Zweisamkeit | Jannik Sinner

By Da_da_12

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Non lo so, semplicemente perché non so dove questa storia andrà a parare. Comincia con Violante e Jannik. Con... More

Prologo
1. AEIOU
2. Cotoletta senza limone
3. Tschüs, Tennisspieler
4. Riordinare le tazze
5. Eszett
6. Hello
8. Una fettina di tortina
9. Perfezione
10. Momento Bublik
11. Pallabase
12. CBCR
13. Batti lei
14. L'ispirazione
15. Il corso della vita
16. Far combaciare gli angolini
17. La pioggia sul bagnato
18. Polittici e politici
19. Pesce angelo imperatore
20. Test di Rorschach
21. Macho Man
22. Torneo del triceratopo
23. Un Monte Rosa di savoiardi
24. Poi passa
25. Licenza poetica
26. Schuss, Elke
27. Un centesimo
28. Soigneur
29. Spingere o tirare
30. Caso è l'anagramma di caos
31. Wilten
32. Vita al contrario
33. Tu quando ti butti in acqua
34. Colombe
35. Chuenisbärgli
36. Invisibilità
37. Timber sports
38. Salmone
39. Pellicola
40. John Dory
41. Elke in Paris
42. Debolezza
43. WWW
44. Hockey
45. Wermut
46. Bottleflip
47. X Factor Tennis
48. Saetta McQueen
49. Altezza
50. Uova
51. Difetti
52. Normale
53. Talismano
54. Violante e Violante
55. Arianna
56. Numero 6
57. Trilli
58. Bara(re)
59. Ragnatele
60. Cancrena
61. Peluche
62. Cecchino
63. Chef
64. Paris-Brest
65. Giotto
66. Dignità
67. Soglia di sfondamento
68. Sci
69. Bue muschiato
70. Fermo
71. Armadillo arrotolato
72. Lezione d'italiano
73. Incomunicabilità
74. FIFA

7. Fennec

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By Da_da_12


Quando Violante varca la soglia della stazione, getta un'occhiata al tabellone dei treni in partenza, controllando soltanto la colonna relativa ai ritardi. Constatato che quelli più significativi non intaccano i suoi spostamenti, copre la breve distanza che la separa dalle macchinette e seleziona la bandierina che simboleggia la lingua, in modo da poter fare il biglietto.

Clicca il tricolore italiano senza neanche pensarci, è il primo a sinistra, il più immediato. Segue tutta la trafila fino ad arrivare al pagamento, quindi corruga la fronte e scuote appena la testa, facendosi scivolare involontariamente una ciocca di capelli davanti alle lenti Cat-Eye degli occhiali da sole. Annulla l'operazione e ricomincia, stavolta sceglie il tricolore tedesco, le stazioni di partenza e arrivo, la data, l'orario, il treno, paga, ritira, oblitera, aspetta.

Quello di Germania non è il suo tedesco ma le macchinette sono così intuitive e lei ha fatto così tanti biglietti che non è un tricolore diverso a rallentarla o intralciarla. Indossa un semplice maglione a trecce abbinato a un paio di jeans, l'unico piumino che ha e degli stivaletti. Si è ripetutamente domandata se partire o meno, poi si è detta che lo fa per lo spettacolo e che lo spettacolo sarà la sua scusa in qualsiasi caso, seppur in cuor suo sappia che dietro non c'è solo quello.

Proprio per lo spettacolo di Natale, però, scatta una foto al biglietto del treno e a quello per assistere alla partita di Jannik, a coprirli parzialmente la sua mano sinistra, le unghie laccate interamente di arancione a parte l'angolo esterno del mignolo sinistro, che diventa bianco, e i due lati esterni del mignolo destro, perpendicolari tra loro ed evidenziati da due sottili segmenti bianchi, che si incontrano in un puntino nero.

