavimento e rovinò il momento romantico. Qualcuno le lanciò un'occhiataccia. Si ritrovò un piatto di tacchino ripieno e piselli sotto il naso e fu l'unica cosa che avrebbe guardato con costanza per il resto del pranzo. Affondò il coltello e sminuzzò la carne.

Una bottiglia di vino passò tra lei e il Capitano il cui braccio sinistro occupava mezza postazione tra il suo piatto e quello di Fury. Un Thor non si sarebbe potuto incastrare in mezzo a loro. Il siero del Supersoldato non aveva guarito l'innata legnosità di Steve Rogers e il Figlio di Odino, abituato alle ampie corti del suo regno, si sarebbe trovato schiacciato come un elefante in una casa di bambole. Astrid si chiese dove fosse Thor in quel momento, se fosse riuscito a chiarire la sua visione, se studiandola gli avesse predetto qualcosa su di lei. Lo immaginò piombare col suo mantello davanti alla porta e accusarla di fronte a tutti di essere il prossimo nemico da sconfiggere. Il pensiero le contorse le viscere.

-Non mangi?

Steve si era accorto che la forchetta dell'asgardiana girava nel piatto da diversi minuti, ma non arrivava mai alla bocca. Astrid abbassò il capo e imboccò un pezzo di tacchino senza rispondere. Fece fatica a seguire, mentre Fury ragguagliava i suoi pupilli riguardo al nemico. Disse che, secondo i suoi informatori, Ultron stava costruendo un'arma, o più di una, con il vibranio che si era portato via e che cercava i codici nucleari, che per fortuna erano protetti da un'entità sconosciuta che li cambiava frequentemente.

-Una volta, per scommessa, al liceo, ho superato il firewall del Pentagono.

Tony era seduto alla fine della diagonale che tagliava la tavolata a metà, alla sinistra del direttore. Fu grata che nessuno avesse avuto la brillante idea di lasciare libero uno dei posti vicini a lui. Si stava probabilmente stappando la seconda o la terza lattina, quando il suo gomito finì sulla spalliera della sedia e le lanciò uno sguardo giudice. La spogliò completamente. In un attimo erano di nuovo nell'ufficio di Clint, sulla scrivania o contro la porta, a baciarsi avidamente, ignorando la presenza di altre otto persone nella casa. Astrid si portò una mano sulla fronte e distolse lo sguardo. La forchetta si modellò tra le sue dita come pongo. Si concentrò sulla temperatura della neve per non diventare un tizzone ardente.

***

Quella sera dopo essersi raccolti e schiariti i pensieri, si erano riuniti nuovamente per ideare un piano. I bambini erano andati a dormire. Astrid aveva preso posto sopra un puff e si strofinava gli occhi, nonostante avesse dormito per tre ore di fila durante il pomeriggio. Clint le aveva allungato una tazza di caffè. Stark attraversò la stanza con una scatola in mano e la scosse come una maracas. Astrid trovò singolare come avesse familiarizzato con la casa tanto in fretta da comportarsi come se essa e le cose al suo interno fossero di sua proprietà. Non si sarebbe stupita se non avesse chiesto il permesso di rovistare negli armadi.

-Lei no, è a dieta. - disse sfilando accanto al divano e dirigendosi verso un bersaglio colorato appeso al muro. L'arciere rimase con la tazza fumante a mezz'aria e Astrid si dovette alzare per appropriarsene. Bevve un sorso che avrebbe ustionato l'esofago di un essere umano.

Nell'angolo opposto alla stanza, Fury si servì un bicchiere di amaro dal colore ambrato. Camminava in tondo esponendo ogni dettaglio, vecchio e nuovo, che aveva racimolato nelle ultime ore. Steve, a braccia conserte, appoggiato al muro con i suoi bicipiti contratti e le orecchie tese, stava ricollegando individualmente tutti punti come su una mappa. Per mano avevano informazioni troppo vaghe. Mancavano coordinate e un disegno abbozzato del piano di Ultron. Natasha fece notare di aver desiderato più materiale e Fury rispose con un paterno "Ho voi".

Il direttore dello SHIELD sembrava a tutti gli effetti un genitore, più che un capo. Dopo aver finto la sua morte, per scampare al mirino dei più pericolosi vertici dell'HYDRA, si stava versando da bere, avvolto in un pullover di pile, al caldo di un focolare, in una fattoria anonima piazzata in mezzo ai campi dell'Iowa. Se lo si guardava dall'esterno era solo un uomo con una storia di guerra segnata sul suo occhio sinistro ed impegnato ad amalgamare una famiglia di individui smarriti nel percorso della vita.

