Paris Latino - Mida

By Emi_Cs

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Amen entra nella scuola di Amici per superare sé stessa e il proprio carattere schivo. Mida vuole la ribalta... More

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Sei
Sette
otto
Nove
Dieci
Undici
Dodici
Tredici
Quattordici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
Venti
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque

Ventuno

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By Emi_Cs

Mida rotolò a terra. Letteralmente iniziò a rotolare sul suo tappetino blu per gli esercizi per finire poi sul mio mentre io lo guardavo dall'alto con gli occhi chiusi a fessura mentre lo giudicavo in ogni sua singola mossa.

Sdraiato sul mio tappetino tirò su il petto e le gambe contemporaneamente in un addominale crunch mentre urlava con tutto il suo diaframma un: "AAAAAAASH."

Rimase in posizione contratta con le gambe alzate e le braccia lunghe ai lati delle cosce mentre sul viso si stava formando pian piano uno strato di rossore degno di uno dei pomodori più freschi che avevamo in cucina.

Gli dovevo dare atto del fatto che stava avendo abbastanza resistenza ma dopo un minuto e mezzo iniziò ad urlare in modo continuo e costante drigninando fra i denti tutto il dolore dei suoi addominali che probabilmente stavano andando a fuoco.
"È una scena pietosa" gli dissi io guardandolo dall'alto mentre una gocciolina di sudore dai ricci gli cadde fin giù la mandibola.
Mida non riuscì più a mantenere la posizione e si lasciò andare, accasciandosi a terra e scoppiando a ridere mentre imbrattava del suo sudore il mio tappetino.
"Sei solo gelosa delle mie capacità" si tirò su con una sorta di saltello scomposto e andò verso la cassa bluethoot per cambiare canzone.
Durante tutte le nostre ore sportive avevamo deciso, di comune accordo, di mettere un sottofondo di musica trap americana per darci la carica e di solito funzionava, o almeno funzionava fino a quando le urla di mister olimpia non coprivano anche la voce bassa di 21Savage.
"Facciamo stretching" quasi mi ordinò mentre rimaneva chinato verso l'ipod per cambiare canzone, "questa mi piace" commentò fra sé e sé per poi venire verso di me e piazzarsi esattamente di fronte al mio corpo per farmi da specchio.
Sentì partire la base di Cockail d'Amore di Mahmood.
"Segui me?" Gli chiesi.
Il fatto che durante lo stretching il più delle volte lui voleva starmi di fronte per specchiare le mie mosse mi dava da fare, mi metteva non poco a disagio considerando che non era una persona che si vergognava a fissare costantemente l'altra, mentre io subivo dei colpi per quello sguardo insistente.
Annuì sorridendomi, il viso era madido di sudore.
Si sforzava sempre fin troppo e mi faceva ridere quando poi si lamentava di essersi portato fin oltre i limiti perché poi il giorno dopo aveva l'acido lattico e diceva che fosse colpa mia per non averlo fermato, dal fare chissà cosa poi, urlare?

