Green 2

By iloveyoumore_58

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Dopo essersi lasciati, Harry ed Arya vanno avanti con le loro vite, o almeno ci provano. Arya si troverà ad a... More

1. Dieci mesi e nuovo singolo.
2. The last time e HS.
3. Aprile e Karma
4. Vittoria e Vodka
5. Taboo e Bugia
6. Respira e Ero ferita
7. Grammy e Dobbiamo parlare
8. Restare e Bacio
9. Tornare a casa e Tesoro Proibito
(H)11. Avrei voluto saperlo da te (H)

10. Ricordo che quella persona ti piaceva

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By iloveyoumore_58

Ero seduta sull'altalena che papà aveva costruito in giardino. Lui era dentro che stava litigando con la mamma. Non riuscivo bene a capire cosa dicessero, sentivo solo il rumore di piatti che si frantumavano sul pavimento. Volevo correre in casa e supplicarli di smettere, ma per qualche strano motivo non potevo muovermi dall''altalena e quella casa allo stesso tempo non era la mia. L'unica cosa che riuscivo a sentire erano le lacrime che scendevano a fiumi sulle mie guance, per il resto non potevo fare nulla.

Mi svegliai di soprassalto con una brutta sensazione di tristezza. Avevo avuto un altro brutto sogno riguardante la mia famiglia. Dopo la lettera di mia madre i sogni tornarono ad essere frequenti e nessuno finiva mai bene. C'erano sempre litigi e tante tante urla. Questi erano gli ultimi ricordi che avevo dei miei genitori insieme e continuavano a ripetersi almeno tre volte a settimana.
Mi accorsi di essermi svegliata dieci minuti prima della sveglia e ne approfittai per vedere alcuni messaggi sul telefono.
Sia Claire che Niall mi avevano scritto di chiamarli, ma avevo le forze per sentire solo uno dei due e così chiamai Claire.

"Arya, tu mi devi delle spiegazioni" mi bacchettò. Riuscivo a immaginare la ruga d'espressione che le si formava tra le sopracciglia.

"Hai ragione"

"Certo che ho ragione. Cosa diamine fai a Londra prima del mio matrimonio?"

"Non ne ho la più pallida idea. Harry mi ha invitata e ho detto sì". Era la verità, non sapevo neanche io perché avessi accettato.

"Quindi ora siete amici?" chiese confusa. Sbuffai.

"Non lo so, non ci capisco nulla, non so neanche come comportarmi". Iniziai a muovermi per la stanza, mi rilassava camminare mentre ero a telefono.

"Avete fatto..."

"No! Ma sei pazza" la interruppi, prima che potesse insinuare qualcosa di inappropriato.

"Con voi tutto è possibile, siete imprevedibili". Avrei tanto voluto controbatterla, ma mi venne in mente un'altra cosa.

"A proposito di cose imprevedibili, signorina"

"Non mi piace questo tono accusatorio. Cosa ho fatto?" domandò, mentre la sentivo lavarsi i denti.

"Quando avevi intenzione di dirmi che sarebbe venuto anche Harry al matrimonio?" chiesi, un filino irritata da quel segreto.

"Sicura che non te lo abbia detto?"

"Molto sicura"

"Sono convinta del contrario"

"Claire" cantilenai.

"Okay, va bene, è che avere i musicisti costava troppo e lui lo avrebbe fatto gratis. Capisci che privilegio averlo come amico?" si giustificò.

"Siete incommentabili , sai che vi avrei aiutati volentieri con le spese". Glielo avevo proposto un sacco di volte e continuavano a rifiutare. Louis era la mia famiglia e ora anche Claire, avrei fatto di tutto per loro.

"Nonono, non potrei mai approfittare dei tuoi soldi" disse, dopo essersi sciacquata la bocca.

"Ma dell'amico famoso sì" sghignazzai.

"Dettagli. Noi non lo abbiamo obbligato, anzi, era anche contento all'idea" non sapevo cosa farmene di quella affermazione, insomma Harry felice di cantare al matrimonio di mio cugino e della mia migliore amica, sapendo ci sarei stata anch'io?

"Immagino" risposi, non sapendo cosa dire.

"Comunque dovresti essere qui e non lì" disse e percepii un cambio di tono nella sua voce.

"Tutto bene?". Claire sospirò e ci mise un po' a rispondere. "No, sto avendo una crisi di nervi"

"Cosa succede?" mi stava facendo seriamente preoccupare.

