Paris Latino - Mida

By Emi_Cs

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Amen entra nella scuola di Amici per superare sé stessa e il proprio carattere schivo. Mida vuole la ribalta... More

Uno
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Sette
otto
Nove
Dieci
Undici
Dodici
Tredici
Quattordici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
Ventuno
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque

Venti

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By Emi_Cs

Allenarsi con Mida consisteva nel sentirlo urlare sul tapis roulant, sentirlo urlare sull'ellittica e sentirlo urlare durante gli esercizi a corpo libero perché in quel modo si sfogava diceva lui.

"Vecio ti giuro se urli ancora una volta ti chiudo la testa nella porta" minacciai mettendomi a sedere sul mio tappetino una volta finita la serie di addominali crunch.

Al primo urlo ero divertita, al secondo pure ma al nono iniziavo a sentire le voci nella mia testa, come gli schizofrenici, che mi dicevano di farlo fuori.

Mida fece un'altra flessione e si accasciò sul suo tappetino blu con un rantolio schiacciando la faccia contro la plastica sintetica.
Girò il volto verso di me.
"Non ci arrivi alla mia testa, sei alta quanto un bonsai."

Ero seduta, a gambe incrociate e con il corpo nella direzione del tizio morto vicino a me.
Allungai un piede coperto dai calzini blu con i panda per infilzarglielo nel fianco, "non sono io bassa, sei tu che sei spilungone."
Sul suo viso imperlato di sudore crebbe un sorriso e in quei momenti in cui c'era serenità con lui si stava davvero bene ma me ne stavo accorgendo solo in quel giorno, prima non ci avevo mai fatto davvero caso, pensavo sempre ad altro o tentavo di vederci il lato più nero e negativo.
Sorrisi anche io e mi misi i ciuffi scappati dalla coda bassa dietro le orecchie.
"Sei molto bella" parlò, con la guancia ancora schiacciata contro il tappetino che gli rendeva le labbra due canotti ancor più grandi, "anche se sudata, pezzata e con i piedi puzzolenti, sei proprio bella."
In quel momento mi ricordai perché con lui non riuscivo mai a stare del tutto bene.
Mi alzai di scatto dal tappetino per mettermi in piedi e guardare il corpo morto dall'alto.
Doveva rovinare sempre qualsiasi momento stessimo vivendo.
Sempre.
Non riusciva a non farlo o lo faceva distruggendomi o innalzandomi, però doveva farlo.
"Vado a lavarmi" pronunciai prima di incamminarmi verso la porta.

Dopo cena mi buttai con la grazia di una ballerina sul letto di Joseph, sedendomi con la schiena contro il muro color crema.
Mi misi su gli auricolari, intanto che lo aspettavo, per riascoltare le canzoni che avevo nel kit.
Quella che avrei dovuto fare in registrazione era Heaven is a place on Earth e ancora non avevo capito che cazzo di idea avessero di me gli insegnanti però mi era andata di lusso rispetto al solito, perciò avevo accettato ringraziandoli perfino per avermi risparmiato almeno quella settimana.

