Mad Max | Max Verstappen | Vo...

By mybrightshadow

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𝗛𝗢𝗴𝗡 𝗦𝗽𝗲𝗲𝗱 π—¦π—²π—Ώπ—Άπ—²π˜€ 𝗩𝗼𝗹. 𝟱 🏎️ Completa 🏎️ Kyla Knight ha sempre avuto la sua intera vita s... More

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By mybrightshadow

Kyla

🏎️

Ti distraggo?

Principato di Monaco,
Giugno 2023

🏎️

Io e Max avevamo chiuso le nostre dita in un filo.

Ai tempi del primo incontro era stato così leggero il nodo che odiarci era sembrata la scelta più concreta. 

Non ci conoscevamo ma ogni volta che riuscivamo a incontrarci nuovamente, stringevamo le mani nello stesso accordo, con lo stesso spago. L'incapacità di fare un bel fiocco rimaneva, perciò ci ostinavamo ad allontanarci e fare finta di nulla, cadendo sulle scale del niente. 

Il primo bacio aveva forse legato le nostre menti, non volendone sapere dei cuori, convinti che i nodi non facessero per loro. 

Avrei potuto amarti, se solo qualcuno mi avesse insegnato cosa farmene di quel filo. 

Mi sembrava non avere un senso, appoggiarsi sulle spalle degli altri; mi sembrava non avere un senso, mettere davanti qualcuno alla propria carriera. 

Ma un senso avevo iniziato a non averlo io, quando la sua assenza era stata più estenuante che non riuscire a fare un bel fiocco. 

Max Verstappen aveva sciolto tutti i miei nodi, avvicinandosi poi per farmene legare altri e ancora una volta stringerli tra le dita per disfarli.

Eravamo una pallina che lanciavi contro il muro per averla indietro, perché lo facevi solo per tornare con le mani congiunte con ciò che era scappato via. 

Il calore del suo corpo dietro il mio non c'era, allungai il braccio con gli occhi chiusi, ma il lenzuolo era freddo, sottolineando la sua assenza da tempo. 

Decisi di alzarmi, trovando solo Jimmy sul letto di Sassy nessuna traccia come del padrone. Ma uscendo sul terrazzo, la vidi nella sua cuccia e il paesaggio sembrava cercare di rimettersi in sesto dopo la tempesta. 

Il mare era ancora leggermente agitato, il fresco della notte piovosa mi fece venire i brividi sulle gambe. Tornai dentro, rimandando quella sigaretta che il mio corpo non era più abituato a fumare, ma che dopo la sera precedente aveva cominciato a richiedere. 

Arrivai al frigo trovandoci del latte e aprendo il mobile sopra i fornelli recuperai una tazza. Max amava dei particolari biscotti a forma di cuore e infatti li rintracciai nello scaffale. 

Mi sedetti a tavola, sentendomi osservata dai gatti, che forse avevano fame. Mi alzai nuovamente, andando a recuperare le crocchette sul balcone e poi ne misi un po’ nelle due ciotole. Mossero la coda con felicità, ma mi guardarono confusi. Magari non erano abituati che qualcuno al di fuori di Max gli desse da mangiare. 

E fu proprio lui ad apparire in cucina, subito dopo che sentii la porta chiudersi. Era in pantaloncini, dei pantaloni così attillati che dovetti distogliere lo sguardo e puntarlo in alto. 

Il suo viso sudato, i capelli scombinati e la maglietta stretta mi fecero immobilizzare. Il biscotto pucciato nel latte che era rimasto a mezz'aria con la sua presenza, cadde nel latte, risvegliandomi da quegli occhi azzurri. Sassy e Jimmy iniziarono a girargli tra le gambe, facendo le fusa. 

«È l'ora della colazione per tutti?» Domandò mordendosi le labbra e passando le dita tra i ciuffi biondi, non riuscii a fare altro che annuire, sentendo caldo alle guance. 

«Sei andato a correre?» Chiesi l'ovvio, cercando di cambiare argomento e ripresi a mangiare, lui scrutò i suoi gatti, che si avvicinarono ancora alle crocchette. 

«Sì, avevo bisogno di smaltire la pizza di ieri sera.» Mormorò, prendendo una tazza e sedendosi a tavola con me, ma era troppo, perciò io bevvi tutto il liquido della mia e mi alzai per lavarla. 

