MIND OF GLASS: OPERATION Y [I...

By DarkRafflesia

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Dave Morrison, Capitano del Navy SEAL, è un uomo determinato, autorevole, ma sconsiderato e fiscale. Noah Fin... More

⭐RICONOSCIMENTI
Presentazione
Cast
Dedica
Prologo - ✓
PARTE PRIMA
Capitolo 1: Bravo (Parte 1) - ✓
Capitolo 1: Bravo (Parte 2) - ✓
Capitolo 2: Coinquilini - ✓
Capitolo 3: Demoni del passato - ✓
Capitolo 4: Una semplice giornata di lavoro - ✓
Capitolo 5: Insieme - ✓
Capitolo 6: Prima Tappa - ✓
Capitolo 7: Presenza - ✓
Capitolo 8: Sconosciuto - ✓
Capitolo 9: Ricordi bruciati - ✓
Capitolo 10: Il prossimo - ✓
Capitolo 11: Vacanza (Parte 1) - ✓
Capitolo 11: Vacanza (Parte 2) - ✓
Capitolo 12: Dolore lontano - ✓
Capitolo 13: Turbolenze - ✓
Capitolo 14: Scontro - ✓
Capitolo 15: Notizia - ✓
Capitolo 16: Lettere reali - ✓
Capitolo 17: Firmato... - ✓
Capitolo 18: Sui tetti - ✓
Capitolo 19: In mezzo alla folla... - ✓
Capitolo 20: Rientro - ✓
PARTE SECONDA
Capitolo 21: Adunata - ✓
Capitolo 22: Sorpresa? - ✓
Capitolo 23: Toc-Toc - ✓
Capitolo 24: Legami scomodi - ✓
Capitolo 25: Nuovi ospiti - ✓
Capitolo 26: La spia - ✓
Capitolo 27: Tocca a me - ✓
Capitolo 28: Il mondo continua a girare - ✓
Capitolo 29: Prurito ed ematomi - ✓
Capitolo 30: Fede - ✓
Capitolo 31: Rimorsi - ✓
Capitolo 32: Torna a letto - ✓
Capitolo 33: Fiamme - ✓
Capitolo 34: Scuse e incertezze - ✓
Capitolo 35: Analista per caso - ✓
Capitolo 36: Non puoi dimenticare - ✓
Capitolo 37: Bersagli - ✓
Capitolo 38: Ostacoli - ✓
Capitolo 39: Ho trovato Jake e... - ✓
Capitolo 40: La bomba - ✓
Capitolo 41: Shakalaka - ✓
PARTE TERZA
Capitolo 42: Scampagnata - ✓
Capitolo 43: Pausa? - ✓
Capitolo 44: Nuove conoscenze - ✓
Capitolo 45: Mercato finanziario - ✓
Capitolo 46: Linea - ✓
Capitolo 47: Safe International Hawk - ✓
Capitolo 48: Fregati - ✓
Capitolo 49: In trappola - ✓
Capitolo 50: Dimitri Malokov - ✓
Capitolo 51: Rancore - ✓
Capitolo 53: Insofferenza - ✓
Capitolo 54: Colpe - ✓
Capitolo 55: Operazione Y - ✓
Capitolo 56: Amicizia - ✓
Capitolo 57: Risposta inaspettata - ✓
Capitolo 58: Rivelazione - ✓
Capitolo 59: Con onore - ✓
Capitolo 60: Rottura - ✓
Capitolo 61: Solitudine - ✓
PARTE QUARTA
Dimitri Malokov & Iari Staniv
Capitolo 62: Egoismo
Capitolo 63: Apnea
Capitolo 64: Il prezzo da pagare
Capitolo 65: Anonimato
Capitolo 66: Saluto
Capitolo 67: Benvenuto nella squadra
Capitolo 68: Giuramento
Capitolo 69: Decisione
Capitolo 70: L'impegno che non serve
Capitolo 71: Lontanamente vicini
Capitolo 72: Vecchie amicizie
Capitolo 73: Vigilia
Capitolo 74: L'inizio
Capitolo 75: Le squadre
Capitolo 76: Patente?
Capitolo 77: La tana del lupo
Capitolo 78: Boom...
Capitolo 79: Maledetta emotività
Capitolo 80: Svantaggio?
Capitolo 81: Iari Staniv
Capitolo 82: Luccichio
Capitolo 83: La pace
Capitolo 84: Caduti
Capitolo 85: Respirare
Capitolo 86: Un'ultima cosa da fare
Epilogo
💜Ringraziamenti & Playlist💜

Capitolo 52: Portare via tutto - ✓

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By DarkRafflesia


Noah spalancò la porta della copisteria per dirigersi all'ufficio del Direttore. Scosse insistentemente la mano per riprendersi dal formicolio che si era impossessato di essa dopo aver lavorato alla velocità della luce per modificare quella stupidissima pistola sparachiodi ed aver subìto il contraccolpo e le vibrazioni accentuate al momento dell'utilizzo. Se doveva essere onesto con sé stesso, non ci avrebbe scommesso neanche un centesimo sulla riuscita di quell'esperimento. 

Vedere al primo tentativo la pistola sparare i chiodi ad una distanza pari o superiore ai venti metri era stato ammirevole, per un arnese che a stento arrivava a mezzo metro. Aveva messo a soqquadro l'intera copisteria in cerca di qualcosa che avesse potuto aiutarlo, non appena aveva riconosciuto la figura annaspante di Dave sotto la presa di Dimitri.
Perché non erano stati uccisi quando il russo ne aveva avuto l'opportunità?