"Ci sono dei problemi con la location e con mia madre". Iniziai a camminare nervosamente per la stanza.

"Spiegati meglio"

"Il locale per il pranzo non è più disponibile perché c'è stata una fuga di gas ed è esplosa la cucina, mentre mia madre è caduta e si è rotta la caviglia". Mi immobilizzai, portando una mano all'altezza della bocca.

"Mio Dio, Claire. Perché non me lo hai detto subito? Sarei tornata a casa e ti avrei aiutata" dissi, in evidente stato di shock.

"È che ero troppo agitata e Louis mi stava aiutando a calmarmi. Ora sono calma e ne riesco a parlare senza impazzire" si giustificò.

"Quindi cosa si fa?" chiesi perché sentivo che c'era qualcosa che doveva ancora dirmi.

"Stavamo pensando di rimandare il matrimonio al mese prossimo". La mia mascella era letteralmente sul pavimento.

"Cosa?!" esclamai. "Siete sicuri? Ci avete messo così tanto impegno nei preparativi"

"Lo so Ary, ma mancano pochi giorni e sono troppo stressata dagli eventi, rischio di trasformare il giorno più bello della mia vita in qualcosa di orrendo" piagnucolò.

"Sei sicura di questa decisione? Lou cosa ne pensa?" domandai.

"È d'accordo con me e lo sono anche la mia famiglia, Niall e Liam" disse. Annuii, anche se lei non poteva vedermi. "Ho bisogno di sentirmi dire anche da te che sto facendo la scelta giusta". Ero la sua migliore amica e avrei fatto qualsiasi cosa per lei. Aveva bisogno della mia vicinanza in un momento molto delicato e gliela dovevo, soprattutto per come mi era stata vicino dopo la rottura con Harry. Mi chiamava tutti i giorni, anche quando era appena stata a casa mia per controllare come stessi, mi aveva fatto sfogare per un periodo e poi obbligata a uscire di casa per riprendere in mano la mia vita. Quando ne aveva avuto la possibilità era venuta anche in tour per aiutarmi a gestire l'ansia. Insomma, le dovevo tanto.

"Tutto ciò che ti fa stare bene è giusto. È il vostro matrimonio, nessuno può dirvi cosa fare" dissi, portando una mano sul petto.

"Grazie, Ary, ne avevo bisogno" la sentii tirare un sospiro di sollievo.

"In questo momento ti sto abbracciando" dissi.

"Anch'io" e non potei far altro che sorridere.

Terminata la chiamata, feci una bella doccia calda e provai a rilassarmi, senza riuscirci. Il pensiero di trascorrere tutta la giornata con Harry mi turbava e poi si stava comportando in modo strano. Prima mi diceva che era troppo tardi per noi, poi aveva deciso di aiutarmi a capire chi avesse diffuso la notizia di mia madre, e dopo ancora voleva mostrarmi la sua sede a Londra. Non sembrava proprio il tipo di persona che aveva superato una relazione.
Mentre ero persa nei miei pensieri, il telefono vibrò. Mi allungai col braccio verso il lavandino per controllare chi fosse.

"Parli del diavolo" dissi tra me e me.

Harry:
Ti passo a prendere tra mezz'ora.
H.

Dovevo muovermi perché, se l'Harry che conoscevo era ancora lì, mi avrebbe rotto le scatole ma, fortunatamente avevo già scelto cosa indossare. Era aprile, ma faceva ancora freddo, così indossai un maglioncino verde, con una gonna nera e delle calze del medesimo colore; alzai i capelli in una coda, mi truccai giusto per coprire le occhiaie e in venti minuti ero già pronta.
Uscii dalla stanza, diedi la chiave al receptionist ed aspettai. A un certo punto però, il ragazzo dietro il bancone mi chiamò.

"Signorina, l'auto la attende nel parcheggio privato" disse con tono gentile.

"Oh, grazie" abbozzai un sorriso. Mi feci indicare le strada e, una volta arrivata lì, vidi Harry con la sua nuova Audi nera.
Era poggiato sulla portiera del passeggero con le braccia incrociate. Indossava gli occhiali da sole e non riuscivo a capire che espressione avesse, ma mi tranquillizzai quando mi accolse con un sorriso.

"Buongiorno, Stone" disse, aprendomi la portiera.

