Paris Latino - Mida

By Emi_Cs

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Amen entra nella scuola di Amici per superare sé stessa e il proprio carattere schivo. Mida vuole la ribalta... More

Uno
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Sette
otto
Nove
Dieci
Undici
Dodici
Tredici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
Venti
Ventuno
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque

Quattordici

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By Emi_Cs

C'era una certa tranquillità quella settimana, una sorta di calma generale che mi faceva sentire rigenerata.

Mida mi evitava come la peste bubbonica nel 1400 da ormai tre giorni, era andata in onda la puntata di sabato ed ero stata riempita di complimenti completamente immeritati e di sostegno da persone di cui non conoscevo i tratti facciali e questa cosa mi riempiva di gioia e di gratitudine tanto che avevo iniziato a meditare insieme a Holden, a lui non so a che cosa servisse meditare ma era divertente farlo insieme quando si concentrava sembrava che la lampadina nella sua testa scoppiasse.

La voce del santone dell'applicazione per la meditazione ci fece risvegliare dal nostro sogno lucido per avvisarci che i minuti di introspezione erano, finalmente, finiti.
Aprì gli occhi e mi voltai velocemente con la testa verso sinistra per guardare il ragazzo seduto di fianco a me a gambe incrociate sull'erba del giardino.
"Non puoi, tipo, meditare in silenzio?"
Poggiai le mani fra l'erba corta.
Era mezzogiorno, non c'era più rugiada ed era completamente asciutta grazie al sole romano che quel giorno segnava venti gradi e mi sbatteva i raggi contro la pelle del viso.
Ah, il riscaldamento globale.
Joseph aprì gli occhi tondi e con la testa dritta spostò solo le iridi verso di me.
Scoppiai a ridere, sembrava un fottuto serial killer, mio dio quegli occhi mi avrebbero ammazzato.
"Side eye" dissi ad alta voce continuando a ridere. Mi piegai su me stessa, con la faccia verso il buco creato dalle mie gambe incrociate e continuai a ridere.
Quel ragazzo era l'essere più comico mai esistito sul pianeta terra.
"Ragazzi" la voce di un ragazzo della produzione si diffuse per tutta la casa e per tutto il giardino, "i cantanti tutti in sala tv."
Alzai gli occhi verso il cielo.
Non c'era una nuvola.
Sembrava una rilassata giornata di settembre.
Piazzai il palmo della mano contro l'albero alla mia sinistra per aiutarmi a tornare eretta in piedi e con un saltello mi girai verso sinistra ed allungai l'altra mano verso Holden, "Andiamo?"
Mise la mano nella mia, "Andiamo."

Mi sedetti fra gli scalini bianchi, i cuscini blu e azzurri, finendo sopra al mio posto, quello più in alto per poi lasciarmi cadere di schiena e bearmi della morbidezza.
Guardai il soffitto bianco fino a quando la voce dello stesso ragazzo di prima, di cui non riuscivo mai a ricordarmi il nome - Marco, Mirko, Matteo? - non si diffuse nella stanza.
"Ragazzi per la puntata di mercoledì dovete prepare un brano a vostra scelta, chiaramente dovrete accordarvi con i vostri insegnanti" figurati se potevamo avere completamente voce in capitolo, "chi arriva ultimo alla gara cover finisce in sfida."
"Indipendentemente dalla scelta del professore?" Chiese Holy.
Era preoccupato.
Stava finendo sempre ultimo ultimamente, perciò ogni dubbio era assolutamente comprensibile.
"Chiunque arrivi per ultimo, andrà in sfida immediata."
Annuimmo tutti e qualcuno sospirò.
Io mi misi le mani incrociate sulla pancia e continuai a fissare il soffitto. Stranamente non ero preoccupata, l'idea che potessi scegliere la canzone da fare in puntata mi tranquillizzava perché io, al contrario di Lorella, conoscevo cosa facesse per me e se fossi finita per ultima avrei accettato la mia sorte e fatto la sfida.
Ero convinta che in ogni caso la produzione sapeva chi si meritava sfidanti non troppo...preparati e chi sarebbe dovuto uscire dal programma. Era tutto preparato e se doveva arrivare il mio turno per levare le tende magari non era neanche per le mie capacità ma perché non ero adatta a quel contesto e questa cosa un po' mi sollevava, insomma sapere che, in alcuni casi, non era dovuto a come cantavi era come ricevere una pacca sulla spalla.
Alcuni meritavano di uscire davvero ma quello non stava a me deciderlo. Almeno, me lo dicevo per tornare umile.