Iniziai a fare stretching guardando in un punto oltre le sue spalle per evitare di fissarlo come una psicopatica per tutto il tempo mentre lui continuava a non farsi problemi, anzi era così tranquillo da canticchiare anche insieme a Mahmood.
Mi sedetti a terra, allungai le gambe tenendole strette l'una di fianco all'altra e mi allungai con il busto per toccarmi i piedi.
Se avevo qualcosa di buono era la flessibilità dovuta a non sapevo neanche io a cosa dato che tendenzialmente non ero conosciuta per essere una persona sportiva e flessibile, anzi sentivo già le mie ossa fare crack ogni tanto.
Aprì le gambe il più possibile e iniziai a toccare prima un piede e poi l'altro, quello era il momento in cui non riuscivo a non guardare Mida perché la sua divaricazione era sempre molto divertente.
Borbottava, si lamentava e poi rimaneva con un angolo di forse cinquanta gradi mentre ripeteva che lui non era un mobile dell'ikea, non poteva smontarsi. 
"Volevoooo" iniziò a cantare sentendosi di più sua la parte mentre io mi piegava con le gambe aperte per stare con la faccia schiacciata contro il pavimento, "le ali di pegaso...non ci penso proprio a mettermi così" scoppiai a ridere per il suo commento sopra la canzone ma rimasi con la faccia sul parquet.
"Che tu mi capissi" mi alzai in piedi e mi presi il piede per schiacciarlo contro il sedere, "quando cadevo giù" fu così azzeccata quella frase in quel momento perché prese la sua gamba e perse l'equilibrio finendo quasi culo a terra.
"Io credevooo, fosse più tenero farlo davanti al PC, se mi amerai fallo così."
Alzai il viso per guardarlo e gli sorrisi, non ci pensai neanche mi venne naturale perché spesso riusciva a mettermi di buon umore anche solo non dicendo niente.
Mida era fondamentalmente molto buono e mi veniva difficile non riuscire a provare una sorta di bene per lui.
"Stammi bene, mi mancherà, morire insieme fra i laser light" mi sorrise anche lui di rimando e continuai a guardarlo anche mentre cambiai gamba, "io ti volevo, volevo."
Smise di sorridermi e credo che anche io smisi di farlo.
Mi limitai a guardarlo e lui fece lo stesso con me.
Abbassai la gamba, rimanendo con i piedi fermi sul parquet senza dire nulla ma continuando a guardarlo senza riuscire a spezzare quello scambio.

Mi rinsavì qualche secondo dopo e mi piegai per raccogliere il mio tappetino.
Si piegò anche lui per fare lo stesso, sempre di fronte a me sempre con quegli occhi brillanti e acquosi.
Non capivo lui e non capivo quel suo strano modo di fare tutto, sembrava cantare e dedicarmi le canzoni perché mi guardava dritto in faccia o magari ero solo pazza io e in realtà speravo fosse così, nonostante continuassi a credere il contrario.
"Non ti conosco ma portami su la torre d'orata" continuò a cantare e si rimise in piedi con il tappetino sotto il braccio, "non la conosci?" Mi chiese avvicinandosi a me.
D'istinto feci un passo indietro.
Lo guardai in faccia, "sisi, la conosco" semplicemente non me la sentivo di cantare "io ti volevo" fissandolo negli occhi come stava facendo lui con me.
"Io ci penso davvero a tutto quello che dico, non pensare che lo faccia a cuor leggero."
Arricciai il naso confusa.
Si era finalmente accorto che continuava a dare segnali contrastanti da settimane? O si era finalmente reso conto che un po' mi ero rotta anche la minchia di tutta quella situazione in cui io finivo sempre per fare la terza incomoda fra lui e la realizzazione della sua storia d'amore con Gaia?
"Se ci pensassi davvero, forse non diresti nulla di quello che dici" replicai abbassandomi di nuovo per raccogliere la mia bottiglietta d'acqua naturale.
"Lo dico perché voglio che sia chiaro che per me non è facile."
C'era serietà sul suo volto, le labbra carnose erano tirate in una seria linea orizzontale mentre le pupille mi puntavano come se io fossi il bersaglio.
Mi limitai ad annuire, "Mida non ho idea di quello che ti passa per la testa" Feci un passo verso di lui e tirai un piccolo sospiro, non sapevo neanche più cosa dire ripetevamo sempre le stesse cose, "ma dato che...tutto il resto non funziona" indicai me e lui, "possiamo essere amici, no? Solo amici, normali amici come lo sono tutti."
Lui mi aveva spiegato quanto io non andassi bene per lui, nonostante tutto, nonostante qualcosa forse per me lo sentiva, ma lo avevo capito.
Allungò la mano verso di me e gliela strinsi prontamente sorridendogli.
Sembrava stessimo firmando la novantesima pace nonché contratto barra accordo fra di noi anche se ormai avevamo anche smesso di litigare solo per punzecchiarci.
"Però se diventiamo besties mi devi iniziare a chiamare con il mio nome."
Ridacchiai per quella parola. Besties.
"Va bene Christian" il sorriso era fermo sul mio volto che era diventato di plastica per quanto lo costingessi a tirare su le gote.
Mi faceva divertire il ricciolo, era naturalmente simpatico e carismatico e aveva quegli occhietti furbi che parlavano quasi più di lui, nonostante lui non stesse mai zitto.
"Fra besties non ci si chiama per nome" mi sorrideva anche lui. Il sorriso sornione sul suo visetto definito e quel solito luccichio negli occhi castani.
"E come ti devo chiamare allora?"
"Amo" Rispose velocemente con una fermezza che per un secondo mi prese in gamba tesa.
Non me l'aspettavo.
Dischiusi le labbra e scoppiai a ridere.