Qualche minuto dopo entrò Holden in camera con un tshirt beige larga e una tuta nera che camminava nella sua modalità stanchezza assomigliando vagamente alla marcia dei pinguini.
"Ho le coperte pulite" disse vedendomi sul suo letto.
Il sorrisone da coglione stampato sul viso.
Scoppiai a ridere, "guarda che mi lavo."
Inarcò le sopracciglia come a dirmi: sei una falsa e venne a sedersi insieme a me sul suo letto, gettandosi al mio fianco ma sdraiandosi.
"Ti senti pronta per dirmi che sta succedendo?"
Guardai in basso verso la faccia barbata di Joseph, lui sapeva già che mi ero appropriata del suo letto perché avevo bisogno di parlargli.
Quegli occhi vitrei erano anche intelligenti alle volte.
Annuì, "dovrò usare dei nomi in codice però" mi misi la mano sotto al mento e osservai il soffitto, "Caracas" pronunciai e annuì di nuovo ma questa volta a me stessa.
Geniale.
"Caracas?" Chiese Joseph confuso.
"Caracas" confermai.
"Mi pare abbastanza chiaro così però."
Abbassai lo sguardo sul ragazzo sdraiato le cui giganti pupille erano puntate su di me.
"Dici?"
Fece spallucce, "Eh dico."
Boh a me non sembrava, "allora Paris Latino?"
Mi venne da sorridere pronunciando quel nome, mi ricordava una canzone che ascoltava mia madre quando ero più piccola e andavano ancora le cassette.
Ne aveva tantissime lei, di tutti i generi però finiva sempre per mettere le stesse: o Celentano o la sua fissazione del momento, ed in estate mentre puliva spesso tornava Paris Latino.
"La canzone dei Bandolero?" Le sue labbra si incresparono in un sorriso divertito. Probabilmente stava dubitando della mia dote di dare nomi in codici.
Ne stavo dubitando anche io.
"Esattamente" cliccai la lingua contro il palato per farla schioccare.
Mi voltai per mettermi a sedere in modo che il mio corpo fosse diretto verso il suo, la posizione era un po' scomoda dato che la mia schiena ora era in balia dell'aria ma dovevo guardarlo mentre parlavo, le sue facce esprimevano al cinquanta percento quello che pensava, il resto ce lo metteva lui con la sua totale onestà.
Battei le mani, "allora" sistemai il mio sedere sul suo letto ficcandoci sotto i piedi e finendo in una sorta di posizione da preghiera, "te la faccio breve...quasi brevissima" Iniziai guardandolo negli occhi, "non so bene come ma è successo che Paris Latino mi ha voluto dare una mano per ricambiare un favore che a quanto pare io avrei fatto a lui."
Holden mise le braccia sul cuscino e le mani dietro la testa, "una mano a fare che?"
Se lo dicevo chiaro e tondo era chiaro che stessimo parlando di Mida ma io stavo parlando in codice per una motivazione, "una mano per...il vomito."
Aspettai qualche secondo, negli occhi del mio amico c'era il solito sfondo nero con la scritta 404.
Non aveva capito.
Pensavo che il vomito fosse un chiaro travestimento per la coreografia, dato che avevo vomitato grazie a quella.
Passò qualche altro secondo e aprì la bocca per dire un lungo "ahhhhh" chiarificatore.
Bene, potevo andare avanti.
"Poi dopo aver...vomitato" intendevo una volta finita la prova della coreo di whole lotta love, "sono andata a cercare qualcosa per pulire, sai che schifo lasciarlo lì e niente Paris Latino voleva darmi una mano anche lì ed è venuto con me."
Holden mi guardava, lo sguardo più vispo del solito, pareva pure avesse capito che stavamo parlando dello sgabuzzino nella palestra, ergo uno dei pochi posti senza telecamere.
"E?" Mi fece segno di andare avanti.
"E" battei di nuovo la mani, "mi giro e Paris Latino sta tipo qua dalla mia faccia" mi misi il palmo della mia mano praticamente attaccato al naso, "e mi dice che non se lo aspettava ma ero stata brava a...pulire e poi mi prende la ciocca e" Feci il gesto di mettermi i capelli dietro l'orecchio, "e cita qualcosa di suo ancor prima che io la sentissi."
Joseph si mise a sedere, la schiena contro il muro com'ero io prima, "non ho capito."
Manco io, pensai.
"Paris Latino dice una cosa sui miei capelli che poi il giorno dopo sentiamo in modo...inedito."
Aggrottò la fronte confuso e mimò con le labbra "rossofuoco" per poi sporgere il viso e cercare una conferma. Io mi limitai ad annuire e lui si mise drammaticamente una mano sopra la bocca.
"Aspetta che la parte peggiore è quella che viene dopo" gli dissi ridendo e vedendo la sua posizione da scioccata nobildonna, "Paris Latino inizia prima a stronzeggiare facendo battutine e poi mi dice e cito-" mi schiarì la voce per imitare quella di Mida che a mio parere aveva un forte accento milanese, "Eh figa il bauscia non te lo dico ma te lo dico eh figa vorrei baciarti ma non lo farò però vorrei prenderti la faccia e baciarti eh figa" Smisi di fare la mia imitazione quando sentì Joseph ridere e accasciarsi un po' per abbassare la testa castana chiara e continuare a ridere, "immagino proprio ti abbia detto queste parole" pronunciò fra le risate.