A che gioco stai giocando? Pensò in preda al dubbio.

Poi inciampò.
Non su qualcosa.

Perse l'andamento della camminata non appena un flash invase la sua vista e il pavimento si inclinò davanti alla nebbia dei suoi occhi. Il suo corpo ondeggiò e fu costretto ad accasciarsi sul muro per non cadere dall'altro lato; sbatté le palpebre ripetutamente per scostare via quell'abbaglio che gli rese le cose più difficili ed emise un lamento tenue, massaggiandosi le tempie con insistenza per eliminare quelle fitte lancinanti alla nuca. Riaprì gli occhi lucidi e sollevò la testa, non rendendosi conto di averla abbassata. Doveva muoversi. 

Tornò dritto e riprese a correre, arrivando all'ufficio; come volevasi dimostrare, la serratura era stata distrutta dai proiettili di Dave. Entrò senza fatica e si diresse al computer. La scrivania era stata spostata; se prima lo schermo fronteggiava l'enorme vetrata, adesso era rivolto verso di lui, come se avessero avuto l'idea di staccare e portare via tutto. Celere, tirò su col naso ed iniziò a smanettare con la tastiera per raggiungere il software criptato. 

Si chinò per prendere la chiavetta dentro il calzino e l'attaccò al case. Irruppe nel cuore del server con semplici passi; non avevano attivato la sicurezza informatica, tuttavia aveva dovuto comunque inserire qualche linea di codice per poter avere il via libera e sfuggire al programma di emergenza che gli avrebbe solamente complicato e allungato le cose. Nonostante la poca vista, fu in grado di leggere dei nomi, di riconoscere le cartelle e il resto che mancava nella chiavetta; premette invio ed avviò il trasferimento, pregando che...
Percepì qualcosa di freddo appoggiarsi sul retro della sua nuca.

«Alza le mani e allontanati da lì.» disse una voce alle sue spalle.

Noah fermò le dita sopra la testiera del computer, assieme al suo respiro. Obbedì a quella richiesta, alzando le mani alla stessa altezza della nuca. Raddrizzò la postura lentamente, scoccando un'occhiata di sbieco alle sue spalle. Una pistola era puntata alla sua testa, impugnata da delle mani ustionate, eppure decorate da una serie di anelli appariscenti. Anche se non aveva gli occhiali e vedeva poco e niente, il completo blu indossato dall'uomo non fu difficile da riconoscere, inclusi i baffetti e i lunghi capelli castani portati all'indietro. Aveva già visto una simile descrizione qualche settimana fa.

«Bene. Bene. – esordì, deglutendo per eliminare il nodo alla gola che gli si era formato alla presenza dell'arma. Si voltò del tutto. – Il famoso uomo d'affari. O forse dovrei dire...Iari Staniv?»

Iari non trasalì sull'essere stato scoperto ancora prima che si presentasse; al contrario piegò la testa di lato e fece una smorfia, corrugando le sopracciglia stupefatto. Avere il ragazzino da solo, senza la copertura di Morrison, gli aveva solo dato l'opportunità di poter conoscere chi gli aveva perennemente messo i bastoni fra le ruote. A differenza di Dimitri, il suo aspetto era curato nei minimi dettagli; giacca blu, gilet del medesimo colore, camicia bianca e cravatta azzurra. Non c'era un capello fuori posto. 

E potersi mostrare senza guanti, ma con addosso gli anelli in oro che poteva sfoggiare senza doversi più nascondere, era appagante. Fare in modo che i due si separassero, per vedere in azione il tipetto informatico e capire chi fosse, era stato il suo intento sin dall'inizio. Per quanto avesse voluto dare anch'egli una lezione a Dave, moriva dalla curiosità di capire chi fosse questo Noah, questo moccioso che senza armi se l'era ritrovato sempre in mezzo ai piedi.

«May I ask how you found out?» domandò in un inglese perfetto, con fin troppa formalità.

«Non avete avuto le palle sin dall'inizio di presentarvi con i vostri veri nomi, Y. Ho trovato proprio qualche secondo fa le vostre foto e ho avviato il riconoscimento facciale.» spiegò il giovane, gli occhi socchiusi per la fitta al naso che si propagò sino alla testa. «Non mi è difficile trovare persone che il mondo crede morte, dovresti già saperlo.»

Staniv aumentò la pressione sulla pistola, senza sorridere, ma socchiudendo gli occhi azzurri. Il solo fatto che il giovane non mostrasse timore né esitazione davanti all'arma aumentava il desiderio di testarne i suoi limiti. Potevano levarsi sicuramente un sette anni, eppure aveva avuto il fegato di affrontare uomini pericolosi, di essere l'ombra di Morrison allo stesso modo con la quale lui lo era per Dimitri.

«Sono profondamente colpito, ragazzo. – ammise con un tono calmo e ruvido. Non si impegnò nel far uscire un accento americano e rivelò le sue origini senza mezze misure. Anche lui era russo. Un russo che aveva studiato così bene l'inglese da cancellare incredibilmente le sue origini. – Ora capisco chi sei e perché Morrison ti abbia sempre portato con sé. Complimenti per averci sempre preceduti in tutto quello che avevamo in mente. C'era qualcosa di cui non mi capacitavo, sul come Dave sapesse ogni nostra mossa e riuscisse a raggiungerci in fretta. Eri tu. Sei sempre stato tu. Un hacker della CIA, e anche abbastanza in gamba.»

