Paris Latino - Mida

By Emi_Cs

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Amen entra nella scuola di Amici per superare sé stessa e il proprio carattere schivo. Mida vuole la ribalta... More

Uno
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Sette
otto
Nove
Dieci
Undici
Dodici
Tredici
Quattordici
Quindici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
Venti
Ventuno
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque

Sedici

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By Emi_Cs

Io ero strana.
Ne ero consapevole però, perciò il mio primo passo verso il miglioramento interiore era già avvenuto e se il libro di qualche santone che avevo comprato ai mercatini al mio paese era vero, ero già sulla strada del perfezionamento di me stessa come creatura divina. O qualcosa del genere insomma.

Mida alle volte ancora non lo sopportavo.
Se mi soffermavo a pensare più del solito, nella testa rivedevo in modo etremamente nitido il momento in cui mi aveva mollata da sola dentro quel pidocchioso stanzino e la realizzazione nei suoi occhi di quanto fosse sbagliato baciare me.
Avevo capito io che in quell'attimo aveva realizzato chi voleva davvero limonare vicino alle scope e non ero certo io ma lui non voleva ammettere di avermi mollato lì da sola per quello, no, per lui era solo confusione, era solo una concezione e una conferma di aver fatto una stronzata. Non di aver baciato la ragazza sbagliata.

Quello che mi faceva incazzare e far venire voglia di prendere a schiaffi il ricciolo era solo il trattamento superficiale che mi aveva riservato in quel momento e pure dopo, rendersi conto di non essere mai abbastanza importanti fa vacillare parecchio.
Certe volte non è neanche quanto ci tieni tu, è solamente riferito a come ti fanno sentire gli altri e lui era l'ennesimo stronzo che mi aveva fatto sentire fuori posto.

Poi ci pensavo qualche ora in più e mi dicevo che non mi doveva niente.
Ok, ci eravamo baciati e ok, avevo per sbaglio sentito un trasporto che non c'era ma ci eravamo solo baciati.
Niente di più.
Un bacio, come lo sono tanti.
E quel bacio non voleva dire niente, eravamo a malapena amici, non mi doveva spiegazioni e lui si sentiva di non dovermene.
In fondo era giusto così.
Era più difficile da accettare dato che la concezione che avevo di me stessa faceva spesso a pugni con il mio orgoglio e la mia dignità, ma era così.
Una cosa semplice.
Uno bacio che potresti dare ad uno in discoteca a fine serata quando sei piuttosto brilla e andata e non ti importa di andartene via e mollarlo lì da solo.
Lui si doveva essere sentito così con me e a me doveva stare bene perché di fatti non avevo nessun diritto di arrabbiarmi.
Non eravamo nulla, non mi doveva nulla.
Eppure ero arrabbiata, diventavo giallo bile quando pensavo a come fosse convinto di non dovermi delle scuse.

Io valevo così poco?

Un piede mi colpì la parte bassa della schiena.

Ero al mio solito posto, sul tappeto blu, con le gambe incrociate, i gomiti sulle cosce e una mano a sorreggermi la testa pesante mentre ero già imbottita con leggings felpati e maglione over rosso.