"Io sta volta canto una roba figa" commentai il discorso fra Ayle, Mew e Sarah che stavano parlottando delle cover che avrebbero dovuto cantare domani nella registrazione della puntata del pomeridiano.

Eravamo seduti fuori, nelle panchine del portico e fumavano ogni tanto in silenzio ma poi tornavamo a parlare tutti insieme magari uno sopra l'altro.
Si aggiunse anche Joseph ai discorsi appena rientrò per pranzo in casetta, calpestando l'erba in giardino con la sua solita camminata stanca tipica di quando tornava dalle lezioni.
Buttai fuori il fumo dai miei polmoni, "Com'è andata?" Chiesi verso il mio amico che si venne a sedere di fianco a me, lasciandosi cadere in una mossa che denotava il suo sfiancamento.
Poggiò la testa contro i cuscini bianchi mentre fissava il soffitto dello stesso colore, "ho cenere di Lazza lo sai no, mi piace e tutto ma appena cerchi o chiedi di cambiare qualcosa sembra sempre che vuoi sparare sulla croce rossa."
Annuì girandomi a guardarlo.
Lo sapevo bene, io ero stata bollata come l'ingrata della situazione solo per aver esposto i miei dubbi sulle assegnazioni.
"Cosa volevi cambiare?" Non stavamo parlando di me e non era necessario che tirassi fuori le mie solite lamentele che ormai anche i muri conoscevano a memoria.
Da un momento all'altro tornò anche a Mida dalle lezioni e si fermò con noi fuori per parlare.
"Volevo avere completa indipendenza sulla post produzione del pezzo" Sembrò quasi sospirare ogni parola.
"Che succede?" Christian si introfulò nella conversazione fra me e il ragazzo seduto pigramente di fianco a me.
Alzai il viso verso di lui mentre Joseph abbassò il suo per vedere il ragazzo che si era appena unito alla nostra poco allegra combriccola.
"Mi tarpano le ali, Chri" scherzò Joseph tirando le labbra in un sorriso che mi avrebbe anche fregato se non fosse stato per i suoi occhi stanchi.
Certe volte sembrava il più pieno di tutta quella situazione che c'era lì dentro, certe volte invece quello che riusciva a far finta meglio.
Christian gli sorrise di rimando con le mani nelle tasche dei cargo marroni, "qua è tutta questione di...bilanciamenti" ci pensò un secondo su prima di dire quella parola e gli feci un applauso mentale per la sua correttezza di lessico, io non sarei stata così educata rispetto a tutta la macchina di pongo che c'era dietro di noi, "però puoi chiedere oggi pomeriggio di lavorare ancora sulla post produzione se non sei convinto. Sei così sfiancante sulle tue cose che sai che avresti vinta tu."
Guardai Mida mentre parlava, quella posizione eretta e quel suo solito sorriso da consolatore facevano stare meglio anche me.
C'era qualcosa di estremamente carismatico in quel ragazzo, qualcosa che mi portava spesso a guardarlo o quasi volerlo imitare per essere vista nel modo positivo in cui tutti guardavano con ammirazione lui.
Joseph rise e sembrò quasi scuotersi via quell'alone opaco di inquietudine che lo stava facendo sembrare quasi più sbiadito.
"Come sta andando il vostro compito?" Ci chiese e si voltò verso di me inarcando le sopracciglia in un'espressione strana che avrebbe forse dovuto farmi capire qualcosa.
Peccato che io non capivo mai niente.
Feci spallucce, "bene dai, ci sono io che canto, la portiamo a casa."
Mida mi diede un leggerissimo calcetto al piede sinistro, "Ehi!" Mi redarguì, "sono io quello che trascina sta squadra con il mio carisma."
Ridacchiai.
Ridacchiai nel modo in cui immaginavo facessero le ragazzine durante la prima cottarella ossessiva e sfiancante.
"Minchia rega me ne vado, mi fate sentire proprio il terzo incomodo" Joseph si alzò con il sorrisone stampato sulla faccia e guardandoci con quegli occhi vitrei che parevano quasi furbi.
Ero quasi spaventata da quel nuovo luccichio nei suoi occhi senza pensieri.
Mi alzai anche io seguendolo divertita, "non ti liberi di me, giovane Holden."

