Paris Latino - Mida

Oleh Emi_Cs

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Amen entra nella scuola di Amici per superare sé stessa e il proprio carattere schivo. Mida vuole la ribalta... Lebih Banyak

Uno
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Sette
otto
Nove
Dieci
Undici
Dodici
Tredici
Quattordici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Venti
Ventuno
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque

Diciannove

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Oleh Emi_Cs

Arrivò il giorno della puntata.
Ero seduta come sempre fra Mida e Nicholas e battevo il piede coperto dalle mie sneaker della Nike contro il pavimento.

Tutta la puntata scorse davanti ai miei occhi ma non ci feci troppo caso, non lo feci nemmeno quando toccò a me cantare.

Non volevo cantarla quella canzone, con me non c'entrava niente, mi vergognavo di quello che ero riuscita a fare e l'ultima cosa di cui sentivo il bisogno era rendermi nuovamente ridicola davanti a tutti perché la mia professoressa mi assegnava canzoni una più distante dell'altra da me e dalla mia personalità di cantante.

Non arrivai ultima solo grazie ad Holy.
Fu l'ennesima volta per lui e a sorpresa di tutti, compreso il rosso, Anna decise di eliminarlo.
Così, di botto, dopo aver passato giorni e giorni a spronarlo nel fare di meglio, l'aveva abbandonato a sé stesso per dirgli che forse sarebbe stato meglio per lui tornare a casa piuttosto che rimanere lì a continuare a dare forse l'un percento di quello che avrebbe potuto fare e dare.

Lo salutammo tutti, Mew e Matthew piansero, seguiti poi da Ayle.
Sapevano che i due avevano legato ma non credevo così tanto.
Holy passò da tutti i professori per dargli l'ultimo saluto di congedo e se ne andò ridendo, così come era entrato.
Sorrisi guardandolo.
Era uscito da vero punk ed eravamo tutti fieri di lui.

Anna chiamò una ragazza per entrare ed esibirsi sul palco.
Chiese l'ammissione di un nuovo banco, l'entrata di questa Martina avrebbe sostituito l'uscita di Francesco.

Martina camminava fra il palco con la sua voce da Whitney completamente controllata.
Era alta, bella e sopratutto aveva i capelli castani e super ricci come li avrei sempre voluti io.
Doveva entrare così potevo chiederle se me li poteva trapiantare sulla mia testa bacata.

Martina entrò ufficialmente nella scuola e andò a sedersi vicino a Mew mentre io dall'alto continuavo a fissarle la chioma.
Il nuovo idillio dopo la disgrazia durò circa sei secondi perché dopo la nuova entrata, Maria decise di parlare dei fatidici duetti che avremmo dovuto prepare durante la settimana.

Tutti sapevamo qual era la situazione dei duetti: praticamente nessuno l'aveva portato davvero a termine.
Io e Mida non eravamo riusciti a concluderlo, più per nostra scelta che per il tempo a disposizione perché se avessimo voluto probabilmente lo avremmo anche portato a casa in modo discreto, per gli altri era più o meno la stessa storia, a parte per Sarah e Mew che a quanto pare erano riuscite a concludere il compito.

"Io sono estremamente delusa da voi, sopratutto sapendo che siete completamente in grado di auto gestirvi" le labbra di Lorella si aprivano molto quando era arrabbiata.
Avrei capito le sue parole solo dal labiale, scandiva così bene che in quei momenti avrei potuto essere benissimo sorda.
"Lo avete già fatto ragazzi, dai!"
I suoi capelli biondi e boccolosi si muovevano insieme alla sua testa.
Mi venne in mente il video di lei che diceva a NDG, nell'edizione passata, di fare due ore di palestra tutti i giorni.
C'era la stessa intensità nei suoi occhi chiari.
"Chiaramente voglio che la prossima settimana voi due abbiate pronto un duetto, che non deve essere Pretty Young Thing. Dovete ripartire da capo. E vi verrà tolta la possibilità di usare il cellulare alla sera."