«Non che la vista mi dispiaccia, ma hai intenzione di mettere dei pantaloni?» La sua voce roca mi fece tremare e cercai di concentrarmi sull'acqua fredda che sfiorava le mie dita. 

«Ti distraggo?» Morsi le labbra, in ansia su quale sarebbe stata la sua risposta, e per un po’ non sentii niente. Ma in un momento tutto cambiò, perché arrivò alle mie spalle, spostandomi i capelli da un lato e percepii il suo fiato caldo vicino al mio orecchio. 

«Ti piace sapere che sei fonte di distrazione per me?» Tremai a quella frase, tremai per le dita che con lentezza avevano sfiorato i miei capelli. Appoggiò i palmi sulle mie spalle, arrivando alle braccia lentamente. 

«Cosa stai cercando di fare?» Mi voltai, perché avevo l'urgenza di guardarlo negli occhi, di vedere se per una volta mi stesse porgendo lui il suo filo e stesse cercando di legarlo alle mie dita. 

«Non lo so mai con te, Kyla.» Mi sussurrò sulle labbra. Mi spinse ad attaccarmi al mobile con la schiena e il suo corpo sudato sovrastava il mio, eccitandomi da morire. 
Avvicinai le dita al suo viso, percorsi il naso e sfiorai i suoi capelli, lo vidi osservarmi con curiosità, non si perdeva nulla, mi sentivo guardata davvero in quel momento. Come solo lui aveva sempre saputo fare. 

«Vieni con me stasera.» Prese i miei polsi, sfiorandomi le braccia con le mani e attaccando i palmi ai miei fianchi. Questa sera? 

«Dove devi andare?» Chiesi innamorata di quel contatto così familiare e mai sentito così, sembravamo gli stessi, sembravamo diversi, sembravamo appartenerci. 

«C'è il compleanno di mio cognato, vieni.» I suoi occhi si mossero veloci, sulle labbra che morsi, sui brividi che apparvero sulla mia pelle. Mi sentivo eccitata all'idea di uscire insieme, dannatamente. 
Soprattutto perché ogni volta finiva in modi particolari. L'unica pecca sembrava incontrare la sua famiglia, non avevo idea di cosa avrebbero potuto pensare, ma non badai a quello. 

«Va bene.» Non opposi nulla. Ero fuori casa, senza i miei averi, senza le mie amiche, niente e nessuno mi avrebbe fermata o privata dal rimanere con lui quella sera. 
Sorrise, non nascondendosi, anzi, mi alzò prendendomi in braccio. 

Appoggiò le sue mani grandi sulle mie gambe nude e sfiorò il mio sedere con confidenza, poi mi appoggiò sul divano. 
Io ero senza fiato, perché quel contatto senza malizia l'aveva fatta venire a me. 

«Vado a farmi una doccia, scegli cosa mettere per stasera. Io ho già ordinato il pranzo e nel pomeriggio ho una diretta.» Mi avvisò sparendo nel corridoio e presi un lungo sospiro per rallentare i battiti del mio cuore. Kyla si sarebbe auto ricoverata in un manicomio a breve. 

Non era possibile che, nonostante ci conoscessimo da più di un anno, l'effetto che mi faceva Max Verstappen non cambiasse mai. 

Mi sentivo così stretta a lui in un nodo, ma mi era parso più volte che dal suo lato fosse stato tagliato il filo e che io non fossi a conoscenza della cosa. 

Un solo giorno e avrei passato tutta la mia vita in quel modo, avrei voluto svegliarmi il mattino e pensare di dovermi girare per cercarlo nel letto, di sedermi a tavola e vederlo far colazione insieme a me. 
Era la vita che volevo, era lui che volevo. 

Rimasi sul divano in silenzio, incartata per ore nei miei pensieri, era assurdo che avessi così bisogno di lui, ma così poco coraggio per correre nella sua stanza e dirglielo. Ero una codarda.
 
Passammo il tempo del pranzo in silenzio, lui discuteva con alcuni del suo team per degli eventi che mi sfuggivano, io invece, recuperai il telefono che avevo lasciato in modalità silenziosa dal pomeriggio prima. La marea di messaggi furono la prima cosa che notai. 

Misi tutto in ordine in cucina, ma dato che avevamo mangiato d'asporto, buttammo semplicemente le carte. Lui andò nella stanza del simulatore, iniziando quella diretta insieme ai suoi amici, mentre io mi rintanai sul divano con i gatti. 