Mi alzai per mettermi seduta e feci scivolare il sedere sulla parte liscia senza cuscini per mettere i piedi giù, verso lo scalino bianco più in basso.
Arpionai le mani di fianco a me contro la superficie ad angolo e guardai gli altri mentre discutevano.
"Dite che la gara dell'altro giorno ci voleva preparare alla puntata?"
Buttai gli occhi su Petit ed annuì. Aveva senso.
Salvatore si passò le dita fra il ciuffo castano laterale per ravvivarlo. I suoi occhietti azzurri puntarono in quelli celesti e grandi di Valentina.
"Probabile ma almeno se finiamo in sfida ci finiamo con le nostre manine" le dita lunghe e affusolate della biondina dalle punte nere si mossero delicate nell'aria davanti al viso tondeggiante di Petit.
"E possiamo anche rifarci alla classifica dell'altro giorno" si aggiunse Angela. Stava pianificando qualcosa nella sua testolina coperta da quel fiume ampio di capelli voluminosi e indomabili.
Perché avevano tutti gli occhi azzurri? Non erano una minoranza?
"Dobbiamo chiedere aiuto a Amen, non ho capito che vuoi dire" sentì il mio nome pronunciato dalla bocchetta di Holy mentre il suo viso giallastro si guardava intorno.
Sembrava un po' tutto sbiadito, i capelli un tempo rosso ora erano scoloriti, la pelle aveva perso l'abbronzatura dell'estate e pareva quasi fosse andato a male. Neanche le labbra avevano più il solito colorito.
"Che chi è arrivato ultimo può lavorare più duramente" Rispose Mida riferendosi palesemente a lui ma tentando comunque di parlargli in modo comprensivo e tentare di dargli un consiglio.
Peccato che l'ultima cosa che voleva Francesco in quel periodo in cui aveva contro tutti a parte la sua insegnante erano consigli, lui voleva solamente comprensione e sentirsi dire che qualcosa di buono lo stava facendo.
Mida però non era una persona intenzionata a dare il contentino a nessuno, non era colui che di solito dava le pacche alle spalle per poi dire: dai sei stato bravo lo stesso, no ti spingeva sempre a fare meglio, a sfidarti e a farti credere che avessi ancora dei proiettoli da sparare.
Era stimolante sapere che potessi fare di più.
Ma non per Holy.
Lui voleva le pacche sulle spalle e le paroline di vicinanza.
"Mida mi devi mollare" Francesco alzò la voce, "mi stai sempre addosso, mi devi mollare!" si alzò in piedi e li dirise verso il corpo longilineo di Mida, seduto al secondo scalino centrare, "canti male e non riesci neanche a farlo senza autotune!"
Detto ciò prese e se ne andò, sbattendo i piedi a terra e facendosi sentire.
Seguì il suo corpicino uscire dalla stanza e poi lo vidi sparire nei corridoi.
Mi voltai verso il ragazzo riccio che guardava i suoi compagni che si erano accerchiati tutti intorno a lui. Aprì le braccia e scosse lievemente la testa, "che gli devo dire?" Chiese a bassa voce, "tanto ce l'ha con me."
Guardai Mida dall'alto.
Si passava una sorta di mattarello sopra ai larghi cargo viola scuro e poi sulla spalla scoperta dalla sua solita e stretta canotta nera.
Perché aveva un mini mattarello?
Era comunque bello.
"Penso che voglia solo sentirsi dire che andrà bene" mi intromisi nel loro discorso, punterellando le dita contro il legno liscio.
Mida si voltò velocemente verso di me, sul suo visetto una strana espressione sorpresa.
Forse era confuso perché gli stavo rivolgendo la parola di nuovo?
Non lo facevo per lui, lo facevo perché mi piaceva bacchettare le persone quando si mettevano l'empatia sotto al sedere per sedercisi sopra.
"Ma non andrà bene se continua così" mi fissava con i suoi occhi castano chiaro, la pelle completamente tirata dalla rigidità mentre tutti i ragazzi vicino a lui osservavano lo scambio fra me e lui.
Inclinai lievemente la testa verso la mia spalla sinistra, lo guardavo e non avevo vergogna di farlo o farmi beccare.
"Penso lo sappia anche lui" risposi, nella voce c'era tutta la tranquillità che mi stava dando la meditazione con Joseph, "non c'è bisogno di farglielo presente sempre."
A me piaceva il suo modo di essere, in realtà, ammiravo l'onestà era qualcosa a cui costantemente puntavo come obiettivo e come coppa d'orata ma non avevo idea di come avrei potuto reagire io se fossi finita sempre per ultima e gli altri non avrebbero fatto altro che ricordarmelo.
"Ora sei diventata tutto d'un colpo compassionevole?"
Sorrisi leggermente, increspando le labbra.
Era arrabbiato con me e non capivo perché lui si sentisse offeso e in dovere di parlarmi con tutte quelle parole impregnate d'ira.
Avevo diritto solo io di sentirmi così, lui aveva perso qualsiasi facoltà di fare la vittima.
Mi alzai, mettendomi in piedi sullo scalino centrale e mi voltai completamente verso di lui.
"No" replicai decisa, "però Mida" aggiunsi scendendo uno scalino, "devi cercare di capire anche un po' gli altri, non solo te stesso" arrivai con i piedi sul tappeto blu e mi voltai verso la sua figura, "e lo so che non lo fai perché sei cattivo, non lo sei per nulla, ma perché non sopporti vedere le persone arrendersi quando si tratta di queste cose ma ogni tanto gli esseri umani vogliono solo un pat pat sulla testa" gli sorrisi, "e vogliono sentirsi capiti" mi girai per andarmene.

