Paris Latino - Mida

By Emi_Cs

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Amen entra nella scuola di Amici per superare sé stessa e il proprio carattere schivo. Mida vuole la ribalta... More

Uno
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Sette
otto
Nove
Undici
Dodici
Tredici
Quattordici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
Venti
Ventuno
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque

Dieci

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By Emi_Cs

Nella mia testa c'erano un paio e qualcosina di più di parole che si ripetevano in un loop infinito.
Si erano prese per manina e saltellando in cerchio avevano deciso di inficcare il tallone delle loro piccole scarpe nel mio cervello per non darmi un fottuto minuto di tregua da quei pensieri ripetuti.

C'era il compito, la canzone e il mio inedito e poi ancora il compito, la canzone, l'inedito.
Così tutto il giorno.
A ripetizione.
Mi stava venendo il mal di testa.

"Am, vieni a registrare?"
Mi risvegliai dai miei pensieri e piombai con il culo a terra di nuovo sulla terra.
Non era molto gradevole vivere così, schiantata contro il terreno.
"Yesss" allungai la S finale mentre mi alzavo dal mio letto con la stessa eleganza e sobrietà di un orso risvegliato dal letargo.
Ero così stanca dalle lezioni di ballo che non credevo di possedere ancora dei muscoli nelle gambe, tutto ciò che avevo era un bel pugno di polverina ossea.
Seguì Mida in silenzio dalla casetta fino agli studi e nel percorso mi accesi una sigaretta.
"Ma tipo per fare sta cosa hai dovuto chiedere il permesso a qualcuno?"
Non avevo idea di come funzionava, eravamo della stessa squadra quindi teoricamente non dovevano esserci problemi ma ogni volta sembrava che pur se non dovevano esserci, i problemi c'erano comunque.
Mida era di fianco a me e guardava in basso, camminava veloce e le gambe più lunghe di venti centimetri rispetto alle mie gli davano la possibilità di farmi mangiare la polvere della ghiaia.
"Ho chiesto alla Cucca" calciò una pietrolina con la punta delle sneaker bianche e arancioni, "Sembrava molto eccitata per questa specie di duetto."
Io mi limitai ad annuire mentre inspiravo dalla mia sigaretta e mi stringevo nella giacca gonfia.
Allungai la sigaretta verso il ragazzo che mi camminava di lato.
"Vuoi?"
Mida non fumava, faceva qualche tiro ogni tanto ma ormai ero entrata nell'abitudine mentale di chiedergli se voleva condividere la sigaretta con me.
La prese dalle mie mani, sfiorandomi appena le dita.
"Fumi troppo" osservò mentre se la infilò in mezzo alle labbra.
Era vero ma non fumavo così tanto di solito. Era l'inutile stress che mi stavo mettendo io addosso da sola.
Mi dovevo caricare di strati di ansia e stress o non mi sentivo abbastanza al caldo.
"Voglio rendere la mia voce più roca, mamma" scherzai facendolo ridere.
Mi ridiede la sigaretta dopo un paio di tiri, "la mia è già bellissima così."
Scoppiai a ridere.

Ci mettemmo circa tre minuti, ad esagerare, nel registrare il mio pezzo e considerando che dovevo pronunciare qualcosa come dieci parole, due minuti erano perfino tanti.
Facemmo un buona la prima, Mida, il produttore e la maestra erano contenti del breve risultato e a me stava bene. Io dovevo solo aiutare, non avere voce in capitolo.
A quanto pare la doppia voce e le sporche erano già state registrate perciò ora tocca a fare il veloce lavoro di post produzione che in realtà a Christian piaceva e si voleva accollare ogni singola volta.
Suppongo fosse per avere il controllo totale del pezzo che voleva fosse fatto come se lo immaginava lui.