-E con i gemelli cosa facciamo? - chiese Astrid ad un certo punto. Steve rintracciò il suo pensiero.

-In che senso "cosa facciamo"? - si intromise Banner uscendo dall'ombra e portandosela con sé.

-Wanda, prima di colpirmi, ha detto che lo stava facendo per Sokovia.

-C'è un laboratorio HYDRA. Ricordate? Abbiamo sequestrato lo scettro pochi mesi fa da lì. Ultron starà usando la struttura. - ricordò Steve.

-E se fosse una trappola? - aggiunse Banner.

Astrid si alzò in piedi all'improvviso. Appoggiò la tazza sul tavolo, appuntò i pugni. Lasciò andare una punta di aggressività mentre pensava e attirò sguardi confusi.

-Perché per forza Sokovia? Perché non in Francia, o non so... a Berlino?

-Una città a caso, eh?

Steve, alla sua destra, alludendo alla prigionia di Hoffmann, non sembrava più sensibile all'argomento come quel giorno a Central Park e alla ramanzina silenziosa seguì un cenno di intesa. Stark rimase a metà col lancio di una freccetta.

-Wanda, Pietro e Radu sono sokoviani. - spiegò Banner sottolineando l'ovvietà, ma non poteva sapere la fonte dell'angustia che vagava dentro la ragazza in quel momento.

-Perchè proprio Sokovia...? - ripeté Astrid tra sé e sé. Steve si staccò dal muro e si affiancò a lei. Si appoggiò alla spalliera di una sedia come per sostenere il peso del suo turbamento.

-Il bambino? - le domandò sommessamente.

-Lo hanno trasferito la sera stessa in cui siamo stati all'ospedale per la conferenza. - Astrid aveva eguagliato il tono per mantenere la cosa tra loro. Ora rincorreva un punto lontano nel vuoto. -Aveva una puntura sul braccio. Per questo ho pensato a Hoffmann, prima. Lo ha conosciuto quando Loki mi ha portata via... Cioè, quando io sono scappata con Loki...

-Una puntura?

-Penso gli abbia somministrato un siero.

-Così si spiega come abbia fatto a guarire tanto in fretta.

-Fate sapere qualcosa anche a noi o è un segreto d'ufficio? - esclamò Tony pungente, che non toglieva loro gli occhi di dosso.

Steve allontanò le mani dalla sedia e se le riportò conserte al petto. Alzò il tono perchè tutti potessero partecipare alla conversazione.

-Radu non si è fatto sfuggire niente mentre vi siete scontrati?

-No... - Astrid si sfregò la faccia per la frustrazione - Non ho pensato potesse esserci utile.

-Non potevi sapere che si sarebbe portato via i ragazzi. Non ha parlato nemmeno con me, per la cronaca.

-Portato via... - borbottò Banner. Tornò nel suo angolo, rimuginando sul fatto che per colpa di Wanda, oltre che di Hulk, il suo dapprima precario status da uomo libero era in procinto di decadere per sempre.

Natasha giocò col bordo di un foglio colorato in mezzo al tavolo. Si perse nei colori dei pastelli della farfalla che aveva creato la bambina. Soffiò sul suo caffé e cercò di ricordare l'ultima volta che aveva afferrato un pastello per disegnare o per annotare su un diario un'esperienza innocente. Si chiese se fosse mai successo.

-Se Ultron vuole sterminarci, cosa trae Radu dal suo piano? - domandò in seguito agli altri.

Astrid vuotò la tazza e fissò i fondi.

-Wanda era spaventata da qualcosa.

"Lo devo a Sokovia... Lo devo a Sokovia" le parole di Wanda rimbalzarono nella sua testa come una pallina da ping pong.

-Perchè non ci ha detto niente? - Clint sciacquò l'ultimo piatto e si riavvicinò al gruppo. Si sedette cavalcioni su una sedia. - Eravamo lì per questo, fermare Ultron. Da cos'altro poteva essere spaventata?

Fury sbatacchiò il ghiaccio nel bicchiere.

-Wanda e Pietro hanno fatto l'errore di sottovalutare Ultron e Radu pensando di poterli affrontare da soli. E' un'opzione che va di moda ultimamente. - nel parlare incrociò le pupille di Astrid.

-E se Radu stesse cercando di fermare Ultron?

