The night drowns in dawn

By Myrskyla

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Fantasy romance a cavallo tra due mondi. Iris è irrequieta e imprevedibile, proprio come quell'oceano che fin... More

PROLOGO - IRIS
CAPITOLO 1 - L'ADDIO
CAPITOLO 2 - OSPITI
CAPITOLO 3 - LA CENA
CAPITOLO 4 - RIVELAZIONI
CAPITOLO 5 - IRIS O NAYA
CAPITOLO 6 - IL BRANCO
CAPITOLO 7 - IL TEMPORALE
CAPITOLO 8 - LA FUGA
CAPITOLO 9 - LA PREDA
CAPITOLO 10 - FACCIAMO UN GIOCO
CAPITOLO 11 - IL PRIGIONIERO
CAPITOLO 12 - ALLA FONTANA
CAPITOLO 13 - IL NEMICO
CAPITOLO 14 - A PALAZZO
CAPITOLO 15 - I GIURAMENTI
CAPITOLO 16 - EIOWA
CAPITOLO 17 - QUELLA NOTTE
CAPITOLO 18 - NUOVA VITA
CAPITOLO 19 - LA FESTA
CAPITOLO 20 - L'AGGRESSIONE
CAPITOLO 21 - IL VOLO
CAPITOLO 22 - LA TEMPESTA
CAPITOLO 23 - UN SOGNO O QUALCOSA DI PIU'
CAPITOLO 24 - ABITUDINI E NOSTALGIA
CAPITOLO 25 - LE VERITA'
CAPITOLO 26 - CASA
CAPITOLO 27 - UN MESSAGGERO E UN PASSAGGIO
CAPITOLO 28 - RESA E TRADIMENTO
CAPITOLO 29 - SCINTILLE
CAPITOLO 30 - ADDESTRAMENTO
CAPITOLO 31 - LA MALEDIZIONE
CAPITOLO 32 - VERSO IL PORTALE
CAPITOLO 34 - ALBA DI SANGUE
CAPITOLO 35 - CAMPO BASE
CAPITOLO 36 - FARABUTTO
CAPITOLO 37 - E' SCRITTO NELLE STELLE
CAPITOLO 38 - TREGUA, PACE E GUERRA
CAPITOLO 39 - SOFFIO DI VENTO
CAPITOLO 40 - IL CUORE
CAPITOLO 41 - MAI
CAPITOLO 42 - KADIK
CAPITOLO 43 - QUELLA PIETRA
CAPITOLO 44 - CHIARO DI LUNA
CAPITOLO 45 - LUNGA NOTTE
CAPITOLO 46 - PUNTO DI NON RITORNO
CAPITOLO 47 - ALONYTHA, NOI
CAPITOLO 48 - NUOVA ALBA
CAPITOLO 49 - IL VUOTO
CAPITOLO 50 - SOTTO LE STELLE
CAPITOLO 51 - NUOVO GIORNO
CAPITOLO 52 - SPERANZA E DELUSIONE

CAPITOLO 33 - AL DI LA'

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By Myrskyla


Tutto profumava, degli odori speziati le solleticavano il naso e l'aria tiepida e carica di vita le carezzava il viso ancora infreddolito. Inspirò profondamente per riempirsi i polmoni di nuova energia ed espirò lentamente per lasciare andare via la tensione. Era ancora distesa a terra, su un tappeto d'erba fresca. La calma regnava sovrana in quella parte di mondo, l'eco della battaglia a cui aveva appena assistito sembrava solo un ricordo lontano.

Sentiva il dolce mormorio di una risacca o almeno così le pareva. Si aggrappò a quel suono, che ben presto si trasformò in immagine. A occhi chiusi, riusciva a vedere un immenso specchio d'acqua carezzato dalla debole brezza della sera che creava riflessi sfumati neri e argentei, che danzavano come se fossero vivi. Era un lago oscuro tempestato di stelle e sembrava volerle sussurrare qualcosa.