Fra registrazione, chiacchiere e l'ascolto del pezzo nella sua interità mentre Mida ci rappava sopra tornammo in casetta circa un'oretta dopo averla lasciata.
Io non avevo più lezioni fino a domani mattina per le ultime prove pre registrazione e a quanto pure lui era nella mia situazione.
Calpestammo di nuovo la gaia e io evitai di accendermi la sigaretta.
Stavo davvero fumando troppo e dovevo stare a risparmio di fiato e di polmoni, non potevo permettermi di sabotarmi ancora di più.
Mi infilai le mani in tasca, alzai sin sotto il mento la zip e continuai a camminare.
"Ti devo un favore."
"Per due minuti di registrazione?" Mi girai verso di lui, aveva lo sguardo fino sulle sue scarpe e i suoi passi.
"Ti do una mano con il compito" affermò e prima che potessi dire qualsiasi cosa aggiunse: "prendi la mia mano y callàte."
La sua lingua rotolò contro il palato per creare il suono più sensuale mai sentito nella storia dell'umanità.
Mio dio avevo bisogno di riprendermi.
Dovevo mentalmente appuntarmi di chiedere a Joseph di tirarmi un ceffone per far scuotere quei pensieri impuri che si erano insediati nel mio cervello marcio.
Ero troppo scossa per rispondere qualcosa che fosse più complicato di un semplice "Ok."

Erano le cinque e mezza, in casetta non eravamo molti e sopratutto non c'era Joseph e se non c'era lui io come facevo con il mio schiaffo?
In più Mida aveva deciso, da solo, che doveva ricambiare quel favore che non era un favore e perciò si era chiuso con me nella sala prove e sempre da solo aveva deciso con che cosa aiutarmi.
Onestamente pensavo che mi avrebbe dato una mano con la stesura del pezzo di Nicki Minaj considerando che aveva detto di possedere un paroliere, qualsiasi cosa esso fosse, ma no, voleva aiutarmi nel compito, quello della Pettinelli.

Era rimasto in piedi, appoggiato comodamente contro la sbarra per il classico, con le braccia conserte e lo sguardo che mi seguiva ovunque io andassi mentre l'unica cosa che volevo io era rifuggire dal suo campo visivo.

Mi fermai in mezzo alla sala, i piedi coperti dai calzini grigi erano impiantati sul parquet.
"Non è necessario" ripetei per la trentesima volta.
Non lo era davvero.
E oltre non essere necessario, era imbarazzante.
"Se riesci a farlo davanti a me, riesci a farlo davanti a tutti."
In quel momento era molto peggio pensare di farlo davanti solamente ad un pubblico composto da una persona piuttosto che farlo in puntata e diventava peggio quando pensavo che la persona che avrebbe dovuto vedermi e giudicarmi era lui, non una persona qualsiasi.
"E poi sono il tuo giudice più severo...e non ho un cazzo da fare. Quindi vai" con la mano mi fece segno di darmi una mossa scacciando l'aria.
"Ma non puoi darmi una mano con Nicki? Hai un parol...qualcosa. L'hai detto tu" sbuffai.
Ero pronta a scavare con le unghie una via d'uscita attraverso il pavimento.
Le unghie sarebbero ricresciute, la dignità persa non l'avrei ritrovata facilmente.
"Paroliere" mi corresse, "ed è più divertente questo" ridacchiò prendendomi in giro.
"Ti odio" commentai camminando verso lo speaker per far partire la musica.
"Ah" Mida mi distrasse dal mio tentativo di connettermi con la cassa, "se dovessi cadere, ti dico già che potrei ridere. È proprio una reazione naturale. Se ti vedo che perdi l'equilibrio, scoppio ma non è colpa mia, è il mio corpo che reagisce perciò non prendertela."
"Sono a tanto così" gli mostrai il mio pollice ed indice praticamente attaccati, "dal lanciarti addosso i tacchi che ho nel borsone e sempre a tanto così" continuai a mostrare la mia mano eretta verso il cielo, "a sperare che il tacco ti finisca nell'occhio."
"Dai tigre" replicò divertito, "datti una mossa."
Il tacco glielo lanciavo sui coglioni.

Sospirai, presi un grandissimo respiro e feci partire la musica.
Era più una prova che altro, se fossi riuscita a farlo davanti a lui, probabilmente non me la sarei fatta addosso domani in puntata.
Era un test che mi avrebbe permesso di capire se dovevo o meno scappare in Messico e rifarmi una nuova vita sotto il nome di Abuela.

Partì il riff di chitarra iniziale, io avevo le gambe leggermente divaricate e la testa china verso il pavimento.
Stavo per vomitare.