Lo sguardo di tutti si posò sul Capitano, il quale promulgò la sua teoria, mentre Astrid rimase sul volto passando da un iride all'altra. In realtà non lo stava ascoltando. Non appena aveva mostrato segni di nervosismo, si era avvicinato a lei per assicurarsi del suo stato d'animo, nonostante si fossero ignorati completamente durante la giornata. L'osservazione la fece deconcentrare. Scosse la testa ammettendo di essersi persa. Steve ripeté con pazienza.

-Radu era stato allontanato per la sua indole violenta. Era un estremista, nessuno è più territoriale di lui nei confronti di Sokovia. Deve aver finto di collaborare con Ultron per scoprire il suo piano e sabotarlo. Magari ha convinto i gemelli a seguirlo facendo leva sul loro patriottismo.

Astrid annuì condividendo il ragionamento. Steve corrispose alla sua approvazione accigliato. Sembravano parlarsi l'uno nella mente dell'altro.

-Aspetta, Radu non voleva ucciderti? - evidenziò Stark che si era avvicinato al tavolo e puntava un dito tra di loro. - Come ha fatto a passare dalla parte dei buoni?

-Forse sta solo difendendo la sua gente. - ribatté Astrid. Le parole di Tony suonarono nella sua testa esattamente come se avesse voluto dire: "Hai cambiato idea solo perché ha cambiato idea il Capitano?"

-Questa è solo una teoria!

-Vale la pena dargli il beneficio del dubbio. - rispose Steve.

-Glielo abbiamo dato. A tutti e tre. Abbiamo visto com'è finita. - si inserì Banner trasportando tutto il suo rancore.

-Dobbiamo capire perché stanno agendo in questo modo.

-La vostra amica è entrata nella mia testa! - sbottò Banner, un indice al petto.

-E' entrata nella testa di tutti. - la voce di Steve era ferma, seppur tesa. Quella di Banner era ringhiosa e tremante. Natasha afferrò dolcemente il braccio di Bruce e sembrò disinnescare la sua rabbia all'istante.

-Ultron è la priorità adesso. Prima evitiamo l'estinzione globale, poi penseremo ai gemelli. - proruppe Fury per terminare il conflitto e recuperare la concentrazione sull'obbiettivo. Si sedette capotavola col suo bicchiere. Bruce si mise le mani nei capelli, si strinse nelle spalle, scosse la testa mentre ritornava nel suo supplizio taciturno.

-A che cosa sta puntando?

-A essere migliore. Si vuole evolvere...

Astrid si allontanò dal tavolo, mentre gli altri continuavano a costruire congetture. Si diresse verso il lavello per appoggiare la tazza vuota e rovesciare l'accusa sottintesa di Stark nello scarico. Forse erano davvero state le parole di Steve a convincerla che Radu fosse molto di più che un lottatore potenziato usato da Ultron come arma.

Si domandò fino a che punto un uomo potesse spingersi per difendere la propria casa. Radu si era sottoposto a degli esperimenti potenzialmente fatali a questo proposito, aveva rischiato la vita ed era pronto a rischiarla di nuovo per il suo popolo. Pensò a Jay-Jay e alle sue domande sull'essere "cattivi". Come si diventava cattivi? Non ci si nasceva e basta? Qual era l'evento scatenante del cambiamento? La vendetta? L'invidia? La brama di potere? Come si poteva voltare le spalle agli amici, alla famiglia o al proprio popolo per un'ambizione così oscura e segnante?

Per cosa lo aveva fatto lei?

Era un mondo fragile quello in cui vivevano. Tutti i presenti in quel salotto avevano avuto almeno una motivazione per passare al lato oscuro. Quante partite avevano perso? Quante volte avevano riprovato a vincere? E comunque erano ancora lì, a mescolare le carte e a smistarsele, invece di alzarsi e ribaltare il tavolo come aveva fatto Loki, come aveva fatto Ultron. Stavano davvero giocando a Battaglia Navale senza scacchiera. Bastava un passo falso per perdere tutto o sé stessi. E ciò sarebbe stato sufficiente per spegnere l'interruttore della razionalità? La questione le rimase addosso come un timbro.

E se Fury stesse privatamente dubitando della sua lealtà? Se Steve avesse perso la stima che riponeva in lei? Se Tony avesse iniziato a denigrarla? Se Natasha si fosse rivelata davvero una falsa amica? Se Thor avesse concretizzato i suoi sospetti? Se Fiadh non avesse più riaperto il Seiðr, travolta dai rimorsi e dal pentimento? Se il governo avesse già preso la decisione di punirla e il processo fosse stato solo un atto formale? Se il mondo avesse iniziato ad additarla con terrore? Se avesse perso ogni punto di riferimento, cosa avrebbe fatto? A quel punto sarebbe stata libera... ma sola.

