Magnetic

By sjalexza

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รˆ possibile non sentirsi in grado di provare nulla? รˆ possibile vivere di costante competizione? รˆ possibile... More

โœจCASTโœจ
DEDICA..๐Ÿฉทโœจ
CAPITOLO 1.
CAPITOLO 2.
CAPITOLO 3.
CAPITOLO 4.
CAPITOLO 5.
CAPITOLO 6.
CAPITOLO 8.
CAPITOLO 9.
CAPITOLO 10.
CAPITOLO 11.
CAPITOLO 12.
CAPITOLO 13.
CAPITOLO 14.
CAPITOLO 15.
CAPITOLO 16.
CAPITOLO 17.
CAPITOLO 18.
CAPITOLO 19.
CAPITOLO 20.
CAPITOLO 21.
CAPITOLO 22.
CAPITOLO 23.
CAPITOLO 24.

CAPITOLO 7.

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By sjalexza

Ho sempre desiderato essere la protagonista di un libro, ma non un libro qualunque.
Ho sempre desiderato salire al potere, ma senza usurpare gli altri.
Ho sempre desiderato andare avanti, ma senza schiacciare le idee altrui.
Insomma, ho sempre desiderato farcela ma senza essere accecata dai riflettori.
Da piccola c'erano volte in cui i bambini mi chiamavano strana, soltanto perché non avevo le loro stesse idee.
Io non volevo essere la principessa salvata dal principe, ma quella che riesce a combattere contro tutto e tutti per i suoi ideali.
Io volevo andare avanti senza dover ricorrere a doppi giochi, perché li ho sempre odiati.
Io volevo semplicemente dire di avercela fatta senza aver prima fatto male a qualcuno.
Ma questo non è mai successo perché non sono mai riuscita a contenermi.
Ho sempre provato ad essere gentile con tutti ma a quale prezzo?
Alla fine, crescendo, ho imparato che devi schiacciare gli altri per evitare di essere schiacciata a tua volta.
Non me l'ha insegnato nessuno, semplicemente l'ho imparato vivendo e venendo schiacciata dalle persone che io ritenevo mie amiche.
Dalle persone per cui io avrei dato me stessa e anche di più.
Quando aiuti qualcuno, ti aspetti che nel momento del bisogno quella persona sarà lì, a tenderti la mano e a portarti a galla quando stai affondando.
Ma non sarà così.
Le persone uccidono pur di non essere uccise, mentono pur di salvarsi la pelle e fanno il doppio gioco per arrivare primi quando tu volevi semplicemente un sorriso o una luce in quella buia galleria in cui eri rimasta bloccata.
Ma niente.
Ho incontrato pochissime persone nella mia vita, capaci di aiutarmi.
Gli altri hanno sempre fatto finta di niente, perché chiedere "come stai?" era troppo difficile.
Allora, ho imparato a farne a meno.
Me la prendevo se nessuno mi invitava per prendere anche solo un caffè, così ho imparato ad uscire da sola.
Ho imparato che devi essere un passo avanti a loro mantenendo stretti i tuoi ideali, solo così si riesce a camminare a testa alta.
Io sono andata avanti così, dicendo a me stessa che non mi interessava se non venivo considerata ma sapevo che non era la verità.
Sapevo che quelle pugnalate al petto, trasformate poi in cicatrici, non si sarebbero rimarginate tanto presto.
Ancora oggi sanguinano ed io con loro.
<<Sveglia, bambina! Il sole è alto e ti sta aspettando!>>
<<Joanne, non urlare di prima mattina...>> Sbuffo, lamentandomi.
<<Ero già sveglia, stavo solo pensando.>>
<<A cosa? Cosa ci sarà mai da pensare prima di una buona colazione?>> Strabuzzo gli occhi, ritrovandomela davanti con un vassoio argentato, contenente brioshe, caffè, succo d'arancia, biscotti e chi più ne ha più ne metta.
<<Buon compleanno, bambina mia.>> Mi appoggia il vassoio sulle gambe e si avvicina a me per darmi un bacio sulla fronte.
<<Grazie.>> Sorrido, abbassando la testa.
<<Come ti senti?>>
<<Come al solito, perché?>>
<<Per chiedere, ora mangia forza.>> Mi sorride, non soltanto con la bocca ma anche con il cuore di una persona buona e dolce come lei.
Si sposta una ciocca dei capelli color ebano dal viso, prima di uscire dalla stanza.
Una volta che si è chiusa la porta alle spalle, faccio un profondo respiro e, con ancora il vassoio sulle gambe, prendo il telefono e controllo le ultime chiamate.
Neanche il tempo di mettere il codice di sblocco che mi arrivano una valanga di messaggi di Allison, così decido di chiamarla.
Dopo neanche due squilli, risponde.
<<Buongiorno, bellezza! Tanti auguri!>> Allontano il telefono dall'orecchio, sentendo le sue urla.
<<Ciao, Ally... grazie. Sei stata sveglia fino a mezzanotte per darmeli?>>
<<Ovvio.>> La sento sbadigliare, dall'altro capo del telefono.
<<Mi spiace non averti risposto, stavo già dormendo.>> Addento un pezzo di brioche.
<<Non dire cavolate, non ti devi scusare, ed ora passiamo alle cose importanti.>>
<<Del tipo?>> Devo dire che Allison mi fa paura a volte.
<<Del tipo che devi tenerti pronta per le 20:00.>>
<<No, Allison, non mi va di->> Vengo interrotta, prima di finire di parlare.
<<Ti sembrava una domanda la mia, tesoro? Ogni anno che passa diventi sempre più ingenua.>> Alzo gli occhi al cielo.
<<Uno, non alzare gli occhi al cielo, due ti voglio bene e tre... non c'è un tre, ci vediamo stasera.>> Prima di darmi il tempo di replicare mi attacca in faccia.
Come fa a sapere che ho girato gli occhi?