You need coolin'
Baby i am not foolin'

Alzai le braccia verso il cielo con le mani incrociate.
Sembravo un serpente non troppo centrato.

I'm gonna sent ya back to schoolin'

Abbassai le braccia e feci qualche passo in avanti, con la scopa nella mano sinistra che trascinavo lentamente con me fingendo che fosse l'asta del microfono.

A way down inside

Mi misi dietro la scopa come se fosse l'asta e mi abbassai lentamente, accarrezzando il legno mentre raggiungevo una posizione di squat.
Speravo non sembrasse che fossi sul cesso.

A honey you need it

Dovevo tenere la scopa dritta dato che non stava in piedi da sola, quindi con una mano tenni il manico e con l'altra passai in rassegna la mia pelle dalla vita fin al ginocchio.

I'm gonna give you my love
I'm gonna give you my love

Con il pensiero che fossi da sola in quella stanza iniziai a fare come mi aveva detto Elena.
Buttai a terra la scopa, diedi un colpo di testa per far roteare i capelli e gattonai in avanti mentre pronunciavo il resto della canzone.

Want to whole lotta love
Want to whole lotta love
Want to whole lotta love
Want to whole lotta love

Mi alzai in piedi con un salto ed ogni volta credevo che con quel salto mi sarei spaccata le ginocchia, riprendendo la scopa.
La piazzai dritta e posai la mano su di essa, con il braccio teso iniziai a girarci intorno.

You've been cooling
And baby I've been drooling
All the good times, baby
I've been misusing

Bastava credere di essere da soli.
Non è vero, non bastava, tremavo come una foglioletta secca al vento ma dovevo andare avanti.

Scacciai ancora via l'asta del microfono, mi inginocchiai leggermente, aprì le gambe e piazzai le mani appena sopra le ginocchia.

A-way, way down inside
I'm gonna give ya my love
I'm gonna give ya every inch of my love
I'm gonna give ya my love

Piantai un piede a terra e tentai di fare una mezza piroetta, che venne tutta storta e traballante.
Con il sedere esposto al massimo verso l'esterno che la mia postura mi concedeva alzai di nuovo le braccia, le feci scivolare fino ai capelli che alzai e feci svolazzare mentre sculettavo.
Mi gettai di nuovo a terra con le ginocchia e le gambe divaricate.
Feci roteare la testa e i capelli davanti a me per poi lasciarmi cadere di schiena sul parquet.

Whole lotta love

Strisciavo sdraiata sul pavimento lentamente spingendomi con tutta la forza dei piedi.

Want to whole lotta love
Want to whole lotta love

Feci scorrere le mie mani su tutto il mio corpo, fino al mio seno.

Want to whole lotta love

Mi fermai, con le ginocchia alte e le braccia aperte sopra la mia testa.

Avevo finito.
Ed ero affannata come se avessi appena percorso tutta la maratona di New York con la velocità di quelli che facevano solo sprint.

Persi quella postura semi elegante e abbassai le gambe schiacciando il tessuto della tuta contro il parquet, lasciai andare le braccia più larghe e stese possibili mentre rincorrevo i miei polmoni.
Il problema era quel saltello da olimpionica che dovevo fare per finire sui due piedi, il resto era piuttosto fattibile, a parte essere imbarazzante era a prova di incapace.

"Quindi?" Annaspai per tentare di fare quella domanda.
Non tentai nemmeno di alzarmi, non volevo guardarlo in faccia. Sarebbe stato umiliante.
Quando non lo sentì rispondere però mi alzai sui gomiti per accertarmi che non se ne fosse andato via per la pena che facevo.

Era ancora lì.
Poggiato pigramente contro la barra.
Le iridi sembravano liquide e brillanti ma sul viso aleggiava una strana espressione seria che non avevo mai visto prima sul suo visetto allungato.
Lo guardavo con i miei occhi stanchi, tenuta su dai miei avambracci mentre aspettavo una risposta.
Un monosillabo.
Qualcosa.
"Non è male" replicò solo.
Mi alzai e mi battei da sola un colpo sulla spalla.
Brava Amelia.
"Mi aspettavo che mi ridessi in faccia, quindi un non è male è tantissimo" risposi contenta.
Sembrava che gli fosse morto qualcuno data la serietà del suo volto che di solito faceva trasparire sempre quel suo essere furbo, ma mi limitai a prendermi quella sorta di complimento senza pensarci troppo.
Era andata bene, dai.
Perdevo un po' il controllo della mia voce in certi punti ma non riuscivo ancora a muovermi e cantare come quando stavo ferma o al massimo camminavo in cerchio sul palco.