"Spiaccicate" risi anche io, "e poi sai cos'è successo?"
Joseph smise di ridere e alzò la faccia per guardarmi, "l'ho preso e bam, ho fatto io."
La sua mano da nobildonna drammatica tornò sulla sua bocca.
"Poi lui ci ha messo del suo eh, è partito un limone alla Bridget Jones e poi sai cosa mi ha detto dopo quell'energico scambio?"
Si tolse la mano dalla bocca e tornò a guardarmi serio, "che ha detto?"
Mi schiarì la voce e la resi più profonda, "Abbiamo fatto una cazzata" lo imitai.
"Ma seria?"
Annuì energicamente, "poi mi tratta come se nulla fosse, io mi incazzo, rimango confusa dalla...chanson" lo dissi in francese così rimaneva in codice, "poi discutiamo di nuovo gli dico che fondamentalmente mi son sentita una cazzona, torniamo a parlare ma continuano ad esserci questi alti e bassi, poi dovevamo fare quella cosa insieme sai?"
Lui fece un cenno con la testa dicendomi che aveva capito che mi riferissi al duetto della settimana scorsa, "e mentre tornavamo a casa mi dice che mi vuole ma che sono una chiavica e che lo faccio vivere in ansia mentre lei no, lo fa stare tranquillo e quindi fondamentalmente sceglie lei"
Tolsi i piedi da sotto il sedere perché non sentivo più il sangue circolare e misi le gambe incrociate, "e alla fine mentre facciamo i gym bros mi dice che sono bella, così plateale senza nessuna copertura e quindi niente me ne sono andata perché mi sono rotta il cazzo, non capisco che vuole da me."
Joseph sta in silenzio, circa mezzo secondo, mi guarda serio ma con quelle palle bianche vitre e senza pensieri come il solito per poi dire: "è palese che vorrebbe chiavare con te."
Mi allungai verso di lui per colpirgli una spalla con uno schiaffetto, ricevendo un suo "Ehi!"
Si massaggiò la spalla, "stavo dicendo è palese che vorrebbe fare roba con te ma tu fondamentalmente sei una pazza sgravata e lo dico perché pure io lo sono e io sono dalla parte di quelli...particolari ma credo che Paris Latino sia terribilmente spaventato ed abituato ad altro perciò cerca di raggiungere i rapporti, non dico più facili, ma più stabili e puri."
"Non sono pura?" Chiesi indicandomi. Non andavo a letto con qualcuno da anni, probabilmente ero tornata ad essere vergine.
"Non in quel senso scostumata" mi riprese il mio amico, "tu sei satana e lei Maria."
Misi le braccia conserte.
"Non voglio dire che da lei non sia preso perché lo sembra ma siete due persone così differenti che non riesce davvero a scegliere se non per il fatto che la tranquillità che gli trasmette lei tu non gliela puoi dare."
Sciolsi le braccia e le feci cadere sulle mie cosce, giocando con le mani, "e allora mi deve lasciare stare."
Se era consapevole che io e lui insieme avremmo preso fuoco mentre con Gaia si sarebbe innalzato verso il paradiso, poteva anche smetterla di fare quei giochetti con me tentando di stare in equilibrio fra me e lei perché ero arrivata al punto in cui lo avrei spinto io pur di farlo smettere. Ero stata così passiva in tutto ciò che riguardava lui che stavo raggiungendo il mio apice di aggressività.
"Ma gli piaci quindi sta cercando di capire anche lui come comportarsi con te. Devi solo capire tu che vuoi da lui."
La domanda mi devastava.
Non ne avevo idea.
Non sapevo se volevo continuare quel giochetto o se volevo che mi stesse almeno dodici metri distante come nelle restrizioni del tribunale.
"Non ne ho idea, io sono...infastidita da lui la maggior parte del tempo quindi ancora non son riuscita a far chiarire tutte le idee annebbiate che ho in testa."
"Ti piace?"
Che cazzo di domanda era, non si chiedono quelle cose alle persone adulte, quelle domande si fanno quando si ha quindici anni.
"Boh" rantolai fuori dalla mia bocca, "non so se mi ha infastidito più che lui avesse scelto lei invece che me, quindi solo per la mia valorosa dignità, o se mi è dispiaciuto proprio per lui. Non lo so."
"Ma sei gelosa di loro due?"
Ma io che ne sapevo.
"Non lo so, ripeto non so distinguere se il mio è fastidio per come sono stata trattata o se va oltre la cosa, però mi sono rotta il cazzo perciò la prossima volta che mi dice qualcosa gli lancio uno sputo in bocca."
Joseph scoppiò a ridere e scosse la testa, "Vuoi tornare al periodo in cui tu e Paris Latino litigavate come due ragazzini?"
Annuì, forse era meglio. Almeno non c'erano ancora stati baci o incomprensioni e vivevo serena.
"Che poi era chiaro anche lì che fra voi due ci fosse quella chimica da enemies to lover."
Assottigliai gli occhi, confusa. "Com'è che sai 'ste parole tu?"
Joseph increspò le labbra divertito mostrando i denti bianchi e degni di una pubblicità per un dentifricio, "perché sono un giovine, Amelia."
Scoppiai a ridere.
Era giovine non giovane. Aveva detto bene, son due cose completamente differenti e lui si identificava nella prima.