Il gruppo tra me, Abigail e Adalia era pieno di messaggi, le due parlavano di me indisturbate, fingendo che non potessi leggere le loro parole. Avevano iniziato a scommettere su quando ci saremmo baciati nel pomeriggio, concludendo in mattinata parlando del fatto che fossimo già andati a letto insieme. 

From: Kyla
To: Le tre dell’Ave Maria

Guardate che vi leggo. 

Sbuffai, vedendo che le loro domande corsero nella chat, come se stessero aspettando da ore una mia risposta. 
Spiegai in breve che avevamo solo dormito insieme, anche se per me non era stato solo quello, ma molto di più. 
Mi avvisarono di alcune foto che avevano iniziato a girare online e grazie ad alcuni link, vidi degli spezzoni del video del giorno prima. 

Max discuteva con le mani sul volante, ma poi le mie gambe e metà del mio busto apparvero dietro. Uno dei ragazzi lo avvisò di avere compagnia e l'olandese si voltò, chiudendo veloce la videocamera. 

Ogni tweet aveva una domanda, sempre e solo la solita: chi è la ragazza? 

Forse per un po’ mi addormentai, i pensieri erano diventati pesanti, soprattutto perché per un solo momento avrei voluto rispondere a quelle persone che fossi io. 

Venni svegliata quando ormai dalla finestra entravano i colori rossastri del tramonto, un miagolio diretto nel mio orecchio mi fece spalancare gli occhi. 

Sassy era appoggiata vicino a me, cosa insolita, e si lamentava sulla mia spalla: «Che succede?» Le chiesi anche se era ovvio che non potesse rispondermi, ma lei come se avesse capito scese dal divano, aspettandomi come se dovessi seguirla. 

Mi alzai, camminando un po’ storta per via della dormita, che non avevo idea di quanto fosse durata, e lei entrò nella stanza socchiusa del simulatore, fermandosi in attesa. 

Entrai, osservando Max al suo posto, con quelle cuffie, con quegli occhiali e non seppi quale fosse il mio ruolo in quella missione di Sassy. 

Appoggiai le mani sulle sue spalle, infischiandomene di chi avrebbe visto, ma riprendendomi la confidenza che qualche ora prima lui non si era risparmiato. Dagli schermi vidi che sorrise, la telecamera puntata sul suo viso non mostrava me, ma solo le mie dita. La sedia da gaming nascondeva le mie gambe nude. 

Gli abbassai le cuffie, sfiorandogli il collo di proposito e prendendomi qualche secondo per accarezzarlo. 

Non avevo idea di cosa stesse succedendo, non avevo idea del perché lo stessi facendo. Era come se la mia mente volesse sottolineare che sì, era mio

Lui premette alcuni pulsanti e intuii avesse chiuso il microfono: «Andiamo a cena con Tom e Victoria, poi hanno prenotato un locale e ci saranno alcuni amici.» Mi avvisò di un particolare di cui non ero al corrente e mormorai affermativamente. 

«Sono quasi le diciannove, ti prepari anche tu?» Domandai osservando l'orario sugli schermi, poi lo sentii sussultare. Le mie mani erano ancora su di lui e non sembrava aver nulla da dire a riguardo. 

«Non mi ero accorto fosse così tardi» Riaccese il microfono veloce, «Ragazzi ho degli impegni, è stato divertente. Buona serata.» Sorrise, uscendo dalla diretta e spegnendo il computer. Girò la sedia verso di me e dovetti togliere le dita dalla sua pelle. 

Mi osservò in silenzio, come se fosse normale anche quello: non doverci dire nulla, perché bastavano gli sguardi. 

I suoi palmi presero i miei fianchi, coperti ancora dalla maglietta che arrivava a metà coscia, ma non uscì una parola dalle sue labbra. Io invece presi a respirare pesantemente. 

«Voglio baciarti.» Mormorò facendo sussultare me questa volta, rimasi di sasso, immobile. Ogni fibra del mio corpo stava bollendo, perché lui era sempre il solido e io quello stra maledetto liquido. Sentii un buco allo stomaco, così profondo da farmi precipitare. 

«Perché me lo dici?» E non lo fai e basta? Avrei voluto aggiungere, ma ero curiosa di dove sarebbe arrivato questa volta. I ricordi della sera dopo le nozze a Venezia mi tornarono in mente come uno schiaffo.