«Sono un semplice agente che lavora nel settore informatico. Non sono un hacker.» rispose atono Noah.

«Fai il finto umile?»

«Ti ho solo corretto nell'appellativo, non ti ho negato il resto.»

Questa volta Staniv sorrise, un angolo delle labbra più alto che gli modellò i baffi in un'espressione eppure glaciale e non contenta. «Sei intrigante. – confessò, scoccando un'occhiata sullo schermo alle spalle del ragazzo. – Spostati.»

Noah, con le mani ancora alzate, fece qualche passo per essere al lato della scrivania, cosicché il russo potesse osservare lo schermo sulla quale erano rappresentati i volti di lui e di Dimitri e il download in corso. Anche i suoi occhi grigi seguirono quella traiettoria per osservare la barra di caricamento; stava ancora andando avanti, scandendo il settanta percento. 

Mancava così poco per avere tutto all'interno della chiavetta, così poco, che non poteva annullare tutto una seconda volta. Non aveva mai avuto un obiettivo a cui ambire, la carriera dei sogni che i ragazzi della sua età desideravano raggiungere con anni e anni di studi per poter essere al centro del mondo, tuttavia il suo presente lo indusse a pensare alle conseguenze questa volta; quella chiavetta doveva tornare nelle sue mani, dentro la sua tasca; quello che risiedeva all'interno di quei file avrebbe potuto fermare quei due pazzoidi del cazzo. 

Vide Staniv analizzare la barra di caricamento con la speranza di fermare il trasferimento; intuì che la mancanza del comando di annullamento risiedeva proprio nelle sue capacità informatiche, poiché si apprestò ad afferrare la periferica attaccata al case per cessare tutto.

«Non ti conviene.» estinse la sua fiamma con tono pacato, ma al contempo teso.

Iari sospirò dalle narici qualcosa simile ad una risata; si era aspettato un approccio del genere, la sua calma era evidente a palpabile come uno spacciatore in preda agli stupefacenti, tanto che non manifestò alcun segno di difficoltà. Dal modo con la quale lo stava guardando, voleva delle spiegazioni. Noah non si trattenne dal dargliele.

«Ho programmato la chiavetta per fare in modo che nessuno la estraesse. Se provi solo a forzare l'annullamento, tutto ciò che è dentro la chiavetta e il computer verrà automaticamente cancellato.»

«Credevo di aver perquisito bene il tuo corpo, eppure hai sempre un asso nella manica: non so se esserne stupito o maledettamente incazzato. – scandì le ultime parole con un tono rabbioso che il suo aspetto non rendeva minimamente. I suoi occhi chiari, per Noah, erano rotondi, espressivi, i quali contenevano una dose di mestizia e dolore che non aveva nulla a che vedere con il rancore che nutriva Dimitri nei confronti di Dave. C'era tanto senso di vendetta in quello sguardo, una sorta di rassegnazione e passività. Era lui che aveva adottato l'ingegneria sociale; si era costruito un'immagine elegante e raffinata, affinché la mente malata non prendesse il sopravvento. – Vuol dire che staremo qui fino a quando non arriverà al cento per cento, dopodiché la prenderò io.»

Noah si strinse nelle spalle, mordendosi l'interno della guancia. Non andava per niente bene. Il caricamento era arrivato al novanta per cento e non poteva fare un passo falso; il solo aver abbassato di poco le braccia, gli era costato un'occhiataccia da parte di Staniv che, con un sopracciglio inarcato, gli aveva fatto intendere che lo avrebbe punito se solo ci avesse riprovato.

«Cosa ti fa pensare che io non abbia una copia addosso che sta trasferendo i file in contemporanea?» lo stuzzicò per guadagnare tempo: doveva attivare il cervello.

«Non saresti così teso e non fisseresti la chiavetta assiduamente. Le tue mani tremano, Noah: non brami altro che prenderla e scappare.» replicò sereno il russo. «Non hai possibilità di fuga, se non rispondere alle mie domande.»

«Non risponderò proprio ad un bel niente.» precisò il ragazzo con nervosismo.

«Sei un tipetto diretto. Strano che Dave Morrison sia affiancato da te, e non da Gregory Reed.»

«Una domanda velata. Ottimo trucchetto. – svelò l'altro. – Me lo sono chiesto anche io, ma effettivamente, vista la rete intricata di linee criptate che hai creato, i giochetti con le videocamere e il software fantasma, sembrerebbe che forse è stato un bene che ci sia io al posto suo.»

Staniv mise la mano libera dentro la tasca con aria compiaciuta. «Da quanto tempo lavori con Morrison? Ho udito la piacevole conversazione che avete avuto nello sgabuzzino, e a dirla tutta date l'idea di essere due casi persi.»

«Lo siamo. Non è una novità.»

«Ma sei arrivato fin qui, pur non avendo abilità...offensive.»

Lo sapevo. Pensò Noah, stringendo le labbra in una linea sottile.

«Anziché premere il grilletto, mi stai mettendo alla prova.»

«Ho degli ordini da seguire. Per il momento, tu non sei la mia priorità, ma solo un giocattolo interessante. Avresti potuto disarmarmi in dieci modi diversi, ma non l'hai fatto. Il che conferma le mie ipotesi; sei solo un informatico. Nient'altro.»

Noah abbassò di getto le braccia, facendole sbattere contro i fianchi. La pistola nelle mani di Staniv non ebbe un minimo di tensione; salda quanto irremovibile, non si fece influenzare da quella ribellione.