Bentornata.

Iris si mise seduta, come se fosse appena stata chiamata all'appello da quella voce. Si guardò finalmente intorno, Menkindor era in piedi al suo fianco e le porgeva la mano, attirando tutta la sua attenzione. Non ebbe il tempo di capire veramente dove fosse.

«Mi rammarico di essere stato brutale, non ho avuto scelta» disse abbassando il capo, in segno di scusa.

«Stanno morendo a causa mia» disse lei, realizzando cosa fosse appena successo.

La giovane lo guardò in cerca di risposte e di conforto e ciò parve metterlo a disagio. I suoi occhi verdi si abbassarono e lui si sistemò meglio il bavero del cappuccio davanti alla bocca, come se volesse nascondere qualcosa.

«Si stanno battendo grazie a te» la corresse quello, tagliando corto ed invitandola ancora ad alzarsi con un cenno della mano.

Questa volta Iris accettò, lui strinse il suo palmo invitandola ad allontanarsi, ma lei oppose resistenza. Non avrebbe preso ordini da nessuno, tantomeno da un soldato senza volto che fuggiva il suo sguardo.

«Vieni, mettiamoci al riparo e attendiamo» insistette pacato.

Mentre il soldato si sedeva sull'erba poco lontano, lei si voltò subito verso il varco. Il velo di luce vibrava, ma si vedeva nulla al di là e non si udiva alcun suono. Non voleva muoversi, dall'altro lato infuriava sicuramente ancora la battaglia e non c'era nessun altro posto dove avrebbe potuto essere, a parte lì davanti ad aspettare il ritorno di quella che ormai era diventata la sua famiglia.

«Principessa» disse Menkidor, facendola voltare. «Sei finalmente a casa».

Le mostrò con un ampio gesto della mano il paesaggio attorno a loro. C'era della fierezza nel tono della sua voce, il soldato apparteneva a quel mondo, proprio come lei  Il suo viso roseo, gli occhi di quel verde così particolare, i suoi capelli biondi e quella frase parlavano chiaro.

Iris solo allora, nonostante l'oscurità della notte, si rese conto della bellezza che la circondava. Si trovava in una vallata immensa, circondata da minacciose montagne a picco su un grande lago nero, che sembravano toccare il cielo. Sulla sua superficie si specchiava una mezza luna d'argento, che faceva capolino in mezzo a delle nubi leggere, vegliando su di loro.

Rimase incantata, riempiendosi gli occhi di quella visione, i suoi occhi vagarono da destra a sinistra. Sperava che una nuova alba sarebbe sorta per tutti.

Il vento leggero le scaldava il viso, portandole sollievo. Si tolse il mantello nero e lo lasciò cadere per terra.

«Vieni» la esortò ancora il soldato, invitandola a sedersi accanto lui.

Non c'era nulla di rassicurante. Teneva la sua spada stretta nella mano. Era all'erta, pronto ad affrontare le minacce che avrebbero potuto attraversare il portale.

Passarono lunghi minuti, poi finalmente qualche cosa accadde. Fidian attraversò il velo di luce, sorreggendo a stento il suo Generale, quasi esanime, che si trascinava a fatica una gamba lacerata. Il suo volto era tremendamente pallido e gli occhi socchiusi, si stava rapidamente dissanguando. La sua vita era in gioco, l'amico lo sapeva, lo incitò ad avanzare.

«Forza, credo in te. Ce la farai anche stavolta» disse il licantropo.

Il Principe non avrebbe potuto trovare compagno più fedele.

Iris corse in loro soccorso, insieme a Menkindor. Erano vivi, solo quello contava.

Hektrien la vide finalmente e una scintilla di determinazione brillò nei suoi occhi. Le afferrò la mano e la strinse forte, ma stava tremando. Aveva paura.

Mi dispiace.

«Portatelo al lago» ordinò la ragazza, sottraendosi rapidamente a quella stretta.