"Buongiorno, Styles" sorrisi a mia volta ed entrai. Mi ripetei di non viaggiare con la mente solo perché era stato galante, non significava nulla e questo il mio cervello lo doveva capire.

Harry raggiunse poco dopo il posto del guidatore e partimmo. Era strano essere di nuovo in macchina con lui, lo eravamo stati ultimamente, ma stavolta era alla guida, eravamo soli e una cosa del genere non capitava da molto tempo. Mi maledii per aver indossato una gonna e cercai per quasi tutto il tempo di coprirmi le gambe.
Harry non sembrò dargli peso, d'altronde con quei dannati occhiali da sole non riuscivo a capire cosa stesse guardando. Non era neanche una giornata soleggiata, quindi non capivo perché avesse scelto di indossarli.

"Lo studio è lontano da qui?" chiesi per rompere il silenzio.

"No, lo abbiamo appena superato"

"E dove stiamo andando?" chiesi, non capendo cosa stessimo facendo in macchina.

"A fare colazione" disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

"Cosa ti fa pensare che non l'abbia fatta in albergo?"

"L'hai fatta?" Domandò, guardandomi da sopra gli occhiali per qualche secondo per poi tornare a guardare la strada.

"No"

"E allora andiamo" sentenziò.

"Ma potevi avvisarmi". Harry lasciò andare la testa contro il sedile.

"Stai sempre a lamentarti"

"Io?" domandai indicandomi. Harry serrò le labbra ed annuì. "Guarda che quello che si lamenta sei sempre tu" dissi, abbassando la gonna che si era leggermente alzata. Harry mi lanciò un'occhiata e sentii subito le guance andare in fiamme. Si schiarì la voce prima di parlare.

"Non mi sembra"

"Ti ricordo tutte le volte che mi hai fatto una testa enorme solo per due minuti di ritardo" ed era vero.

"Però vedo che è servito. Oggi sei scesa in orario" notò fiero. Alzai gli occhi al cielo e mi girai verso il finestrino per trattenere un sorriso.

"Stronzo" dissi tra i denti.

"Ti faccio scendere dalla macchina" rispose, frenando bruscamente a un semaforo rosso e facendomi balzare leggermente in avanti."E sai bene che ne sono capace" continuò.

"Non sei cambiato proprio" dissi.

"Lo prendo come un complimento"

"Libera interpretazione"

"Ricordo che quella persona ti piaceva" sghignazzò. Sgranai gli occhi, ma non mi girai a guardarlo, non ne avevo il coraggio.

"Possiamo non parlare di noi?" chiesi, facendo oscillare l'indice da me a lui.

"Era una battuta, Stone, calmati"

"Sono calmissima" risposi, forse un po' troppo velocemente.

"Lo vedo" sentii una punta di sarcasmo ma lasciai perdere. Ero abituata ad avere quelle conversazioni con Harry un anno fa. Stavamo sempre a battibeccare su tutto, era un continuo botta e risposta dove entrambi volevamo avere ragione e a me piaceva in realtà. Harry all'inizio era molto schivo nei miei confronti e quello era l'unico modo che avevo per parlargli. Il modo in cui mi teneva testa, le battutine che faceva mi avevano fatta innamorare piano piano di lui.

"Ma quanto è lontano questo posto?" chiesi per cambiare discorso.

"Siamo arrivati" disse entrando in quello che doveva essere il parcheggio del bar.

"Ci sono un paio di paparazzi" disse, guardandosi intorno con ancora indosso gli occhiali da sole.

"Ormai sono abituata"

"Quindi sai bene che devi ignorarli perché ci faranno tante domande" non capivo se la sua fosse una domanda o un'affermazione.

"Non ci vedono uscire insieme da un po', quindi posso immaginare"

"Esatto. Ora usciamo che ho fame" disse, prima di scendere. Lo seguii e, come per magia, un paio di uomini iniziarono a seguirci durante il breve tragitto che ci separava dall'entrata.
Furono meno indiscreti del previsto, forse perché riuscimmo a liquidarli subito, ma ci fu una frase che smosse qualcosa dentro di me.

"È bello vedervi di nuovo insieme"

Arrivati al bancone Harry ordinò qualche brioche da asporto e un paio di caffellatte.
Non parlammo molto, Harry mi chiese solo cosa volessi e, una volta pagato, tornammo in auto, sempre seguiti da quei due individui. Harry era sempre molto schivo quando c'erano i paparazzi, proprio non li sopportava, però non riuscivo a non pensare a quanto sembrasse felice e sorridente nelle paparazzate con Camille. Sembravano due persone molto diverse e non ne capivo il perché.