"Giovane Holden, sto riflettendo" lo liquidai senza voltarmi.
Era la mia ora libera, volevo capire perché io mi odiassi a tal punto da prendere i gesti di tutti come mancanza di rispetto per me.
Io era la prima che non si rispettava che pretendevo dagli altri?
"Il giovane è in studio a provare il duetto. Dovremmo iniziare anche noi."
Mi voltai di scatto.
La voce era quella di Mida, non quella di Joseph.
Abbassai lo sguardo verso il suo piede coperto dal calzino nero e rabbrividì.
"Non mi toccare mai più con quel...coso."
Se proprio preferivo usasse la ciabatta, così più strati erano di mezzo fra me e il suo piede.
Alzò la gamba per toccarmi di nuovo con il piede, questa volta a metà schiena e io mi scossi velocemente, spostandomi disgustata.
"Mai più" mi alzai con un salto degno delle tartarughe ninja e lo puntai con l'indice imitando Er Mutanda nella scena che l'aveva reso famoso.
Christian davanti a me si piegò appena per far fluire meglio la risata ma così non mi permise di vedere il suo naso arricciarsi con il divertimento.
"Mio dio mi sono baciato Zechila" Fu quello che capì io tra una risata e l'altra.
Mi raggelai sul posto con gli occhi sbarrati.
"Chiudi quella fogna" sussurrai con i denti chiusi avvicinandomi al corpo piegato dello spilungone, "ci sono i microfoni accesi" mimai con le labbra.
Mi aveva baciato apposta in uno stanzino senza camere appositamente per non farlo sapere a nessuno e farlo andare in sordina e ora lo urlava ai quattro venti.
C'erano delle conseguenze che per un limone senza futuro né proseguo non volevo avere. Volevo continuare a vivere nella mia bolla di disconoscimento amoroso da Mida.
Christian tornò eretto, a venti centimetri dalla mia faccia data l'altezza, e scosse la testa "intendevo baciato...sulla guancia."
Sospirai e gli colpì una spalla che finalmente era coperta da una felpa marrone e non da quelle tremende canotte strette da gymbro o da mio zio.
"Ehi!" Si lamentò accarezzandosi la spalla e guardandomi dall'alto in basso.
"Andiamo a capire che canzone dobbiamo cantare, coglione." Gli colpì di nuovo la spalla.

Infilai la giacca ed il borsone e con una sigaretta in bocca aspettai il ricciolo davanti alla porta, sul patio insieme a Ayle e Giovanni.
"Guardavo Gaia e faceva una cosa, guardavo Nicholas e ne faceva un'altra" si lamentò con quel suo tono barese e quella sua comicità innata facendomi ridere.
Non era proprio l'occasione adatta per ridergli in faccia dato che si stava lamentando di un compito che la Celentano aveva dato a tutti i ballerini ma mi faceva scassare.
"Beh Bro guarda Gaia, non Nicholas" l'accento toscano del biondino Ayle mi piaceva molto, insieme alla sua cazzimma naturale che lo portava a discutere spesso.
Io e lui non avevamo mai litigato rispetto a nulla ma lui è Joseph ogni tre per due stavano a rimbeccarsi per le pulizie e perché il mio amico non accettava che le persone gli dicessero cosa fare.
Peccato che se non glielo dicevano, lui non faceva niente.
Inspirai dalla mia sigaretta e oltre la cornice bianca della porta, attraverso il vetro vidi Mida con il giaccone stile squadra di football americana, con gli inserti arancioni sulla spalla.
Gli stava bene qualsiasi cosa.
Io ne avevo una bianca e marrone, che mi aveva regalato mio fratello, e sembravo l'omino michelin.
Christian aprì la porta e rimase sulla soglia con le sue sneaker bianche, "Andiamo?"
Rimasi mezzo secondo imbabolata a fissarlo, "Andiamo."

Iniziai a camminare al suo fianco sulla ghiaia con la sigaretta un po' appolaita tra le dita un po' tra le mie labbra.
C'era una bella giornata, tanto sole e un cielo azzurrissimo.
La ghiaia sotto alle suole delle mie dottor martens creava un suono molto gradevole per le mie orecchie, molto meno il rumore creato dal raccordo e dalle macchine bloccate nel traffico poco più avanti degli studios Elios.
"Passami la tua sigaretta, egoista."
Mi voltai verso Mida che aveva già lo sguardo su di me e le mani nelle tasche del giaccone.
Io mi tirai su la zip della giacca fin sotto al mento e inspirai dalla mia sigaretta, per poi alzare il dito medio verso di lui e sbuffargli addosso.
"Sei proprio una bimbetta" mi redarguì divertito.
"Abbiamo la stessa età" gli ricordai passandogli la sigaretta che prese velocemente fra le sue dita lunghe e affusolate.
Sfiorò le mie leggermente, facendomi rabbrividire.
Che cazzo mi stava succedendo?
Infilò la sigaretta fra le labbra carnose e rosse guardandomi dritta nei miei occhi castani.
I suoi erano sempre più chiari dei miei.
Inspirò intrappolando la sigaretta fra le labbra e non riuscì a guardare da nessuna parte se non lì.
Scossi la testa, mi diedi uno schiaffo virtuale e ripresi a guardare dritto davanti a me.
Certe volte ripensavo a quello che era successo e ancora mi sentivo ferita, altre volte non me ne fregava proprio nulla, altre ancora sentivo una...pulsione nei suoi riguardi ed onestamente avrei voluto esportarmi via chirurgicamente le farfalle che mi faceva venire, purtroppo non solo nello stomaco.

