CRUEL

By sanguinofavole

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Arya Donovan è cresciuta con i fratelli Mackenzie. Loro le hanno insegnato a stare nel mondo, a camminare a t... More

info (+ Cast AI)
𝐂𝐚𝐬𝐭
01-I'm paralyzed
02-with your feet on the air and your head on the ground
03- Good girls go to heaven, bad girls go everywhere
04-we're building this up... to burn it down
05- The hottest guy I've ever hated
06-Love the way you hate me
07- Just another pit stop
08-I'm lost and it kills me inside
09- Bad boy, Good lips
10-The girl with the broken smile
11-You can take my flesh if you want girl
12- I'll never let anything bad happen to you again
13- I'll be fine without you
14- Crudelia De Mon
15- Can't be your Superman (I)
16-Can't be your Superman (II)
17- Stop crying your heart out
18-Hell is empty...
19-...'Cause all Demons are at this party!
20-Loving you is a losing game
21- Half a Man
22-Look after you
23- darling, I fall to pieces
24- Something 'bout you makes me feel...
25- Like a Dangerous Woman
26-Fire on Fire
27- running from the daylight
28-But now the day bleeds into nighfalls
29-Dear Lord
30-When I get to Heaven
31-Please, let me bring my man
32-Burn for you
33- I choose you, to fill the void.
34. I'm about to take you back to church
35. I said I didn't feel nothing
36. There's another side that you don't know
37. I can hear the sound of breaking down...
38. You found me, lost and insecure
40. I'm never gonna dance again, the way I danced with you
41.1 Bucky Barnes
41.2 End of Beginning
42. Too sweet for me.
𝓒𝓪𝓻𝓽𝓪𝓬𝓮𝓸❤️
RIMOZIONE CAPITOLI

39.✨A Christmas Trouble✨

22.4K 684 1.3K
By sanguinofavole







✨✋C'è stato un doppio aggiornamento: assicuratevi di aver letto prima il 38 ⭐️

-ˋˏ┈┈┈┈ Prima di leggere:

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Se vi va di parlare del capitolo❤️‍🩹


Capitolo Trentanove:

"Marry Christmas"
🎄

* . ° • * . ☆ . . ..☆ . ☆ . ° . * . ☆ . ☆ . .
°• . ° . ☆ * ☆ • + .⠀ · . ˚ ₊‧ ✩ ੈ ˳ ✧༚ . · . .
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Paxton

Nei giorni seguenti, il clima in casa Mackenzie è leggermente teso, seppur decorato dal solito e consueto caos.

Ryan ha delle sospette fasciature alle mani da giorni, e sembra un morto vivente.

Killian è intrattabile perché si stanno avvicinando le feste e lui odia il Natale.

Clayton invece è occupato a dare la caccia online alle menti perverse che in una notte qualsiasi hanno aggredito Cenerentola.

E poi c'è la presenza di Cassie che non saprei come definire, se non una gran rottura di scatole, dato che non perde occasione per fare la lecchina con la signora Mackenzie.

Tyler è l'unico che appare tranquillo e sereno.

Per mia fortuna, la mattina di Natale arriva presto.

Quest'anno, ho aspettato l'arrivo del Natale come un bambino impaziente, che fremeva dalla gioia.

Forse perché, nonostante le tragedie che capitano ultimamente nella famiglia Mackenzie, non mi sono mai sentito così parte della famiglia come adesso.

E sono certo del fatto che il sentimento è reciproco, dal momento che nell'ultimo periodo vivo praticamente da loro.

Per tutta la mattina di Natale, la signora Mackenzie non fa altro che pulire, appendere le decorazioni natalizie e canticchiare, insieme a Cassie, che la insegue da una parte all'altra:

La casa diventa a stento riconoscibile, piena di ghirlande d'agrifoglio e festoni d'oro e d'argento.

Non ricordo di aver mai visto la signora Mackenzie così di buon umore: sembra deliziata all'idea di avere tanti ospiti per il pranzo Natale.

La sua voce si sente echeggiare ovunque in casa.

L'enorme albero al centro del salotto sormontato da una lucente stella d'oro è stata un'idea mia. Sono stato io a sistemarlo e decorarlo.

E sì, ne sono orgoglioso. 

Questa mattina, ai piedi dell'albero ci sono pile di regali, e io cerco di allungare il collo, per cercare di capire, nel caso ci fossero davvero, dove si trovano i miei regali.

Ma qualcuno alle mie spalle mi acciuffa dalla maglietta.

Killian ha un'aria torva e minacciosa, mentre mi trascina in cucina. «C'è la colazione di Natale, muoviti idiota.», borbotta. «Sei il solito ritardatario.»

«Sono un che?»

«Sei il solito ritardato

«Ah, ecco: mi sembrava strano.»

In cucina c'è Tyler che ci accoglie con un grande sorriso.

«Ei, ben alzato!», gli dice Killian. «Come mai sei così di buon umore questa mattina?! Non è da te. E non dirmi che sei allegro solo perché è il 25 dicembre, non me la bevo.»

Tyler mi strizza l'occhio. «Sono di buon umore perché forse io e il Mitico oggi avremo delle belle notizie.»

«Delle belle notizie, eh?», dice Killian, cantilenando con sospetto. «Quando si tratta di voi due.», aggiunge indicando me e Tyler. «Chissà perché ma non credo mai nella buona sorte.»

«Uomo di poca fede.», lo canzono.

Al centro del tavolo c'è una scatola di latta con decorazioni scozzesi, contenenti biscotti allo zenzero: Tyler ne afferra uno, e faccio lo stesso anche io, e lo sgranocchio, pur di evitare di parlare ancora.

«Senti Tyler sono giorni che te lo voglio chiedere, dato che vedo quella ragazza uscire ed entrare da casa nostra come se niente fosse. Cosa mi dici di Beatrix?»

Il volto di Tyler si pietrifica e la voce gli esce dura. «Cosa vuoi sapere?»

«Com'è successo?», domanda Killian.

Tyler avvampa, e diventa rosso scarlatto, incluse perfino le sue orecchie.

«Successo cosa?»

«Ha avuto un incidente? Come ha fatto a riportare un danno così esteso al cervello? Nessuna sana di mente ti darebbe retta.»

«Che stronzo.», lo liquida Tyler, mangiando un altro biscotto allo zenzero.

«Che risposta elegante. Non so proprio come ti vengano in mente.», dice Killian. «Ora sono in lutto.»

«E ci credo. Ti è morto il cervello.», mi intrometto io.

Silenzio tombale.

(Tombale: l'avete capita?)

Dopodiché mi schiarisco la voce.

«Killian parliamo di te, piuttosto: cosa hai chiesto a Babbo Natale? Un braccio nuovo?»

«No, idiota. Quest'anno chiederò la pace nel mondo e mi rimetterò a posto con la coscienza.»

E la cosa preoccupante è che sembrerebbe perfino credibile se non stesse seminando pistole in cucina, sfilandosele dai boxer

«E tu invece cosa mi hai regalato?!», domando a Killian. «Ei... Ma quante pistole hai?», esclamo indignato, perché le pistole non finiscono più.

«Tutte quelle che servono per scriverti Buon Natale sul petto con i buchi delle pallottole, se non ti stai zitto.», dice.

«Morirei prima che tu possa finire la tua scritta di auguri.», commento con il boccone pieno di biscotti. «Come mai hai fatto rifornimento di armi?»

Killian sfrega i denti. «Non si sa mai, le pistole fanno sempre comodo.» Ghigna. «Comunque il tuo regalo di Natale è là fuori.»