«Allora se faccio questo, non cambierebbe nulla, giusto?»

Si avvicinò alla canna, affinché questa gli toccasse la fronte ferita.
Sentì il freddo della volata in contrasto al caldo del suo sangue; i pochi peli che aveva sulle braccia si rizzarono al di sotto della felpa, mentre le iridi non smisero di scrutare a fondo quelle dell'uomo. Notò il dito spostarsi dal grilletto; chinò la testa, prendendo lunghi respiri profondi, soprattutto per agevolare le narici ostruite dal sangue. C'era così tanta elettricità nell'aria, un silenzio pressoché inquietante, che i due potevano udire il sangue fluire nelle loro vene.

«Non hai esperienza, eppure...» Staniv scosse la testa. «Sei scaltro, ma ti consiglio di non muovere troppo la mano destra.»

Noah si paralizzò.
Aveva giurato di aver mantenuto il contatto visivo con lui per nascondere i movimenti felini che avrebbe attuato con le dita per avvicinarsi lentamente alla periferica. Invece era riuscito a registrare anche il più piccolo degli spostamenti senza dover distogliere l'attenzione dalla pistola.

«Fuck.» sibilò sottovoce a denti serrati.

Nel frattempo, il caricamento toccò il cento per cento, perciò Staniv tolse la mano da dentro la tasca per sfilare via il dispositivo. Tuttavia Noah non poté starsene fermo a guardare. Non aveva capacità offensive, se avesse provato a sfidarlo direttamente sarebbe stato messo al tappeto in un battito di ciglio.

Ma aveva comunque una soluzione a portata di mano.

Caricò un calcio, facendo collidere la punta della scarpa con la gamba della scrivania; era munita di ruote, Noah se n'era accorto da quando aveva messo piede nell'ufficio. Dimitri doveva averla mossa per fronteggiare la vetrata ed attendere il loro arrivo. La chiavetta si allontanò dalla mano aperta di Iari, slittando insieme al computer con un movimento semi-rotatorio. Adesso era più vicina alla vetrata che a loro. Gli occhi azzurri di Staniv si posarono sui suoi; il ragazzo inarcò un sopracciglio di sfida, sollevando il mento in segno di superiorità, seppur stesse sudando freddo.

«Cукин сын.» "figlio di puttana." ringhiò il russo, il dito di nuovo sul grilletto, fremente.

Un rumore, tuttavia, interruppe il loro conflitto.
Noah e Iari udirono uno strano smuoversi di oggetti, un stridio metallico che a mano a mano stava diventando sempre più forte, irruento, assordante. Voltarono sincronizzati la testa verso la porta, quando questa venne sbarrata di colpo con un suono frastornante, e sbiancarono increduli.

Dimitri e Dave irruppero all'interno, trascinando una sorta di carrello per documenti; si stavano scrutando adirati, sinonimo che l'arrivo fin lassù fosse stato una sfacchinata per il soldato che il russo aveva ostacolato con tutto ciò che si era ritrovato a disposizione. Era lui, infatti, a trainare il carrello.

E stava avvicinandosi senza controllo verso di loro.

Noah ne approfittò; ritornò sulla periferica, più distante da lui, e vi si lanciò fulmineo per afferrarla. Staniv registrò le sue intenzioni e spostò la mira della pistola sulle gambe per fermarlo. La mano del ragazzo era a pochi centimetri dalla chiavetta. Poté sfiorarla nello stesso momento in cui Iari premette il grilletto.

Tuttavia il carrello collise contro di loro.

La mira del russo venne totalmente deviata e la pallottola, al momento dello sparo, sfiorò il cappuccio di Noah, il quale strinse gli occhi non appena percepì il suo peso e quello del carrello venirgli addosso. Tutti e quattro persero il controllo e andarono oltre lo spazio vuoto dove prima vi era la scrivania. Si schiantarono contro la grande vetrata e la oltrepassarono di netto, riducendola in mille pezzi. Non solo vi fu una pioggia di cocci di vetro di diverse dimensioni che si accostò allo stillicidio della pioggia e allo scrosciare della fontana, bensì lo schianto del carello sul pavimento rombò come un tuono all'interno di una chiesa, seguito da quattro tonfi.

Quando il rumore dei vetri cessò, Noah si rese conto di essere disteso sul pavimento della hall del ventiquattresimo piano. Grugní dal dolore, muovendo le braccia per puntellare le mani sul pavimento. Realizzò di essere prono su un letto di schegge, perciò fece attenzione a non tagliarsi.
Udì altre lamentele di dolore, più gravi e sommesse, sicuramente da parte di Dave e dei due russi. L'unico suo punto fisso, comunque, era la chiavetta con le informazioni che teneva stretta nella mano; era riuscito a tirarla via quando il carrello gli era venuto addosso, perciò doveva nasconderla e fare in modo che Staniv non gliela prendesse dalle mani. Una fitta gli impedì di raddrizzare la schiena, obbligandolo a contorcersi maggiormente dal dolore. Strinse gli occhi, la mano subito sul punto dalla quale fosse partita quella scossa del tutto nuova.

Era il fianco.
Più precisamente poco sotto la gabbia toracica, a sinistra.

Quando il palmo arrivò sul punto, al di là della felpa aperta, toccò qualcosa di freddo. Nel farlo, aumentò l'intensità della fitta. Serrò i denti per non gemere dal dolore. Abbassò lo sguardo, scrutando un colore cristallino, eppure rosso come il sangue. Rosso come le chiazze che contornavano il bianco della maglietta. Un coccio di vetro della stessa grandezza del suo palmo si era conficcato nella sua pelle, nel suo fianco. A giudicare dal modo, però, non sembrava essere andato in profondità.