                            
                                    🎧

Dopo aver finito la colazione, mi sono vestita indossando una semplicissima tuta grigia.
Oggi devo andare all'università soltanto per consegnare dei moduli, non devo fare lezione quindi non mi sembra il caso di vestirmi come al mio solito.
Metto a posto le ultime cose in borsa e prendo gli occhiali da sole.
Sarà pur sempre settembre ma il sole, a Londra, oggi non manca.
Joanne, prima, è anche entrata in camera per riordinare un po'.
Volevo farlo io ma ero sotto la doccia e non l'ho proprio sentita, quindi ora mi ritrovo semplicemente a scendere le scale.
Appena raggiunto il salone, ritrovo Megan intenta ad allacciarsi le scarpe.
Appena faccio un passo verso di lei, i suoi grandi occhi azzurri incontrano i miei.
Lascia perdere le scarpe e si avvicina, mettendomi le braccia al collo.
La stringo a mia volta.
<<Buon compleanno, Hazel.>>
<<Sto invecchiando.>> Lei ride, dopo questa mia affermazione.
<<Forse, ma rimani comunque bella e senza rughe... al contrario della mamma.>>
<<Megan Turner! Le mie non sono rughe... sono semplicemente frutto dello stress che mi provocate.>>
Mi volto e vedo mia mamma, sulla soglia della porta con le braccia incrociate al petto in un espressione divertita.
<<Certo, certo.>> Tengo il gioco a Megan, finché mia madre non si avvicina a me per abbracciarmi a sua volta.
<<Tanti auguri, stai diventando grande.>>
<<Sara, la stai strozzando.>> Papà la allontana da me, con un sorriso in volto.
<<Oh, zitto... non la vedi quando è diventata grande. Ventisei anni si compiono solo una volta, dopo tutto.>> Lui scuote la testa, dandomi un bacio sulla guancia.
<<Auguri, Hazel.>>
<<Tuo fratello ti ha già chiamata?>> Aggiunge, ed io scuoto la testa.
A dire la verità, non lo sento dalla sera della cena con i Lewis.
Ricordo che mi aveva solamente lanciato un'occhiata di rimprovero, ma ha preferito non parlarmi quindi io, essendo una ragazza molto matura, ho fatto in modo di non ritrovarmi a casa per non salutarlo.
Lo so, non sono per niente permalosa.
<<Hai programmi per oggi, tesoro?>> Domanda mamma, intenta a preparare il suo caffè, come al suo solito.
<<Stasera devo vedermi con Allison, mentre stamani devo solamente andare all'università per consegnare alcuni moduli.>> Prima che facciano altre domande, mi precipito verso Megan per darle un bacio sulla testa.
<<Mi devi un gelato, Maggy.>> Le sorrido ma lei non fa lo stesso.
<<Vai, Hazel. Farai tardi.>> Annuisco e mi incammino verso la mia macchina.
Appena parto con la mia Mercedes bianca, penso e ripenso a Megan.
In questo periodo è distante, forse più del solito.
Non sorride e se lo fa, è solamente per occasioni speciali.
Non capisco cosa la affligga tanto, non riesco proprio ad immaginarlo o anche solo a pensarlo.
E se avessi fatto qualcosa io?
Se l'avessi ferita con i miei modi bruschi?
Devo chiederglielo e, in tal caso, farmi perdonare in qualche modo.
Accosto l'auto e scendo.
Una volta tolti gli occhiali da sole, noto che hanno tagliato l'erba del giardino, adesso è molto più carino e curato.
Non perdo tempo e entro ma, appena varco la soglia della segreteria, vengo fermata da una figura minuta con gli occhiali.
<<Tanti auguri, Hazel!>>
Leila.
Le sorrido, riconoscente.
Come ha fatto a ricordarsi questo giorno? Non ricordo di averglielo detto.