«Dove?», chiedo girandomi confuso su me stesso.

«Guarda oltre la finestra.»

Mi volto a osservare la finestra, e parcheggiata davanti alla porta c'è una Ford Mustang.

L'auto, che dubito sia stata presa con il consenso del proprietario, risplende in tutta la sua lucentezza come se fosse nuova di zecca e ha un fiocco rosso sul parabrezza.

«Da parte di tutti noi... Così potrai rottamare la tua vecchia Ford Anglia.», dice Killian.

«Ma stai scherzando?!», domando con un tuffo al cuore, e ruoto il collo per guardare meglio fuori.

Mi immagino alla guida della mia nuova Ford Mustang, insieme a tutti i Mackenzie, mentre andiamo da qualche parte a fare danni.

Nel sognare a occhi aperti, però, intravedo la signora Mackenzie e Cassie che sono di ritorno lungo la strada, con le buste della spesa.

E ripiombo alla realtà: mi volto immediatamente verso il tavolo della cucina.

«Leva quelle pistole.», suggerisco a Killian. «O Cassie rischierà le tette, ed Helen userà quelle armi per spararti. Tua madre e la biondina stanno per tornare.»  



Clayton

Mi sveglio di colpo come se qualcuno mi avesse appena urlato in un orecchio.

Sono madido di sudore, i capelli appiccicati sulla fronte, il respiro corto, a causa degli incubi che ho vissuto. 

Quando mi metto seduto, capisco che il frastuono proviene dalla cucina, e osservandomi attorno ancora meglio noto che qualcuno ha sistemato le decorazioni natalizie.

Volto lo sguardo verso la finestra, a osservare il cielo che si fa sempre più bianco, annunciando la neve. 

Mi scompiglio i capelli, afferro il telefono incastrato tra le pieghe del divano, lo sblocco, e apro la quantità esagerata di messaggi che mi ha lasciato mio fratello Ryan.

–Clayton, mi serve una mano. Ci sei?

–Riesci a raggiungermi alla sala scommesse dei Lombardo verso le 10 e mezza?

Do un'occhiata all'orologio. Sono le dieci e venti. Aggrotto la fronte e continuo a leggere.
Dai Lombardo?
Vogliono farci il regalo di Natale?
Ma nel seguente messaggio Ryan chiarisce ogni mia perplessità.

–Tony dice che c'è qualcuno che sta truccando le scommesse sulle corse con i cavalli, e gli serve il mio aiuto per scoprire di chi si tratta...Mi vuole incontrare verso le dieci e mezza nella sua sala scommesse. Vieni con me, Clay?

Chiudo il telefono e giro la testa in direzione dei rumori verso la cucina...

Mia madre poggia le buste della spesa sul tavolo a fatica, sistemandosi dopodiché con le mani i capelli molto cespugliosi, e boccheggiando.

Cassie la aiuta a sistemare il cibo nelle dispense e nel frigorifero, con aria allegra e gioviale, di una persona che cerca a tutti i costi di rendersi utile.

Paxton è seduto a bere un caffè latte, occhieggiandola con malevolenza.

Tyler e Killian giocano a infilzare il tavolo con un set di coltelli nuovo di zecca che qualcuno deve aver regalato a nostra madre.

Tutti quanti, compresa Cassie, indossano dei maglioni rossi, che riconosco essere stati fatti da mia madre, e ogni maglione ha una ricamatura diversa sul petto.

Su quella di Paxton c'è una renna, su quella di Killian un orso polare, su quella di Cassie un orsacchiotto e su quella di Tyler... un gufo?

«Cassie, lascia perdere, sistemo io più tardi.», sta dicendo mia madre, e Cassie non si arrende nel voler infilare la carne in uno spazio microscopico. «Siediti a fare colazione con gli altri.»

«Non c'è problema, posso sistemare io...»

«È da un'ora che giri per casa come una trottola, Cassie, non c'è bisogno che fai tu le faccende domestiche, e mi hai già aiutata a fare la spesa, e con gli addobbi! Magari i miei figli fossero così volenterosi...», mia madre lancia un'occhiata torva a Tyler.

«Lo faccio con piacere!», risponde Cassie.

«Cassie! Siediti!»

Lei, all'improvviso rossa in volto, si siede: non si può dire di no a mia madre.

«Allora... per colazione, abbiamo, uova, pancetta, direi, pane tostato e del caffè.», dice mia madre, mentre si lava le mani. «Cosa preferite, ragazzi?»

Mi appoggio allo stipite della porta, e mi accendo una sigaretta, prima che qualcuno si accorga di me.

«Io vorrei pane tostato e uova, grazie.», dice Tyler.

«C'è un po' di frutta?», domanda Cassie.

«Ci sono le mele.», dice mia madre.

«Va benissimo una mela, grazie Helen!»

Sono già alla terza sigaretta.

Non ho mai fumato sigarette sentendone il bisogno, ma il mio è un modo per tenere le mani occupate, e di recente, con Cassie in giro per casa, devo tenere le mani occupate spesso.

«Vuoi anche un po' di caffè?», le chiede mia madre.

«Sì, anche un po' di caffè per favore...»

«Io invece potrei avere un po' di pancetta abbrustolita, per favore?», si intromette Paxton, dopodiché aggrotta la fronte e si gira verso Cassie. «Una mela? È da persone tristi mangiare frutta a colazione, specie alla colazione di Natale.»

«Una mela al giorno leva il medico di torno.», ribatte Cassie ridacchiando.

«Una mela al giorno leva chiunque di torno, se sai come lanciargliela precisamente sulla fronte.», borbotta Paxton.

«Cosa

«Niente.»

Il Mitico ha voglia di essere scuoiato vivo, questa mattina.

Sono giorni che punzecchia Cassie, lanciandole frecciatine indecifrabili, ostentandole intolleranza assoluta, ma lei non si fa scoraggiare affatto da tutto questo astio.

Mia madre mette a tavola un po' di omelette e tira un ceffone sulla testa di Tyler. «Leva quella sigaretta! O ti procurerai danni irreversibili al cervello, ammesso che tu ne abbia davvero uno!», gli ordina, e Tyler la guarda male.

«Ahi, che palle!», mugugna Tyler.

«Pensi che io mi diverta Tyler a punzecchiarti, e a starti con il fiato sul collo perfino a Natale?», infierisce mia madre.

«Sinceramente?», dice Tyler con un'insolente alzata di spalle. «A volte sì.»

Paxton gli sfrega la spalla in tono comprensivo.

«Mia nonna è molto peggio della signora Mackenzie, se ti può consolare... Una volta, mi ha beccato a fumare, e da quel giorno la mia chiappa sinistra non è più stata la stessa.»

«Okay, ma chiappa sinistra di Paxton a parte...», dice Cassie, e soffoco una risatina. «Quanti saremo al pranzo di oggi? Helen sicura che non ti serve una mano, a cucinare?»

«Be' ho invitato Gary.», dice lei. «Arya, insieme a suo padre, la nonna di Paxton, e qualche mia amica del club di cucito, poi ci sono gli amici di Tyler e ...No, Cassie cara, non mi serve il tuo aiuto, rimani pure seduta.»

«Mia nonna?», si intromette Paxton.

«L'ho incontrata questa mattina, al supermarket, e le ho detto che sarebbe stata una gran vera gioia averla oggi con noi a pranzo.»

«Una gran gioia di tutti, tranne la mia.», sussurra Paxton.