«Merda...» sfiatò Noah in un sussurro, aggrottando le sopracciglia.

Con cautela, nascose nuovamente la chiavetta all'interno del calzino, dentro la scarpa. Successivamente la mano agganciò il pezzo di vetro. Inspirò dalle narici e trattenne il fiato. Con coraggio e con un gesto sicuro, lo estrasse di netto. Si morse il labbro inferiore quando un urlo volle scappare dalle sue corde vocali contro la sua volontà e strinse gli occhi, il volto contorto in un'espressione sofferente. 

Lanciò via il pezzo e scoccò un'occhiata a chi aveva accanto. Staniv si alzò, pulendosi dai residui di vetro, e lo guardò senza battere ciglio. Aveva interloquito con Dimitri, ma Noah non aveva ascoltato nulla di quello che si erano detti, anche perché si erano scambiati delle informazioni in russo. Lo vide passarsi una mano sui capelli lunghi per portarli all'indietro, prendere la pistola scappategli dalle mani con la caduta e fare qualche passo verso di lui.

«Per quanto ci provi, non sei nient'altro che un moscerino innocuo della CIA.» sputò.

Dopo quelle parole, gli diede un calcio sulla ferita al fianco.
Noah si accasciò nuovamente sui vetri rotti, la mano sul punto colpito, emettendo un gemito di dolore.
La scena si riflesse negli occhi marroni di Dave proprio nel momento esatto in cui si era sollevato da terra e aveva volto lo sguardo verso il ragazzo per assicurarsi che stesse bene dopo quel capitombolo. 

Si era messo in mezzo a lui e il carrello, eppure non era stato capace di bloccarlo prima che lo colpisse e cadessero tutti quanti. Nonostante i suoi continui sforzi, la ripresa di fiato che giunse alle sue orecchie, quel respiro repentino e affaticato, il sangue che aveva macchiato i vetri, il tossire sofferente...
Balzò in piedi e compì lunghi passi pesanti per dirigersi da Staniv, le mani chiuse in dei pugni.

«Allontanati da lui!» tuonò furioso.

«Fermo dove sei, Morrison.» una voce alle sue spalle lo immobilizzò.

Dovette assecondare l'ordine di Malokov, specialmente se quel rumore metallico a scatto indicava che il cane della pistola che Iari aveva puntato alla figura ancora distesa di Noah era stato pressato. Dave sollevò le mani, lentamente, senza togliere gli occhi dal ragazzo.

«Sono io quello che volete, Noah non c'entra.» precisò, toccandosi il petto con una mano. «Voglio solo avvicinarmi a lui, sono disarmato cazzo.» fece qualche passo verso di Noah, al lato opposto di Staniv, per fargli capire che non aveva intenzioni secondarie.

Questi indietreggiò quando Dimitri gli fece cenno di seguirlo, continuando ad osservare quella scena.

«Va tutto bene? Sei ferito?» domandò Dave.

«S-Sto bene. È solo un taglio.» Noah si guardò il palmo rosso e lo pulì sui pantaloni neri, strappati in coincidenza del ginocchio. «Non è andato in profondità.» si diede la spinta per alzarsi.

«Sei sicuro?»

«Fottiti.»

Ora che ci faceva caso, anche lui aveva un pezzo di vetro conficcato, ma nella coscia; lo tolse come se fosse una spina insignificante, lanciandolo a terra. Si erano ritrovati in una situazione pungente; i due russi erano armati, non poteva competere con loro in quelle condizioni e con un civile in mezzo.

«Ho le informazioni.» mormorò Noah al suo orecchio, la schiena curva e il volto stanco. «Lo sanno anche loro, che sono riuscito a recuperarle.»

Dave rivolse lo sguardo a Iari e Dimitri; erano cambiati nel corso degli anni, più adulti, più contaminati, ma quei tratti non poté dimenticarli; quell'odio represso che ancora portavano dentro e che aveva visto manifesto quella notte era palpabile anche a quella distanza. Affrontarli lo avrebbe reso solo più respirabile.

«Mi dici di affrontarti a mani nude, ma poi ti porti dietro i rinforzi. Non sei cambiato di una virgola, sei sempre il solito vigliacco.»

Parole che innescarono in Dimitri una rabbia incontenibile. «Io? Io sarei il vigliacco? Noi eravamo in mezzo all'oceano in una fottuta scialuppa!»

«Avresti potuto affrontarmi faccia a faccia, ma non l'hai fatto. – Dave aggrottò le sopracciglia, stizzito. – Avrei preferito che mi pugnalassi nel sonno!»

«Io mi sono fidato di te! E guarda cosa hai fatto! Cosa mi hai fatto!» Dimitri si toccò più volte il petto, come a voler indicare il dolore immane che aveva patito il suo cuore in quegli anni.

Iari si era messo accanto a lui, la mano libera sulla sua spalla per dargli supporto, una sorta di segnale che lo aiutasse a calmarsi, come se quello scatto di ira fosse qualcosa fuori controllo che qualcun altro avrebbe dovuto tenere a bada per aiutarlo. Non fu chiaro agli occhi di Dave, ma a quelli di Noah sì; al di là del soldato si inchiodò proprio in quel piccolo gesto, al socchiudersi degli occhi di Staniv e al modo con la quale era passato a squadrare lui e Dave con una repulsione alla pari di un razzista ottuso, alle prese con un individuo dal colore della pelle diverso, ad ammorbidirsi.