Simulano una piccola volpe, le sue dita, lo fa anche l'eyeliner nascosto dalle lenti scure. Lo sfondo della foto comprende anche la linea gialla da non oltrepassare, l'immagine si affianca alla registrazione dello schermo realizzata ormai mezza giornata prima. Essa mostra i messaggi che si sono scambiati lei e Jannik negli scorsi giorni, quelli che lo hanno tenuto lontano da casa, appunto, per un torneo.

Violante non sapeva e non sa bene come trattare il ragazzo in queste circostanze, non vuole risultare di troppo, né risultare disinteressata. Jannik, dal canto suo, le ha girato la programmazione dei match, che indica date e orari delle partite e partecipanti ai vari gironi. È partito qualche giorno prima dell'inizio della competizione per potersi allenare sui campi adatti, è capitato nel gruppo dell'avversario che teme di più, un'arma a doppio taglio.

Ipoteticamente, significherebbe incontrarlo una sola volta prima della finale, però in finale occorre arrivarci e, soprattutto, è possibile che batterlo sia la chiave per passare i gironi, primo step da compiere se si vuole avanzare nel torneo. La notte precedente la sua partita di debutto, Violante gli ha mandato il buongiorno e gli ha fatto l'in bocca al lupo, scrivendogli letteralmente "buongiorno" e "in bocca al lupo", 2 messaggi, le 3 spaccate. Dormiva, chiaramente.

Lui s'è svegliato con quel paio di notifiche che sovrastava tutte le altre e così è stato per i giorni a seguire. Sempre le 3 spaccate, sempre 2 messaggi. "Buongiorno". "In bocca a" e poi animale a caso.
Dopo il lupo, c'è stato il cane, dopo il cane, la iena, dopo la iena, lo sciacallo, dopo lo sciacallo, l'urocione, di cui nemmeno conosceva l'esistenza. Stamattina è toccato al fennec, la volpe del deserto. Lui, allora, le ha sempre risposto con 2 messaggi: l'esito della partita e il turno appena disputato. "Vinto", "prima del girone". "Vinto", "seconda del girone". "Vinto", "terza del girone". "Vinto", "quarti". "Vinto", "semi".

Violante sale in treno e raggiunge l'amica che l'accompagnerà, la cui sorella è arrivata in finale nel torneo femminile. Le spiega velocemente la faccenda dello spettacolo, del rifacimento del videoclip di Hello, lei è una di quelle persone che, nella vita, ambiscono a sapere sempre tutto di tutti, perciò si improvvisa un Cupido in miniatura, convinta che provare a far capitare le cose l'avvantaggi, e parte subito in quarta, cominciando a farsi film in merito a Violante e Jannik, offrendosi come cameraman per riprendere lei, poi lui, poi loro, un disastro.

«Calma.» Violante le posa una mano su un ginocchio, quella sinistra.
«Cos'è? Avevi finito lo smalto arancione?» l'amica le prende il mignolo tra il pollice e l'indice, portandoselo davanti al naso.
«Pensa che ho anche provato a diluirlo con l'acqua per arrivare in fondo ma non è servito a niente.»

«Eh, certo. Ti credo, soprattutto.» Alice la guarda male, lasciandole il mignolo che, insieme al resto della mano, corre a ricomporre la volpe, affiancandosi all'altra parte della figura. «Matrimonio in autunno, allora, se il vostro colore è l'arancione.»
«Ma vostro di chi?» Violante alza gli occhi al cielo, le lenti scure lo nascondono.

«Hai visto come finisce il video o...»
«Con lui che prende il palo.»
«Appunto: se volete cambiare il finale...»
«Non se ne parla.»
«Perché? È carino.»
«Vacci tu, allora.»
«Non è il mio tipo.»

«E secondo quale logica dovrebbe essere il mio?»
«La stessa per cui hai fatto il biglietto in tedesco?» domanda Alice, picchiettandole un indice sul rettangolo di cartoncino. Violante guarda il dito muoversi, poi guarda l'amica. Ha fatto il biglietto in tedesco perché ha sempre cercato di separare la sua vita precedente da quella attuale, la sua vita in Alto Adige da quella nel resto d'Italia.