Holden per la sesta volta in quella giornata che stava durando 72 ore, si voltò e se ne andò mentre ancora io avevo la bocca piena di parole.
Io stavo lì con le labbra dischiuse per parlare e nel bel mezzo di una conversazione, lui si alzava, se ne andava e dandomi la schiena alzava il braccio e la mano per salutarmi drammaticamente.
Lo bloccai ridacchiando quando arrivò sulla soglia della sala con I divanetti beige, ero quella stanza open space che dava sulla cucina e sulle camere dove o di solito le coppie si limonavano o la gente si prendeva a parole.
Un posto magico.
"Hai finito di girarmi le spalle?"
Ero nella mia posizione di rilassamento preferita: quella in orizzontale con un cuscino rotto sotto alla testa e uno sullo stomaco.
"Scusa è che non riesco a togliermi dalla testa la tua uscita di oggi."
Risi facendo scuotere il cuscino sopra alla mia pancia, "dovevo andare alla Juliard a studiare arti drammatiche, altro che amici."
"Am" la vocina di Sofia mi chiamò ed io alzai completamente la testa per vedere spuntare la sua testolina dal lato della porta. La vedevo dall'alto al basso, come quegli alberi appesi al soffitto, dato che non avevo trovato la voglia manco di girarmi ma solo di espandere la lunghezza del mio collo. "Sarebbe il tuo turno per i tik tok."
Rimasi con in collo in espozione e la testa piantata nel cuscino mentre guardavo i suoi capelli tirati in uno chignon basso, "io passo" Alzai un braccio verso l'alto per dichiarare bandiera bianca.
C'era già abbastanza da fare ci mancavano i turni per tik tok. Io, personalmente, ne mettevo uno quando mi ricordavo, ma passavo più tempo possibile su twitter per far parte delle meme e fidelizzare i twitterini e scrivere stronzate richiedeva meno tempo che star lì a fare video che comunque non mi sarebbero mai andati bene, perché ero una cagacazzo.
Sofia sparì da dietro la soglia e io feci cadere il braccio al mio fianco, "perché abbiamo i turni per tik tok?" Chiesi ad alta voce.
"A quanto pare ci aiuta a star più vicino al pubblico."
Annuì. Poteva avere senso.
"Io non li so fare i balletti" mi lamentai. Probabilmente lo avrei scritto su twitter per scusarmi della mia non presenza su tik tok.
Cioè, in realtà c'ero, commentavo e infastidivo gli altri e poi ripubblicavo edit per la coppia Marisol e Petit ma la mia esistenza sulla piattaforma finiva lì.
"Io sì" Joseph di fianco al mio divano, si mise una mano sulla vita, alzò l'altra mano e iniziò a sculettare.
Gli lanciai un cuscino addosso.

Mangiammo tutti piuttosto velocemente, non so se perché affamati o indaffarati o stanchi, stava di fatto che in circa venti minuti ingurgitammo tutto come le anatre senza masticare.
Ero contenta perché era il mio turno per i piatti e avevano già fatto il primo lavaggio mangiando anche l'olio rimasto nel fondo delle padelle.

Andai dietro l'isola e mi guardai intorno, fra piatti, bicchieri e stoviglie ammassate. C'era più roba di quello che mi sembrava prima.
Mi piegai per prendere i guanti gialli sotto al lavabo, "tu lavi, io asciugo?"
La voce imprevista mi fece sobbalzare e tirai una testata contro il truciolato che sosteneva il lavandino e i piatti lerci.
Mi misi le mani sopra la testa e sopra il bernoccolo che mi sarebbe cresciuto sotto ai capelli e lentamente mi alzai maledicendo Christian.
"Mi ero dimenticata che c'eri anche tu in turno."
Avevo proprio rimosso, come fanno i soldati che vanno in guerra ed eliminano i ricordi più dolorosi.
Mida ad un passo da me, si mordeva il labbro inferiore per evitare di scoppiare a ridermi in faccia e apprezzai cominque il tentativo.
Allungai i guanti verso il suo petto tonico coperto da quella canotta, "tu lavi, io pulisco."
Sembrò quasi sorridermi.