<<Non mi sembra di averti mai detto che il 24 Settembre è il mio compleanno.>> La vedo tentennare per un attimo ma alla fine sospira.
<<Già, in realtà non lo sapevo... me l'ha detto... oddio, la ragazza bionda, alta e->>
<<Allison, dovevo immaginarlo.>> Sorrido, scuotendo la testa.
<<Sì, lei! Non ci siamo viste molte volte, ma sapeva che siamo compagne di corso quindi ha pensato bene di dirmelo perché->> Si tappa la bocca con le mani, per non finire il discorso.
Inarco un sopracciglio.
<<Perchè?>> La invito a continuare ma scuote la testa.
<<Va bene, ti ha detto di non dirmelo e ti è scappato, giusto?>> Fa sì, con la testa.
<<Centra con stasera?>>
<<Ci vediamo, Hazel!>> Fa per andarsene ma la blocco sul tempo.
<<No, no, adesso mi dici cosa succede.>>
<<Non ci penso nemmeno, non riesco a mantenere i segreti lo sai! Per questo ti ho esplicitamente detto di non riferirmi mai nulla!>> Non l'avrei fatto comunque perché non dico mai nulla a nessuno, ma lo tengo per me.
Alla fine, decido di lasciarla stare.
Non voglio si senta in colpa se le dovesse scappare dell'altro, so com'è fatta Leila.
È una ragazza simpaticissima e con grande carisma ma il suo difetto più grande è proprio questo: non sa mantenere neanche il più piccolo dei segreti.
Non lo fa apposta, la conosco bene, ma è così.
Però, uno dei suoi più grandi pregi è che non è falsa.
Dal primo giorno in cui abbiamo parlato, ormai vari anni fa, mi ha detto di non dirle mai nulla per questo suo problema e io le avevo sorriso, perché ci sono tante persone che invece non ti avvertono, per cattiveria.
Leila e cattiveria, proprio non vanno d'accordo.
La vedo svoltare l'angolo fino a scomparire del tutto, così decido di entrare in segreteria ma con mia grande sfortuna chi trovo?
<<Bello rivederti, Turner.>>
<<Non posso dire lo stesso, Tarry.>> Ruota gli occhi al cielo e mi avvicino a lui, visto che si trova proprio dove devo posizionare i documenti del prossimo esame: seduto sulla scrivania.
<<Che c'è? Adesso fai anche da segretario? Attento a non rubare i miei moduli, stavolta.>> Sì, la cosa di New York non mi è ancora scesa.
<<Per la cronaca...>> Si alza dalla scrivania, rimettendosi la giacca.
<<Io non ho motivo di rubare e poi la questione dei moduli è stata una tua distrazione, non mia.>>
<<Certo, però tu potevi evitare di fare lo stronzo narcisista e darmene un altro.>>
Fa un ghigno divertito e non risponde.
Decido, quindi, di lasciar perdere e di rimettere a posto i moduli da sola, visto che non c'è nessuno qui, adesso.
Proprio quando inizio a posizionare i fogli di carta, alcuni squilli di telefono mi distraggono.
<<Puoi abbassare quella suoneria?>>
<<No, mettiti i tappi.>>
Stringo i pugni.
<<Sai dove te li metto io i tappi se non abbassi subito quella suoneria, Tarry?>>
<<La tua famiglia sembra a posto, perché tu sei così volgare?>> Mi rivolge uno sguardo di sfida.
<<Non sono cazzi tuoi.>> Gli sorrido, falsamente, chiudendo il cassetto.
<<Ci sono le telecamere, principessa.>> Mi indica un puntino nero dietro di me ed io in risposta alzo le spalle.
Ormai le ho dette quelle cose, no?
<<Comunque, non che ti interessi, ma oggi non verrò per->> Lo fermo alzando una mano a mezz'aria e gli indico con gli occhi le telecamere.
Non voglio che si sappiano i fatti miei.
Non gli do tempo di replicare e me ne vado, sbattendomi la porta alle spalle.
Meglio così, un motivo in più per non vederlo, no?