«Hai ucciso i miei uomini!» Dave avanzò, urlando di rimando a quelle sentenze false.

«Tu hai ucciso la mia squadra!»

La voce di Malokov, straziata e furiosa, echeggiò per la sala.
Dave e Noah si pietrificarono sul posto per due motivi differenti, sebbene condividessero le stesse espressioni attonite; se il primo sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo, il secondo era rimasto per un attimo perplesso.

«Igor, Max, Iuri, Rem. Sono tutti morti per mano tua!» proseguì il russo.

«Sei stato tu a non lasciarmi altra scelta! Siete stati voi a coinvolgerli in quello scontro!»

«Bugiardo. Sei uno sporco americano bugiardo.» la voce di Staniv spezzò quel dibattito, disgustata.

Parve che il suo singolo intervento avesse quietato e rassicurato Dimitri, come un continuo ricordargli di non essere realmente solo, di avere ancora qualcuno che lo collegasse alla squadra; si era rilassato, aveva abbassato le spalle rigide e dure, sebbene lo sguardo fosse ancora contorto dall'ira. Noah continuava a non capire. 

C'era qualcosa di troppo; era accaduto qualcosa di cui lui era estraneo, qualcosa che legava i tre energumeni da oltrepassare di gran lunga il trito e ritrito conflitto fra Stati Uniti e Russia. Tutto si stava sommando nel cervello di Noah da non farlo più ragionare con mente lucida. Eppure...Perché le parole di Dimitri risuonavano come una cantica che aveva come protagonisti due...amici?

«È questo quello che ho sempre odiato di voi: la sicurezza di avere sempre ragione, la malignità di dare sempre la colpa agli altri per uscirne puliti e vittoriosi. Ma questa volta le cose cambieranno. E sarai tu il primo a pagarne le conseguenze.» Dimitri schioccò le dita.

Iari abbassò la pistola, simile ad un androide a cui era arrivato un ordine. Si udirono dei passi che fecero rizzare le orecchie dei due agenti della CIA. Sollevarono lo sguardo verso la scala adiacente a quella alla copisteria e spalancarono gli occhi; tre uomini vestiti in completo da impiegato si sporsero verso la ringhiera. 

Le dita di Dave ebbero uno spasmo inconsulto; la mano si era mossa automaticamente per prendere la pistola, sebbene fosse conscio che questa era ormai priva del caricatore e in fondo alla sala. Una brutta sensazione si era insinuata nelle sue vene, risvegliandogli gli arti intorpiditi dalla caduta e dallo scontro. Di fronte a lui, Dimitri aveva abbassato il braccio, le mani dentro le tasche e la postura più formale che avesse mai potuto mostrare dal primo momento in cui si erano affrontati. Da bravo capo. Da bravo Direttore.

«Ti porterò via tutto, Morrison. Chiunque ti starà accanto, morirà. E quando non avrai più nessuno su cui contare, mi sbarazzerò di te.» sogghignò. «Uccidete il ragazzo.»

Noah impallidì. «Cos-?!»

Ma non fece in tempo a finire la frase che Dave si mosse d'istinto e si buttò sopra di lui non appena colpi ripetuti esplosero dalle volate dei nemici. Un proiettile passò precisamente in mezzo alle loro spalle, senza ferirli. Entrambi caddero dietro il piatto nella fontana in marmo, utilizzandolo come mezzo per ripararsi da quella pioggia. Nel mentre, i tre impiegati si erano messi a scendere le scale per essere al loro stesso livello e avvicinarsi.

«Merda.» ringhiò freneticamente Dave.

Noah sentì i cocci di vetro sotto il suo corpo vibrare con un crepitio esagitato. Oltre il polverone e il fumo, il soldato era ancora sopra di lui. I colpi non erano silenziati; l'eco della hall li faceva echeggiare come se fossero più intensi del normale. La statua della fontana nel suo campo visivo veniva scheggiata di volta in volta, tanto che alcuni frammenti si posavano sopra di loro.

«Spostati!» si dimenò da quel peso. «Mi stai schiacciando!»

Si mise quantomeno sollevato, e contro il marmo della fontana per ripararsi. Ora che Dave ci faceva caso, il respiro del giovane era diventato più pesante. Aveva un aspetto pietoso. Non avrebbe permesso a nessuno di quegli sporchi uomini di fargli del male: non lo avrebbero ucciso davanti ai suoi occhi. Nessun altro doveva morire. Sollevò lo sguardo; in mezzo a tutta quella baraonda, Dimitri e Iari stavano scappando dall'uscita di emergenza.

No! No! Bastardi!

Avevano temporeggiato con loro in attesa che arrivassero i rinforzi.
Si erano fatti vivi solo per dichiarargli guerra e lasciare lo scontro aperto, ancora.
Doveva sbarazzarsi di quegli uomini. Tuttavia era disarmato, non aveva nulla che...I suoi occhi caddero sui frammenti di marmo che precipitavano in mezzo a loro. Ne cercò uno di grandi dimensioni, almeno quanto la sua mano, e si mise accanto a Noah.

«Credo di avere un'idea, ma ho bisogno che tu mi copra.» gli mormorò, ghermendo il pezzo con decisione.