"Che canti per la gara?"
Avevo la pezza rossa in mano ed ero appoggiata alla cucina di schiena mentre lanciavo qualche occhiata ogni tanto al ragazzo che strigava via lo sporco dalla padelle.
"Non dobbiamo parlare per forza" usai le sue parole e mi sembrò quasi di essere nei suoi panni, di quando mi guardava e mi vedeva tentare di cercare di dire qualcosa per spezzare quel silenzioso disagio che si creava sempre tra di noi.
Smise di lavare i piatti, le mani bloccate sopra al culo della pentola e il viso si voltò verso di me. Gli occhi grandi brillavano sotto la luce calda della cucina e il color legno che ci circondava.
"Io voglio parlare."
Misi le braccia conserte, facendo finire quel pezzo di stoffa per asciugare I piatti in mezzo alla mia felpa oversize beige.
"Okay" sospirai, "allora, come va con Gaia?" Chiesi sorridendogli lievemente.
Allontanò le mani dalla pentola e le appoggiò sulla superficie, "non devi per forza fare così."
"Voglio solo parlare" replicai abbandonandomi di più con la schiena contro la cucina.
Mida si mise con un fianco contro il lavabo, sempre ad un passo da me, "Va sempre allo stesso modo...va bene" io annuì, "ma mi spiace. Hai ragione non te l'ho mai detto."
Annuì ancora, "okay."
Non che avesse senso sentirselo dire dopo quasi una settimana e con la consapevolezza che nel su cervello non credeva davvero di avere sbagliato ma andava bene così.
"Quand'è che te la cambi 'sta canotta che sembri justin bieber nel 2009 misto ad Usher?"
Mida mi sorrise e ridacchiò e allungò le mani per asciugarsele nella pezza che avevo stretta fra le braccia manco fosse il mio tesoro più caro.
"Son troppo fresco così, vero?" Si mise dritto in piedi davanti a me facendomi vedere l'outfit, ergo quello di prima con la variante della tuta nera che gli copriva le gambe lunghe.
Tirai le labbra in un sorriso divertito, "mio zio Nino è così quando torna da lavoro."
Scoppiò a ridere, arricciando il naso: "com'è tuo zio?"
Con le braccia incrociate, il sedere contro la superficie della cucina e lo sguardo alto mi resi conto solo in quel momento che i colori caldi di quella casa mi piacevano molto. Mi davano un senso di familiarità.
"Alto, scurissimo di pelle, tutta la melatonina che non ho io è perché l'ha presa lui, pelato, è letteralmente un blocco di marmo. Al matrimonio di mio cugino, han provato a tirarlo su ed Oscar, un amico di mio cugino, si è quasi, non ironicamente, spezzato un braccio. Gli è andata bene, ha portato solo il gesso per un po'."
Risi da sola ai ricordi.
Io e la mia famiglia eravamo sempre stati vicini ma con i miei parenti la storia era diversa, discutevamo sempre e non c'era mai nulla che ci permetteva di pensarla alla stessa maniera perché i soldi pareva venissero prima di ogni legame affettivo, però quando eravamo insieme, nei pochi momenti in cui non si litigava o si parlava di chi possedeva cose, ci divertivamo molto.
"Ah, fuma molto ma non molto quanto pensi tu, di più e perciò ha la voce molto raspa. E non si vergogna di niente, letteralmente quell'uomo non conosce l'imbarazzo."
Insomma, aveva scoreggiato in ospedale mentre alzava la gamba per distendersi sul lettino e dato la colpa all'infermeria pur sapendo che era palese che fosse stato lui.
"Non abbiamo molte cose in comune" rise il ricciolo di fronte a me.
Scossi la testa e mi avvicinai leggermente a lui per potermi permettere di parlare a bassa voce e con la mano coprì il microfono sul mio petto, "a entrambi piace giocare."
Mio zio aveva tradito mia zia, ripetutamente e comprato una casa all'amante una ventina di km distante da dove viveva con mia zia.
Senza vergogna, anche in quei casi.
Non che Mida fosse così ma nonostante io ci provassi continuavo a sentirmi presa per il culo da quello spilungone e non riuscivo a mandare giù quella cosa.
Ero stata tanto stupida da farmi raggirare da un uomo?

Halo 💌
Come state? Spero tutto bene.
Qui da me son tipo due settimane che piove e mi sono rotta anche un po' il cazzetto. 

Comunque come sempre vi chiedo, se vi è piaciuto, di lasciare una stellina ⭐️

Buon weekend 🦋

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