«Cassie, in realtà ci sono da tagliare le zucchine, se vuoi proprio aiutarmi.», dice mia madre, e lei scatta sull'attenti, come se non avesse mai desiderato altro in vita sua che pelare zucchine e comincia a lavorare sul tagliere, poggiato sul davanzale della finestra innevata.

Ne approfitto per entrare in cucina, e avvicinarmi a lei, le sfioro un fianco e Cassie sobbalza dalla sorpresa, puntandomi il coltello contro.

Ridacchio. «Ei, ciao.», la saluto.

Lei sbuffa, mentre le scappa un sorriso sollevato, e io mi ritrovo a fare dei pensieri sul suo viso.

Cassie ha un viso dolce, senza spigoli. Sembra totalmente priva di cattiveria.

«Ciao.», dice.

«Ti ho spaventata?»

Scrolla le spalle. «Non credevo fossi tu.»

Questa risposta non mi piace.

La analizzo, cupo. «E chi doveva essere?»

«Ciao, Clayton.», mi saluta mia madre con voce brusca, lanciandomi un'occhiata fugace, e percepisco ancora gli sguardi di Cassie addosso. «Fai anche tu colazione con noi?», aggiunge mamma.

«Bevo solo un caffè al volo. Devo uscire.», replico asciutto.

Mia madre mi scruta con una maschera di sospetto che recita: 'perfino la mattina di Natale?' e poggia la caffettiera sui fornelli e mi fissa torva, fin quando la caffettiera non comincia a borbottare.

Dopodiché versa del caffè in una tazzina e me la porge; bevo così velocemente da bruciarmi la lingua, ma non lascio trapelare nulla.

«Ti serve una mano a tagliare le zucchine?», chiede Paxton a Cassie.

«No, faccio da sola.», dice Cenerentola, continuando a tagliuzzare con le mani un po' tremanti.

Sento risatine soffocate alle nostre spalle.

«Se qualcuno si permette di ridere ancora giuro che gli sparo!», urlo tonante.

Tyler, Killian e Paxton si ammutoliscono.

«Cassie come stai?», le chiedo, attorcigliando un dito a un ciuffo biondo che le è scivolato dal viso. «Sono giorni che non riesco a...»

Che non riesco a parlarti.

«Sto bene.», taglia corto, arrossendo, evitando di incrociare il mio sguardo.

Quando si trova con me in mezzo agli altri si imbarazza parecchio.

Da quando Cassie sta qui, cerca in tutti i modi di evitarmi; sembra molto presa dalle attenzioni che riceve dai miei fratelli.

Non che io abbia fatto molti tentativi di approccio nei suoi confronti, anzi.

Ma dopo quello che le è accaduto, be' io mi sento... strano, nei suoi confronti.

Debole.

E questa sensazione mi disgusta, mi nausea, non riesco a controllarla.

Cerco di evitare sia lei, sia quella sensazione.

«Sicura Cassie che non ti serve una mano con le zucchine?», sghignazza di nuovo Paxton, in un'imitazione di Cassie stessa.

Cassie posa il coltello sul tagliere con un tonfo; afferra una zucchina che sventola in aria e si gira, guardandolo torva.

«Se me lo chiedi un'altra volta, ti ficco questa zucchina...»

«Volevo solo sapere!», la tranquillizza Paxton con una parvenza di calma, ma nell'insieme la sua affermazione appare dura e mesta.

Dal momento in cui lei sembra parecchio indaffarata, mi dileguo, esco dalla cucina, e poi apro la porta di casa, uscendo, sentendo lo sguardo di mia madre sulla nuca.

***

C'è puzza di marcio, qui dentro, e una nube di fumo onnipresente rende indistinguibile i volti di tutti gli uomini intenti a gridare e a fare il tifo per il proprio cavallo da corsa sugli schermi in alto.

Ci sono tavoli da poker e tavoli da Black Jack.

E soprattutto c'è una confusione totale. Urla e ululati che mi perforano le orecchie.

«Grazie per essere qui.», dice Ryan al mio fianco, avvicinandosi.

«Ci sei dentro tu, ci sono dentro anch'io.», ribatto e Ryan acciacca la sigaretta che ha scagliato a terra con la suola delle sue solite adidas logore.

«Be'... Allora, andiamo a sentire cosa vogliono.», mio fratello inarca le sopracciglia e indica con la testa un angolo della sala.

Due figure di spicco, le uniche di cui si riesce a intravedere il volto, ci osservano avanzare nella loro direzione, seduti a un tavolino tondo, e con indosso dei panciotti beige.

Nick e Tony Lombardo ghignano vedendoci arrivare.

Tony ha un viso cavallino, lo sguardo austero.

Nick invece ha gli occhi grigi e acquosi, il naso grosso e carnoso, simile a un grugno.

«Eccovi, finalmente, i due fratelli più ambiziosi del nostro quartiere. Vi stavamo aspettando.», dice Tony Lombardo con un sorriso lezioso che lascia freddi i suoi occhi tondi e blu.

«Qual è il problema Tony?», chiede Ryan.

Tony incrocia i palmi sul tavolo e trae un lungo respiro. «Vedete, Mackenzie, io e mio fratello abbiamo un grossoproblema. Da circa una settimana, c'è un giocatore che scommette sempre su cavalli vincenti.»

«Sta truccando le scommesse?», chiede Ryan.

Nick lo osserva con un sorriso pacifico. «No.»

«E allora qual è il problema?», domanda Ryan stringendosi velocemente nelle spalle, assottigliando lo sguardo nella direzione di Nick.

Nick Lombardo non pare turbato dall'insolenza di Ryan, anzi al contrario, continua a guardarlo come se fosse un programma televisivo di blando interesse, dopodiché dice: «Ho sentito in giro che sei tu il capo della tua famiglia.»

Ryan non risponde, e Nick punta il suo indice grasso come una salsiccia nella mia direzione.

«E che, tu invece sei quello più sveglio. In qualità di membro più sveglio della famiglia, spiega a tuo fratello che quando un Lombardo ti parla, non bisogna fare nessuna fottuta domanda.»

«Il problema Ryan...», dice Tony, intromettendosi, con voce rauca e paziente, con il tono lento di chi parla con uno straniero un po' tonto. «È che nessuno vince per due volte di fila alle nostre scommesse, avendo ancora le gambe. Per cui, che siano scommesse truccate oppure no, il giocatore va trovato e gambizzato

Ryan sembra sudare freddo.

«Chi si occupa del giro di scommesse sui cavalli tra voi due?», chiede Ryan indicando Tony e Nick a turno.

«Mio fratello si occupa di altre attività come lo strozzinaggio.», risponde Nick. «Delle scommesse me ne occupo io. Ora ti decidi a fare il tuo cazzo di lavoro o devo alzarmi a prenderti a calci in culo?»

Ryan aggrotta la fronte, e infila le mani nelle tasche della sua giacca di pelle. «Va bene, Nick. Che devo fare?»

Qualche secondo di pausa, in cui i due si studiano meticolosamente.

Infine, Nick porge a Ryan un bigliettino con un vago sorriso.

«Qui c'è il nome del giocatore.», spiega Nick e, nel leggere quel nome, Ryan sgrana gli occhi. «Stasera all'ippodromo ci sarà il ritiro dei premi. Io e Tony vi aspettiamo là. Così potrete godervi le corse dal vivo, e dare una bella lezione a questo figlio di puttana di persona

Ryan mi porge il bigliettino, sconvolto, e io lo leggo a mia volta.

