Paris Latino - Mida

By Emi_Cs

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Amen entra nella scuola di Amici per superare sé stessa e il proprio carattere schivo. Mida vuole la ribalta... More

Uno
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sette
otto
Nove
Dieci
Undici
Dodici
Tredici
Quattordici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
Venti
Ventuno
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque

Sei

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By Emi_Cs

La lezione di canto andò molto a rilento l'uno novembre.
Supposi fosse dovuto al fatto che avevo forse dormito tre ore e perciò non riuscivo a trovare interessante gli esercizi della sirena per fare il belting ed oltre a non riuscire a trovare una connessione con l'argomento, non riuscivo nemmeno ad usare la voce di petto per colpire una nota che nella normalità richiedeva la voce di testa.
Sembravo una trombetta stonata.

Grazia di Michele alzò il suo viso ancora tirato.
Aveva probabilmente sessant'anni ma sembrava più giovane di me e sopratutto era estremamente più bella di me.
Le labbra tinte di amaranto e perfettamente definite si incresparono in un accenno di sorriso.
Si passò una mano fra i capelli ramati, "che succede Amen?"
Gli occhialetti rettangolari scesero un po' sul ponte del naso dritto.
Spostai tutto il peso su un piede e per neanche un secondo guardai i muri gialli opaci che contornavano me e la maestra.
"Non ho dormito molto, mi scusi."
Ero abituata a dormire poco ma non ero abituata ad alzarmi così tanto di malumore, non mi succedeva da parecchio e non avrei mai voluto che mi succedesse lì dentro, in una casa piena di gente in cui l'unica cosa che dovevo far bene mi usciva pure male.
"Non sembra solo stanchezza."
Mi sedetti sullo sgabello alto dietro di me e lasciai andare l'asta del microfono facendoci scivolare su i polpastrelli.
Era freddo e liscio.
Guardai negli occhi castani della mia insegnante che sembrava essere interessata solo a me.
Non riuscivo a capire che cosa avesse la gente con me in quelle settimane, non ero abituata a tutte quelle attenzioni e a quella volontà di capirmi. Non mi succedeva mai e non sapevo come comportarmi e da ignorante tendevo a chiudermi ed arrabbiarmi.
Ma respirai e tentai di prendere il controllo delle mie reazioni.
"Non lo so neanche io, mi sono alzata proprio-" da me si diceva con il culo scoperto ma supposi di non poterlo dire davanti alla Di Michele, "con il piede sbagliato" aggiustai il tiro, "e quando mi succede di solito mi ritiro in casa mia da sola. Qua non posso e questa cosa mi fa uscire di testa."
Grazia si aggiustò il foulard verde di seta sulle spalle coperte dal maglioncino nero e non riuscì a non notare quanto lei fosse bella ed elegante mentre io rannicchiata su quello sgabello vestita tutta oversize e con i capelli scompigliati sembravo una presa dalle strade.
"Perché credi di non potere?"
Perché facevano tutti solo delle domande? Da quando il mondo aveva conseguito la laurea in psicologia? E perché sembrava che tutti avessero frequentato la stessa università?
Respira, mi dissi da sola, stai di nuovo giudicando tutti perché ti senti giudicata, non è un comportamento da persone con mente aperta a quale aspiri.
"Perché siamo in venti in una casetta, sempre monitorati e circondati da telecamere, qualsiasi cosa io dica potrebbe essere sentita da milioni di persone e non so quanto io sia pronta a essere così...nuda davanti a tutti" e mentre lo dicevo mi rendevo conto di quanto in realtà io stessi facendo il contrario di quello di cui dicevo di avere timore, ero ridicola.
Sospirai, "neanche io mi conosco davvero e onestamente non sono pronta a farmi conoscere da qualcuno. Ma intendere conoscere davvero."
Rantolai parole senza senso perché neanche io sapevo spiegare quello che passava nella mia testa.
Succedevano delle cose dentro di me ma esternarle mi era impossibile e partivo sempre dall'idea che nessuno avrebbe mai potuto capirmi e non perché credevo di essere un esserino speciale incomprensibile ma perché ero così incasinata da non riuscire a districarmi manco io che con me ci convivevo ogni giorno.
"Pensi che se ti conoscessero davvero, sarebbero spaventati da te?"
Ci pensai qualche secondo.
Annuì.
Avevo anche paura di essere lasciata da sola perché diversa ma quello evitai di dirlo, andava bene essere presa per l'essere demoniaco che terrorizzava la gente ma non per la ragazzina timorosa di essere esclusa.
Io dovevo sembrare quella forte a cui non importava, così mi sarei protetta.