Quello venne sorretto dai due uomini fino alle sponde del lago nero, mentre cercava a ripetizione il contatto fisico, provando in ogni modo a sfiorare la ragazza, che schivò ogni suo tentativo.

Ti supplico... Se...

Iris lo respinse, non voleva ascoltare, doveva essere forte e lucida e non c'era tempo da perdere.

Il ferito fu adagiato con la schiena contro un tronco d'albero, proprio accanto allo specchio d'acqua. Si voltò per chiedere ancora aiuto a Menkindor, ma era sparito nel nulla. Si era allontanato senza dire una parola, lasciandoli in quella situazione.

«Aiutami, straccia il pantalone» disse all'amico. «Ho bisogno di vedere».

Fidian si abbassò sul compagno e stracciò ciò che restava del suo pantalone già a brandelli. La ferita era estesa e profonda, la carne squarciata fino all'osso. Il ragazzo strinse le labbra e si portò un pugno davanti alla bocca, rendendosi conto che se Iris fosse riuscita a salvargli la vita, probabilmente avrebbe comunque perso l'uso della gamba.

Scambiò una rapida occhiata con la ragazza, carica di dolore, paura e speranza, poi le fece un cenno con il capo.

La giovane chiuse gli occhi, impose le mani sulla ferita, il sangue caldo e appiccicoso le scorreva tra le dita. Si concentrò per arrestare l'emorragia, ma era troppo e usciva a fiotti, facendola sentire rapidamente impotente davanti a tanto orrore.

Se lo straniero è così importante per il tuo cuore, saresti disposta a concedergli cosa hai di più prezioso?

Ancora quella voce.

Iris aprì gli occhi, si sfilò il suo pendente, l'unico legame che aveva con il suo passato. Lo indossava dal giorno in cui sua madre glielo aveva messo al collo, la notte del massacro.

Quella voce la guidava, una voce sconosciuta che proveniva dall'acqua.

Zia Emma quella sera stessa le aveva detto che a volte si donavano oggetti per proteggere il prossimo, un oggetto magico che veniva dall'acqua avrebbe potuto rappresentare una speranza per il soldato.

L'acqua è vita.

«Fidian, immergilo nell'acqua e poi mettiglielo al collo» disse decisa

Quello non se lo fece ripetere due volte, la giovane sembrava sapere il fatto suo. Il licantropo prese il pendente e lo immerse nel lago, questo emise un forte bagliore blu, poi lo sistemò al collo del compagno, concentrato sul viso della ragazza, ma senza più la forza di alzare la sua mano verso di lei. Quella non lo guardò mai, troppo concentrata nel suo tentativo disperato di salvargli la vita.

Non si arrese, sentiva l'energia riempirle il petto, comprimendolo fino quasi a mozzarle il respiro, poi fluire dalla punta delle sue dita e irrorare la ferita, ma ben presto queste sensazioni si fecero più attutite, le orecchie le ronzavano, le girava la testa, ma non poteva mollare. Sbatté le palpebre più volte, intravedendo la sagoma sfocata dell'uomo, diede fondo alle sue ultime energie, finché non si sentì soffocare. Poi tutto si fece nero attorno a lei.

Un sogno

Un soldato senza volto stava in piedi, con la spada risposta nel fodero, a fissare cosa rimaneva della capanna andata in fumo. Un odore acre pervadeva l'aria e gli si insinuava nelle narici, nonostante il bavero alzato fin sul naso. Impossibile sapere cosa gli passasse per la testa e se fosse lui il responsabile di tanto orrore. I suoi occhi scuri saettarono da quei resti a un uomo poco distante, dai lunghi capelli neri e i piccoli occhi color pece. Inginocchiato a terra, stringeva tra le braccia il corpo senza vita di una ragazza dai lunghi capelli corvini e la pelle candida come il latte.

«Uccidimi. Uccidimi» gridò l'uomo alzando il volto rigato di lacrime verso il soldato.