Arrivati allo studio, Harry parcheggiò l'auto nel suo garage privato che era grande quanto quello che aveva a New York. Anche lì c'era qualche limousine e Range Rover che probabilmente usava Paul per scortarlo in giro.

"Qui per ora la sede è più piccola rispetto a New York" spiegò mentre premeva il pulsante 4 dell'ascensore.

"Puoi toglierti gli occhiali da sole ora che siamo dentro?" chiesi, con un leggero sbuffo.

"Perché?"

"Perché mi sembra di parlare con un muro" risposi.

"Meglio così" affermò con un sorrisetto.

"Non ti capisco proprio" ammisi. Fortunatamente le porte dell'ascensore si aprirono e una volta fuori Harry cambiò argomento.

"Come puoi vedere qui ci sono due grandi sale di incisione e infondo a tutto c'è il mio ufficio" mi mostrò, allargando le braccia. Rimasi affascinata dai quadri contenenti tutti i premi che aveva vinto Harry coi suoi dischi. Di certo il suo era un bel vanto.

"Mangiamo prima e poi iniziamo il tour?" domandò e, come se lo avesse sentito, il mio stomaco iniziò a brontolare.

"Ti ha risposto lui" dissi ed entrambi accennammo una risata.

Entrati nel suo ufficio posai borsa e giubbino sulla sedia ed Harry fece lo stesso, togliendosi finalmente quei maledetti occhiali.

"Sei contenta ora?" domandò.

"Molto" risposi. Finalmente potevo guardarlo negli occhi. Harry mi porse la mia colazione e iniziammo a mangiare.

"Stai scrivendo canzoni?" chiesi incuriosita per fare conversazioni.

"Qualcuna, sì"

"Anch'io" risposi. In realtà era un periodo in cui ero ferma. Dopo la rottura con Harry avevo scritto tantissimo, non riuscivo a smettere. Mi svegliavo nel bel mezzo della notte sognando dei ritornelli, dei suoni e subito li registravo per non dimenticarli. Avevo scritto di tutto ed ora, la mia mente aveva deciso di fermarsi e aspettare la prossima ispirazione.

"Hai ascoltato l'album?" chiese, mentre addentava la brioche. Scossi la testa.

"Perché?". Il motivo principale era perché avevo paura di sapere cosa avesse scritto di noi e se avesse scritto di noi.

"Fino a poco tempo fa neanche ci rivolgevamo la parola" mi limitai a rispondere.

"Hai ragione" mormorò, sembrava pensieroso.

"Ti prometto che quando sarò pronta lo farò" dissi. Harry si limitò ad annuire, finì la sua colazione e si alzò per buttare i rifiuti nel cestino vicino la porta. Si poggiò poi con la schiena contro essa, mettendo le mani in tasca prima di parlare.

"Ti va di dirmi cosa pensi di una che ho appena iniziato a scrivere?". Mi sembrava una domanda così strana. Dovevo ancora abituarmi all'idea di noi due che parlavamo in maniera civile come se nulla fosse successo. Anche se, ad essere onesti, il fantasma della nostra relazione aleggiava nell'aria. Sentivo, nel profondo, che sarebbe successo qualcosa. Avevo lavorato tanto su me stessa per provare a cacciarlo via, ma nell'istante in cui l'avevo rivisto, tutti gli sforzi fatti in quasi un anno erano completamente svaniti. Consultarci su ciò che scrivevamo era una cosa che ci piaceva fare insieme. Mi fidavo delle sue idee, dei suoi consigli e sapevo che anche lui si fidava di me.

"Va bene" risposi. Harry sembrò quasi sorpresi dalla mia risposta, come se in realtà si aspettasse un rifiuto.

"Andiamo in studio" disse e , bevuto l'ultimo sorso di caffellatte, lo seguii.
Entrammo in una sala bellissima sui toni del rosso bordò, con apparecchiature moderne e un bellissimo pianoforte sistemato nel lato.

"Che bel piano" dissi, toccandone la superficie fresca.

"Mi è costato una fortuna, ma suona veramente bene" affermò, fissando ogni mio movimento intorno alla strumento. Mi sederti e iniziai a suonare qualche accordo.

"Stai prendendo lezioni?" chiese stupito, inarcando un sopracciglio.