Polpettino2002

E penso che non ci siano dubbi su chi si possa celare dietro questo pseudonimo...

***

Quando io e Ryan torniamo dalla sala scommesse dei Lombardo, indiciamo una riunione di famiglia in cucina immediata, non aperta al pubblico...

Per cui Cassie e mamma sono costrette a passare l'aspirapolvere e finire di sistemare i panni al piano di sopra.

La signora Mackenzie era visibilmente spazientita, dato che ha un pranzo con i fiocchi da dover portare a termine,

Quando siamo tutti e cinque dentro, Ryan sbatte la porta, e osserva Paxton in cagnesco. Mi aggiungo all'occhiata trucida anche io.

C'è un silenzio assoluto, se non fosse per il lieve scoppiettio dei fritti sul fuoco.

«Si può sapere cosa diavolo devi dirci?», chiede Killian a Ryan con la sua solita voce strascicata, ma Ryan non smette di fissare Paxton.

«Hai vinto quattro scommesse di fila, puntando ogni volta sul cavallo vincente...», lo accusa Ryan.

Paxton fa un gesto trionfante con il pugno, e da varie pacche sulla spalla a Tyler. «E andiamo! Lo sapevo che oggi ci sarebbero state ottime notizie per noi!»

I due ridono insieme, dopodiché l'espressione di Paxton cambia e diviene a mano a mano sempre più perplessa. Si volta solennemente verso Ryan. «Un momento, sul serio ho vinto?... E tu come lo sai?»

Ryan gli rivolge un'espressione di profondo disgusto. «Me l'ha detto Tony.»

«Tony ti ha fatto il mio nome?»

«Certo che no.», dice Ryan distrattamente. «Lui mi ha detto che ha vinto un certo Polpettino2002»

«Ti ha detto che ha vinto? Ha detto proprio così?»

«Ha detto che è una settimana, che non fa altro che vincere...»

A questo punto, Paxton esulta, scagliando i pugni in aria e si perde in ululati di esultanza, fra risa e abbracci con Tyler di puro trionfo.

«Urrahhh! Ce l'abbiamo fatta Tigre! Chi è il più fortunato del mondo? Chi è il più Mitico del mondo, eh?», urla battendosi le mani sul petto come un membro accanito di una squallida tifoseria.

Ryan incrocia le braccia, l'odio che gli congela la faccia in un'espressione severa. Rimane muto, e così intervengo io.

Afferro Paxton per la maglietta sgualcita e scolorita, e lo separo da Tyler che schiude le labbra confuso. Assottiglio lo sguardo verso Paxton.

«Ma che ho fatto?», dice Paxton. «Mi guardi come se avessi appena ucciso il tuo primogenito in un rito satanico!»

«Basta scherzi.», ringhio.

Il Mitico strabuzza gli occhi e si stringe nelle spalle, meditabondo, come se un proiettile lo avesse appena mancato.

«Non scherzo!», rantola.

«Ma come cazzo ti viene in mente di vincere?!», ringhio contro Paxton, con una voce talmente bassa e tagliente che lo vedo rabbrividire come una foglia.

«Clayton lascialo stare!»

Mi giro in cerca della voce che mi ha richiamato e poso gli occhi su Killian che sta toccando con l'indice i punti anneriti del bollitore con aria pensierosa e malinconica. No, non è lui che mi ha richiamato dato che è perso nel suo mondo.

Poso gli occhi su Tyler, che deglutisce, il pomo d'adamo che gli corre in alto e in basso, poi dice ancora:

«E se uno perde non va bene, e se uno vince non va bene...», dice. «Che bisogna fare, eh? Spiegamelo tu, dato che sembri sapere sempre tutto!», ringhia affondando le mani nelle tasche.

Tiro fuori aria dalle narici e gli riservo una morbida risata. «Sarà sufficiente la risposta di Tony, quando stasera vi taglierà le gambe.»

Paxton alza i palmi in segno di difesa. «Possiamo spiegarti.», introduce. «Clay, ti assicuro che possiamo spiegarti.»

«Non è a me che dovete delle spiegazioni.», replico. «A me non interessa se qualcuno vi taglia le gambe. Fin tanto che non le fate tagliare anche a me...»

«Siete degli idioti.», chiarisce Ryan alle mie spalle.

«Sì è vero.», gli concede Paxton, il cui colorito è appena diventato verdognolo. «Ma se non avessi scommesso su Rocky, Briciola, Teodoro e Pluto, allora Tyler avrebbe seguito i consigli di Killian e che gli ha suggerito di andato a giocare a poker con alcuni suoi amici...»

Rocky, Briciola, Teodoro e Pluto sarebbero i cavalli?

«Killian, non ha amici.», obietto.

Killian alza gli occhi al cielo, e si spiega riluttante. «Il punto è un altro. Tyler si è messo in testa che vuole prendere lezioni private di francese, e di letteratura, e gli servivano un po' di soldi. Gli ho detto che avevo in serbo per lui dei trucchetti di poker da insegnarli, ma Paxton ha pensato bene di scommettere alle corse dei cavalli... E in effetti forse ha ragione. Forse le scommesse sui cavalli sono più sicure del poker.»

Paxton annuisce, come per provare che ciò che stanno raccontando è proprio la verità.

«Peccato che a gestire le scommesse sui cavalli sono proprio i Lombardo!», esclama Ryan esasperato. «La famiglia più pericolosa in circolazione e per la quale io lavoro. Se dovessero scoprirci...!»

«Come hanno fatto a non capire che dietro lo pseudonimo Polpettino2002 si celasse Paxton?», dice Killian.

«Perché sono occupati con grattacapi più grossi, presumo.», intervengo io.

Killian annuisce. «Giusto! Oppure sono due idioti.», ci riflette sopra un altro po'. «Sì direi una di queste due cose.»

«Mmm.», ribatto.

«Come ti è venuto in mente di chiamarti "polpettino2002"?», chiede Killian.

«Era il nome del primo account che ho creato alla Playstation per giocare a GTA.»

«Non dovevate scommettere con loro di nuovo.», rimugina Ryan.

«Prendi le cose sempre così sul serio, Ryan.» dice Killian.

«Ah, prendo le cose troppo sul serio?», Ryan si volta verso Tyler, forse perché ha capito che con Killian non c'è speranza di dialogare. «Ma tu non impari mai dai tuoi errori?»

Killian continua, con quello che dovrebbe essere un sorriso comprensivo, ma che in realtà risulta come un'espressione maligna.

«Invece di prendervela con nostro fratello, dovreste apprezzare i suoi sforzi. Gli servono i soldi per un insegnate privato. Questa mattina non si è mai staccato da un libro. Come si chiama fratellino? 50mila seghe sotto i mari?»

«50 mila leghe sotto i mari.», lo corregge Tyler brusco.

«Ecco vedi?!», esclama Killian, manifestando un po' di orgoglio nei confronti di nostro fratello minore. «Si sta facendo colto.»

«Colto?!», strilla Ryan alle mie spalle, esasperato. «Ho visto quella ragazza uscire ed entrare da casa nostra, in questi giorni. È lei che ti fa lezione?»

Tyler avvampa, ma assume un'espressione corrucciata. «E anche se fosse? È la ragazza più intelligente che conosco!»

Killian si schiarisce la gola.

Killian sembra provare un piacere un po' perverso all'idea che, per una volta, il casino in cui siamo cascati non è stato generato da lui.

«Be' direi che la questione è risolta. Beatrix è una ragazza con molte doti, fra cui c'è anche l'intelligenza.», dice Killian e guarda Ryan, con uno sguardo imperturbabile e un tono glaciale. «C'è altro, fratello

Ryan si sente chiaramente preso in giro.