La sigaretta tornò davanti alla mia faccia quando arrivammo davanti al portone antipanico degli studios.
Diedi l'ultimo tiro e mi allungai per spegnerla nel portacenere all'angolo, fra la rete verde che ci separava da un campo e dalle strade e l'edificio grigio che erano gli studi.
Tornai saltellando da Christian che senza pensarci mi mise il braccio intorno alle spalle e con me di fianco aprì la porta.
Entrai, protetta dal suo corpo, e fui colpita dalle luci, dal pavimento a parquet e dai muri giallognoli.
"Che fai?" Gli domandai confusa, un cipiglio di puro stordimento sul mio viso appena truccato.
"Ho sbagliato con te. Mi spiace e voglio farti capire che ci tengo, voglio che rimaniamo amici, ok? Amici ad amici."
Guardai in basso e scoppiai a ridere. Che stupido.
La sua mano penzolava giù dalla mia spalla e camminando come due soldatini allo stesso passo, andammo nell'aula tre, in cui a quell'ora non c'era nessuno.

Entrai e poggiai borsa e giacca sopra al divanetto bordeaux contro al muro subito di fianco alla porta blu e Mida fece lo stesso.

Quella stanza di registrazione era piuttosto piccola e veniva usata più che altro da noi concorrenti per preparare le nostre cose, dargli l'ultimo sguardo o gli ultimi cambi.
Come tutte le stanze, era gialla, con una scrivania marrone con sopra vari computer, mixer e strumenti per la produzione e post produzione.
C'erano tre sgabelli alti, un paio di microfoni ed un leggio vuoto in mezzo alla stanza.
Nessuna finestra, non si poteva averla in uno studio di registrazione ma l'assenza di aperture sul mondo e la ristrettezza di quella stanza mi facevano sempre boccheggiare per avere più aria.
Sopra alla porta, nell'angolo destro c'era una telecamera che puntava proprio su di noi.
Mentre io ero ferma in mezzo alla stanza, con I piedi sopra al solito parquet e lo sguardo fisso nell'obiettivo della camera, Mida aveva già preso posto dietro alla scrivania e spulciava cose con le sue dita lunghe.

