Obsession

By Eris_Flames

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LA STORIA NON È ADATTA A UN PUBBLICO SENSIBILE! Nel cuore di Manhattan, il Red Tears è un elegante strip club... More

Diritti D'Autore
Personaggi Principali e Secondari
🦋
Prologo 🔴
Capitolo Uno
Capitolo Due
Capitolo Tre
Capitolo Quattro 🔴
Capitolo Cinque
Capitolo Sei
Capitolo Otto 🟠
Capitolo Nove
Capitolo Dieci 🔴
Capitolo Undici Parte Prima
Capitolo Undici Parte Seconda
Capitolo Undici Parte Terza 🔴🟠
Capitolo Undici Parte Quarta 🔴
Capitolo Dodici 🟠🔴

Capitolo Sette

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By Eris_Flames

L'odore deciso di un Cohiba Behike appena acceso si intesseva nell'aria, saturando ogni angolo di spazio con il suo aroma complesso e caramellato.
Una sottile colonna di fumo si librava con grazia verso il soffitto buio, creando un velo denso e inebriante. 

Accanto al tavolo da pool, una bottiglia chiusa di un Krug Clos d'Ambonnay giaceva sulla superficie lucida del tavolino in vetro temperato. Una donna svestita, si avvicinò con fare voluttuoso e afferrò il collo della fiasca. Con un movimento rapido e deciso, fece scorrere la lama levigata della sciabola che teneva in mano lungo la parte inferiore del cèrcine rosso. Lo schiocco del tappo che saltava via, sprigionò una cascata di bollicine fresche e scintillanti. Il liquido dorato iniziò a colare sui suoi avambracci ricoperti di lustrini; un paio di gocce finirono pure sulle mattonelle di marmo chiaro. Intimorita, abbassò il capo, si scusò per il piccolo incidente e incominciò subito a versare la bevanda dolciastra in due calici di vetro trasparente. 

In mezzo alla penombra, una figura elegante si stagliava con fierezza di fronte al tavolo da biliardo, il suo corpo velato dalle tenebre veniva illuminato solo dalla luce elettrizzante dei neon blu e fucsia che oscillavano sulle pareti di velluto cremisi. I suoi capelli neri, rasati ai lati, si fondevano con l'oscurità, mentre i tatuaggi sulle braccia aggiungevano un tocco selvaggio a quel look sempre molto elegante e pieno di fascino. Con maestria, impugnava la stecca dall'estremità laccata in oro; le sue mani ferme e sicure tracciavano con precisione le linee del suo prossimo colpo. Le palle sul tavolo si muovevano sotto il suo perfetto comando, seguendo quella coreografia enigmatica che solo lui poteva intravedere. 

Il suono della musica vibrava nel sottofondo; il ritmo incessante del gioco veniva accompagnato dai movimenti leziosi delle ballerine che ondeggiavano con sensualità nella stanza. 

Venegas prese un sorso di champagne; gli zigomi si sollevarono compiaciuti dal suo sapore cremoso e agrumato. Stretto nel suo outfit dispendioso, andò a snodarsi i quattro bottoni superiori che tenevano chiuso il colletto della sua camicia. I pettorali gonfi si delineavano con un'ombra mascolina sotto il bagliore ammaliante dei neon. Il riverbero riflesso sul suo viso scolpito evidenziava i suoi lineamenti virili e la mascella squadrata; la pelle d'ebano gli elargiva un' ineccepibile gagliardìa, inadatta per la sua personalità meschina e sofisticata. 

Con lo sguardo ardente che bruciava di lussuria, raggiunse l'avversario al momento girato di spalle. Con una presa sicura ma delicata, le circondò i fianchi scoperti e si umettò le labbra carnose. Catturato dalla sua bellezza, avvicinò la bocca al suo orecchio destro e fece scivolare la punta dei polpastrelli sul suo addome piatto.

«Stasera non riesco a toglierti gli occhi di dosso» biascicò lui, con una nota languida nella voce. Quella donna era uno spettacolo che amava ammirare ogni notte. Avvolta in quel vestito aderente dalle tonalità viola, era una visione eterea in grado di togliere il fiato a chiunque. Il taglio audace accentuava alla perfezione le sue curve sinuose lasciando davvero poco alla fantasia. I reggicalze neri non solo sottolineavano la sua femminilità, ma aggiungevano un ulteriore tocco erotico al suo aspetto già di per sé seducente. 

L'altra presenza continuò a rimanere in silenzio e a guardare al di là della sala principale. Mentre continuava a vigilare con le braccia conserte sul quadro globale, spostò il peso da una gamba all'altra. Spalancò la bocca e celò uno sbadiglio annoiato.

Non appena percepì il suo alito bollente solleticarle l'epidermide, serrò i pugni stringendo con rabbia il taco con cui aveva giocato poco prima. L'uomo le lasciò un bacio sul lato del collo e fece scorrere la sua mano su tutto il suo interno coscia; Eris rollò gli occhi ed emise un sospiro profondo, scocciata dalla persistenza di quelle avances non richieste.  

«Quante volte devo dirti di non andare oltre gli affari, Venegas?» Pronunciò Eris, mentre si scostava in malo modo dalla figura dell'altro. 

Venegas alzò le spalle frustrato e andò a sedersi sulla poltrona nera di velluto. Con una smorfia tenace, replicò provocatorio: «Tentar non nuoce, no?» E fece segno a una delle spogliarelliste di accostarsi e ballare per lui. 

Ridacchiò con determinazione; prima o poi, sarebbe caduta ai suoi piedi. 

Eris si accese una sigaretta, intenzionata a ignorare la risposta del suo socio in affari. I due bodyguard, imponenti e minacciosi, sorvegliavano l'entrata della camera privata con il loro solito atteggiamento risoluto. Vestiti in abiti scuri e dotati di auricolari discreti, si ergevano come sentinelle silenziose, pronti a intervenire a ogni eventualità. 