Dischiusi le labbra e scossi la testa.
"Cosa c'è Amen?" Chiese Maria ma lo chiese con quel suo tono freddo poco incline all'ascolto.
Cosa me lo chiedeva a fare allora?
"Possiamo farlo anche adesso il duetto, non è un problema. Ma non potete toglierci il cellulare."
Lorella tornò presente nella discussione, "userete quel tempo senza cellulare per parlare di più, dato che pare che non siete in grado."
In quell'ora avremmo saltato e ballato insieme così da sentirci più uniti, poi avremmo fatto la cabala e ci saremmo letti le carte, alla fine di tutto ci saremmo confessati i nostri segreti più profondi e nascosti.
"Io vorrei avere la possibilità di sentire mia madre. Mi va bene non avere il cellulare ma no, non sentire mia madre."
Io al fianco di Mida annuivo energicamente.
Potevo non usare twitter per sette giorni, era fattibile ma mi rodeva che per un compito, che comunque avremmo potuto fare in puntata, mi toglievano la possibilità di sentire la mia famiglia.
Preferivo alzarmi alle quattro e fare come quei tizi strani dei podcast che dicono d'essere diventati uomini d'affari solo grazie alle alzatacce piuttosto che non sentire mia madre o mia fratello.
"È deciso ormai Mida, basta" la voce di Lorella si alterò. Era infastidita dalle nostre riprese ma noi eravamo infastiditi da quella punizione totalmente esagerata rispetto alle nostre colpe.
Sbuffai e misi le braccia conserte contro il petto.
"Cosa c'è ancora?"
Guardai la Cuccarini che spazientita aveva lo sguardo diretto verso di me e il mio compagno di banco.
Cosa ce lo chiedeva a fare? Tanto sapeva che eravamo infastiditi quanto lei da tutta quella situazione.
"Mi sembra una punizione ingiusta" borbottai.
Se ci fosse stata una cabina telefonica avrei utilizzato quella per chiamare a casa ma ne eravamo sprovvisti.
"Lo sarebbe stata se voi aveste fatto il vostro dovere ma a quanto pare non siete in grado."
Scossi la testa, eravamo in grado. Lo avremmo fatto se non ci fosse stata di mezzo quella complicazione.
"Possiamo almeno avere la possibilità di sentire le nostre famiglie?" Propose Christian, molto più diplomatico di me che mi stavo limitando a sbattere i piedi per terra e lamentarmi come una bambina.
Lorella scosse la testa.
Era irremovibile.
Maledetta.

Rientrammo tutti in casetta, metaforicamente però perché entrammo solo dal cancello e poi ci fermammo fuori dalla porta per fumare.
Stavo decisamente fumando troppo, quando ero fuori da lì fumavo massimo tre o quattro sigarette.

Mi misi vicino al posacenere, in piedi con le gambe incrociate ed il giubbotto color militare di Holden.
Una mano ciondolava mentre l'altra teneva la sigaretta.
Guardai tutti i ragazzi intorno e di fianco a me. Parlottavano, si dicevano cose anche in modo coincitato ma non riuscivo ad ascoltare davvero nessuno.
La mia ora al cellulare a me serviva, mi serviva meno parlare per un'altra ora con i miei compagni che già vedevo ventiquattro ore al giorno e a me sembravano anche abbastanza, non c'era bisogno di stringere ancora di più un legame inesistente.
"Domani parliamo con Lorella."
Mi risvegliai dai miei pensieri, smisi di guardare il legno a terra e i piedi dei miei compagni per alzare il viso e girarlo verso sinistra.
Al mio fianco, nel suo solito giaccone college c'era Mida, vestito ancora come nella puntata con i jeans neri e la maglia dello stesso colore traforata.
"Se non mi fanno sentire mia madre faccio un casino" risi mentre parlavo ma ero seria, sarei stata in grado di rubare il cellulare di qualcun altro per cinque minuti di telefonata a casa.
Rise anche lui insieme a me e per un secondo, un solo secondo, mi concessi di guardarlo negli occhi e ricambiare il suo sguardo insistente su di me.
Mi girai subito dopo per guardare di nuovo davanti a me e spezzare quell'incantesimo che lo spilungone aveva su di me.
"Chri vieni dentro?" la testolina di Gaia spuntò dalla porta a vetro e come Mida anche io mi voltai verso la sua vocetta.
Lui annuì e si girò verso di me, "domani andiamo insieme, ok?"
Non mi permise nemmeno di rispondere, rientrò dentro subito dopo aver parlato.