Jannik appartiene senza ombra di dubbio alla prima, seppur stia cominciando a insinuarsi anche nella seconda. Si chiede se sia un bene o un male mentre il treno rallenta e coglie l'occasione per volgere lo sguardo fuori dal finestrino, tra gli alberi che stanno perdendo le ultime foglie, arancioni. Alice riceve una chiamata da parte di sua cugina, che l'avvisa di essere a poca distanza dalla struttura che ospita il torneo, le due rimangono a chiacchierare fino a che non è il momento di scendere dal treno, avvolte in una logorrea che fa inconsciamente dimenticare all'amica di Violante la questione del tedesco.

Le ragazze incontrano la cugina di Alice un quarto d'ora più tardi, superano i cancelli della struttura e salgono sulle tribune, a trovare i loro posti prima che comincino le finali, che si disputeranno tutte sullo stesso campo, quella maschile seguirà quella femminile. È per questo motivo che Violante ha una scusa per eclissarsi, dice di andare in bagno, poi a riempire la bottiglietta d'acqua, in realtà girovaga per le zone cui ha accesso, fino a raggiungere i campi riservati al riscaldamento di chi giocherà più tardi.

Appoggia gli avambracci alla barra zincata che delimita il terreno di gioco in cui stanno provando le battute coloro che si sfideranno nel doppio ma non presta particolare attenzione a ciò che le capita davanti agli occhi, le sue pupille sono concentrate più in là, sul campo successivo, quello in cui si scalda Jannik. Rimane a guardarlo per un bel po' di tempo, voltandosi in una sola occasione, quando, infastidita dal sole nonostante gli occhiali, beve un sorso dell'acqua che ha realmente riempito.

Si scopre a complimentarsi con se stessa vedendo la testa di Alice spuntare dalla cima della scalinata che conduce dov'è lei, la quale, in questo momento, sembra del tutto disinteressata a ciò che le accade dietro le spalle. «C'era coda, ho immaginato che la partita fosse già cominciata quando ho sentito calare il silenzio. Per non fare confusione, mi sono fermata qua.» Violante accenna ai bagni, con una naturalezza che la stupisce.
«Figurati.» Alice si beve la scusa senza fare una piega, agitando una mano in aria.

«Uh, ma là c'è il tuo bello: urge video.»
«Dove?» Violante segue ingenuamente il dito dell'amica, come se non sapesse in che verso guardare. «Ah, Jannik.» accenna un mezzo sorriso che esalta Alice, la quale le sfila il cellulare dalla tasca della giacca e le chiede di replicare. Violante fa una smorfia, quindi ripete la scena nel modo più naturale possibile: si volta, sta per sorridere, ai ragazzi del doppio sfugge una pallina, che lei afferra prontamente.

«Grazie!» le risponde il giocatore che le va incontro per riprendersela e che si becca il sorriso, ma viene tagliato fuori dal video.
«Buona la prima!» esclama Alice, dando una pacca sulla spalla all'amica. «Sai cosa, però? Dovresti togliere gli occhiali da sole.»
«E altre mille favolette che racconterai a qualcun altro.» Violante annuisce, focalizzandosi sul rovescio di Jannik. «Dai, torniamo su.» si rivolge all'amica, vedendo che inizia a tornare il silenzio: sta per riprendere il match.

La sorella di Alice vince anche il secondo set senza troppi patemi, portandosi così a casa il torneo. Rilascia una sorta di intervista in cui, dal campo, ringrazia i tifosi e il suo allenatore, quindi rientra negli spogliatoi, si lava e si cambia, raggiunge la sorella, la cugina e Violante in tribuna mentre Jannik e il suo avversario fanno la loro comparsa sul terreno di gioco.

Ci arriva un po' come un outsider il sudtirolese, che ha sì dato prova di grande freddezza nei match precedenti, però ha un'abitudine alle finali molto meno sviluppata dello sfidante che, essendo anagraficamente più grande e avendo cominciato a dedicarsi seriamente al tennis prima di lui, è più avvezzo a questo genere di sfide. È il fantomatico ragazzo che, ai blocchi di partenza, più spaventava Jannik, infatti è, insieme a lui, l'unico sopravvissuto.