"Tu a cosa pensavi, Am?"
Mi risvegliai dal mio sogno ad occhi aperti e mi voltai velocemente, con una sorta di piroetta traballante.
Sembravo Giovanni che tentava di fare neoclassico.
"Non pensavo" replicai saltellando fino alle sedute e prendendo lo sgabello più vicino agli schermi, e anche a Mida, per guardare tutto il repertorio già fornito. Magari ci veniva un'ispirazione.
Mida smise di usare il pad del PC e si girò con il suo sgabello, lasciandosi andare contro lo schienale dello sgabello e indirizzando le sue ginocchia contro di me.
Mi misi più comoda anche io, scivolando appena giù dal sedile dello sgabello e incrociando le mani sul mio petto.
Voltai il viso verso il ragazzo al mio lato.
"Ok facciamo brainstorming" proposi, "dimmi i primi brani che ti vengono in mente. Così a caso."
Mida sbattè le mani una volta e poi se le mise sulla tuta beige che indossava, guardando in basso.
Stava tentando di concentrarsi.
"Cocktail d'amore, straigh outta compton, obsession" parlò tutto d'un fiato e poi alzò il visetto.
Mi misi i capelli dietro le orecchie facendo vedere lo strato di ciocche nere che avevo alla base della testa.
Sorrisi, "che gusti...svariati" commentai divertita.
"Tocca a te."
Io annuì, "allora" pensai ad alta voce, guardando verso l'alto, "hopelessy devoted to you, creep, dubbi."
"Martellanti dubbi, dubbi, dubbi" canticchiò Christian tentando di imitare Marracash.
Scoppiai a ridere pensando a quando lui mi aveva chiamato Elmo ed io gli avevo trovato già due dei suoi sette sosia.
"Tipo" disse allungando la mano per tirare giù i leggings che si erano alzati per scoprire il tatuaggio di pinco panco che avevo all'interno della caviglia. Abbassai la testa per seguire i suoi movimenti sulle mie gambe accavallate, "se vogliamo fare Marra possiamo fare Niente Canzoni D'amore" tolse le mani dalla mia caviglia quando capì che più giù della pancia di Pinco Panco il tessuto non arrivava.
Tentai di non pensarci.
Era difficile non pensarci però quando lo spilungone davanti a te, si abbassava su di te per abbassarti il leggings.
"Figata" commentai la sua idea ed allungai le mani per dargli un cinque.
Mi strabuzzò gli occhi tondi ed allungò la mano, con un'espressione contenta, per sbatterla contro la mia.
Rimase qualche secondo in più del dovuto con la mano contro la mia e spezzai quella vicinanza distogliendomi lentamente.
"Ma quanti tatuaggi hai, Am?"
Amavo quando mi facevano quella domanda.
Mi alzai in piedi, arrivando ad un passo distante da lui e alzai le maniche del mio maglione fin a metà del mio bicipite inesistente.
Allungai le braccia per farglieli vedere e li puntai con le dita mentre li elencavo.
"Haku della città incantata" sull'avambraccio sinistro, "una bambolina con la testa nelle nuvole" all'interno del braccio sinistro, "un barile nell'acqua" sopra il gomito, "la dea bendata e la luna, ispirata ad una canzone di Guccini" all'interno del braccio destro, "un cubo di ghiaccio con un cuore e la scritta death, per Law" sul polso destro, la scritta finiva alla base della mano, "pinco panco, fatto con mia cugina" indicando la parte interna della caviglia, "Jack skeleton e il bau bau" dall'altro lato della caviglia, sempre sulla gamba destra.
Mi chinai indicando la mia coscia, appena sopra al ginocchio destro avevo una scritta: "that's what she said, ispirato a the Office e fatto con una mia amica" eravamo a Verona e volevamo fare una stronzata, "qui a lato" indicai l'esterno del ginocchio, "ho dei gigli blu."
Tornai eretta e con il dito puntai sotto il seno, nel centro del busto, "qui ho una casetta con sopra la scritta this must be the place e qui" indicai il buchetto fra lo sterno e il collo, spostando il collo alto del maglione per farglielo vedere, "uno smile...ho perso una scommessa."
"Non ho visto quello" con l'indice e l'espressione da furbo indicò la casetta che avevo tatuata sotto al seno.
"E mai lo vedrai" risi tornandomi a sedere sullo sgabello rispecchiando le ginocchia del ragazzo che puntavano contro le mie, "proviamo la canzone?"
"Mai dire mai" affermò prima di cercare il testo e stamparlo per entrambi.
"Tu stai scoppiato" replicai convinta.
Lui rise ma a me quel venezuelano mi confondeva come poche persone nel mondo, come la geometria alle medie.
Una volta diceva una cosa e la volta dopo pronunciava esattamente il contrario di quello che aveva detto lui.