La giornata stava scorrendo stranamente piano, c'era qualcosa forse negli orologi che rallentava le lancette e rendeva quelle ore così dilaniate del tempo.
Avevo finito le lezioni alle cinque e mezza, mi ero lavata, mi ero infilata già il pigiama ed ero pronta anche ad andare a letto pur di far passare quelle estenuanti ore di nulla.
Non avevo nemmeno più il cellulare, come si passava il tempo senza smartphone, che dovevo fare della mia vita? Esisteva una vita oltre l'ozio con tiktok?
Purtroppo sì ma non sapevo cosa farci in quel momento.
Mi alzai dal letto con uno scatto da olimpionica, probabilmente mi ero lussata un ginocchio grazie a quella genaliata, e mi diressi verso il salotto o la cucina, insomma dove avrei trovato della vita.
In cucina c'erano Martina con Nicholas dietro all'isola marroncina, mi fermai davanti a loro e osservai le loro mani.
"Dimmi amo" la faccia da bellone di Nicholas si piantò sulla mia, alzando lo sguardo color petrolio su di me.
Aveva questa abitudine di chiamare tutti amore, alcune volte mi piaceva altre volte mi metteva terribilmente a disagio perché con le persone non sempre ci sapevo fare.
"Niente. Mi sto annoiando" mi lamentai poggiando le mani sulla superficie davanti a me e abbassai di nuovo lo sguardo sulle loro mani che tagliavano cibo e spostavano cose.
"Io vorrei poter accendere la televisione" mi lamentai, di nuovo, girandomi verso la TV in salotto.
Avrei voluto potermi sedere sul divano e cercare qualcosa su Netlflix ma anche per la televisione bisognava rispettare gli orari consoni.
Forse sarei impazzita lì dentro, chissà. Era la mia casa circondariale la casetta di Amici e Maria la guardia carceraria. Risi da sola pensando alla bionda con un manganello in mano, certa che mi avrebbe colpita alla prima possibilità.
"Resisti, dopo mangiato arriva l'ora d'aria" scherzò Nicholas.
Certe volte mi sembrava di essere quasi l'unica a soffrire così tanto la mancanza di certe cose come la mia routine a casa, le mie abitudini e le mie comodità.
Era bello pensare di avere delle cose a cui potersi aggrappare, anche cose stupide come il divano e lo streaming.
A quell'ora probabilmente a casa mi sarei sparata una super maratona di One Piece, lì mi toccava fissare le mani delle persone e aspettare che quella strana sensazione che avevo addosso quando mi sentivo a disagio sarebbe andata via.
Sentì poggiarsi flebilmente delle mani sulle mie spalle ma nonostante fosse una presa leggera fui presa del tutto di sorpresa e saltai sul posto girandomi di botto e mettendo in posizione di difesa che avevo imparato in quel mese di lezione di kickbox.
Piede sinistro davanti, ginocchia leggermente piegate, schiena ricurva, pugno di fianco alla guancia sinistra e pugno destro in avanti.
Ero pronta per lottare.
"Ohh" Mida alzò le mani in segno di resa, "calmati tigre" mi disse ridacchiando e stando fermo davanti a me.
"Sei pazzo?!" Alzai la voce ma sciolsi la posizione di guardia, "potevo colpirti con il mio gancio fendente."
Lui annuì, quasi a presa in giro, mise di nuovo una mano sulla mia spalla, "non puoi colpirmi, son fatto di marmo."
Alzai le sopracciglia.
"Un'altra cosa ma sempre con la emme" gli sorrisi io falsamente, tirando le labbra in un sorriso.
Il ragazzo davanti a me prese l'offesa meglio di quanto avrei fatto io e rise socchiudendo gli occhi e creandosi delle rughette intorno.
"Andiamo a provare tigre, dai" mi prese per il polso per tirarmi verso di lui e poggiarmi il braccio sopra le mie spalle per cingerle e farmi d'altissima ombra.
Da sotto la sua ascella lo guardai.
Aveva il viso basso verso il mio mentre con il braccio mi stritolava appositamente in un modo giocoso o almeno era quello che pensavo io, magari faceva come i boa e da un momento all'altro mi avrebbe tolto la vita e manco me ne sarei accorta.
"Ancora aranciata?" Chiesi quasi senza fiato, non per la stretta ma perché non ero così abituata a lui, non penso lo sarei stata mai.
Annuì e iniziò a camminare portandomi con lui nella sala prove che avevamo in casetta.