L'altro mesto scrollò il capo, si inginocchiò al suo fianco e gli poggiò una mano sulla spalla e la strinse forte, per confortarlo.

«Hektrien, ti supplico» implorò stringendo la ragazza al petto con più trasporto. «Non posso vivere senza di lei, non posso sopportare questo dolore. Uccidimi».

L'uomo estrasse dalla tasca del pantalone una pergamena e la porse al ragazzo dalla pelle di luna. Quello la prese con mano tremante e sguardo frastornato, fece saltare con il pollice la cera lacca rossa che la sigillava. Sventolò il foglio per aprirlo e lesse con attenzione ogni riga, guardò prima la giovane senza vita, poi l'amico di sempre, che gli stava porgendo un singolare gioiello di legno con una pietra dai riflessi bianchi e argento, incastonata al centro e spezzata in più frammenti.

«Rodya» disse in un sussurro, carezzandole il volto un'ultima volta. «E così sia» disse alzando lo sguardo verso l'amico.

Fu l'acqua fresca a destare Iris dal suo sogno. Fidian stava chiamando il suo nome con veemenza.

Aprì le palpebre pesanti, vide prima il viso pallido di Hektrien e i suoi occhi velati di lacrime e poi l'amico inginocchiato al suo fianco che si lasciava andare a un largo sorriso. Si sentì al sicuro.

Il Principe la strinse forte a sé e le baciò la fronte con le sue labbra fredde, in un gesto spontaneo e inatteso, che ebbe il potere di rassicurarla. Avrebbe voluto chiudere gli occhi e riposare ancora, ma voleva godersi quello sguardo rivolto solo a lei, che la faceva sentire importante.

Quel sogno le aveva lasciato addosso una strana sensazione. Aveva visto il corpo senza vita di Rodya, la disperazione di Fidian, le sue suppliche e poi quel pezzo di carta e quel medaglione misterioso, che gli avevano fatto cambiare idea. Si domandò cosa avesse scritto Rodya per avere un tale effetto su di lui.

«Starà bene» disse il licantropo, dando una pacca sulla spalla all'amico con fare fraterno. «Vado al portale».

L'uomo le carezzò il viso con la sua mano ruvida e lei chiuse finalmente gli occhi qualche secondo, abbandonandosi a quella sensazione, cercando di recuperare le forze, accoccolata contro il suo petto, cullata dal ritmo del suo respiro.

Si toccò il collo sovrappensiero e si accorse di avere di nuovo il suo prezioso medaglione. Si ricordò allora della sua ferita e cercò di tirarsi sù per terminare ciò che aveva iniziato, ma lui glielo impedì.

«La tua ferita» disse lei con voce flebile.

Ha smesso di sanguinare, ti devo la vita ancora una volta.

«Fammi vedere».

La solita testarda. Va tutto bene.

La strinse ancora e le carezzò ancora il viso con delicatezza, senza staccarle gli occhi di dosso. Sembrava sincero.

Un'altra cicatrice da aggiungere alla collezione.

«Sei sicuro di essere un grande guerriero? Non sarai mica un poco sopravvalutato» chiese lei ironica, toccandosi la testa dolorante.

Impertinente.

Lei sorrise debolmente, mai nessuno l'aveva trattata da impertinente. Aveva le palpebre pesanti e tutto il corpo intorpidito che la spingeva a dormire.

Ti ho gettata a terra per prendere tempo, per salvarti la vita. Mi dispiace.

«Allora non dovrebbe dispiacerti» disse lei. Ci fu una lunga pausa. «Ho avuto paura di perderti».

Era strano dirlo ad alta voce, ma era ciò che sentiva. Lui sembrava sorpreso, alzò un sopracciglio e la guardò con una strana espressione.

«Come potrebbe essere diversamente?» domandò lei, aprendogli il suo cuore.

Hai visto che cielo?

Quella abbassò lo sguardo, non era la risposta che si sarebbe aspettata.