Non si affrontano due finalisti casuali, anche per questo le aspettative sono piuttosto alte. A mettere in difficoltà il più piccolo è principalmente il servizio dell'opponente che, però, come stile di gioco accusa, almeno in parte, la superficie velocissima che ospita il torneo, sulla quale l'altoatesino non si trova affatto male. Jannik è il nuovo che avanza, il cattivo da tenere fuori dalla narrazione.

Ha un'ottima condizione fisica, a livello tecnico sta facendo passi da gigante, ha voglia di fare e di dimostrare, nonché di cavarsela in fretta, con l'imperativo, però, di far esplodere e non veder implodere il gioco dell'avversario, perché vuole avere la certezza di poterlo battere, non gli basta vincere, gli interessa sconfiggerlo.

C'è una bella differenza a livello psicologico tra la vittoria perché lo sfidante ha perso o la vittoria perché tu hai vinto, risiede in questo dualismo la grinta che, sin dalle prime battute, Jannik mette in campo. Violante non si addormenta, però sbadiglia, una volta. Una sola, eppure è sufficiente per farsi beccare da Alice, inquadrare dalla videocamera, ritrarre nei pixel di un minuto di video: i gomiti sulle ginocchia, il mento sui palmi delle mani, che lasciano le guance per coprire la bocca.

Violante sbadiglia e segue la pallina spedita di là dalla rete da Jannik, il servizio che gli vale il punto che decide in suo favore l'ultimo game del primo set, che termina sul 6-2 in favore del sudtirolese. La ragazza guarda la sferetta rimbalzare e si accorge, con la coda dell'occhio, dell'obbiettivo puntato su di lei, al che allunga una mano verso il cellulare, per coprire la fotocamera, mentre sorride e scuote la testa, divertita. Il set successivo termina ancor più velocemente, 6-1 per Jannik e tutti a casa.

Violante nota per la prima volta tutti quei particolari che non conosceva di una partita di tennis: i numeri enormi di palline e racchette, tutti quegli asciugamani, le pause merenda, i cambi di campo, l'alternanza al servizio, i polsini, i cappellini, le tasche, i saltelli, Jannik che soffia sulla mano che tiene la racchetta, Jannik che fa ruotare la racchetta su se stessa, Jannik che pesta le righe sempre col piede destro.

«Scendiamo?» la sorella di Alice accenna alla parte più bassa della gradinata, nessuno obietta né chiede, semplicemente la seguono e si appoggiano alla balaustra che separa il campo dalle tribune.
«Perché gioca quello che ti piace, nel doppio, eh?» le domanda la cugina, vedendo il ragazzo comparire dall'altra parte del campo.

Violante si disinteressa completamente della conversazione, piuttosto si riscopre di nuovo a seguire i gesti di Jannik che, scambiate due battute faticose con l'intervistatore, in un italiano stentato e maccheronico, raggruppa e riordina le sue cose, le sistema nello zaino, chiude tutte le cerniere, controlla di aver preso ogni oggetto, toglie il tappo alla bottiglietta d'acqua che aveva cominciato a cavallo dell'ultimo game e ne beve un sorso, incrociando casualmente gli occhi di Violante.

Finisce di deglutire l'acqua cercando di mandare giù anche lo stupore, quindi molla la bottiglietta nei paraggi dello zaino e, togliendosi il cappellino per passarsi una mano tra i capelli, le va incontro. «Allora? Hai dormito?» le chiede, sorridendo quando lei abbassa la testa fino ad appoggiarla sul dorso delle mani per poterlo sentire.
«Solo sbadigliato, sono stata brava.» arriccia il naso in segno di diniego.

«Anche tu sei stato bravo.» aggiunge, mentre un filo d'aria le muove i capelli, che le solleticano le mani.
«A non farti addormentare?» Jannik si mette al polso il cappellino, in modo da non doversene più preoccupare.
«Anche a vincere, credo. Boh, non capisco niente di questa cosa.» Violante accenna al campo, sollevando appena il mento dalle mani.