Sempre con la presa ferrea sui fianchi, mi tirò verso di lui, tanto che dovetti salire sul suo grembo. I nostri occhi non si persero per un attimo; non importavano le azioni che compivano i nostri corpi, perché era così naturale che si appartenessero da non badarci affatto. Mentre le nostre iridi cercarono le particolarità delle altre, come se fosse la prima volta. 

Mi ritrovai in braccio a lui, con la maglietta salita su per le gambe e le sue dita che erano finite sotto la stoffa. Lo scrutai, guardai le sue labbra e non aspettai neanche tanto tempo, prima di avvicinarmi per far sfiorare le nostre bocche. 

Mugolai allo stesso modo che fece lui, perché era come se in quell'esatto istante stessimo superando il traguardo in prima posizione insieme. 
Perché vincere era una fottuta dipendenza e avere Max Verstappen sotto di me in quel momento, era come dare al mio corpo ciò di cui non poteva fare a meno. L'eccitazione era così reale che potevo toccarla, potevo toccarlo. 

Ma qualcuno che cercava il campione del mondo, non voleva che ciò durasse troppo, infatti il cellulare del ragazzo prese a suonare proprio dietro di me, proprio quando le nostre lingue si erano ritrovate.

Mi staccai veloce, spaventata che da un momento all'altro il mio cuore in tachicardia si sarebbe fermato. Il fiatone per il minimo contatto che avevamo avuto mi aveva mandata fuori di testa e lui si leccò le labbra, guardandomi con un sorrisetto. 

Prese il telefono in mano, rispose alla chiamata e se lo portò all'orecchio, io sorrisi maligna, avvicinandomi al suo collo. 

Iniziai a lasciare dei baci bagnati sulla sua pelle, sentendo come questo gli causò dei colpi di tosse e gli fece ritardare a parlare nella telefonata.
Continuai lentamente, con una mano presi il lato opposto che non stavo baciando per tenermi meglio e sotto di me lo sentii. L'eccitazione di Max era arrivata dove speravo e stavo maledicendo me per questo, maledicendo lui che avesse accettato questa uscita del cazzo. 

«Ci stiamo preparando… Se volete passare va bene.» Ridacchiai sulla sua pelle a quelle parole, ma la sua mano sul fianco mi spinse contro il suo bacino con forza, facendomi zittire all'istante. Ma non andò bene neanche a lui, perché ciò che ci separava oltre ai suoi pantaloni erano solo le mie mutandine.
Sotto di me percepii il petto del ragazzo alzarsi e abbassarsi veloce, mordendomi le labbra e nascondendo la testa nella sua maglietta, mi strusciati sul suo grembo, cercando di spegnere il fuoco che percepivo tra le cosce. 

«Sì sì, c'è.» Sussurrò nella telefonata confuso, con un tono così roco che respirai pesante sul suo collo. Mi strinse il fianco quando smisi di muovermi, mugugnando qualche verso silenzioso, ma al posto che rimanere immobile, abbassò le dita sulle mie natiche spingendomi verso di lui. Santo cielo

«A tra poco.» Chiuse la chiamata veloce, lanciando il telefono sulla scrivania senza il minimo riguardo, io mi alzai scossa, per tutti quei contatti di troppo che mi avevano surriscaldato il cervello. 

«Vado a prepararmi allora, vengono qui no?» Sussurrai facendo finta di niente, riprendendomi dal fiatone, mordendo le labbra quando vidi il suo nervosismo fargli passare le dita tra i capelli veloce. 

Mi raggiunse, facendomi indietreggiare e arrivare a sfiorare il muro dietro di me: «Non è finita qui.» Si leccò la bocca, attaccandola alla mia e facendomi incollare alla parete. Il bacio fu così insoddisfacente che quando si allontanò iniziai a sbuffare come una cretina, seguendolo nel corridoio. 

Svoltai verso la mia camera, tirando la valigia sul letto e cercando di cancellare le labbra di Max Verstappen dai miei ricordi, almeno per quel momento. L'unico vestito che trovai, fu proprio quello nero indossato al locale a Venezia, quel vestito che aveva provato a togliermi in camera mia, ma sfortunatamente senza risultati. 

Decisi che avrei messo quello, era elegante, nero e sapevo che all’olandese piaceva molto. Sorrisi della mia scelta, iniziando a spogliarmi e cambiarmi. Le uniche décolleté nella valigia erano quelle abbinate il giorno stesso. Con il fatto che dopo il matrimonio ero partita per l'Inghilterra, i vestiti disponibili erano sempre gli stessi, solo lavati un milione di volte, ma quell'abito era perfetto. 