Guarda Iris.

Alzò gli occhi con fatica ed ebbe una leggera vertigine. Solo allora si rese conto della quantità impressionante di stelle che costellava la volta celeste, sembravano essersi moltiplicate da quando aveva guardato il loro riflesso sul lago. Era un cielo notturno molto diverso da quello che conosceva e non vi era più l'ombra di nuvole.

Una leggenda racconta che ogni stella sia una preghiera rivolta al cielo. A Herken non ci sono stelle, perché è un Regno senza speranza. Questo mondo spera ancora, grazie a te.

Iris tornò a guardare il Principe negli occhi.

Ho scoperto la meraviglia delle stelle, quella notte nel bosco, quando sei tornata indietro a cercarmi. Da quel momento ho costantemente paura di perderti.

Quelle parole ebbero il potere di farla avvampare. Da allora le stelle acquistarono un significato ancora più profondo, sancendo l'inizio di qualcosa di nuovo, la consapevolezza di essere preziosi agli occhi di qualcuno.

«Il branco è tornato» disse Fidian interrompendoli.

«Qualcuno è ferito?» chiese la giovane.

«Stanno tutti bene, ma mancano ancora all'appello Nemiah e Euniria».

Iris e Hektrien si alzarono, aiutandosi l'uno con l'altro. Il soldato zoppicava vistosamente, la sua ferita non sarebbe probabilmente mai guarita del tutto. Arrivarono lentamente davanti al portale. I licantropi avevano ripreso sembianze umane, ma erano all'erta davanti al varco, nessuno degnò di attenzione Iris, a parte Gabor che un poco acciaccato le rivolse un debole sorriso.

Chiunque avrebbe potuto varcare quel passaggio, anche il nemico. Hektrien era silenzioso e pensieroso.

«Li hai visti?» chiese lei.

No, ma credo non fossero lontani. La mia spada ha preso improvvisamente fuoco, permettendomi di uccidere il lucyon e passare il varco.

Era opera di Nemiah, ma non era certa che lui ne fosse al corrente, così non disse nulla.

Tra poco sorgerà l'alba, io e Fidian non potremo attendere qui a lungo.

All'improvviso videro una sagoma dai contorni indefiniti comparire al di là del portale. Iris lasciò la mano di Hektrien e fece qualche passo avanti, aveva uno strano presentimento.

Nemiah attraversò il varco, portando la madre tra le braccia. Lui era a torso nudo, ricoperto di sangue dalla testa ai piedi, con i riccioli incollati al viso, ma non pareva ferito. Era il sangue di qualcun altro che aveva addosso. Aveva lo sguardo fisso e il passo lento, depose il corpo a terra e tutti compresero che Euniria era morta.

Iris era immobile, sul punto di esplodere in mille pezzi, ma quella emozione era bloccata all'altezza della gola e non trovava via d'uscita. Quella scena era surreale, nessuno osò avvicinarsi, osservavano tutti in silenzio. L'alfa era lì in piedi con lo sguardo perduto, davanti a quel corpo, che non mostrava segni di sofferenza. Era intatta, con la veste leggermente stropicciata e il capo reclinato verso i piedi del ragazzo. Il sangue non era nemmeno della strega, apparteneva ai nemici, massacrati dalla furia cieca di quel figlio incompreso.

La giovane non si accorse del movimento delle sue gambe, ma aveva iniziato a muoversi lentamente in direzione del ragazzo. Temeva una reazione rabbiosa, ma fu più forte di lei. Arrivò al suo fianco, gli prese la mano con dolcezza e lo guidò lontano da tutti quegli sguardi.

Nemiah non la strinse, ma la seguì in silenzio, senza opporre resistenza. Arrivarono sulle sponde del lago, dove l'avrebbe aiutato a ripulirsi da tutto quell'orrore incollato sulla sua pelle. Lui frastornato incrociò il proprio riflesso sulla superficie tremula dell'acqua e scoppiò a piangere.