"E mi hai lasciata sola, navigare. Mmmmh mhhhhh."
La canzone finì per entrambi, le ultime frasi le pronunciavamo insieme e la coach ci aveva suggerito di guardarci durante tutto il pezzo e dedicarci ogni singola parola quasi fosse più una canzone da dedicarsi.
Alzai le braccia e mi avvicinai a lui saltellando a piedi pari verso di lui per farmi battere il cinque.
Mi battè i palmi contro i miei per poi chiudere le dita così da stringere le mie.
Rimanemmo così, io con le braccia alte e le dita strette nelle sue mentre ci sorridevamo contenti.
"Figa siamo forti" pronunciai con voluto accento milanese sottolineando con quell'iniziale figa la mia nuova etnia: quella milanese.
"La prossima canzone per il nostro duetto so già qual è."
Inarcai le sopracciglia, "qual è?" Chiesi divertita.
Chissà poi perché pensava che ne avremmo fatto un altro insieme.
Era stressante provare con lui, voleva rifare le cose ancora e ancora fino a quando suo parere il risultato non sarebbe arrivato vicino alla sua asticella di perfezione ma difficilmente ci si arrivava.
"Cocktail d'Amore" asserì prima di lasciare le mie mani, fare un passo indietro, usare il suo pugno come microfono e: "perché per stare bene ho bisogno di toccare il fondo?"
Si piegò su se stesso per utilizzare la voce più sgravata e da oca poco intonata che io avessi mai sentito uscire dai suoi canetti.
Mi misi le mani sulla bocca per coprirle e non fare vedere la mia espressione.
"Sono un bugiardo se ti faccio vedere che ho tutto controllo?"
Mi piegai su me se stessa e mi tenni la pancia scoppiando a ridere.
Una cosa imbarazzante.
"Ehi! Che ridi?!" Il gigante venne velocemente verso di me per mettermi le mani sulle spalle e raddrizzarmi. Se pensava che non avessi il coraggio di ridergli in faccia si sbagliava.
Continuavo a ridere facendo vibrare il mio corpo e scuotendo perfino le sue mani su di me.
La sua espressione però si fece velocemente cupa.
Stava ridendo insieme a me fino a un secondo prima.
Si rabbuiò, quasi, rendendo la sua faccia da schiaffi più seria così tanto da far smettere di ridere anche me.
"Voglio dirti una cosa prima che tu lo venga a sapere o...lo veda. Voglio dirtelo prima a te che a tutti gli altri perché ci tengo che tu lo sappia da me e nessun altro."
Corruggai la fronte confusa. Dei solchi creati dalle rughe si dipinsero sulla mia fronte alta.
Con l'espressione di dubbio anche le mie labbra si arricciarono.
"Dimmi" affermai flebilmente. Non me n'ero accorta ma mi era uscita quella parola quasi sotto voce.
Sotto sotto sapevo di non voler sentire quello che avrebbe avuto da dirmi.
"Voglio anche dire che è una cosa che è successa e basta e tutto quello che ci siamo detti fra di noi, non cambia e penso cambierà mai."