«Stasera verrete all'ippodromo con me e Clayton.», ordina Ryan, guardando i tre combinaguai a turno.

«E tenete a mente, quanto sto per dirvi. Nessuno di voi ha mai scommesso. Nessuno di voi ha mai messo piede nel covo di Nick e Tony Lombardo. Nessuno di voi ha mai puntato su Rocky, Briciola, Teodoro e Pluto. Non credo che sospettino di voi, ma nel caso lo facessero... Negate fino alla morte. E fate buon viso a cattivo gioco, intesi?»

«Vuoi che veniamo all'ippodromo con te, stasera? Tutti quanti? Perché?», chiede Tyler a Ryan.

«Sì.», dice Ryan. «Verrete tutti quanti.»

«Ryan, che cosa stai facendo?», domanda Killian con voce venata di perfidia.

«Sistemo i vostri disastri. E soprattutto... Io ragiono, Killian.», Ryan fa scattare le sopracciglia in alto, con gesto di supponenza e rifiuto. «Così non devi farlo tu.», dopodiché esce dalla cucina, lasciando dietro di sé un silenzio opprimente.

«Siamo proprio fritti.», conclude Paxton.











Bea

Mi sono coperto il viso con dieci tonnellate di fondotinta, pur di nascondere le mie sembianze infantili, e poi ho avvolto il mio corpo gracile in una pelliccia di volpe, che è il doppio di me.

Qui fuori si gela dal freddo.

Io, mia zia, e i miei cinque cuginetti sostiamo davanti casa Mackenzie per almeno due minuti buoni prima che la signora Mackenzie ci venga ad aprire con un falso sorriso stampato in faccia.

Sospetto che lei ci abbia invitato soltanto per buon vicinato. «Entrate, forza!», ci incoraggia lei, con un sorriso finto che le deforma la faccia.

«Ho portato una candela al profumo di cannella Helen, spero ti piaccia.», dico porgendogliela e lei mi riserva un'occhiata cupa, e mi lascia con la candela in mano.

«Non credevo che venisse anche tua nipote.», sussurra Helen a zia Rosalinda.

All'interno della casa c'è molto più calore, e la tavola è imbandita.

Ci sono le candele, le ghirlande e i centropiatti di bronzo.

Un tacchino fumante troneggia al centro del tavolo.

«Prendete posto!», dice Helen, mentre io passo in rassegna dei volti presenti.

Oltre ai Mackenzie e Paxton, ci sono Arya e suo padre, che corro ad abbracciare, poi vado a stritolare Cassie, che sembra essersi rimessa rispetto all'ultima volta che l'ho vista.

Mallory e Connell vanno ad abbracciare Tyler.

Frank Donovan guarda Ryan con odio.

Dopodiché c'è una signora anziana a capotavola con i bigodini e un cappotto nero con le piume che non si è ancora tolta, che sta parlando con Gary il poliziotto di quartiere e fuma come una ciminiera.

Un gruppo di signore che fanno parte del club di cucito della signora Mackenzie spettegolano tra loro.

C'è Tyler che sta chiacchierando con i suoi migliori amici, mentre Mallory prova a fargli una coda: Lucas, Mathias e Samuel ridono.

Ah, ma ci sono anche gli amici di Tyler...

Mi siedo, il più lontano possibile da Lucas dato che è da quando ci siamo presi una pausa che non ci parliamo più, e comincio a chiacchierare con le mie amiche di argomenti neutrali come la scuola, o al massimo dell'ultima puntata del reality sulle Kardashian.

A metà del pranzo mi accorgo di un dettaglio particolare.

Tutti i ragazzi presenti in questo tavolo indossano i maglioni fatti a mano della signora Mackenzie, tranne me, per la quale a quanto pare Helen non vuole sprecare neanche un filo di lana.

Ma la cosa che mi fa stare più male, non è neanche l'ostilità della madre di Tyler nei miei confronti bensì il fatto che Tyler ha deciso di ignorare la mia presenza di fronte ai suoi amici, mentre quando siamo in camera sua a studiare o in sala prove a ballare non sembra così distaccato nei miei confronti....

Okay, forse non mi sta del tutto ignorando.

Rimane seduto là al suo posto, senza dirmi nulla. Si limita solo a far dondolare la gamba, avanti e indietro, e a guardarmi.

Non ho idea di cosa voglia, e non mi va di tirare a indovinare.

Tutto procede in allegria, fino a quando non arriviamo al dolce.

«Frank, scusa mi potresti passare il pudding?», chiede Ryan al padre di Arya.

Il quale risponde placido: «Con sommo dispiacere

Ma la scivolata del padre di Arya viene camuffata dai colpi di tosse delle amiche del club di cucito della signora Mackenzie.

Una volta finito di mangiare, la signora Mackenzie si alza per sparecchiare, e scatta sull'attenti anche Cassie, che le chiede alle spalle: «Helen posso aiutarti? Serve che lavo i piatti?»

«No Cassie cara, in cucina faccio io, però puoi sistemare i vestiti che sono sulla cesta di panni sulla lavatrice se vuoi!», e lei sale di corsa le scale.

Tyler coglie l'occasione per alzarsi, si avvicina a me fissandomi. «Ei, non si saluta neanche più gnometta?»

«Ciao, stronzo.», ribatto.

«Come sei dolce.», dice lui divertito.

«Come sei divertente.» replico infastidita, ma il suo profumo di vaniglia mi fa completamente sciogliere e ammorbidire nei suoi riguardi.

Soprattutto quando abbassa la testa e mi respira sul collo.

«Come sei sfacciata.», inizia.

«Come sei arrogante.», ribatto.

«Come sei bella.», finisce e il mio cuore smette di battere.

È più forte di me...

Se lui mi sta vicino, mi sento protetta e sicura, non ho più paura di nulla, e soprattutto sono certa che tutto nella mia vita andrà per il verso giusto.

Non sono neanche più arrabbiata con lui, per avermi ignorata fino ad ora, accidenti!

«Mi fumo una sigaretta.», dice al mio orecchio. «Esci un attimo qua fuori con me?»

Prendiamo i cappotti e usciamo di casa, in veranda.

Tyler si accende una sigaretta, e non la smette di fissarmi.

«Che c'è?», lo esorto, fissandogli le labbra rosse e carnose, spaccate di sangue per via del freddo. «Che hai?»

«Sono davvero arrogante?», ammicca.

«Così arrogante che le critiche ti rimbalzano addosso.», dico.

«Sono una battaglia persa.», mormora.

«O santo cielo, piantala di fare l'incompreso.»

Si avvicina a me, obbligandomi ad incollare la schiena sulla parete, vicino alla sedia a dondolo.

Quella sedia a dondolo dove ci siamo baciati.

«Perché sembra che tu non riesca a starmi lontana?», mi rimprovera, sollevandomi il mento e obbligandomi a guardarlo. «Avevamo stabilito che con Luke nei paraggi tu ed io dovessimo mantenere le distanze.»

«Be' mi dispiace ... Non sarei voluta venire nemmeno io!», ribatto. «Ma tua madre ha invitato mia zia, e da quando tu mi hai fatta licenziare, si dà il caso che io viva sotto lo stesso tetto di mia zia e quindi non ho potuto oppormi. E comunque non sapevo che avresti invitato anche Lucas!»

«È perché ti ho baciata, vero?», ribatte atono. «È questo il tuo problema?»