Avevo ancora addosso il pantalone di ecopelle alto in vita e largo e il maglioncino giallo canarino croptato, avevo appena finito di mangiare la mia dignitosa e caprese ed ero pronta per una doccia ma il mio piano finale della serata fu bloccata dalla voce della produzione.
"Amen c'è una busta per te che ti aspetta dalla scale."
Mi mordicchiai l'interno del labbro inferiore, avevo una sorta di rospetto da un paio di giorni che mi procavava parecchio fastidio.
Mi alzai e mi trascinai fuori dalla casetta e sulle scale vicino all'entrata per prendere la preziosa busta diretta a me.
La raccolsi, imprecai mentalmente e rientrai in casetta strisciando le ciabatte contro il pavimento.
"Mida raggiungi Amen in saletta."
Corrucciai la fronte ma continuai a strisciare fino alla sala tv per sedermi al mio solito posto all'ultimo scalino circondata dai cuscini.

Mida e alcuni altri ragazzi vennero in saletta e appena anche lui prese posto sulla TV uscirono le solite scritte bianche in maiuscolo.

"Mida e Amen,
Sapendo che Lorella non vi darà il pezzo per il vostro duetto, ho pensato di darvelo io.
Con questo voglio che dimostriate tutta la chimica che per qualche secondo sembrava quasi aveste.

Non potete riscrivere il pezzo, dovrete esibirvi con il testo originale. Nessuna variazione.

Fate del vostro meglio.
Anna."

Corrucciai la fronte.
Mi venne naturale abbassare il viso e voltarlo verso sinistra per guardare Mida.
Lui mi stava già guardando.
Io avevo un punto di domanda stampato in faccia e lui un sorrisetto quasi divertito che mi pareva dire: guarda che io e te siamo complici.

Boh.

Partì aranciata di Madame in diffusione nelle casse e tornai a guardare dritta davanti a me.

Rimasi seduta, ferma come un baccalà mentre Mida e gli altri urlavano e la cantavano a squarciagola.
Dovevo un secondo pensare a quella canzone.
Io l'amavo e amavo Madame.
Avevo avuto una sorta di risveglio sessuale grazie a Madame, non c'era modo che io riuscissi ad esibire quella canzone nella maniera personale e intima della scrittrice nonché interprete.
Ma io chiaramente non ero lei, ero io.

"Perché, perché, perché, perché mi ami a metà?" Mida urlò in faccia a Holden.
I due erano a pochi centimetri di distanza e si dedicavano la canzone uno all'altro.
Quando Joseph replicò con il "mmmmh mhhhhhh" a un soffio dalle labbra carnose di Mida, scoppiai a ridere per lo sguardo languido e divertito del mio amico.

Il giorno dopo fra una lezione ed un'altra e cercando un incastro, io e Mida fummo chiamati in sala cinque per parlare con Lorella.
Solo parlare però perché fisicamente non c'era e la sua voce veniva diffusa nelle casse come quella di Dio o di Maria quando parlava con noi in casetta facendoci sentire ancora più timorati di lei.

Quando entrai nell'ampia sala, che era di solito quella dove si provavano i pezzi già pronti, mi sedetti sullo sgabello in legno vicino a Mida, dietro alle aste dei microfoni e a lato del pianoforte nero.
Tutt'intorno a me il solito colore simil parquet e quei toni legnosi che si ripetevano sempre fra lo studio e la casetta.
Poggiai entrambi i piedi sul ferro a forma di cerchio sotto alla seduta.
Lorella e Mida stavano già parlando e non avevo idea da quanto tempo lui fosse già lì ma mentalmente mi appuntai di ringraziarlo per aver iniziato ad attaccare sulla solita storia del cellulare perché a me premeva tanto quanto a lui.