Tornammo in casetta, spingendoci l'uno contro l'altra e imitando i pinguini e il loro equilibrio precario, ridendo come due ragazzini per nulla, dato che nessuno dei due aveva detto qualcosa di sensato da quando avevamo tentato di provare la canzone.
"Se va male come cantate, posso fare l'imitratice di Zechila."
Mida aprì il cancelletto della casa e mi fece andare per prima.
"Non può andare male ad una come te" sentì dire da dietro le mie spalle.
Mi fermai appena arrivai in cortile e mi voltai subito verso di lui.
Si era già fatto buio, "una come me?"
Mida si fermò sull'ultimo scalino, nonostante fosse ad un livello più basso del mio, ancora non arrivavo alla sua altezza.
"Una con la tua voglia di vincita" mi sorrise e fece anche l'ultimo scalino per arrivare con i piedi sull'erba e star di fronte a me.
Gli sorrisi anche io ma prima che potessi dire nulla, Gaia venì incontro a noi urlando qualcosa su cui non mi riuscivo a concentrare mentre i suoi capelli lunghi ondeggiavano nell'aria.
Non venì incontro a noi, ma incontro a Christian che la guardava correre con un sorrisone stampato sul viso definito.
Era proprio perso.
"Buona continuazione piccioni" dissi prima di girarmi e lasciarli soli.
Era chiaro, almeno a me, che Mida pian piano si stava proprio perdendo in una via chiamata Gaia De Martino e questa via, non era per nulla buia ma colorata e sorridente come lei, profumava sempre e parlava in napoletano.

Andai a sedermi sulla panchina bianca nel patio, volevo fumare ma una vocina nella mia testa mi diceva che non volevo solo quello, volevo anche spiare la nuova coppietta felice.
Joseph si venne a sedere di fianco a me, la sigaretta elettronica nella mano destra e sul viso gli occhi tondi mostravano il suo solito sguardo da pesce.
Mi voltai verso di lui, stringendomi nella giacca, faceva più freschino alla sera e l'erba del cortile si muoveva appena grazie al venticello.
Fissai la colonna bianca davanti a me e la panchina vuota.
"Non mi vuoi dire che succede tra te e il giocatore del NBA?"
Scoppiai a ridere.
"Non succede niente" tirai dalla sigaretta.
"Certo" mi sorrise sornione, "me lo dici dopo."
"Tu con chi lo fai il duetto?" Cambiai discorso poggiando la testa sulla spalla coperta dalla giacca color militare di Joseph.
"Saremo un trio" rise, "e io tenterò di accollarmi solo la produzione, la mia voce fa a pugni con quella degli altri."
"Non è che odi lavorare con altre persone?"
Holden rise di nuovo facendomi vibrare la testa poggiata sulla sua spalla, "non è che lo odio...è che io lavoro da solo."
Mi distaccai dal suo corpo per guardarlo in faccia, "io lo dico per te, giovane, dovresti provarci almeno, ci manca solo che Rudy ti dia un altro provvedimento."
Mi alzai in piedi per piazzarmi davanti a lui, "io pure non voglio lavorare con lettera scarlatta, in generale non vorrei lavorare con nessuno, odio i lavori di gruppo, ma sai cosa voglio ancora di meno?"
Gli occhi vuoti del ragazzo seduto mi fissavano senza nessuna emozione.
Forse dovevo avere paura di lui?
"Sentirmi ancora rimproverata da qualcuno, manco fosse mia madre" gesticolai mentre parlavo perché ci tenevo molto a far passare il messaggio, "se c'è qualcosa che odio, sono le manfrine fatte passare per incoraggiamento e so che dopo questa conversazione ne riceverò un'altra ma non mi interessa perché Joseph, tu odi più di me sentirti dire cosa devi fare e se per caso ti dovessero mandare via perché non ascolti nessuno a parte te stesso, cosa che io personalmente apprezzo davvero molto, verrei fin casa tua per prenderti a calci in culo perché tu devi arrivare in finale, capito?"
Holden alzò le mani in segno di resa.
"Se riesci ad accollarti solo la produzione senza prendere un provvedimento, fallo. Minchia," mi girai per vedere amoreggiare Mida e Gaia, lui le metteva i capelli dietro le orecchie e lei rideva con quella sua bellezza da principessa, "lo farei anche io."

Henlo 💌
Ho il cellulare al 17%, non ho riletto e ho la maschera in testa da tipo venti minuti.

Come sempre, vi chiedo, se vi è piaciuto, di lasciarmi una stellina ⭐️

Buona domenica e che la fortuna sia con voi lunedì - ne abbiamo bisogno tutti.

Baciny 🦋

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