«Ma tu perché giochi proprio a tennis?»
«Perché non scio e non gioco a calcio.» Jannik scrolla le spalle, è la seconda volta che si ritrovano a citare Rocky.
«Ti offendi anche stasera, se qualcuno oltre a me ti canta Eye of the Tiger?» gli chiede lei, tirandosi su e allontanandosi dalla balaustra.
«Speraci, Adriana.» il tennista la chiama come la moglie di Rocky, nonché l'interlocutrice del pugile in quello scambio di battute cui Violante ha dato il la, seppur modificando la domanda.

«E togliti gli occhiali da sole, non ti servono più.»
«Spiacente, me l'ha già chiesto lei e non voglio darle questa soddisfazione.» Violante inclina la testa verso Alice, che li riprende in disparte, da un lato per riuscirli a inquadrare entrambi, dall'altro perché, appurato che parlano in tedesco, non capirebbe comunque.
«Bello, ci riprende perché? Ah, il video, giusto. Meno male che ho vinto.» Jannik si risponde da solo, con tanto di sorrisetto finale.

«E la tipa mica ha gli occhiali da sole.»
«E tu non hai la fascia che, di conseguenza, non ho neanche io. Stiamo o non stiamo cambiando il copione?» domanda lei, retorica, al che Jannik si sfila il cappellino dal polso e glielo porge.
«Occhiali, prego.»
«Dai, Jannik.» Violante torna ad appoggiarsi alla balaustra e sorride, tirandosi di nuovo su quando lui prova a interrompere la separazione che impongono le lenti scure.

«Dai, Elke, scavalca.» la invita a scendere da lì, a raggiungerlo ai margini del terreno di gioco, allungando un braccio. La ragazza oltrepassa la balaustra e salta giù, non era una distanza siderale quella che la separava dal suolo. Jannik le mette sulla testa il cappellino, la visiera è rivolta all'indietro, le dita corrono a spostarle i capelli dietro le spalle. «Ma cos'è, una volpe?» le chiede, osservandole le palpebre quando, finalmente, si toglie gli occhiali da sole.

«E non te li volevi togliere perché ti vergognavi?» Jannik ride, vedendola fissare le punte degli stivaletti, peccato che, così facendo, metta ancor più in mostra il disegno creato dall'eveliner. «Oh.» le sfila gli occhiali dalle dita, notando anche lo smalto, quindi le porta il polso oltre una spalla e vi fa scivolare l'avambraccio, attirandola a sé quando arriva al gomito.

Violante non risponde subito, deve prendersi del tempo per pensare, per capire, per capirlo e per capirsi, perché quell'abbraccio non ha senso, né ha ragione d'esistere, eppure lui l'ha creato e lei non s'è tirata indietro, e allora si chiede come mai, e non trova risposta, né da un lato, né dall'altro. «Non mi hai ancora regalato il costume da carota.» gli dice alla fine, sollevando la testa e facendolo ridere, di nuovo, che alibi che s'è inventata.

«E sei qua per il video, sì.» Jannik annuisce, divertito, e lei prova ad allontanarlo da sé spingendolo via ma a lui basta irrigidire i muscoli del braccio per tenerla lì.
«Che è il motivo per cui tu mi stai impedendo di spostarmi, sì?» Violante assottiglia lo sguardo, indagatoria.
«Sì.» il ragazzo fa schioccare la lingua contro il palato, ovviamente.

«Bene, era quello che mi sarei voluta sentir dire.»
«Anch'io, sono contento che questa collaborazione professionale proceda così brillantemente, ma toglimi una curiosità: hai una lista di animali da sostituire al lupo nei messaggi che mi mandi o vai a sentimento?»
«Stilerò una lista per non ripetermi in futuro.» Violante lo rassicura. «Com'è il trofeo?» gli chiede poi, intuendo che debbano sgomberare per lasciare spazio alla partita successiva.