"Allora Christian, dato che c'è anche Amelia" la voce di Lorella mi richiamò all'attenzione e io alzai la mano in segno di saluto, "parliamo del compito e poi del vostro provvedimento."
Potevano anche terminare il discorso, avrebbe avuto più senso invece che riprenderlo.
Poggiai le mani sulle cosce coperte dalla tuta in pile viola fornita dalla scuola e guardai di fronte a me il muro giallognolo e la finestra grigia da cui non potevi vedere l'esterno.
"Chiaramente il compito di Anna lo accettiamo, è sensato ed è completamente nelle vostre corde perciò direi che non c'è neanche da discuterne, no?"
Io annuì.
Il compito, rispetto ai soliti, era piuttosto equo per entrambi.
"Non voglio vedervi discutere però, chiaro?"
Tentai di evitare di mostrare apertamente il disgusto che si stava formando sul mio volto per quella paternale che sapevo che da lì a mezzo secondo sarebbe partita.
"Non avete portato a termine il duetto della scorsa settimana solo perché siete due testoni incapaci di andare d'accordo ma sopratutto di comprendervi e io sono stanca di avere nella squadra due compagni che invece di aiutarsi si sabotano."
In realtà la settimana passata rispetto ad altre che avevamo passato e considerando la confessione che ci eravamo fatti, era andata anche piuttosto bene.
Avremmo potuto fisicamente farci uno sgambetto per finire faccia a terra nella ghiaia e ridere uno dell'altro ma non lo avevamo fatto.
Avrei voluto però.
"Oltre al duetto, la palestra serale la farete insieme. Ok? Un'ora di palestra aggiuntiva, ogni sera."
Non riuscì a trattenermi e corrucciai la fronte, arricciando le labbra in una smorfia.
Quella donna era fissata con sta storia della palestra.
Mi venne naturale girarmi verso il ragazzo seduto di fianco a me.
Era così alto che non aveva bisogno del poggiolo in ferro per i piedi, anzi teneva le gambe lievemente piegate e i piedi saldi a terra.

Doveva sentirsi guardato perché un secondo dopo si voltò verso di me anche lui, non mostrandomi più la sua mascella definita ma il suo naso a patata e i suoi occhi tondi e brillanti.
"Diventeremo migliori amici" scherzò lui e il modo scanzonato in cui lo disse misto alla sua faccia da schiaffi, fece ridere anche me.
"Possiamo sentire almeno i nostri familiari?" Chiesi tornando a guardare dritto davanti a me il muro e quella finestra dal vetro spesso e scuro, "a me bastano dieci minuti, davvero."
Almeno per salutarli, chiedergli come stavano e dirgli come stavo io.
Avrei voluto sentire anche le mie amiche e mandare loro foto stupide ma in questo momento era più importante chiamare mio fratello faccia da latrina, sentire il mio canetto lamentarsi e mia madre curarsi di qualcosa assolutamente non necessario nella mia vita.
"Lorella promettiamo che staremo dieci minuti contati al cellulare, niente di più. Io vorrei solo sentire mia madre."
Avevamo nella voce così tanta voglia di fare pietà e compassione che era impossibile che ci dicesse di no. Non poteva. Era come sgridare due bestioline indifese.
"Ragazzi, io vi do il mio okay per i dieci minuti ma se dovessi venire a sapere che saltate la palestra e le prove del duetto, vi ritiro il cellulare per il prossimo mese. Ok? E non sto scherzando, deve essere chiaro."
Scattai in piedi e battei le mani saltellando.
Ripetei in una sorta di preghiera "grazie" e non mi accorsi che si era drizzato su anche Mida e che mi stava guardando completamente voltato verso di me.
Mi sorrideva in quel modo caldo e rassicurante che era suo e di nessun altro e alzai entrambe le mani e gli feci segno di battermi il cinque.
Colpì i miei palmi con i suoi, sbattendoli contro e sorridendomi come la stessa gioia di un bambino fino a quando nei suoi occhi tornò una sorta di serietà e le sue dita si infilarono in mezzo alle mie per qualche secondo.
Rimasi ferma lì, con le dita alzate verso il soffitto mentre quelle di Mida stringevano le mie.
Quel contatto durò degli interminabili secondi, nei quali io lo fissavo stordita negli occhi e lui faceva lo stesso ma con quel suo luccichio particolare.
Scossi leggermente la testa per riprendermi e velocemente entrambi sciogliemmo la presa.