Un bisbiglio la distrasse dai suoi conflitti interiori. Lo rincorse con la mente, ma si ancorò alla fattoria con tutta la sua forza per non dileguarsi. Non poteva sparire senza dare spiegazioni. La cucina svanì sotto i suoi occhi. A livello del pavimento brillavano i carboni di un camino estinto. Al posto del frigo era apparso un tronco rugoso. Sullo scaffale erano ora allineate numerose ampolle di varia forma e misura. Le piante disseminate in casa Barton erano d'un tratto appassite e perdevano foglie. Nel corridoio passeggiava un gatto dal pelo arruffato che miagolava per richiamare la sua attenzione.

La vibrazione era una presenza fievole, un'esalazione. Il Seiðr che percepiva era debole e terribilmente familiare. Calpestò i cocci di terracotta. Sul pavimento giacevano vasi rovesciati, vetri di barattoli rotti, libri, pagine strappate, polvere, cenere, terra, pietre, vegetali lasciati a marcire, steli, foglie e fiori smorti... La pianta rampicante a cui Fiadh l'aveva legata la prima volta, dopo che Astrid aveva attraversato il portale, era ora un groviglio di carbone che si estendeva su tutta la parete.

Astrid si incamminò nel corridoio, appoggiandosi alle estremità dei mobili, combattendo per stare in entrambi i luoghi, mentre tiravano la sua mente dalle estremità come una fune, si alternavano, ribaltavano le pareti e si mischiavano tra loro confusamente. Il gatto rizzò la coda e la condusse verso una camera buia. Una tozza candela era accesa sul comodino. Le zampe saltarono e atterrarono sul letto. Astrid afferrò la mano sudata e cerea che prendeva dalle coperte. Ne strinse le dita nodose e gli anelli che le cingevano. Asciugò la fronte perlata della strega con una pezza ghiacciata, scostando i capelli ispidi che andavano ad aggrovigliarsi come radici alla federa del cuscino, quasi ad aggrapparsi accanitamente alla vita. Fiadh era sospesa in un sonno tanto profondo che sembrava dover durare per sempre. Il suo petto si alzava e si abbassava faticosamente. Balbettò qualcosa.

-E' stat... è stato qui... L'ho respinto... Ti sta... cercando...

-Devo portarti via. Hai bisogno di cure.

-Non puoi... L'incantesimo... di Odino... Dimenticami...

Fiadh contrasse una smorfia di sofferenza. Biascicò qualche altro suono senza significato. Astrid seguì la rotta verso la porta sul retro della fattoria che si apriva ai boschi. Non servì uscire per vedere una cupola dorata luccicare sopra il reticolato della foresta norvegese. Surtur era stato da Fiadh e l'aveva lasciata in fin di vita. Il terremoto che avevano percepito a New York era stato il segnale del suo passaggio e Astrid non l'aveva colto. Avrebbe potuto difenderla o salvarla se solo si fosse materializzata da lei, ma aveva ignorato il segnale per stare alla festa e non fare brutta figura davanti alla donna di Tony Stark. Se Fiadh fosse morta, sarebbe stata colpa sua.

Qualcuno la chiamò e la voce echeggiò nel corridoio, come il vento che sollevava del pulviscolo dorato e foglie secche. Successe di nuovo. Astrid si voltò solo alla fine. Notò le coppie di occhi che la osservavano preoccupati. Tagliò la connessione con sua madre e una febbricitante stanchezza crollò su di lei repentinamente. Dovette appoggiarsi alla parete, ma si costrinse a rimanere in piedi. Steve mise un piede davanti all'altro, si voltò verso Natasha e le chiese cosa avesse. Nessuno sapeva rispondere.

La fluorescenza circolare delle iridi di Astrid bucavano la penombra come lapilli di un vulcano notturno. Si abbassarono sul ferro che la Vedova teneva di fianco alla coscia, scivolarono sul riflesso dello scudo che il Capitano aveva portato al braccio, volarono sui blaster accesi di Iron Man, notarono la mano di Fury sulla fondina, quella del Falco sulla corda tesa dell'arco e il luccichio delle cornee di un Bruce Banner titubante dietro una colonna. Infine scesero sul bagliore dei suoi palmi. Non era fuoco. Una patina aranciata pulsava a ritmo del suo cuore e correva sotto la sua pelle come un fiume sotterraneo. Era il suo Seiðr. E quella era la prima volta che si mostrava ai suoi occhi.

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