Noah lo guardò, sconcertato. «Pronto!? Sono senza occhiali! Come cazzo dovrei capire che...! – si fermò nel momento in cui vide qualcosa. Da vicino la sua vista non era combinata così male; la sua miopia lo aveva colpito principalmente con tutto ciò che stava lontano, costringendolo a dover strizzare gli occhi per provare quantomeno a distinguere gli esseri umani dagli oggetti. Tuttavia non fu difficile per lui riconoscere una sagoma in movimento verso di loro, saltando direttamente dentro la fontana per tagliare corto. – Di là!» si corresse, indicandogli il punto.

La testa del soldato si mosse come un cane da tartufo; l'intervento di Noah era stato fulmineo abbastanza da impedirgli a quell'uomo di premere il grilletto e sparare. Essendo in piedi, rispetto a loro seduti a terra, Dave caricò il pezzo di marmo contro la sua rotula. Il nemico smirò, sparando a vuoto verso l'alto, e cadde oltre la fontana, in mezzo ai due agenti, in preda ad un dolore che sottolineasse quanto la rotula fosse stata disintegrata. 

La pistola gli scappò dalle mani e Noah la prese al volo, prima che finisse troppo lontana da loro. La lanciò a Dave, il quale la sostituì al pezzo di marmo e puntò la canna contro la tempia del nemico. Un colpo. Morto. Iniziò a frugare nella sua giacca in cerca di caricatori; ne trovò due, appesi in una fondina che teneva sopra la camicia. Era di nuovo armato adesso.

«Di là? – ripeté, sollevando un sopracciglio – Sai che, se fossimo stati in guerra, sarei potuto morire? Di là non significa niente.»

«Accontentati, cazzo!» commentò Noah con un sibilo.

«Sicuro che hai bisogno degli occhiali? Sembra che tu ci veda abbastanza.» lo stuzzicò in seguito con sguardo severo, sganciando il caricatore dell'arma, per controllare il numero di pallottole.

«Fucking shut up

«Ho solo undici colpi. – Dave si sporse di poco, tenendo la pistola con entrambe le mani, per sparare due colpi. Noah non poté vedere bene se avesse centrato il bersaglio, ma all'udire della sua imprecazione a denti serrati, dedusse che l'aveva mancato. – Sono solo in due. A quei bastardi serviva un diversivo per scappare con la coda tra le gambe. Non andranno lontano.»

«Non pensare minimamente di voler raggiungerli!» il giovane alzò il tono di voce per farsi sentire al di là degli spari. Notò Dave accovacciarsi e dargli le spalle; stava adocchiando la posizione dei suoi avversari, calcolando in mente il miglior modo per farli fuori nel minor tempo possibile. «Ho preso la chiavetta. Abbiamo quello che ci serve!»

«Se vanno via, vuol dire che ritengono le informazioni poco rilevanti. Nascondono altro, e non posso permettere che la facciano franca e continuino con quello che hanno in mente. Stanno solo guadagnando tempo.»

«For fuck's sake, sei una fottuta testa dura! Solo perché tra voi c'è un conto in sospeso, questo non è il momento per chiuderlo! Non lo è mai stato!»

«Cosa ne vorresti sapere, tu, di quello che c'è in sospeso?! – lo provocò Dave con un'occhiataccia irata, non riuscendo a registrare l'appena contrazione turbata sullo sguardo del ragazzo. – Quei due sono degli uomini pericolosi! Sono ex-soldati, sanno bene come muoversi e come raggirare il prossimo! Non posso tollerare che siano ancora in giro! Devono essere fermati!»

«Stanno giocando con te! Apri quei cazzo di occhi!»

«Non posso lascarli scappare!»

Dopo quelle parole, non volle sentire una risposta da parte di Noah. Si mise in piedi ed uscì dalla copertura per sparare all'unico nemico che era rimasto scoperto non appena questi aveva finito il caricatore e stava accingendosi a nascondersi per ricaricare. Esaurì il restante caricatore contro di lui, conficcandogli tre pallottole in petto ed una in testa; si adagiò dietro un pilastro, facendo scivolare via il caricatore vuoto per sostituirlo all'altro. 

Nel frattempo, Noah ringhiò adirato, innalzando di poco la testa dal muro della fontana per esaminare l'ultimo nemico. Aveva registrato dove si era nascosto Dave, ma il suo punto fisso era lui e soltanto lui. Maledettamente grandioso. Pensò ad un qualche diversivo, ma non sapeva cosa fare in situazioni del genere, dove era sprovvisto di idee e non poteva annullare il fuoco con l'astuzia, chiuso letteralmente in un angolo. Tuttavia udì almeno un sei colpi e poi...il nulla.

Si sporse con cautela. Nonostante avesse dovuto tirare un sospiro di sollievo alla vista dei due cadaveri a terra, il suo stomaco si accartocciò non appena notò Dave correre verso la stessa uscita d'emergenza intrapresa dai due russi.

«Oh, porca puttana!» gridò, sostenendosi contro la fontana per mettersi in piedi e correre anch'egli verso l'uscita.

Piantò le mani per impedire alla porta di chiudersi davanti alla sua faccia e proseguì in quella direzione. Avrebbe voluto fermarli quel giorno anche lui, porre fine a quel maledetto caso che li aveva ancorati insieme per quasi un mese e mezzo, ma non potevano competere con due ex-soldati russi circondati da chissà quante persone ancora nascoste.