Cosa sarebbe dovuto cambiare?
Continuai a guardare negli occhi del ricciolo di fronte a me ma erano così scuri rispetto al solito che facevo fatica a riconoscerli.
"Sai quanto io tengo a te ma sai anche quello che siamo e quello che ci siamo detti e che insomma qualsiasi cosa non sarebbe potuta essere e io sto così bene con lei e quando stai così non c'è altra strada no? Alla fine tutto fluisce in quella direzione perché le cose vanno così quando vanno bene, funzionano e funzionano proprio alla grande ed è devastante sentirsi in questo modo ma è così rivitalizzante-"
"Mi puoi dire cos'è successo? Stai dicendo cose bellissime riguardo a...Gaia ma hai quella faccia che sembra che qualcuno sia passato a miglior vita."
Deglutì prima di dire Gaia. Non l'avevo capito prima ma nel modo in cui parlava ora era chiaro che si stesse riferendo a lei ed era strano sentirlo usare quei giri di parole, era una persona estremamente diretta di solito, non faceva parte di lui non voler fare capire le cose esattamente nel modo in cui stavamo.
"Io e Gaia ci siamo baciati."
Deglutì di nuovo.
L'aveva baciata.
Io annuì.
Mi constrinsi un sorriso flebile.
"Son contenta per te Mida, meriti di stare bene."
Quello lo credevo davvero.
Stavo deglutendo e nella gola sentivo solo una patina spessa e amara che non mi consentiva nemmeno di farlo bene, annaspavano e mi faceva male ma lui era una persona buona e si meritava qualcuno che lo facesse sentire come se ogni giornata fosse un po' meno grigia e più colorata.
E Gaia era la persona che gli rendeva le giornate di un giallo così intenso quasi da accecarlo.
"Puoi non chiamarmi Mida però?" Lui continuava ad essere serio, con quel suo cipiglio fisso sulla fronte come se stesse accadendo qualcosa di brutto anche a lui e non aveva senso.
Scossi la testa.
Volevo dirgli che non avrei mai smesso di chiamarlo Mida perché era un bel nome d'arte e perché lui era un po' come quel Re che toccava le cose e le trasformava in oro ma non mi usciva granché dalla voce e la gola stava iniziando a farmi davvero male come se invece di buttare giù saliva stavo ingoiando chiodi arrugginiti.
"Non riesco" pronunciai solamente e chiusi subito le labbra, serrandole.
Sentivo pungere nella trachea e un macigno pesante nel petto quanto una pietra che se ti leghi alla caviglia ti affonda con lei nel mare.
Avevo bisogno di aria.

Henlo 💌
Non ho molto da dire, se non come sempre grazie a tutti quelli che stanno leggendo e interagendo con questa storia. Nelle mie crisi mistiche di trama mi aiutate molto, perciò grazie.

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Buona domenica 🦋




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