Il giorno dopo mi risvegliai piena di energie e forse quello sprazzo di sole e vitalità nel mio corpo era dovuto al fatto che per una volta, dopo mesi, potevo affermare di aver dormito almeno cinque ore di fila, non mi succedeva da quando dormivo nel mio letto, ergo sacro luogo di meditazione, di riuscire a ronfare in modo così prolungato.
Mi sentivo rinata.

Seguì tutte le lezioni completamente concentrata, mi sentivo di essere con i piedi nello spot giusto e con il cervello focalizzato sugli argomenti finalmente corretti.

Saltellai perfino quando entrai in sala due per provare nuovamente Aranciata insieme a Mida.
Eravamo entrambi d'accordo di dividerci le parti come in una sorta di "dedica" o monito l'uno per l'altra e Anna, la coach di canto, pensava che insieme funzionassimo bene e riuscivamo a dare il senso ad una canzone non nostra e sembrare anche convincenti.
Ed io mi ero alzata troppo bene per rovinare le prove solo per quella strana cosa che condividamo io e Mida e ci metteva a disagio o meglio, mi metteva a disagio dato che era lui quello che faceva i salti mortali per far sì che io mi sentissi sempre fuori posto con lui.

"Buonaaasera" cantilenai felice entrando in sala e sbattendo la mia giacca su uno degli sgabelli in legno posti in un angolo dello studio legnoso.
Mida si voltò versò di me non appena i miei piedi varcarono quella porta blu scuro e mi seguì con lo sguardo in tutti i miei movimenti e nonostante il suo essere seguita a vista mi faceva sentire completamente stretta in tutto quello spazio, feci finta di nulla gli sorrisi e mi misi al suo fianco, in piedi in mezzo alla sala e davanti ad Anna seduta dietro la scrivania con il computer e la tastiera davanti a lei.
"Che dite, iniziamo?"
Annuimmo entrambi e ci girammo per guardarci in faccia e stare uno di fronte all'altro.
C'era qualcosa di divertente nel modo in cui io seguivo tutte le lezioni con le tute o sembrando uno spacciatore bolognese mentre lui si impegnava per sembrare un maranza milanese ma d'alto borgo con i suoi cargo e le sue maglie traforate.
Mi venne da sorridere per la differenza palese che c'era fra me e lui anche nel come ci rapportavamo al mondo con i nostri sorrisi e di rimando lui increspò le labbra carnose per sorridere a me.
Partì la base.
Presi un piccolo respiro, "quella sera, primavera, ero bimba immacolata. Quella sera la primavera di una bimba innamorata."
Rimasi ferma nel mio posto e distaccai le labbra dal microfono per poi tornare a cantare, "un segreto ti gonfia le braccia, mi gonfi la faccia di lacrime, ladra di parole, mi rubi il respiro ma io" Christian aveva le pupille fisse nelle mie e sembrava non aver intenzione di distogliere lo sguardo ma per Anna andava bene, era giusto che noi due ci fissassimo come a dedicarci tutto quanto, anche una canzone che parlava di un divorzio.
Il ragazzo prese il microfono per avvicinarlo alla bocca, "io ti tenevo da un dito, correndo nel prato, giocavamo a pallone, bevendo aranciata. Suonavamo canzoni alle feste di Clara, mi volevi davvero bene? Se era davvero bene."
Christian prima era serio, completamente con quei suoi occhi brillanti bloccati su di me e poi mi sorrideva, divertito quanto un bambino e prendendo tutto come un gioco.
Era divertente e certe volte così leggero da essere in grado di trasmettermi la possibilità di non toccare a terra.