Passai dal bagno con la mia trousse, mi truccai leggermente, non dimenticando il mio rossetto rosso. Tornai nella stanza solo per prendere un cappotto leggero, che chiusi già nella camera per nascondere il vestito. 

Uscii in corridoio sentendo delle voci e vidi due persone, una uguale identica a Max. Lui era sul divano, aveva in mano una macchinina e osservai un bambino al suo fianco, anche lui un suo sosia, giocare insieme al campione del mondo. 

«Kyla!» Urlò la bionda, correndo ad abbracciarmi e per qualche secondo rimasi immobile. Poi ricambiai con qualche pacca sulla schiena. 

«Sono Victoria, la sorella di Max, è un piacere conoscerti finalmente!» Continuò con lo stesso tono, facendomi sorridere nei suoi confronti. Non avevo mai avuto l'occasione di approcciarmi con nessuno nella famiglia, senza contare Jos Verstappen

«È un piacere anche per me» Sorrisi, allungando la mano verso l'uomo che doveva essere Tom, «Piacere Kyla. Tanti auguri.» Mormorai imbarazzata, stringendo le dita tra le mie con forza subito dopo. Un silenzio strano prese posto nella stanza, se non per un brum brum, che continuava a sussurrare quello che doveva essere il figlio di Victoria. 

Max ci giocava a bassa voce, spiegava qualcosa riguardo alle gomme e non aveva alzato ancora lo sguardo su di me. Quando lo fece risucchiai tutto il fiato, il suo sguardo corse dritto sul mio rossetto rosso, facendo schiacciare il pedale dell'acceleratore al mio cuore. 

«Mi dispiace avervi disturbato, ma Luka voleva assolutamente andare in macchina con suo zio e non sono riuscita a dire di no.» Continuò con quel sorriso rassicurante e lo ricambiai ancora. 

«Quale disturbo, io sono qua perché sono rimasta chiusa fuori casa e le mie coinquiline non ci sono. Forse è un disturbo per voi che ci sia io questa sera.» Vomitai le mie parole per l'ansia, non riuscendo a non giustificarmi ancora per quella situazione che mi obbligava a rimanere in quella casa. I due ragazzi mi guardarono confusi, girandosi poi verso Max come per chiedere spiegazioni, ma lui con un gesto della mano chiese di lasciar perdere. 

«Quale disturbo, non vedevo davvero l'ora di conoscerti!» Mi parlò con sincerità la sorella, dandomi un altro mezzo abbraccio. Non sapendo che altro dire annuii e fu in quel momento che Max si alzò, mostrandomi i suoi pantaloni eleganti e quella camicia bianca che mi fece arrossire. 

Prese in braccio suo nipote, parlando in olandese e confondendo i miei pensieri, perché non capivo nulla. Lasciammo la casa velocemente e poi Luka venne con noi verso la nuova Ferrari del biondo. Sui sedili dietro notai un seggiolino, dove il ragazzo sistemò il bambino, prendendo poi posto al mio fianco. 

Mise in moto, il silenzio era troppo e mi voltai dietro, guardando il mini olandese impegnato con le sue macchinine. 

«È identico a te.» Sorrisi girandomi verso il pilota, che con sicurezza guardava le strade buie di Montecarlo. 

«Luka ha detto che sei bellissima.» Mi confidò senza peli sulla lingua, appoggiando la mano libera sulle mie cosce. Sentii i brividi percorrere tutta la mia pelle. 

«Luka ha buon gusto allora.» Sussurrai, non sapendo cosa dire, sentivo caldo in quella macchina, caldo per le sue dita sopra due strati di vestiti. 

«Luka ha maledettamente ragione.» Si girò a osservarmi per guardare la mia reazione e non potei fare a meno di sorridere. 

🏎️

Non dimenticatevi di lasciare una stellina e seguirmi💙

Buon pomeriggio miei belli 👀👀👀 capitolo lungo e pieno di cosine🙂

Max Verstappen aveva sciolto tutti i miei nodi, avvicinandosi poi per farmene legare altri e ancora una volta stringerli tra le dita per disfarli.

Se avete qualche dubbio, scrivetemi❤️Ho lasciato un box per le domande su Instagram per il capitolo, vi aspetto per parlarne insieme ✨ 👀

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Grazie per leggermi sempre❤️

A presto,

ire

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