Alla sera tornai in casetta verso le sei e velocemente gettai tutte le mie robe sul letto, prima di andarmi a cambiare per mettermi qualcosa di più leggero vista la palestra che mi aspettava.

Noi facevamo palestra tutti insieme tre volte alla settimana, un'ora alla mattina e a me, onestamente, andava già bene così.
Era più che altro divertente fare gli esercizi con gli altri e con Angela che inaspettatamente era meno sportiva di me e si lamentava quanto me in una tranquilla giornata qualsiasi, ma farlo anche ogni sera sospettavo non sarebbe stato così divertente, in primis perché ero in compagnia dell'unica persona che volevo evitare e poi perché ero stanca, perennemente stanca, e non avevo voglia di fare nient'altro che non fosse sdraiarmi sul mio letto e fissare il soffitto con lo sguardo vitreo simile ad Holden.
Peccato che se volevo sentire casa quei dieci minuti concessi dalla guardia carceria dovevo farlo per forza.

Mi infilai i leggings grigi ed una tshirt nera oversize con Zoro di One Piece stampato in verde fluo sulla schiena, presi un asciugamano piccolo ed una bottiglietta d'acqua ed andai nella camera rossa dove c'era Mida.

Era sdraiato supino sul suo letto, quello di fianco a quello di Matthew, il braccio posato sul viso gli copriva gli occhi con l'avambraccio, mentre una gamba era distesa e l'altra piegata con il piede contro l'altro stinco.
Le sue labbra carnose erano lievemente dischiuse.
Assottigliai gli occhi e mi avvicinai lentamente al lato del suo letto e sporgendomi con la schiena in avanti tentai di capire se quello che pensavo fosse la realtà dei fatti.

Il petto si alzava e si abbassava con tranquillità.
Lo chiamai con voce quasi sussurrata.
Non mi rispose.
Stava dormendo.

Mi voltai verso la telecamera nell'angolo in alto della camera e fissandola come in una puntata di The Office indicai Mida dicendo ad alta voce: "vedete?"
Tornai con l'attenzione sulla bella addormentata e con tutta la grazia e la gentilezza che facevano parte di me misi entrambe le mani sulla sua spalla sinistra ed iniziai a scuoterlo velocemente.

Christian si alzò di scatto e si mise a sedere in un balzo.
Si guardò intorno con gli occhi sbarrati e l'espressione della preoccupazione.
Scoppiai a ridere per la sua faccia da stralunato, gli occhi gonfi dal sonno e il punto di domanda stampato sulla sua fronte agitata.
"Che cazzo è, che succede" farfugliò.
Il tono della mia risata salì di parecchie ottava e dovetti piegarmi su me stessa per evitare di cadere a terra come una pera.

Feci un passo verso il letto di Matthew e mi lasciai cadere sul materasso.
Mi tenni la pancia e mi sdraiai, buttandomi all'indietro e ancorando i piedi per terra mentre continuavo a ridere.

Sentì Mida alzarsi dal letto e l'ombra del suo lungo e alto corpo si palesò davanti a me e vicino alle mie gambe.
Vedendomi ridere iniziò a ridacchiare anche lui insieme a me, sembravano due psicopatici ma l'immagine di lui con gli occhi sbarrati e gonfi e la sua testa veloce come un'anguilla che si guardava intorno, era ancora impressa nella mia testa.

"Ti...giuro-" farfugliai tra le risate, "la tua...faccia...che cazzo...ti giuro" non riuscivo a parlare o a formare una frase di senso compiuto, continuavo a ridere come una rincoglionita e iniziavo anche a sentire le mie guance.
Era una cosa che mi succedeva quando ridevo troppo.
Iniziavo a sentirmi.
Sentivo la mia carne fisicamente in un modo che non riuscivo a spiegare a nessuno ma mi percepivo completamente e insieme alla carne percepivo la mia ciccia e avrei voluto strapparmela via però ero sempre così divertita da non riuscire a farlo.