«Ho fatto alcune ricerche e ho una proposta interessante su come investire i nostri fondi di  denaro sporco. Ho pensato di mettere il nostro denaro in un progetto di agricoltura urbana» spiegò lei, mentre si sistemava le pieghe del vestito. Poscia, ordinò al cameriere lì presente di portarle un Romanée-Conti e si accomodò vicino al socio d'impresa.

«Agricoltura urbana? Non è esattamente il tipo di investimento di cui ci si aspetta in questo settore» si accigliò il partner. Corrucciò le sopracciglia e, con un cenno della mano, mandò via tutti i presenti.

«Esatto. Ed è proprio per questo che può essere incredibilmente redditizio. L'agricoltura urbana è in crescita e sta diventando sempre più popolare nelle grandi città. Il nostro obiettivo sarà creare un'azienda che coltivi prodotti freschi e biologici in città, fornendo un'alternativa sostenibile e di alta qualità ai prodotti agricoli tradizionali. L'ultima volta il piano si è rivelato un disastro e abbiamo attirato attenzioni indesiderate. Non possiamo permetterci che qualcuno sospetti la vera natura delle nostre operazioni!» spiegò Eris, con voce ferma e chiara. Accavallò le gambe e, sicura di sé, continuò a fissare il suo interlocutore.

Venegas iniziò a battere le mani, sprezzante; poi scoppiò in una risata divertita.

Eris gli lanciò un'occhiata interrogativa e si portò una mano tra i capelli; iniziò a giocare con una delle ciocche dipinte di blu e puntò il suo sguardo tagliente su di lui.

«Questa volta non andrò in giro a ripulire i tuoi casini. Il Signor Veach è rimasto molto deluso dal tuo ultimo investimento, quindi ora faremo a modo mio», lo minacciò lei, senza molti giri di parole. Prima di versarsi ancora un po' di vino rosso nel calice, gli porse una cartella piena di documenti da sottoscrivere. 

Il consocio ingoiò a vuoto e serrò la mandibola, consapevole di non avere altra scelta. Quindi afferrò il raccoglitore e capitolò senza fare storie; chinò la testa verso il basso e si accese un sigaro. Iniziò a picchiettare con il pollice sul ginocchio e, nonostante l'interno disappunto, si apprestò a firmare i fogli. Poi si ficcò gli arti superiori nelle tasche del jeans nero che indossava, cercando di mantenere un'apparenza di compostezza. Odiava trovarsi dalla parte del perdente. 

«Mio fratello si occuperà di trovare un terreno adeguato al programma. Prepara il denaro da investire e dividilo in piccole sequenze monetarie. Io, come sempre, penserò al resto», concluse l'altra, prima di alzarsi con un movimento fluido dalla sua postazione.

Si voltò e si avviò con passo felino verso l'uscita principale. A un passo dal battente, si rivolse di nuovo verso il suo ospite: con un gesto imperioso, mosse il calice verso l'alto per libare al successo del nuovo progetto. Poi, con le iridi color miele fulgide di sicurezza, lasciò la stanza con la sua solita espressione da vincitrice stampata sulla faccia.
Ma non durò a lungo: con un'aria agitata, iniziò a farsi largo tra l'immensa folla presente al locale. Risalì il corridoio fino al suo modesto ufficio personale, situato al primo piano.

Appena varcò la soglia, si sentì soffocare.

L'ambiente era semplice, con mobili essenziali e un bagno di modeste dimensioni attiguo alla scrivania.

Travolta da una sensazione di nausea, corse a sedersi sul gabinetto in porcellana.
Il cuore martellava furioso nel petto, le mani tremanti cercavano di aggrapparsi a qualcosa di solido per mantenere un minimo di equilibrio.
Lo spazio intorno a lei, continuava a trasformarsi in un bozzolo stretto e caotico; benché i termosifoni fossero accesi, iniziò a contorcersi dal freddo.

Con uno sforzo, si mise in piedi e si chinò sopra il lavandino, dove espulse con violenza tutto ciò che si era accumulato nel suo stomaco.
Ancora ansimante, cercò appoggio al lavello.

Si guardò allo specchio, notando con ribrezzo il suo riflesso distorto.

Con un gesto impetuoso, tirò un pugno alla superficie riflettente, rompendola in mille pezzi. Si accorse delle ferite alle nocche solo quando il sangue cominciò a sgorgare copioso da esse, macchiando il bianco del lavandino con le sue gocce rosse e infuocate d'ira.

Esalò un respiro sommesso e agguantò la piccola pezza morbida posta ai lati dell'armadietto sovrastante. Dopo averla inumidita con dell'acqua tiepida, iniziò a strofinarsi freneticamente il collo. Con la fronte umida e le guance accaldate, continuava a ripulirsi con gesti sporadici; con le iridi castane imbibite di disperazione, si passò il panno anche tra le cosce ancora ricoperte dalle calze a rete.

Eppure, le percepiva ancora, quelle mani calde e viscide, che la palpeggiavano ovunque.
Erano troppe e troppo profonde per cancellarle.

Iniziò a tirarsi i capelli.
Doveva fermarle.
Esattamente come le grida strazianti e le risate maniacali che echeggiavano compulsive nella sua testa.

E lei non riusciva mai a farle smettere.
Mai.
Non importava quanto forte urlasse, o quanto si sforzasse di farsi del male.
Giorno e notte, come un vortice senza fine, non faceva altro che essere prigioniera della sua stessa immutabile ed esecrabile ossessione: un verme insaziabile, mai appagato dal sangue della carne, ma esauriente dell'anima stessa.

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