Sentimmo Anna applaudire e ci voltammo entrambi, vedendo sul suo viso ovale un sorriso incorniciato dal rosso ciliegia del suo rossetto. I suoi occhi verdi si erano fatti più piccoli nascosti dalle guance rosate tirate all'insù.
Mida fece un inchino tutto tronfio dalla contentezza della coach che la fece ridere ancora di più.
Lo colpì leggermente con uno schiaffetto sulla parte alta del braccio per intimarlo di smettere ed uscire dalla sua parte di ruba cuori nonché amante delle madri.
"Che ci vedete voi in questa canzone?"
Rimasi in silenzio mentre guardavo le sue mani leggermente rugose togliersi gli occhiali neri dal viso per poggiarli sopra la tastiera.
"Io ci vedo quello che Madame ha voluto farci vedere...nel senso, una bambina che vede i genitori divorziare e si chiede perché il padre la lascia e se le ha mai voluto bene."
Per me era estremamente chiaro quello che la canzone voleva comunicarci perché in tutte le parole c'era una spiegazione, non era criptica o inutilmente arzigogolata, si spiegava da sola e con la bocca ben aperta per scandire ogni parola.
"Io non so con quale intenzione Anna vi abbia assegnato proprio questa canzone ma credo che voi, meglio di tutti, possiate capirla, no?"
Io non so se questo doveva diventare un momento strappalacrime in cui ci mettevamo a nudo e parlavamo del nostro passato e se Maria aveva ben pensato di mandarlo in onda così da fare share sulle tristi e passate storie degli altri ma non ero pronta a spiegarmi e a parlare di quello che avevo vissuto io con mio padre, potevo stare sul generale però, quello sì.
"Io ho vissuto la separazione dei miei l'anno scorso, quindi insomma non ero così piccola da non capire che stesse succedendo" si lasciò sfuggire una risatina, forse di disagio e si passò la mano sulla nuca, "poi tra i miei non andava bene da anni...ho sempre vissuto più mia madre che mio padre, posso capirla sì questa canzone ma non del tutto."
Guardai Mida, la sua mascella era come sempre tirata e definita e dal lato vedevi ancor meglio quanto gonfie e carnose fossero le sue labbra, scommettevo fossero uguali a quelle della madre.
"Amen, tu vuoi dire qualcosa?"
Smisi di fissare il mio compagno di squadra e tornai con l'attenzione sulla nostra coach.
Volevo dire qualcosa?
"I miei, come sapete già tutti, han divorziato quando ero piccola. Ho pochi ricordi legati a mio padre e considerando quanto poco sia stato padre, direi meglio così. Tanto non è che per forza bisogna avere un legame con le persone che hanno contribuito nel metterti al mondo."
Io ero sempre molto dura nei confronti di mio padre perché quello che avevo ricevuto da lui nei pochi anni in cui l'avevo vissuto e nelle estati in cui andavo, costretta, da lui, era esattamente durezza. Io di fronte avevo un muro che non era interessato né a me né a mio fratello, non ci aveva mai provato a creare un legame quindi perché avrei dovuto provarci io. Una relazione doveva essere fatta di reciprocità e noi davamo a lui quello che lui aveva dato a noi: indifferenza totale.
Non sentivo neanche la mancanza di un padre perché non l'avevo mai avuto ed era per me impossibile sentire il vuoto per qualcosa che non sapevo neanche come fosse fatta e mi andava bene così, quella canzone in realtà non la sentivo manco io, non rimpiangevo mio padre e sopratutto non ricordavo momenti in cui correvamo nel prato, mi ricordo momenti però in cui mi ero nascosta da lui perché avevo bevuto una coca cola attaccata alla bottiglia e a lui non stava bene, voleva tirarmi uno schiaffo, oppure quando aveva colpito mio fratello quando aveva urlato perché un'ape l'aveva punto nell'occhio e si era permesso di svegliare nostro padre mentre dormiva.
"Hai dedicato il tuo nome d'artista a lui però."
Non era propriamente una dedica.
"Non è esattamente così" risi pensando a quando avevo detto a mia madre e mio fratello sotto quale nome avrei voluto farmi conoscere al mondo, "è dovuto al fatto che mia madre, per l'ennesima volta, ha dovuto essere l'ancora per qualcuno. Quel coglione era svenuto e lei  aveva dovuto schiaffeggiarlo per farlo rinvenire." Per me era completamente ilare quella cosa, ogni volta che ci pensavo ridevo con le lacrime agli occhi. Era una scena surreale.