Quell'uscita d'emergenza, a differenza delle scale, conduceva all'esterno. La pioggia frastornante e violenta si riversò su di lui, infradiciandolo nel giro di pochissimi secondi. Noah non indossò il cappuccio, poiché inutile e non impermeabile, bensì si limitò a seguire la sagoma di Dave che aveva preso un ascensore scoperto, tipico dei tecnici, per scendere tutti quei piani. Lui prese il secondo, dei tre disponibili, e ringraziò di non avere gli occhiali per non guardare quanto fosse alto. A terra, si sarebbero ritrovati al parcheggio sul retro, ormai privo di vetture. 

Acqua scivolava lungo il suo viso, pulendolo dai residui di sangue e appiccicandogli i capelli davanti agli occhi. Infastidito, se li portò indietro con una mano.
Se persino il soldato non era stato in grado di tenere testa a quei due, voleva dire che la situazione era più delicata di quel che aveva già previsto alla rivelazione di Dimitri. Andare contro di loro era un fottuto suicidio. Arrivato al piano terra, Noah corse verso la figura immobile di Dave al centro del parcheggio; stava calcolando la presunta direzione intrapresa dai russi.

«Ehi! – urlò, i passi che alzavano gocce di volta in volta come tanti piccoli scoppiettii. – Non ci pensare neanche!» si apprestò ad afferrargli il braccio quando notò il corpo di Dave scattare in avanti, dandogli le spalle. «Dobbiamo tornare indietro. Ormai è scappato. Non puoi raggiungerlo!»

Il picchiettare imperverso della pioggia era l'unica cosa che rispose alla richiesta di Noah, poiché gli occhi di Dave erano rimasti ancorati all'orizzonte, socchiusi, corrugati in un cipiglio furioso e testardo.

«Non posso lasciarlo andare così facilmente. – si dimenò dalla presa con malagrazia, scoccandogli un'occhiata offuscata da un sentimento del tutto nuovo: delusione e sconcerto. – Se solo avessi saputo che quella Y fosse...avrei potuto già capire chi fosse l'artefice e chi fossero i prossimi bersagli. Invece gli ho permesso di uccidere i miei colleghi, persone che si erano fatte da parte dai ruoli più rischiosi per evitare proprio questo: di abbandonare i propri cari!» gridò l'ultima parte, graffiando il tono, mentre l'acqua colava come rapide lungo il suo viso dalla mascella contratta.

Noah non poté registrare appieno quell'espressione, ma la sua non mutò, nervosa ed esasperata per quell'ostinazione di merda. Stava morendo di freddo, tuoni e lampi si accostavano alla baraonda del soldato, e di certo i russi erano ormai andati così lontano che non avrebbero mai potuto stargli dietro.

«Avranno preso un'auto e saranno già in qualche altro nascondiglio a prendersi beffe di noi! Dobbiamo ragionare sul da farsi, così non siamo nient'altro che prede scoperte!» allargò le braccia per indicare l'ovvio.

Ma dalla sagoma sfuocata e immobile, intuì che Dave non voleva saperne.

«Non capisci?! Non gli permetterò di fare del male ad altre persone per un errore commesso da lui stesso dieci anni fa! Sono stati loro ad attaccare per primi, a prendersela con noi per raggirarci! La sua vendetta dipende da un dolore iniziato da lui! Non sta facendo altro che confermare di essere stato un traditore per tutto il tempo!»

«Che cazzo stai dicendo!?» domandò sconvolto Noah.

Attaccare per primi? Errore? Dieci anni fa? Non aveva tempo per quelle domande. Dave gli diede di nuovo le spalle, determinato ad andare avanti.

«Tu vai. Informa Simmons delle informazioni che abbiamo ottenuto. Io scoprirò dove si nascondono.»

«No! Dobbiamo-»

«Noah, basta! – tuonò stufo l'uomo. – Non possiamo...»

«Shut the fuck up!» gridò spazientito e di rimando Noah, spingendolo quando lo vide voltarsi di nuovo per fronteggiarlo. «Cosa spereresti di fare una volta lì? Vorresti che ti catturassero, cosicché da impedirti di difendere tutti e fare il cazzo di paladino? – lo provocò, senza staccare le iridi grigie da quelle marroni che parvero arrotondarsi lievemente. – È questo quello che vuoi, Capitano da strapazzo!?»

Dave si paralizzò a quelle sentenze.
Qualunque fossero stati gli obiettivi di Malokov e Staniv, non poteva minimamente tornare a casa con la consapevolezza che quei due sarebbero stati ancora a gironzolare per Washington come se nulla fosse.

Eppure i suoi occhi non poterono fare a meno di posarsi sulla ferita, più visibile a causa della pioggia, sulla fronte di Noah, sulla sua difficoltà nel tenere gli occhi aperti, non solo per la mancanza degli occhiali, ma per le numerose gocce che entravano di volta in volta facendoli socchiudere, a ritmo degli stessi tuoni, e sulla sua inesperienza; faticava persino a reggersi in piedi per un motivo che lui era riuscito a cogliere.
Indietreggiò, stringendo gli occhi e passandosi entrambe le mani sui capelli.

«Merda!» gridò al cielo, facendo echeggiare in quello spazio vuoto il suo animo combattuto, riportato a quella dannatissima notte di dieci anni fa.

________________________________________________________________________________

Angolo autrice:

Miei cari lettori! Siamo arrivati in un punto dove il conto in sospeso è rimasto tale e adesso Dimitri e Iari sono andati via! Quale sarà la loro prossima mossa? Cosa intendevano con portare via tutto? Cosa faranno adesso Dave e Noah? 
Alla prossima settimana con un capitolo più calmo!

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