Mi piegai per raccogliere la scopa e la trascinai stanca insieme me nello stanzino che era posto di fronte alla porta d'entrata della sale prove.
Aprì la porta nera e accesi la luce.
Rimanevo sempre interdetta dalla quantità di cose che venivano relegate lì dentro: coni arancioni di quelli che si usano nei lavori stradali, cinesini usati nelle palestre, scope, moci, secchi, aspirapolveri, casacche colorate, un paio di tappetini e perfino un materassino da palestra.
Entrai nello stanzino per arrivare all'angolo in cui erano posizionate tutte le scope, sentì un rumore di passi e mi voltai.
"Mi hai sorpreso" guardai il ricciolo, la scopa ancora stretta nella mia mano, "sei stata più brava di quello che credevo e...non credevo proprio."
Le labbra carnose di Christian si alzarono in un'espressione divertita, mostrando di più i zigomi già definiti.
Mi voltai per poggiare giù la scopa insieme alle altre, "non credevo manco io", non è che ci credevo proprio neanche in quel momento ma avere avuto già due pareri simil positivi era un boost per la mia paur di spostarsi un po' per fare spazio a qualcosa di più positivo.
Mi voltai una volta riposta la mia falsa asta e sussultai lievemente.
Christian mi sembrava ancora più vicino di quanto fosse prima.
Stavo diventando pazza.
Rimase fermo lì davanti a me e non sembrava intenzionato a spostarmi.
Ecco di nuovo il disagio, quel silenzio strano a cui volevo porre fine il prima possibile.
"Tu hai finito di preparare tutto?"
Non sapevo esattamente che cosa doveva prepare, a parte l'inedito come me e tutti gli altri e quella cover de La Solitudine ma sembrava meglio chiedere cose a caso piuttosto che fissarci in silenzio in uno stanzino con le scope.
"Sono il perfetto alunno" scherzò lui.
La Pettinelli, ero sicura, non fosse troppo d'accordo con quell'affermazione.
Mida alzò la mano ossuta e affusolata verso il mio viso e in modo istintivo aggrottai le sopracciglia confusa.
Fui ancora più confusa quando prese una ciocca dei miei capelli fra le dita per rigirarsele.
"Mi piacciono, sono rosso fuoco."
Distesi le sopracciglia e la fronte per arricciare il naso.
Non ero tranquilla.
Il tizio che fino a due settimane prima mi stava sul cazzo, ora era davanti a me in una camera di un metro quadrato, a un passo distante dal mio corpo, con i miei capelli fra le mani e gli occhi fissi nei miei più scuri e provavo tutto ma non quello che provavo prima.
"Danno lo stesso effetto che dai tu."
La mia testa era completamente inclinata verso l'alto per poterlo guardare in faccia.
"Nausea?" Ipotezzai con la sua mano incatenata fra i miei capelli.
Era delicato ma lo sentivo fin dentro il cranio il suo tocco.
"Non te lo dico o ti monti la testa."
Sorrisi, "la mia testa è montata da quando sono venuta al mondo."
"Chissà perché lo sospettavo."
I suoi occhi brillanti si erano completamente presi possesso di tutta la mia vista.
Non vedevo più nulla se non loro e sentivo la necessità di finirci dentro, di fondermi con loro per far parte di quella bellezza.
"Perché sei montato quanto me, forse di più."
Non riuscivo a smettere di sorridere, sembrava avessi una paresi.
Mi mise la ciocca che aveva tra le dita, dietro l'orecchio e facendolo si avvicinò un pochino a me e al mio viso.
"Io non te lo voglio dire ma te lo dirò lo stesso" sussurrò a un passo da me, "perché non posso essere disonesto con me" aggiunse, "ho voglia di baciarti e ora più che mai vorrei prenderti il tuo faccino smaliziato nella mia mano per schiacciarti quelle guanciotte, annusare il tuo profumo e farti perdere in me. Ma non-"
Non lo feci finire.
Non ci pensai nemmeno, per la prima volta nella mia vita non dovetti pensare a qualcosa perché il mio corpo agì prima di qualsiasi muro mentale.
Non ci vedevo davvero, ero confusa ma potevo benissimo scandire ogni parte e ogni sfaccettatura del suo viso.