Mida continuava a ridere insieme a me, fermo davanti al mio corpo sdraiato e alla mia faccia paralizzata dalla risate.
"Non ho capito un cazzo" replicò divertito.

Un minuto dopo tentai di calmarmi e concentrarmi sulle cose stupide, come il modo semplice in cui era vestito: tshirt bianca e tuta grigia ampia.
Stava bene anche vestito così.

Tornai a respirare quasi normalmente, "dobbiamo allenarci bell'addormentata."
Mi misi a sedere, ancora rossa e scossa dal catartico momento appena vissuto.
Dovevo ringraziarlo dopo per avermi fatto ridere così tanto.
"Tu mi hai svegliato così per questo?"
Mise le braccia conserte.
Annuì.
"Chiaro che ti ho svegliato per questo, voglio sentire casa."
Le sue labbra carnose si misero in una simil posa da culo di gallina e nei suoi occhi c'era uno scintillio di allegria.
Era proprio una diva quel ragazzo.
"Voglio sentirla anche io ma potevamo allenarci dopo cena."
Inarcai le sopracciglia, "vomito se mi alleno dopo cena."
"Perché non sei allenata."
"No, perché ho appena mangiato."
"Io volevo dormire."
"E io non vomitare dopo cena."
Christian batté le mani e si voltò, "è inutile" replicò in modo scanzonato, "Andiamo ad allenarci macchina da vomito."
Con un saltello tornai in piedi fiera di me per aver convinto lo spinlungone grazie al vomito, ergo la mia carta vincente.
"Quanto hai dormito?" Domandai rimanendo in piedi ferma vicino al letto del biondino e seguì il corpo di Mida camminare per la stanza alla ricerca di cose.
Si fermò davanti all'armadio sotto al letto rialzato che un tempo era di Holy ed aprì le ante, "tipo dieci minuti."
"Sembravi essere già in coma" commentai, "entri subito nella tua fase rem" lo presi in giro.
Lui si piegò verso l'armadio e si voltò a guardarmi, "quello è perché sono sempre molto veloce e svelto, a fare tutto, sono una scheggia, un genio."
Aggrottai la fronte.
Non stavo ben capendo il suo ragionamento e le sue parole buttate a caso fuori dalla sua bocca.
"Una scheggia?"
Lui tornò a guardare dentro l'armadio con un sorriso furbetto fermo sul suo viso.
"In tutto" Rispose velocemente. Si alzò con in mano un paio di pantaloncini da basket neri, "lo sono di solito" continuò a parlare, "a capire tutto, tranne quando si tratta di te."
Non capivo cosa volesse dirmi e perché me lo stesse dicendo. Aveva già messo in chiaro le cose l'ultima volta, non c'era bisogno di riaprire il discorso e ricordarmi quanto io fossi sbagliata per lui e lo mettessi costantemente a disagio, al contrario di quanto bene lo facesse stare Gaia.
"Mi farai impazzire" aggiunse sotto voce per poi nascondersi in bagno per andarsi a cambiare.

Sospirai e mi lasciai di nuovo cadere sul letto di Matthew.
Appena pareva ci mettessimo un punto, lui decideva di cancellarlo.
Decideva sempre lui, tutto quello che riguardava quella sorta di...qualsiasi cosa avessimo, era sempre lui a costruire, a disfare, a buttare giù, a cancellare, e poi ricostruire, sanare, far riavvicinare tutti i pezzi e a me andava bene così perché se avessi dovuto scegliere io, non avrei saputo cosa fare.

Henlo 💌
In fase di crisi mistica perché sono indecisa se rushare fino ad un certo punto della storia o andare in slow pacing.

Piccolo spazio per ringraziare chiunque stia leggendo, votando, seguendo questa storia.
Grazie grazie 💜

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Buona domenica 🦋

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