Sento il mio cuore sprofondare: non avevamo più affrontato quest'argomento prima di ora, e il fatto che lui ne parla così sfacciatamente...

«Ma cosa stai dicendo?»

«Per questo non mi riesci a stare lontana, vero? Per il bacio che ti ho dato quella notte in cui ero ubriaco.»

«Se te lo ricordi, allora non eri così ubriaco, dopotutto.», rifletto.

La sua voce scatta secca come una trappola per topi.

«Non riesci a smettere di pensarmi, Beatrix.», piega le labbra in un sorriso insolente e compiaciuto. 

Spalanco la bocca per la sorpresa.

«Smettila di trattarmi come se fossi una di quelle tante ragazze ossessionate da te...», ringhio con astio.

«Non lo sei?»

«Nient'affatto!»

Ride mollemente.

«Lo sei Evans... Da quando ti ho baciata sei ossessionata da me. Non fai altro che guardarmi e supplicarmi con gli occhi.»

«Supplicarti di cosa?»

Osserva con libidine le mie labbra.

«Di farlo ancora...»

Megalomane del cavolo.

Eppure, il mio cuore si stringe, quando le sue mani trovano le mie guance, e avverto tutto il suo calore penetrarmi nella pelle.

La punta del suo naso sfiora la mia, e mi bacia.

È un bacio caldo e appassionato.

Consapevole.

Contiene tutto il calore, la forza e la dolcezza che impersonificano Tyler. 

La sua lingua calda si attorciglia alla mia, incatenandomi a questo bacio che sa di beatitudine.

Capisco con una chiarezza che mi strizza le viscere che niente e nessuno avrà mai il suo sapore.

Preme il petto contro il mio, ed entrambi gemiamo, sconvolti dalla potenza di questo bacio.

Mi infila il ginocchio tra le gambe.

Strofina vergognosamente la sua erezione sulla mia pancia.

Sussulta e preme contro i jeans.

Non saprei dire quando le nostre labbra si staccano, so solo che le sue mani dopo il nostro bacio rimangono premute sulle mie guance e il suo naso sfiora il mio, facendo su e giù.

«Accidenti, ti detesto.», dico con una risata.

«E li baci tutti così quelli che detesti, oppure io sono un'eccezione?», dice mozzicandomi poi una guancia che si era atrofizzata dal freddo.

Comincia a mozzicarmi e baciarmi dolcemente le guance.

Sono totalmente assuefatta da lui.

Le parole mi muoiono sulle labbra

Non si può rispondere a Tyler Mackenzie, lui ha sempre quel modo di fare che ti colpisce, che non ti consente di scappare.

Dopodiché la porta si spalanca, e sbuca la testa riccia di Mathias. «Ei, Ty stiamo per giocare a poker, quanti soldi punti alla prima mano?!»

«FUORI DAI COGLIONI.», ringhia Tyler e Mathias, perplesso, rincasa e poi Tyler torna a fissarmi negli occhi e a ridacchiare. 

«Che bravo ragazzo.», commento.

«E ci verresti tu stasera con me in un posto da bravo ragazzo?»

«Dove

«All'ippodromo.», dice. «Ho fatto una specie di cazzata, sai? E ora mi tocca rimediare.»

«Ah come tuo solito.»

Sorride e sbuffa dalle narici. «Però con la scusa potresti uscire con me. Dopo che avranno finito di giocare a poker farò sloggiare Lucas da casa mia. Dai, dimmi che ci stai. Sarà divertente. Hai mai visto una corsa di cavalli in vita tua?»

«Non esattamente.», ribatto. «Mi sembra una cosa da mafiosi, Tyler.»

«Ci saranno anche le tue amiche.», insiste.

«Sei sicuro?», domando sospettosa. «Se Cassie e Arya andassero alle corse questa sera me l'avrebbero detto.»

«Se non ti fidi della mia parola, torna dentro e chiediglielo.»

Sembra sincero.

Mi mordicchio il labbro inferiore, indecisa. «Mmm, va bene, dai. Ci sto

Cassie

Impilo i maglioni profumati di Tyler, appena stirati da Helen, nel suo armadio, come mi ha chiesto la signora Mackenzie, prima di tornare giù e continuare con i festeggiamenti.

Questa camera è in assoluto quella più disordinata fra tutte, non so come faccia Tyler a vivere in mezzo a questo disastro...

Esco, e imbocco il corridoio, facendo un cenno di saluto a Helen che sta passando l'aspirapolvere.

Nonostante il fracasso sia una massa indistinguibile di risate e urla, si sentono le voci dei fratelli Mackenzie fin quassù.

Quando torno nella stanza di Clayton, prendo un bel respiro; apro i cassetti e ci infilo alcune delle camicie che gli ha stirato sua madre.

Apro l'armadio, ampio, a due ante, e sistemo il resto delle felpe e dei pantaloni.

Gli indumenti di Clayton sono enormi, e nel piegarli mi rendo conto che sono quasi il doppio dei miei.

Si dice che la taglia non sempre è garanzia di potenza, ma nel caso di Clayton be' devo dissentire...

Sono giorni che io e lui ci ignoriamo, specie dopo ciò che mi è successo in quella stanza delle torture...

È come se Clayton soffrisse anche solo a parlarmi, come se non mi volesse qui tra i piedi e io in casa cerco di rendermi utile, pur di non pensarci.

Capita sempre, per esempio, che a cena apparecchi e sparecchi, prendendomi davvero poco tempo per mangiare.

Quando siamo a tavola, parlo solo con Helen e Tyler, il quale ha sempre un costante occhio di riguardo nei miei confronti, dettaglio che sembra mandare Clayton su tutte le furie.

Faccio di tutto pur di placare il senso di inutilità che mi perseguita, ma quasi nulla sembra funzionare...

Qui non sto del tutto male.

In realtà, mi piace la vita movimentata di questa casa, ma fremo internamente per tornare a casa mia, per vedere mia madre, poterle parlare, poiché sono sette giorni che non ho il cellulare e non so come chiamarla...

Ma Clayton mi ha fatto promettere di rimanere qui fin tanto che le cose con gli italiani non si sarebbero sistemate.

Forse dovrei cercare di escogitare un piano di fuga...

Ma dubito, comunque, che potrei farcela senza farmi beccare all'istante da Clayton.

È per questo che non ci ho nemmeno provato. Lo so già, che sarebbe del tutto inutile.

Continuo a sistemare l'armadio di Clayton finché non si riempie, e comincio ad aprire i cassetti.

Una felpa nera, con un logo centrale mi colpisce e la afferro.

Il logo appartiene alla prestigiosissima università della Brown.

«Ti piace curiosare tra la mia roba?», domanda una voce fredda e pungente, alle mie spalle.

Clayton è poggiato allo stipite della porta, e mi sorride enigmatico.

Provo a rispondere, ma mi accorgo di avere la bocca straordinariamente arida.

Avvampo, e ripiego la sua felpa sul letto, con fare impacciato. «Sto solo sistemando la tua camera. Non stavo curiosando

Sollevo lo sguardo nella sua direzione: è ancora appoggiato allo stipite della porta. Aggrotta la fronte.

Provo un tuffo al cuore, e più lo guardo il mio cuore inizia a gonfiarsi, premendo sulle costole.

Clayton indossa una maglietta nera, un po' larga, una collana d'acciaio, e le mani pallide sono infilate nelle tasche anteriori dei jeans.

C'è qualcosa di diverso in lui rispetto a quando eravamo a tavola.

Ah si!