                                   🎧

Sto aspettando in macchina da non so quanto, ma ne vale la pena.
Sono di fronte la scuola di Megan, perché mi piacerebbe trascorrere del tempo con lei e mangiare fuori.
Sì, voglio pranzare con il gelato. Problemi?
Tolgo gli occhiali da sole ed è proprio ora che la vedo uscire dal cancello e guardarmi stranita.
<<So che non sono bella come ieri, ma non c'è bisogno di fare questa faccia.>> Lei si avvicina a me, sorridendo.
<<Perchè sei qui?>>
<<Te l'ho detto, mi devi un gelato e non ho intenzione di pagare io.>> Le faccio l'occhiolino e salgo in auto, vedendo lei fare lo stesso.
Metto in moto ma nello stesso momento la vedo con la coda dell'occhio, irrigidirsi.
<<Maggy, tutto bene a scuola?>> Annuisce, ripetutamente.
<<Anche a me, ho consegnato i moduli e basta, però.>> Annuisce, nuovamente.
Sto sbagliando qualcosa?
Forse non esco così spesso con lei ed è... strano?
<<Possiamo mettere la musica?>> Chiede, guardando il finestrino.
<<Certo, sceglila tu.>> Le sorrido, ma so che non mi ha visto alzare gli angoli della bocca.
Dopo pochi minuti, parte 𝑇ℎ𝑒 𝑛𝑖𝑔ℎ𝑡 𝑤𝑒 𝑚𝑒𝑡 di Lord Huron.
<<È una delle mie canzoni preferite, sai?>>
Stavolta è lei a parlare ed io ad ascoltare, sperando non smetta più.
<<Mi suscita tante emozioni diverse, non per forza positive.>>
<<Ogni emozione è degna di essere provata, Megan. Anche la più misera, perché misera non è mai.>>
<<Perchè lo dici?>> Domanda, lei.
<<Perchè è vero, le emozioni ci rendono umani e da quelle capiamo tante cose.>> Annuisce e finiamo così il nostro discorso, finché non arriviamo di fronte la nostra gelateria preferita.
<<Salve, due gelati: uno al caramello e panna e un altro al pistacchio e alla fragola.>> Il gelataio mi guarda sorridendo e si mette subito a riempire i nostri coni. Ormai ci conosce e sa benissimo che prendiamo solo quelli.
La coppetta la odio, sinceramente.
Non so neanche io perché ma è così.
Megan, affianco a me, non fa altro che dondolarsi sui talloni, respirando rumorosamente.
Mi volto verso di lei, ma non incontra neanche per sbaglio il mio sguardo.
<<Sai, stasera esco... dopo, mi aiuti a scegliere cosa mettere? Magari, vieni con me.>> Scuote la testa.
<<No, Hazy, non mi va. Andate voi, però ti posso aiutare a scegliere l'abito da indossare.>> Mi fa un piccolo sorriso, con i suoi grandi e profondi occhi azzurri, ereditati da papà.
<<Va bene.>> Dico, prima di pagare i nostri gelati e fare cenno a Megan di andarci a sedere in una panchina poco lontana da dove ho posteggiato la macchina.
Lei guarda il gelato, girandolo e rigirandolo tra le mani e poi si decide finalmente a metterlo in bocca.
<<Ha cambiato formula?>> Domanda, ed io provo il mio.
È vero, qualcosa è cambiato ma non capisco cosa.
<<Sì, forse lo zucchero?>> 
<<Ti sei sporcata, Hazel.>> Ride, indicandomi il naso e cambiando discorso.
<<Sei pregata di passarmi il tuo fazzoletto perché il mio mi serve per dopo.>> Scuote la testa e me lo passa.
Le faccio l'occhiolino e solo quando lo poggio sul naso, per pulire la goccia di gelato, noto che era già sporco.
<<Megan Turner, cos'hai fatto?!>> Mi alzo in piedi e lei fa lo stesso, continuando a ridere.
<<Sei impossibile.>> Inizio a ridere anche io, cercando di imprimere nella mia mente il suo sorriso tanto bello, quanto raro.

             
                                    🎧

Sono le 19:30 ed io sono ancora in accappatoio.
Cosa dovrei mettermi?
Megan, ha ben deciso di abbandonarmi perché stava male.
Non so cos'ha avuto, ma credo sia dovuto al gelato.
Questa nuova formula lascia un po' a desiderare, non posso negarlo.
Allison, invece, non è reperibile da stamattina quindi non so neanche dove dobbiamo andare.
Sapete cosa?
Nessuno mi dice nulla, quindi mi vesto come mi pare.
Prendo una t-shirt bianca, a maniche corte, dall'armadio e dei pantaloni neri, leggermente eleganti, abbinando il tutto a delle décolleté nere e gioielli oro.
Dieci minuti dopo mi ritrovo davanti allo specchio, con un pennello in mano non sapendo cosa fare.
Esattamente, non so truccarmi.
L'unica cosa che so mettere, neanche troppo bene, è il mascara nero sulle folte ciglia e così faccio, anche se mi da un po' fastidio.
Il mio intuito dice di lasciar perdere perché si sta cominciando ad alzare il vento e quando succede e ho il mascara è sempre una lotta, ma posso fare un eccezione.
Giusto?
Metto anche del correttore sotto le occhiaie, come mi ha insegnato Allison, e completo con del lucida labbra con perlescenze dorate.
Meglio di così non posso fare.
Proprio nel momento in cui mi alzo dalla sedia, sento il mio telefono iniziare a squillare.
<<Pronto?>>
<<Ehilà, bellezza. Siamo sotto, scendi.>> Controllo l'orologio al polso e noto che sono in anticipo, ma non dico nulla.
Faccio come dice.
Appena scendo le scale, noto che veramente non c'è nessuno.
Credo che i miei genitori siano stati invitati a qualche cena lavorativa, mentre mia sorella è di sopra in camera sua.
Mi blocco un attimo, prima di aprire la porta di casa.
Forse non dovrei andare, magari le serve qualcosa.
Decido, quindi, di inviarle un messaggio.