Iris avrebbe voluto abbracciarlo, ma con lui non si era mai al riparo da una reazione esagerata. Fu lui a coglierla di sorpresa e a stringerla a sé con forza, piangendo nell'incavo del suo collo con una tale violenza da straziare il cuore. Lei ricambiò quell'abbraccio scosso da un pianto convulso e inconsolabile e si concesse anche lei un pianto liberatorio. Piansero insieme, a lungo, stretti l'uno all'altro sulle rive del lago, trovando conforto in quel momento di condivisione.

Euniria era stata una madre anche per lei, quindici anni passati insieme avevano lasciato il segno.

Quando finalmente si guardarono negli occhi, lo sguardo di Nemiah era vuoto, ma per un attimo lei scorse qualcosa ed ebbe l'impressione che avessero finalmente stabilito una qualche sorta di legame. I suoi occhi spenti avevano il colore del cielo sereno, non c'era alcuna traccia di rabbia. Erano ancora più simili ora, entrambi definitivamente orfani di ogni affetto.

«Vieni» disse la ragazza separandosi da lui e invitandolo a immergersi nelle acque.

Iris si levò gli stivali, slacciò la gonna con un rapido gesto, rimanendo in pantaloni e corsetto nero e argento.

Il contatto con l'acqua la fece rabbrividire di piacere. Se non fosse stato un momento così tragico avrebbe goduto appieno di quella sensazione tanto attesa. Invitò il ragazzo ad avanzare ancora e lo aiutò a ripulirsi, sfregando con le mani il suo corpo ricoperto di sangue. Lui la lasciò fare senza dire una parola, con le mani distese lungo i fianchi, come se fosse un bambino.

«Sei ferito?» chiese lei.

Il ragazzo non rispose. Il suo sguardo era completamente assente. Iris lo lavò con pazienza e affetto, cercando di capire se fosse stato colpito, ma a parte qualche graffio, non sembrava messo così male.

All'improvviso si rese conto che portava al collo la stessa pietra argentea di Fidian e fu tentata di sfiorarla con le dita, esitò qualche secondo, poi ritrasse la mano.

«Prendi un bel respiro e metti la testa sotto» disse la ragazza mettendogli una mano sul capo.

«Al mio tre?» chiese lui, uscendo finalmente dal suo mutismo.

La ragazza annuì stranita, quella frase infantile stonava con il suo stato.

Nemiah le prese entrambe le mani e questa volta le strinse forte, poi si immersero entrambi al suo tre, aprendo gli occhi nello stesso momento. Si guardarono per lunghi secondi, nonostante l'oscurità. Sotto la superficie del lago tutto era silenzioso e immobile, l'acqua li avvolgeva, era un momento sospeso nel tempo.

Qualcosa di molto simile a un ricordo, le attraversò la mente. Era come se l'acqua avesse fatto riemergere qualcosa dal passato. Iris intravide i lineamenti di un viso infantile distorto dal movimento dell'acqua e diede una spinta con i piedi sul fondale per riaffiorare velocemente in superficie, iniziò a tossire nel tentativo di riprendere fiato. Il ragazzo abbozzò qualcosa di simile a un sorriso divertito e annuì.

Quella uscì rapidamente dall'acqua. Si mise seduta sulla riva, portandosi le gambe al petto e circondandole con le braccia. L'aria tiepida le solleticava il corpo, ma quella sensazione le aveva lasciato dei brividi addosso.

Nemiah emerse dall'acqua e scrollò la folta chioma, proprio come avrebbe fatto un lupo, poi prese posto accanto a lei.

«E' morta tra le mie braccia» disse quello con gli occhi fissi all'orizzonte. «Mi ha chiesto perdono e ha chiuso gli occhi per sempre. Le ho urlato che ero stato uno stupido, ma era già troppo tardi. Avevo già ucciso tutti, ma ho continuato a massacrare i loro corpi senza vita a lungo, troppo a lungo, accecato dal desiderio di vendetta, come se fossi uno di quegli esseri infernali senza anima».