Si è tolto il maglione di lana rosso che gli ha regalato sua madre...
Non ha resistito con quello addosso.

Osservo gli avvallamenti e le ombre scolpite nel suo collo e nelle sue braccia. I chiaroscuri della sua muscolatura e dei suoi tatuaggi.
La sua aria selvaggia e incazzata.
Quell'atteggiamento da pericolo pubblico che lo rendono così schifosamente bello.

Ghigna. «Ormai ti sei presa la mia camera.»

«È stata una tua scelta.», gli ricordo, mozzicandomi il labbro inferiore. «Mi hai permesso tu di usare liberamente la tua stanza.»

Aggrotta la fronte. «Ma certo. Usa pure ciò che vuoi. Tanto ormai mi sta bene.»

«Ti sta bene cosa?»

«Che ti prenderai molto più di quanti entrambi abbiamo pattuito.», dice con voce roca e amara. «Te lo sei già presa.»

Perché ho come l'impressione che ora non stiamo più parlando della camera?

«Comunque sei tu.», sottolineo con finto rancore. «Che sei venuto a curiosare dalle mie parti. Come mai, Clay?»

«Eri nella mia testa.», sussurra e mantiene il contatto visivo fin quando io non guardo da un'altra parte, rossa in volto.

«Questa mattina non sembrava, io fossi nella tua testa: appena mi hai vista te ne sei andato subito. Come se stessi cercando di evitarmi!»

«Quando stavi tagliuzzando zucchine? Se ci tenevi tanto che rimanessi, potevi evitare di puntarmi addosso un coltello.»

«Ti ho detto che non l'ho fatto di proposito!», ribatto indignata, ma lui mi risponde con un immancabile sorriso.

«Tranquilla.», dice. «Scherzo.»

Piccata, poiché non riesco mai a distinguere da quando è serio oppure no abbasso lo sguardo.

«E comunque, cosa ci fai con la felpa della Brown nel cassetto?», dico dissimulando.

«La vorresti tu, per caso?»

In effetti, è una bellissima felpa.
E profuma.
Profuma di lui come se qualche volta l'avesse indossata...

«Non sviare.», taglio corto, reprimendo l'istinto di dire sì. «Perché hai questa felpa?»

«La Brown mi ha offerto una borsa di studio, in passato.», dice severamente. «Ma questo tu lo sai, giusto? Dato che eri lì, quando quel giorno il preside mi ha convocato nel suo ufficio... La felpa era un piccolo gadget che mi hanno spedito per incentivarmi ad accettare l'offerta.»

Immagino Clayton, un ragazzo così brutale ma elegante, in un ambiente raffinato come il College.

«Perché hai rifiutato?», domando confusa. «Una borsa di studio per la Brown è un'opportunità più unica che rara.»

«Legge non mi interessa.»

«Sicuro, Clay? Eppure, riesco a immaginarti benissimo avvocato; con la cravatta e tutto il resto, presumibilmente impegnato a far condannare le persone.»

Ridacchia con verso tagliente. «La prospettiva di rimanere qui a Manhattan era molto più divertente.»

«Certo come no.»

«Dico sul serio.»

«Stare seduto al pc tutto il giorno, la trovi una cosa divertente?», inarco le sopracciglia e indicando il suo portatile di ultima generazione. «Lo trovi meglio che, ad esempio, esercitare la professione dell'avvocato?»

«Da un pc puoi controllare il mondo.», replica assorto in una forma di indeterminata follia. «Potrei fare molta più giustizia seduto davanti a un pc, di quanto non potrebbero fare le istituzioni. Potrei essere il dio di un nuovo mondo...»

«Okay, okay Light Yagami...», taglio corto, cogliendo la citazione, e lui ridacchia. «Ho afferrato il concetto.»

«Hai qualche altra domanda?»

«Sì. Non ti pesa stare da solo tutto il giorno, davanti al computer, oppure insieme ai tuoi fratelli? Non hai voglia di andare al college, conoscere gente, fare nuove esperienze...?»

«A volte non vale proprio la pena, avere un rapporto con gli altri essere umani.»

Lui è un pericolo mortale, con quegli occhi che sono due braci nere; lui possiede il fascino di chi se ne sbatte dei principi morali.

«Ma alcune volte invece sì?», insinuo titubante.

Fa un sorriso obliquo. «Sì... alcune volte sì.»

Avvampo, e abbasso lo sguardo, incapace di sostenere il suo.

«E tu cosa vorresti studiare?», sonda il terreno.

«Letteratura.», sorrido. «La Brown è una delle università per le quali farò una domanda d'iscrizione. Potremmo cominciare a studiare insieme per i test di ingresso... Che ne dici? Sarebbe davvero un peccato se tu non ricominciassi a studiare, sei un ragazzo davvero brillante. Ti prego dimmi di sì... Dimmi di sì come regalo di Natale!»

Trasuda sdegno ironico, forse perfino disprezzo, mentre rimane sul vano della porta a fissarmi cupo.

«Tu non ti rendi conto, vero?»

«Di cosa dovrei rendermi conto?»

«Che potresti chiedermi qualunque cosa, e la mia risposta sarebbe comunque sì.»

È come se un mattone mi fosse appena caduto sullo stomaco.

«Penso che ne approfitterò, sai?»

«Mmm. Sentiamo. Quali sarebbero le tue richieste?»

«Voglio vedere mia madre.», dico scoprendo di avere la bocca asciutta. «Non le parlo e non la vedo da una settimana. Non so neanche se sta bene. Se ha bisogno di qualcosa... Se...»

Clayton avanza lentamente nella mia direzione, senza smettere di guardarmi negli occhi, e solo quando è a un metro da me, abbassa lo sguardo sulle bende che coprono i miei avambracci. «Lei si è mai preoccupata per te?»

Scrollo la testa, in segno di dissenso. «Non puoi tenermi rinchiusa qui dentro per sempre Clay.», sospiro, esausta.

Il suo profumo intenso e maschile mi inebria, fino a confondermi. «Sicura

I nostri occhi rimangono agganciati per un'infinità di tempo, finché non decido di rispondere ancora. «Sono stata qui per una settimana, evitando i contatti con il mondo esterno, perché sapevo che era l'unico modo per restare al sicuro, ma ora non posso più nascondermi. Ho bisogno di uscire, ho bisogno di vedere le mie amiche fuori da queste quattro mura, e di andare a scuola, una volta finite le vacanze.»

Inclina la testa di lato, pensieroso. «Dopo la riunione con i miei fratelli, c'è la possibilità di un cambio di programma. Stasera.», dice. «Verrai con me all'ippodromo. Mettiti un vestito elegante. Io e i miei fratelli abbiamo due stronzi da rimettere in riga, e mi servi tu Cassie.»

«Ti servo per cosa?»

Lui mi fissa per un momento, con la mascella che si contrae, poi trae un respiro profondo e fa una risata morbida e amara.

«Per conservare un po' di decenza e di autocontrollo.»

In mia presenza eviterebbe di cedere alla violenza ?

«Cosa si fa all'ippodromo?», mi informo sospettosa.

Sorride sfrontato. «Si guardano le corse dei cavalli, principalmente, e poi si ritirano le scommesse, si massacra la gente...», sfodera un ghigno macabro ed elegante. «Scherzo ovviamente. Le corse dei cavalli non si guardano poi così tanto, dopotutto.»

Ignoro la sua squallida battutina.

«Non era questo quello che mi avevi promesso.», gli rinfaccio e il suo viso magnetico e bellissimo così vicino al mio mi fa sussultare.