𝙎𝙩𝙤 𝙪𝙨𝙘𝙚𝙣𝙙𝙤, 𝙥𝙚𝙧 𝙦𝙪𝙖𝙡𝙪𝙣𝙦𝙪𝙚
𝙘𝙤𝙨𝙖 𝙣𝙤𝙣 𝙚𝙨𝙞𝙩𝙖𝙧𝙚 𝙖 𝙘𝙝𝙞𝙖𝙢𝙖𝙧𝙢𝙞.

Premo invio e subito esco di casa.
Sorrido, vedendo William fuori dalla macchina con uno strano cappello in testa.
<<Salve, signorina. Sono qui oggi per scortarla a cena.>> Non mi contengo e scoppio a ridergli in faccia.
Aggrotta le sopracciglia e ad un certo punto esce una folta chioma di capelli biondi, dal finestrino.
<<William! Ti avevo detto di fare il serio.>> Allison si morde l'angolo della bocca, per cercare di non ridere.
<<Oh ti prego, mi hai conciato in questo modo ridicolo.>> Si sfrega le mani sul viso.
<<Grazie per l'impegno Willy Wonka.>> Gli faccio l'occhiolino, salendo nel posto dietro dell'auto.
<<Auguri, scapestrata.>> Dice, infine.
<<Quindi... cosa hai fatto oggi, tesoro?>> Allison, seduta davanti, si gira verso di me.
<<Nulla di speciale ma sono andata a prendere un gelato con Megan.>>
<<Benjamin? Non è tornato?>> Scuoto la testa, continuando a guardarla e lei mi fa un sorrisetto di conforto.
Non mi ha nemmeno chiamata, neanche un messaggio, neanche uno.
Non sono una persona a cui importa particolarmente del suo compleanno, nè una che si offende se non le vengono fatti gli auguri, ma voglio dire... è mio fratello.
Prendere il telefono e digitare sei parole è tanto difficile?
Forse, chiedo troppo e non dovrei disturbarlo.
Per il resto del viaggio, rimango ad ascoltare Allison parlare del più e del meno e William che si lamenta sempre di quanto lei sia ritardataria.
Tra battibecchi e risate, dopo un po', arriviamo di fronte ad un bellissimo ristorante.
William è il primo a scendere dall'auto e ad aprire la portiera prima alla sua ragazza e poi a me.
<<Non ti si addice il ruolo di gentleman, lo sai?>>
<<Sei solo invidiosa.>> Mi sorride, prima di prendere per mano Ally ed entrare nel ristorante.
È tutto curato nei minimi dettagli, nulla fuori posto.
Le grandi siepi verdi, i tavoli posizionati fuori, i dettagli dorati dei lampadari e i camerieri vestiti benissimo che fanno avanti e indietro per le sale.
Appena entriamo in sala, noto una ragazza minuta con gli occhiali.
<<Leila!>> Le vado incontro e lei mi abbraccia.
<<Auguri, Hazel.>> Le sorrido, ricordando il discorso di questa mattina.
Allison e William si avvicinano, presentandosi.
Dopo un po', una donna si avvicina a noi.
<<Salve, avete una prenotazione?>> Chiede.
Credo sia la proprietaria, visto che è vestita diversamente dagli altri.
<<Sì, a nome Turner.>>
<<Turner, Turner, Turner... ah eccovi. Seguitemi.>> Camminiamo fino ad arrivare ad un grande tavolo... occupato?
<<Scusate, c'è qualche problema?>> Questa voce.
Alzo il volto e i suoi occhi verdi incontrano i miei.
<<Oh, no... com'è possibile?>> La donna riguarda il registro delle prenotazioni.
<<Scusi, non ci può assegnare un altro tavolo se questo è occupato?>> Chiede, William avvicinandosi a lei.
<<Il problema è che sono tutti occupati, signore.>> Allison, sbianca.
<<Va tutto bene, possiamo andare in un altro posto...>> Le metto una mano sulla spalla ma lei mi scansa.
<<Non ci pensare nemmeno, Hazel.>> Ruota il capo, incrociando le braccia al petto, rivolgendosi alla donna che ci ha accompagnati fino a qui.
Io e Leila ci scambiamo uno sguardo impaurito.
Quando Allison si mette in testa una cosa, è difficile farle cambiare idea.
<<Noi abbiamo prenotato in questo ristorante una settimana fa, com'è possibile che sia tutto occupato?>> La signora, tentenna.
<<Se volete, potete sedervi con noi.>> Giro il volto di scatto e solo ora noto che Travis non è seduto da solo, ci sono anche suo padre, una donna che può avere si e no qualche anno in meno di mia madre e un ragazzo.
A parlare è stata la donna di mezza età.
Travis, la trucida con lo sguardo.
<<Non c'è bisogno, grazie ma noi->>
<<Va bene.>> Dice Allison, sorridendo.
Sospiro, abbassando il capo.
Perché tutte a me?
<<Perfetto, allora vi porto le sedie.>> Fa per incamminarsi ma la bionda al mio fianco la ferma.