"Sì. Non voglio limitarmi alla chitarra"

"Fai bene. Per quanto alcuni lo reputino poco versatile, il piano ti aiuta di più quando scrivi un certo tipo di canzone"

"Tipo quelle tristi?". Harry annuii, avvicinandosi.

"Fammi spazio" disse e mi spostai sul bordo dello sgabello. Harry si sedette al mio fianco e iniziò a suonare. Ero totalmente rapita dal modo in cui le sue mani accarezzavano i tasti. Non riuscivo a togliergli gli occhia di dosso, era così bello quando si concentrava, ma lo era ancora di più quando iniziava a cantare.

"You got a new life
Am I bothering you?
Do you wanna talk?
We share the last line
Then we drink the wall
'Til we wanna talk
I go 'round and 'round
Satellite"

La tonalità del brano era maggiore, nonostante ciò il testo e il modo in cui la cantava non volevano trasmettere gioia.
Continuò con quello che doveva essere il ritornello.
"Spinning out, waiting for ya to pull me in
I can see you're lonely down there
Don't you know that I am right here?
Spinning out, waiting for ya to pull me in
I can see you're lonely down there
Don't you know that I am right here?"

Sentirlo cantare quelle parole smosse qualcosa in me. Parlava chiaramente di una relazione, di volerci essere per qualcuno che invece continuava a mettere distanza e quel qualcuno mi ricordava tanto...me. Mi chiedevo a cosa si fosse ispirato. Una piccola parte dentro me sperava avesse preso spunto dalla nostra storia e che mi avesse chiesto di sentirla proprio per comunicarmi qualcosa. Harry ed io lo facevamo sempre, anche prima di metterci insieme, in qualche modo avevamo sempre comunicato attraverso la musica. Però non riuscivo a smettere di pensare che avesse un'altra al suo fianco e che, forse, il suo era solo uno scambio di idee tra colleghi. Un modo carino per riavvicinarci in amicizia.

Quando smise di cantare non potei che minare un wow con la bocca. Harry mi sorrise timidamente, facendo comparire le fossette.

"Mancano la seconda strofa e il bridge, però comincia a stare in piedi" disse, facendo incrociare i nostri sguardi. Dopo averlo sentito cantare una canzone d'amore, non poteva guardarmi con quegli occhi. Avrei voluto tanto obbligarlo a indossare di nuovo gli occhiali da sole. Avevo da poco ammesso a me stessa di essere ancora innamorata di lui e tutta questa situazione non mi aiutava.

"È veramente bella. Mi piace proprio come si sposano melodia e armonia" spiegai, poggiando le mani sul piano.

"Sono questi gli accordi?". Inizia a suonare un Fa, seguito da un Do. Lui annuì. Il ritornello mi era entrato subito in testa e iniziai a canticchiare una melodia che poteva accompagnare quella principale della voce di Harry. Gli feci cenno di cantare con me. Era da tanto che non cantavamo insieme e mi venne in mente la prima volta che misi piede nel suo studio per scrivere Just a little bit of your heart. Eravamo cambiati tanto da quel giorno. Ai tempi avevo quasi paura di lui, ma allo stesso tempo ero affascinata dal suo modo di fare, da come mi teneva sempre sull'attenti.
Mentre suonavo, sbagliai una nota e iniziai a ridere. "Spinning out, bla bla bla blaaa" rovinai la canzone apposta, premendo a caso i tasti del pianoforte perché non riuscivo più a concentrarti quando sentii anche la risata di Harry. Mi girai a guardarlo e aveva gli occhi ridotti a due fessure.

"Dovresti aggiungere questa ultima parte" dissi, poggiando un gomito sul piano. Entrambi iniziammo a calmarci e prendemmo dei profondi respiri.

"Sicuramente" rispose, continuando a sorridere. Sospirai leggermente. Sembrava come se il tempo non fosse mai passato. Come se noi due non ci fossimo mai allontanati. Ci guardammo per degli istanti che sembrarono interminabili ed ebbi la sensazione che si fosse avvicinato. Schiuse le labbra e aggrottò la fronte, dando largo a un'espressione che non riuscivo a interpretare. Non lo vedevo da un anno e, nonostante mi sembrasse di non essermi mai separata da lui, in certi momenti era come un libro chiuso per la mia mente.
Quel momento stava diventando decisamente troppo intimo e, per quanto il mio cuore volesse lasciarsi andare, la mia mente ebbe la meglio.