Tornammo verso la casetta insieme, il tragitto tra lo studio e il posto dove dormivano diventava sempre troppo lungo quando mi trovavo in silenzio insieme a Mida.
C'era qualcosa di estremamente fastidioso e disagiante in quel silenzio elettrico che ancora non ero riuscita a capire ma sapevo benissimo che non mi faceva star serena.
"Che ne dici del pezzo?" Domandai. Erano meglio le chiacchiere di convenzione con lui che sentire solo il rumore della strada, delle macchine e delle nostre scarpe sulla ghiaia.
Le parole mi consolavano di più, cercando di mettermi a mio agio.
Il viso definito di Christian si voltò verso di me per guardarmi qualche secondo prima di continuare a guardare dritto davanti a sé, "secondo me viene bene, poi io sono forte quindi partiamo già avvantaggiati."
Mi voltai anche io verso di lui.
Lo fissai per un secondo e lui si voltò nuovamente verso di me.
Un altro secondo di silenzio e poi scoppiai a ridere.
"Che razza di montato che sei" lo "sgridai" ridendo insieme a lui.
"Io ci sono nata con la testa montata" la sua voce si rese infantile e acuta. Mi stava prendendo in giro, era quello che gli avevo detto nello stanzino delle scope dopo che avevo provato davanti a lui la coreografia per whole lotta love.
E se lo ricordava ancora.
Smisi di ridere. Avrei voluto chiedergli perché non avevamo mai davvero parlato di quello che era successo ma mi resi conto che non fosse necessario, né chiederglielo né parlarne perché probabilmente mi avrebbe fatto passare pure quella notte in bianco.
"Dobbiamo allenarci anche stasera" dissi per cambiare discorso.
Non avevo granché voglia di allenarmi ancora e sentire lui urlare mentre faceva qualsiasi cosa anche solo camminare sul tapis roulant.
Magari avrei portato un calzino da infilargli in bocca.
"Yesss hechicera."
Aggrottai le sopracciglia e guardai il ragazzo che camminava di fianco a me.
A parte la bellezza di sentire la sua lingua rotolarsi contro il palato per tirar fuori quelle perle in spagnolo, io non avevo la minima idea di quello che volevano dire.
Avevo studiato inglese e francese a scuola, non spagnolo.
"Mi hai offeso?" Chiesi divertita e lui scoppiò a ridere ma scosse la testa.
Almeno non mi aveva offeso, dai.
"Vuole dire maga, nel senso di strega tipo."
I suoi occhi castani mi sembravano sempre lucidi e brillanti e non riuscivo a capire perché mi pareva fosse così solo quando lo guardavo negli occhi e parlavo con lui ed era una cosa stupida ma ero convinta che quella specifica luce nello sguardo l'aveva solo con me.
"Io sono orgogliosa di essere una strega" enunciai tutta dirimpettita come un piccione gonfio e tronfio.
Come tutte le donne ero probabilmente la pro pro pro pro nipote delle streghe che gli uomini non erano riusciti a bruciare e ne andavo fiera.
"Devi esserlo" commentò lui continuando a guardare avanti, "per noi una strega è una ammaliatrice e tu lo sei."

Henlo 💌
Paris Latino me l'ha fatta conoscere davvero mia madre quando ero piccola lmao.

Grazie mille a chi segue questa storia e, come sempre, se vi è piaciuto il capitolo vi chiedo di lasciarmi una stellina ⭐️

Also, è uscito TTPD di Taylor quindi prendetene ed ascoltatene tutti, io ho pianto eheh.

Buon weekend spero per voi che siano giorni totalmente rilassanti🦋

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