<<Che non ricapiti mai più una cosa del genere, sono stata chiara?>>
Lei annuisce, leggermente intimidita.
Appena ci portano le sedie, mi affretto a mettermi al fianco di Leila.
Non conosce molto bene Will ed Ally, non voglio si senta in imbarazzo.
<<Scusate, noi non sapevamo che questo tavolo sarebbe dovuto essere vostro.>> La signora di mezza età sorride, prima che inizi a parlare Matthew Lewis.
<<Come stai, Hazel?>>
Sembra in leggero imbarazzo, dopotutto ci siamo uniti al loro tavolo senza neanche un minimo di preavviso.
<<Bene, grazie. Lei?>>
<<Vi conoscete?>> La signora dai capelli neri, prende parola.
<<Il signor Lewis, è un amico dei miei genitori.>>
<<Come ti chiami, cara?>> La donna, davanti a me, svia totalmente il discorso facendomi questa domanda.
<<Hazel Turner.>>
<<H-Hazel Turner?>> Annuisco.
Forse non sono stata abbastanza chiara?
La bionda alla mia destra, si schiarisce la gola e inizia a parlare con la donna seduta davanti a me, come se niente fosse.
Finché non arrivano le nostre ordinazioni, la cena va avanti così.
Nessuno dice nulla e le uniche voci presenti sono le loro, alcune volte si unisce William per stemperare la tensione.
Leila, ogni tanto, mi guarda con la coda dell'occhio per vedere se va tutto bene ma il mio pensiero fisso è solamente uno: perché 𝑙𝑢𝑖 non ha parlato?
Perché 𝑙𝑢𝑖 è seduto a questo tavolo con queste persone?
Chi è il ragazzino, seduto accanto a 𝑙𝑢𝑖?
Alzo lo sguardo e li osservo meglio.
I loro lineamenti sono simili, ma diversi allo stesso tempo.
I colori sono diversi.
Il ragazzino, che potrebbe avere l'età di mia sorella, ha i suoi stessi occhi ma con tonalità differenti.
Quelli di Travis sono più particolari, un colore che non avevo mai visto prima.
È stato proprio questo che mi ha colpito di più la prima volta che l'ho visto.
Come se l'avessi chiamato, quest'ultimo alza lo sguardo su di me, ma non è uno di quei soliti sguardi che ci lanciamo... no, mi sta letteralmente trucidando con lo sguardo.
Alzo un sopracciglio.
Che c'è? Gli da forse fastidio che io sia seduta al suo stesso tavolo?
Forse non ha capito che non era una cosa programmata.
Entrambi manteniamo il contatto visivo, finché la voce di Allison non ci interrompe.
<<Hazel.>> Volto il capo, e la ritrovo con uno sguardo allarmato.
Mi alzo subito dalla sedia, senza chiedere neanche perdono e le prendo la mano per portarla fuori.
<<Cos'è successo?>>
<<Mia-mia nonna, lei è... Dio, sto morendo.>> Si prende la testa, con le mani, e inizia a fare avanti e indietro per il parcheggio.
<<Allison, ascoltami.>> Le prendo le mani.
<<Guardami, Ally.>> Fa come le dico e per la prima volta nella mia vita, vedo gli occhi della mia migliore amica tremare.
<<Respira, cerca di fare dei respiri profondi.>> Inizia ad inspirare ed espirare, ma con scarsi risultati.
Dopo poco, veniamo raggiunti da Leila e William.
<<Allison.>> La richiama, quest'ultimo.
<<Che è successo?>> Lei lo guarda allarmata.
<<Mia nonna- lei sta male.>> Inizia a singhiozzare.
<<Portala a casa, Will.>>
<<No, no.>> Si stropiccia gli occhi con le mani.
<<Oggi-oggi è il tuo compleanno e->>
<<Senti, non me ne frega niente. Vai a casa, parla con i tuoi genitori e qualunque cosa sia successa a tua nonna, cerca di mantenere la calma. Andrà tutto bene.>> La avvolgo in una braccio e lei mi tiene stretta a se.
<<Ma non hai un passaggio.>>
<<Chiamerò il mio autista, ora andate.>>
Allison annuisce e guarda Leila.
<<Scusami, scusa davvero... se vuoi che ti riaccompagniamo a casa, non c'è problema.>> Lei le sorride, riconoscente ma declina l'offerta.
<<Tranquilla, mio padre ha un officina qui vicino. Posso arrivarci tranquillamente e fermarmi da lui.>> La mia amica annuisce e ci saluta un'ultima volta, prima di incamminarsi con William.
<<Vuoi che resti con te, Hazel? Almeno finché non arriva il tuo autista?>> Mi domanda, una volta che la macchina di William è scomparsa dal nostro raggio visivo.