"Claire e Lou ti hanno detto del matrimonio?" mi schiarii la voce e mi allontanai. Harry sembrò preso alla sprovvista e mi guardò leggermente confuso. Non capivo se ciò era dovuto al mio allontanamento o alla notizia dei nostri amici, ma presto quel quesito ebbe una risposta.

"No"

"Ci sono stati dei problemi e hanno deciso di rimandare". In tutta risposta Harry arricciò le labbra e annuì.

"Cosa è successo?" chiese, poggiando i gomiti sulle ginocchia. Iniziai a dondolare sui talloni e gli raccontai tutto.

"Cavolo. Immagino vorrai tornare subito a casa?"

"No, cioè, sì. Però dato che anche tu devi partire, non è un problema per me tornare insieme tra qualche giorno" spiegai.

"Stone, se il matrimonio non si fa io rimango qui". Harry si alzò, poggiandosi dal lato opposto dello strumento che ora ci divideva.

"Perché?"mi resi conto che la mia voce era suonata un po' squillante e cercai di darmi un contegno. Non volevo fargli capire che ci ero rimasta male.

"Ho del lavoro da fare che avevo rimandato apposta per l'occasione, ma ora non ha più senso"

"Ah. Capisco" risposi, portando lo sguardo sulle mie mani. "In tal caso potrei partire dopodomani"

"Come preferisci" disse, scrollando le spalle. Il suo atteggiamento nei miei confronti era cambiato. Non c'era più il ragazzo che aveva suonato con me qualche minuto prima e sentivo nell'aria un'atmosfera diversa. Era come se, per qualche strano motivo, avessi fatto dei passi indietro.

"Va bene"mormorai. Subito dopo ci furono attimi di silenzio rimpiazzi da qualcuno che aveva improvvisamente aperto la porta. Sobbalzai, ma ringraziai mentalmente la figura di un giovane ragazzo dai capelli scuri.

"Tom, non si bussa?" lo rimproverò Harry.

"Scusi, Signor Styles, pensavo fosse solo" tentò di giustificarsi il ragazzo. Forse lavorava lì da poco, sembrava molto impacciato.

"Devi sempre bussare" ribattè, marcando bene la seconda parola. Tom annuì. "Comunque, perché sei qui?"

"Signor Styles, le volevo ricordare l'appuntamento con il signor Sheeran tra circa un'ora"

"Grazie" rispose il suo capo, congedandolo poi con un gesto della mano. Quando il giovane ragazzo se ne andò tornai a guardare Harry.

"Ti vedi con Ed?" annuì. "Dobbiamo discutere del suo nuovo album" spiegò, facendomi cenno di seguirlo fuori. Lo raggiunsi velocemente, si stava dirigendo verso l'ascensore.

"Paul ti sta aspettando per riaccompagnarti in albergo" disse d'un tratto. Non pensavo di certo di passare tutta la giornata con lui, ma forse ci speravo. "Okay" mi limitai a dire, guardando le mie scarpe per evitare di guardare lui. L'ultima volta che avevamo condiviso un ascensore ricordavo molto bene cos'era successo. Trattenni un sospiro, cercando di cacciare quell'immagine dalla mia mente. Mi chiedevo se anche lui pensasse le stesse cose o ero solo io ad affrontare il cammino nel viale dei ricordi.
Quando l'ascensore si fermò, mi sentii come sollevata. La giostra delle emozioni per quella mattina aveva fatto troppi giri e forse mi serviva allontanarmi un po'. Passare dal non parlarci allo stare insieme per ore era un passo enorme. Non dovevamo rischiare di rovinare tutto.

"Ti scrivo più tardi" disse, aprendomi la portiera dell'auto.

"Va bene. Salutami Ed". Harry fece cenno di sì con la testa e, dopo aver chiuso la portiera, Paul mise in moto. Il breve tragitto verso l'albergo fu silenzioso, e fui grata a Paul per non aver fatto alcun tipo di domanda. Avevo solo bisogno di restare un po' sola con i miei pensieri, soprattutto se quest'ultimi riguardavano Harry Styles.

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Spazio autrice:

CIAO RAGAAAA. Ultimamente mi sento molto ispirata ed ecco il nuovo capitolo. Godetevi questi momenti, vi dico solo questo.
Come sempre supportatemi con una stellina e se viva lasciate qualche commento.

A prestooo❤️

FRA

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