«Non ti ho mai promesso un giardino di rose.», obietta.

Mi irrigidisco. «Tu... Tu...», balbetto sommessamente incapace di articolare l'insulto a parole...

«Io, io...cosa?», cantilena prendendomi in giro.

«Sono senza parole.», espiro esausta.

«Vuoi mettere il naso fuori di casa o no

«D'accordo, 'fanculo le tue promesse. Ma sappi che non sono più disposta a vivere in quest'isolamento, Clayton.», m'impunto, mantenendo un tono indulgente e pacato. «D'ora in poi non me ne starò più chiusa in casa a stirare i panni tuoi e dei tuoi fratelli. Non sono vostra madre.», deglutisco. «Ehmm... Con tutto il rispetto per vostra madre.»

Clayton ha una bellezza perversa. È cattivo, ma la cosa più terribile è che lui a essere cattivo è molto bravo.

Mi afferra per i fianchi, e mi trascina contro di sé, facendomi mancare il respiro.

Indietreggia, finché non posa le spalle contro la parete. 

Mi tocca con controllo studiato e con meticolosa attenzione.

Lotto contro il suo fisico marmoreo, invano e assorbo il piacere che questo contatto mi concede.

«Attenta. Potrei sul serio renderti la vita difficile.», sussurra roco, concedendomi un sorrisetto diabolico e soffiandomi sulle guance e avvolgendomi da un piacere caldo che si irradia nello stomaco.

«Accidenti... chissà com'è avere una vita difficile.», borbotto.

«Fai poco la spiritosa.»

La sua presa violenta sui miei fianchi si fa sempre più forte, e io cerco di divincolarmi, ma lui non me lo permette.

«Se non mi lasci.», lo minaccio, afferrando l'abat-jour dal comodino e sollevandola a mezz'aria. «Ti spacco la testa con questa Clayton...»

Clayton socchiude le palpebre.

Piega la testa all'indietro contro la parete.
Sorride, mostrandomi le sue fossette.

Il mio animo si scioglie all'istante.

«Cenerentola, credimi, non vorresti vedere cosa ho nella testa.»

Non riesco a recuperare il respiro, con lui così vicino...

Poso la lampada.

Deglutisco, alternando le mie iridi nelle sue. La sua presa sui miei fianchi si allenta, e i nostri cuori accelerano.

Premo il mio palmo contro il suo petto...

Sento pulsazioni ovunque. 

Ma allora ce l'ha un cuore.

E sta perfino battendo all'impazzata.

«E cosa avresti Clayton nella testa in questo momento? Che pensi

Gli accarezzo il petto, ma lui fa una smorfia di disappunto, avvolge la mia mano nella sua e i suoi occhi si deumanizzano.

C'è una cosa che ho capito di Clayton.

Il contatto gli piace solo quando è violento; oppure, quando è lui a imporlo.

Altrimenti, per lui, diventa una vera e propria tortura.

Le sue labbra gommose si schiudono, mi sorridono, tremano e poi si serrano severamente.

«Penso che ti ho dato molto vantaggio per permetterti di scappare da me. Ma adesso che ti ho presa, se solo osi scappare, Cassie, ti scaravento su quel letto e non ti faccio uscire da questa stanza mai più.», dice serio.

Provo un brivido di piacere lungo la schiena.

Mi rendo conto di essere difettosa.

Il bacio con Clayton ha risvegliato dentro il mio corpo qualcosa che prima d'allora era sempre rimasto inattivo.

Da quel momento, non faccio altro che bramare le sue labbra.

Desidero una sua invasione fisica all'interno del mio corpo, così disperatamente, che mi viene difficile perfino nasconderlo, sebbene io non voglia affatto questo contatto fisico!

«Le tieni tutte prigioniere le ragazze che ti piacciono? Oppure ti comporti così solo con me?», lo stuzzico.

Accosta le labbra al mio orecchio, emettendo una risata soffocata, forse per via del fatto che ho apertamente ammesso di pensare di piacergli, e la sua grande mano mi afferra una natica con forza.

«Solo con te.», sussurra.

«E quali altre cose fai solo con me?», mi azzardo a domandargli, ma per farmi uscire la voce devo mozzicarmi il labbro inferiore.

Clayton

La guardo negli occhi e mi rendo conto di quanto in questi momenti io sia facilmente controllabile.

Da lei.

Lei è lì che mi fissa, davanti a me, e io in lei vedo la mia fine.

Voglio sentirla addosso, a stretto contatto.

So che percepisce la mia erezione così come io percepisco la sua eccitazione risvegliarle tutti i sensi.

Le afferro il mento e la avvicino a me.

Poso le mie labbra sulle sue, e un incendio mi apre il petto. Il dolore e il piacere si mescolano assieme dandomi sensazioni uniche.

Muovo la mia lingua calda dentro la sua bocca per ricercare la sua, che invece è timida.

«Questo.», le dico sulle labbra.

Bacerei così solo te.

In effetti, non ho mai baciato nessuna così.

Si allontana per riprendere fiato, mentre invece io ne vorrei ancora.

Cassie non bacia come la bacerei io.

Io le divorerei le labbra, mi ciberei dei suoi desideri.

E Cassie sembra troppo innocente per assecondarmi in tutto questo.

Ansima, mentre i suoi occhioni cercano i miei. «È così con le altre persone?», chiede timidamente.

So perfettamente a cosa si riferisce.

«No.», ribatto sicuro. «Non è affatto così con le altre persone.», deglutisco un po'. «Baciami e non ti fermare.», le ordino.

Le infilo una mano dietro la nuca e la spingo contro di me, mentre con l'altra le palpo una natica con forza.

Lei mugola qualcosa, o semplicemente emette un gemito. Poi chiude gli occhi e si lascia andare, strusciando il proprio bacino contro il mio.

Le sue labbra sulle mie mi procurano una sensazione strana. Non ho mai provato tanto in vita mia.

Sì, la voglio proprio così, proprio qui.

La spingo contro di me, fino a farle aderire il seno al mio torace.

Il tessuto sottile dei leggins le avrebbe permesso di eccitarsi, mentre urta contro la mia durezza.

Più la bacio, più la desidero.

La voglio così tanto da non sentire più alcuna ragione.

Infilo un dito dentro le sue cosce protette dai leggings, nel solco tra i glutei. E scendo fino alla sua fessura, che trovo bagnata e stretta me, solo per me, perfino attraverso il tessuto dei suoi pantaloni.

Cassie preme la fronte sull'incavo del mio collo, mentre geme a causa del piacere, anzi stordita dal piacere...

Neanche la sto toccando, praticamente, e già freme dal piacere.

E io ho un inarrestabile desiderio di slacciarmi i pantaloni.

Ma devo fermarmi prima di correre il rischio di andare oltre.

E so che lei non è ancora pronta.

Non è ancora pronta a me.

«Torno di sotto.», pronuncio sorridendole. «Prepara un vestito da mettere stasera.»












💫💫💫💫

Spazio Autrice

"Non è ancora pronta a me"👀🧘🏽‍♀️💀✋ALT che intendi, Clay?

Eccoci arrivati alla fine di questo capitolo. ❤️‍🩹

In realtà il capitolo dedicato al tema natalizio non finisce con il 39.

Perché nel prossimo, il 40, si parlerà della famosa corsa di cavalli e che si terrà appunto la sera di Natale stessa...

Se vi va di commentare insieme, vi aspetto su ig: scarlettxstories. 🩷

Alla prossima!:)

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