<<No, tranquilla. Devo ancora pagare la cena e scusarmi con i signori di prima, tu vai. Ci sentiamo domani.>> Lei annuisce, ripetutamente.
<<Per la cena non devi preoccuparti, è stata offerta da noi.>> Strabuzzo gli occhi.
<<Starai scherzando spero.>>
<<È il tuo compleanno Hazel. Goditelo, almeno un po'.>> Mi mette una mano in spalle.
<<Ancora tanti auguri, chiamami se hai bisogno di qualcosa.>> Io annuisco e la saluto.
Ed eccomi qui.
Prendo subito il telefono per comporre il numero ma noto che la batteria è scarica.
<<No, no, no.>> Cerco di accenderlo ma niente.
<<Porca puttana!>> Lo rimetto in borsa, e mi guardo intorno.
Perché la sfortuna oggi è dalla mia parte?
<<Qualche problema, forse?>> Di male in peggio.
Non mi volto ma so benissimo che è dietro di me.
<<Che c'è? Non intendi rispondermi neanche per scusarti?>> Faccio una risata di scherno.
<<Scusarmi?>> Mi volto lentamente, fino a vedere il 𝑠𝑢𝑜 volto illuminato dalla luna.
<<Per cosa esattamente dovrei scusarmi?>>
<<Per aver rovinato la mia cena.>> Serra la mandibola, in uno scatto automatico.
<<Oh scusami se ho rovinato la tua cenetta romantica, ma sinceramente non me ne fotte un cazzo. Sono già frustrata di mio, non ti ci mettere anche tu. Grazie.>>
<<I taxi non arrivano a quest'ora, dovresti saperlo.>> Si avvicina ancora di più a me, ignorando la frecciatina che gli ho rivolto.
Non gli dico che non volevo chiamare un taxi perché non sono cose che gli riguardano.
Non gli rispondo, anzi ho un'altra idea.
Lo sorpasso entrando nel locale.
<<Dove stai andando?>>
<<Cazzi miei.>> Cammino spedita fino a raggiungere la cassa.
<<Salve, ho bisogno di chiamare un numero. Il mio telefono è scarico e non so come fare.>>
<<Scusi, ma deve fare la fila.>> Mi indica la coda di persone che ho appena saltato per arrivare alla casse e che ora mi stanno guardando male.
<<Seriamente?>> Dico, voltandomi di nuovo
verso di lei.
<<Stasera avete sbagliato il tavolo, le pietanze e adesso non posso neanche chiamare un cavolo di numero?>>
<<Signorina, so che magari->>
<<Magari niente, non metterò più piede qui dentro.>> Serro i pugni lungo i fianchi e mi volto andandomene di nuovo fuori.
Scendo gli scalini e noto che non si è mosso di un millimetro, dalla sua posizione di prima.
<<Ancora tu?!>> Fa un ghigno divertito.
<<Non strillare, Turner.>>
<<Sparisci o dammi il telefono.>> Dico, una volta di fronte a lui.
<<Come scusa?>>
<<Hai capito bene. O te ne vai o mi presti il telefono per chiamare un taxi.>> Gli tendo la mano e lui la guarda male.
<<No.>> Strabuzzo gli occhi e ritiro la mano.
<<Come scusa?>> Credo di aver sentito male.
<<Ho detto 𝑛𝑜.>>
<<Come sarebbe a dire 𝑛𝑜?!>> Si tappa un orecchio.
<<Puoi evitare di strillare? Ho detto che non ho intenzione di chiamarti un taxi nè di farlo chiamare a te, per il semplice motivo che è sera tardi e se qualcuno volesse ucciderti mi rimarresti sulla coscienza.>> Non fa in tempo a dire altro che gli scoppio a ridere in faccia.
<<Ti preoccupi per me, Lewis?>>
<<No, Turner. Mi preoccupo solamente perché le prove risalirebbero a me.>> Alza le spalle, noncurante.
<<Stronzo.>> Sussurro a denti stretti.
<<Lo so, sali in macchina.>> Faccio un passo indietro, mentre lui sale dalla parte del conducente.
<<Ho detto sali in macchina. Cos'è? Hai problemi d'udito?>>
<<Io non ci salgo in macchina con te, né ora ne mai. Preferisco essere rapita e uccisa da qualcuno a sangue freddo che stare con->> Una goccia di pioggia mi cade sul naso.
Guardo in alto e vedo tantissime nuvole e poi altre goccioline toccarmi la pelle.
<<Bene, bene, bene.>> E poi scoppia a ridere.
Devo aver fatto un torto veramente orribile a qualcuno, in una vita passata, perché sennò non si spiega la mia sfiga.
<<Ci stai ancora pensando, principessa?>> Mi guarda con ancora quel ghigno in volto.
Lui è ancora seduto in macchina, al coperto, ed io qui sotto la pioggia.
Ma rimango della mia decisione.