Mi alzai sulle punte, allungai la mano sulla sua nuca per farlo piegare verso di me e con la sua mano che mi stringeva leggermente i capelli, serrai le palpebre e azzerrai ogni sorta di distanza per stampare le mie labbra sulle sue.
Erano rosse, erano morbide ed erano perfette per le mie.
Mi limitai a serrare le mie labbra contro le sue per farle chiudere insieme in un bacio casto e timido che non rappresentava e non parlava né per me né per lui.
Fu solo un inizio.

La sua mano si aprì sui miei capelli per poi richiuderla e stringerli più forte, si piegò di più verso il basso per prendere le redini di quel bacio, aprì le labbra, succhiò il mio labbro inferiore e poi lo morse tirandolo leggermente verso il basso.
In tutta risposta feci salire la mia mano dalla sua nuca ai suoi capelli per infilare le dita nei ricci e rinchiuderli nelle mia dita. Dischiusi le labbra per ansimare lieve nella sua bocca e prendere un secondo di pausa da tutto quello che stavo sentendo.
Prese quel gesto come un cenno per andare avanti e dopo un altro scontro di labbra che sembrava non poterlo soddisfare abbastanza, mi leccò ed infilò la lingua nella mia bocca in modo avventato e bisognoso e senza bisogno di chiedermi scusa.
L'altra mano finì sul mio fianco, strinse il tessuto che copriva la mia pelle e iniziò a camminare in avanti facendo indietreggiare me fino a farmi sbattere la schiena contro il muro nella parte non sepolta da attrezzi, con il tonfo qualcosa cadde da una mensola sul pavimento ma era più forte il rumore indecente delle nostre lingue rispetto a qualsiasi altro.
Spalmò il suo corpo alto e slanciato su di me, stringendomi il più possibile fra le sue mani come se fosse spaventato di vedermi scomparire.
Inclinò la testa per approfondire di più ed iniziò a cercarmi e rincorrermi in modo costante.
Le nostre lingue si scontravano, si trovano e per una frazione di secondo si perdevano per poi ritrovarsi.
Le bocche aperte e la totale volontà di abbandonarsi a qualsiasi cosa stessimo cercando di vivere in quel momento.
Con la mano destra mi tirò in modo leggero i capelli per farmi piegare un po' la testa e poter aver più accesso possibile alle mie labbra e alla mia bocca così da poter continuare la sua lenta agonia su di me.
Le dita che lambivano il fianco sembrava che stessero facendo prendere fuoco al maglioncino nero che indossavo, volevano lasciarmi nuda e segnata e mi arpionò quanto gli era possibile.
Gli strinsi di più i capelli facendolo ansimare su di me, volevo che lui mi sentisse tanto quanto io stavo sentendo lui.

Schioccammo un ultima volte le nostre lingue e con il fiato spezzato lui mi morse per l'ultima volta il labbro inferiore lasciandomi il suo sapore e quello metallico del sangue in bocca.

Poggiò la fronte sulla mia e respirò sulle mie labbra coprendomi del tutto con il suo corpo.
"Abbiamo fatto una cazzata" pronunciò, la voce senza fiato.
Il petto mi si alzava ed abbassava velocemente mentre guardavo le sue labbra gonfie e rosse ed i suoi occhi castano chiaro che parevano sempre più liquidi e più scuri.

Non riuscivo a rispondere.

Rimasi in silenzio qualche secondo, gli unici rumori erano quelli che provenivano dalla sua e dalla mia bocca che ancora turgide e scarlatte sputavano fuori sbuffi di respiro.

"Abbiamo fatto una cazzata" ripetè.

Heey 💌
Non ho riletto e sto pubblicando mentre sono fuori a camminare con il cane quindi metto le mani avanti e mi scuso se ho scritto cazzate giga.

Come sempre, se vi è piaciuto vi chiedo una stellina ⭐️

Grazie
Baciny 🫀

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