«Orrendo, sembra quel braccio di candelabro prestato a sostenere una semisfera brutta tipico dei tornei dell'oratorio.» Jannik solleva l'oggetto in plastica e glielo porge, prima di caricarsi sulle spalle le sue cose.
«Dovrebbe essere dorato o argentato?» lo interroga lei, incapace di cogliere persino il colore. Se lo fa rigirare tra le mani, studiandolo nei minimi dettagli, e conclude che la descrizione del tennista è stata fin troppo gentile: quella coppetta è realmente oscena.

«So solo che, più cerco di capirlo, più mi sento daltonico.» scuote la testa lui, mentre percorrono l'unico corridoio presente, che conduce sia all'esterno che negli spogliatoi. «Sei a casa, domani?» le chiede poi, si fermano davanti alla porta oltre cui il ragazzo si toglierà di dosso le fatiche del match.
«Sono a casa, domani, idem dopodomani. Non potrò lavorare per sempre, cosa dici?» scherza la più grande, che ha passato i suoi ultimi sei giorni di vita in panetteria.

Ha a disposizione due giorni liberi a settimana, almeno nominalmente, più le ferie, poi spesso i turni si adattano alle necessità e agli impegni, quindi badano più al fatto che il saldo, a fine mese, sia corretto, non curano con particolare attenzione quando siano stati posizionati i giorni liberi nel periodo. «Allora possiamo uscire, stasera.» le propone Jannik, senza pensarci troppo.

«Possiamo fare tutto quello che vuoi, però non sentirti in dovere di coinvolgermi, se normalmente dopo una vittoria esci a festeggiare con...»
«Sono qua da solo e, poi, figurati cosa m'importa di festeggiare il torneo dell'oratorio. Ho solo voglia di pizza.» il più piccolo scrolla le spalle e accenna al trofeo, ancora tra le mani di lei, che fa per restituirglielo. «Per l'amor del cielo! Mi tengo il prestigio della vittoria, che quell'affare sminuisce soltanto.»

«Nascondiamolo da qualche parte, almeno non mi rovina la bella partita che ho fatto.» Jannik estrae un asciugamano dallo zaino in cui tiene le racchette e lo avvolge intorno al trofeo come se fosse un sudario, quindi seppellisce plastica e tessuto nel punto più remoto delle sue cose.
«Mi lavo, mi vesto e arrivo. Mi aspetti fuori?»
«Il tuo cappellino.» Violante prova a restituirgli anche quello.
«Tienilo, altrimenti che scusa ho per non restituirti gli occhiali da sole?»

**********

Primo capitolo competitivo e agonistico della storia. Per comodità (mia) stavolta ho dato un nome al personaggio secondario di Alice, generalmente non lo faccio perché è gente che va e viene, di cui io stessa tendo a dimenticarmi. Per evitare omonimie o, peggio ancora, errori, evito direttamente di identificare 'sta gente. Aggiungo anche che, sempre per quelle incoerenze temporali cui accennavo (credo) nel prologo, non sto badando alle date di uscita delle canzoni che cito.

Avendo Jannik 14 anni, siamo nel 2015 ma questo solo in teoria. Si vedrà bene nel prossimo capitolo, incentrato anche su un evento che accadrà nel 2017. Il 2017 verrà trattato come se fosse il 2016, l'anno successivo rispetto a quello in cui ci troviamo, quindi (credo, non ho ancora scritto i capitoli di cui parlo) Violante farà la maturità nonostante abbia cominciato l'anno in quarta, però in estate lei e Jannik potrebbero spaparanzarsi sul divano a guardare le Olimpiadi, tenutesi nel 2016... un casino ma tirerò le fila a tempo debito.

Buon penultimo weekend pre-natalizio con qualche fennec, un giorno o l'altro Aßen diventa uno di loro. Aggiro Wattpad che mi cancella le foto a inizio capitolo lasciandoli qua sotto, non mi fregano. Grazie grazie 💖


Questa è la foto d'inizio capitolo, dato che Wattpad si diverte a togliermele – magari ora si vede, un giorno non si vedrà più, conosco il fenomeno 😑

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