<<Pensi veramente che entrerò nella tua macchina? Non riesco a sopportarti quando siamo a due metri di distanza, pensa a due centimetri.>> Dico, mantenendo il contatto visivo.
<<Fai come vuoi, ti do possibilità di scelta: vuoi rimanere bloccata qui, mentre piove, o vuoi sederti nella mia auto a due centimetri da me?>> Sinceramente? Nessuno dei due.
<<Non vedo altre opzioni, però.>> Constata, di nuovo, lui.
Questo mi costerà caro, me lo sento.
Faccio il giro e apro la portiera dell'auto, sedendomi nei sedili posteriori.
<<Perchè ti sei messa dietro? Cosa sono il tuo autista?>>
<<Se non ti muovi a guidare sì e fai veloce, fatico a respirare la tua stessa aria di pallone gonfiato.>> Scuote la testa, ma dal riflesso del finestrino posso vedere che sta sorridendo.
Perché cazzo sorride?
Decido di lasciar perdere e non dire altro.
Meno parlo, meglio è.
Ma lui non è del mio stesso avviso.
<<I tuoi amici?>>
<<Non sono cazzi tuoi.>>
<<Sono andati via?>>
<<No, guarda li ho messo nel cofano.>>
<<Perchè eri qui stasera?>> Decide di sviare la mia frecciatina e pormi quest'altra domanda.
<<Cosa non capisci? Non. Sono. Cazzi. Tuoi.>>
<<Sto provando a fare conversazione.>>
<<Io non voglio conversare con te.>>
<<Sembra che la mia vicinanza ti repella.>>
<<Sembra?>> Sono stronza? Forse sì, ma non me ne frega nulla.
<<Non capisco il perché, non che a me faccia piacere starti vicino ma stavi per rimanere bloccata sotto la pioggia pur di non salire in macchina con me.>> E l'avrei fatto, se solo non avessi avuto la maglietta bianca.
<<È possibile tu non capisca? Sei un grande psicologo.>> Dico imitando la sua voce, quando lo dice.
<<Non parlo così.>>
<<Sì, che parli così.>> Sbuffa, irritato.
<<Quindi? Prosegui.>> Gli interessa davvero?
<<Hai fatto di tutto pur di farti detestare da me, Travis Lewis. Incominciando dalla sceneggiata con i miei genitori, per poi finire con la questione di mia zia.>> Vengo attraversata da un brivido di freddo per tutta la schiena.
<<Quello è lavoro, Hazel.>>
<<Questo è impicciarsi dei fatti altrui.>>
<<Pensala come vuoi.>> Questo era scontato.
<<E perché tu eri lì?>> Decido di rigirare la frittata e porgergli questa domanda.
<<Ti interessa?>>
<<Se te l'ho chiesto è per un motivo, Sherlock.>>
<<Non sono cazzi tuoi.>>
Che bambino.
Finisce così il discorso, finché non arriviamo davanti villa Turner.
Appena lui accosta, scendo in fretta e furia dall'auto.
<<Che compleanno di merda.>> Borbotto, esausta, chiudendo la portiera.
<<È il tuo compleanno?>> Domanda, sbattendo le palpebre.
Cos'ha da guardare?
<<Sì, e allora? Cosa guardi?>> Abbasso lo sguardo sulla mia maglietta e mi ricordo che è bianca e che ha piovuto.
<<Tieni, copriti.>> Mi passa una giacca, dal finestrino.
La prendo soltanto perché non voglio farmi vedere in reggiseno per tutta casa.
<<A mai più, Lewis.>> Faccio per allontanarmi ma la sua voce mi ferma.
<<Non mi ringrazi?>>
<<Grazie.>> Fa un espressione sorpresa.
<<Per non farti mai i cazzi tuoi.>> Gli faccio l'occhiolino e corro dentro casa.
Se non mi sbrigo mi prenderò il raffreddore e sinceramente non ci tengo.
Appena entrata, mi chiudo la porta alle spalle e noto solo ora che l'auto di Travis è rimasta fuori e solo ora sta andando via.
È rimasto veramente fuori finché non sono entrata?

𝒔𝒑𝒂𝒛𝒊𝒐 𝒂𝒖𝒕𝒓𝒊𝒄𝒆:

Holaa‼️
Buona serata a tutti quanti<33

Intanto, vi lascio il presta volto del fratello di Travis.

Mason Lewis -17 anni-
𝒑𝒓𝒆𝒔𝒕𝒂 𝒗𝒐𝒍𝒕𝒐: Leandro Dayker.

Come state?
È da un po' che non aggiorno, lo so, ma in questi giorni mi faró perdonare perché pubblicherò un capitolo speciale, di Natale, de 𝑙'𝑎𝑛𝑔𝑒𝑙𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑑𝑒𝑠𝑡𝑖𝑛𝑜.

Comunque, come vi è sembrato questo capitolo?
Ho scritto più del solito infatti supera le 5000 parole.

Come sempre, Instagram e Tiktok: sjalexza

Vi voglio bene🫂🫶🏻

Alla prossima!🩷✨

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