Iris era frastornata da tanta violenza, ma gli prese la mano e gliela strinse. Non era nessuno per giudicarlo.

«Ora è di nuovo a casa. Affronteremo tutto questo insieme».

«Promettilo».

«Prometto» disse lei.

Il ragazzo scrollò il capo.

«Una promessa vera, di quelle a cui credi veramente».

Lei lo guardò senza capire, lui si aspettava qualcosa da lei, provava quella singolare sensazione sempre più spesso in sua presenza e le sembrava di non essere mai all'altezza e deluderlo ogni volta.

«Avrebbe amato vedere sorgere una nuova alba» disse lui.

Iris si rese conto di aver lasciato il gruppo da almeno un'ora. Si alzò in piedi, il sole stava per sorgere, Hektrien sarebbe partito di lì a poco. Si sistemò la gonna e corse al portale, saltellando per infilarsi gli stivali lungo il percorso.

Durante la sua assenza, gli altri avevano accatastato della legna e costruito una rudimentale pira funeraria, dove avevano adagiato il corpo di Euniria.

La ragazza si paralizzò, stavano per renderle l'ultimo tributo.

Il branco era schierato, unito nel lutto. Erano tutti in piedi a testa alta e mani conserte, a parte Iodik che inginocchiato con una mano per terra, singhiozzava sommessamente, rifiutandosi di guardare.

Nemiah giunse al fianco dei suoi uomini, guardò Hektrien dritto negli occhi e quello fece un cenno affermativo con la testa, come per dare il permesso di procedere.

Allora l'alfa prese un grande respiro, si sfregò le mani, portò entrambi i palmi all'altezza delle labbra e ci soffiò sopra, dirigendo il suo soffio verso la pira.

L'ultimo bacio soffiato in direzione della madre incendiò la catasta, alte fiamme la avvolsero rapidamente, tingendo quella notte di un bagliore arancione.

Hektrien si irrigidì, non conosceva quel talento nascosto del fratellastro.

Iris serrò la mascella con forza, fino a farsi male ai denti. Doveva essere forte per tutti, mostrarsi meno fragile di quanto fosse in realtà. Si avvicinò di un passo a Nemiah e fece un gesto istintivo che non si seppe spiegare, gli strinse la mano affidandogli il pesciolino di legno.

«Prometto» disse sottovoce, guardando la pira in fiamme.

Il fuoco crepitava e lei percepiva il calore quasi insopportabile del fuoco sul viso, ma non abbassò mai gli occhi. Non conosceva quel rituale, ma doveva assistervi per rendere omaggio alla donna che l'aveva protetta per tutta la vita.

Il ragazzo mantenne anche lui lo sguardo fisso sul rogo e strinse con forza la mano della ragazza.

Era una promessa vera.

Ciò non sfuggì a Hektrien che, poco lontano dai due, osservò senza capire cosa significasse quel gesto e tanto meno quella promessa sussurrata a fior di labbra.

Fidian in quel momento gli mise una mano sulla spalla, facendogli comprendere che sarebbe rimasto al suo fianco e avrebbero superato anche quella disgrazia. Doveva esserci spazio solo per il dolore, ma il cuore del Principe fu invaso da una sensazione mai provata prima, che somigliava tanto alla gelosia e bruciava come quelle lingue di fuoco.

Guardò il cielo, le stelle erano quasi sparite, stava per albeggiare. Si allontanò lentamente, a testa bassa e si tirò su il cappuccio. Aveva già reso il suo tributo a sua madre, seguendo i suoi insegnamenti e onorando il suo ricordo ogni giorno della sua vita. Il suo amore e la sua devozione avrebbero continuato ad ardere sotto la sua corazza, ma non l'avrebbe guardata ridursi in un mucchietto di cenere.

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