Alle sei tornai in casetta, insieme al buio che ormai calava già dalle cinque e ad una sigaretta.
Stavo fumando troppo.
Mi trascinai sulle scale bianche dell'entrata, sorpassai il cancelletto ed il giardino e salutai tutti i presenti nel patio che seduti o in piedi fumavano e parlavano.
Mi fermai con loro così da poter finire la sigaretta e intromettermi un pochino nella loro vita. Avevo bisogno di drama altrui per riprendermi.
Simone era seduto sulla panca, di fianco a lui Nicholas, entrambi fumavano dalla loro iqos grigia e si lamentavano di qualche compito che gli era stato dato in giornata.
Gaia parlava con Marisol dello stesso soggetto degli altri due, ergo un compito, ma diverso.
Io rimasi lì in mezzo alle due fazioni, poggiata alla trave che finiva fin sotto al tetto ad ascoltare tutti e nessuno mentre continuavo a fumare.
"Vi han dato dei compiti?" Chiesi per far parte di qualche discorso.
Qualsiasi andava bene, dovevo distrarmi.
Nico puntò il ciuffetto castano e alto verso di me e i suoi occhi dello stesso colore finirono su di me.
Sembrava triste o forse solo arrendevole.
"Lo stesso compito che ha dato a Kumo di neoclassico. A quanto pare questa cosa aiuterà anche a me a migliorare. O ad affossarmi."
Feci un grosso tiro dalla sigaretta e continuai ad ascoltarlo.
Lui e la Celentano si odiavano o meglio, lui odiava lei, lei portava avanti la sua idea di danza e di alunno che aveva avuto sin dalla prima edizione.
"Tanto ormai, una figura di merda in più o in meno non cambia."
Sbarrai gli occhi e feci una piccola corsetta per arrivare di fronte a lui, "lo sai che alla Cele da fastidio questo atteggiamento" bisbigliai, "se vuoi evitare altri compiti, fai questo e fattelo andare bene per quanto per te sia ingiusto. Alla fine siamo qua per imparare, prendi quello che ti viene dato e usalo come metodo di studio. Più fai così più vieni messo in cattiva luce" sussurrai l'ultima parte per cercare di non farmi sentire ma con il microfono sempre attaccato al mio corpo era un po' impossibile.
L'atteggiamento di Nicholas era comprensibile, si sentiva sempre sbattuto al muro, ogni volta che faceva qualcosa la Celentano era in grado di dirgli o trovare qualcosa di negativo, doveva essere frustante e a livello umano avrei voluto abbracciarlo ma in quella scuola le cose funzionavano così, se eri pronto andavi avanti, altrimenti no e io non ne capivo nulla di danza ma pareva che lui non facesse parte di quelli "pronti" e lei voleva farglielo e farlo capire in tutti i modi.
L'unica cosa da fare per farla ricredere era provare e riprovare, non aveva senso solo rispondere alla maestra, tanto non serviva a nulla, lei non avrebbe cambiato idea perché un ragazzino si sentiva alle strette.
Mi piegai sulle ginocchia di fronte a lui e gli posai una mano sulla sua di ginocchia.
"Sono stanco però."
Accarezzai il tessuto della sua tuta bianca, "non posso immaginare quanto sia frustante sentirsi sempre dire che non si è abbastanza" alla fine io in quella scuola per la mia voce ero sempre stata applaudita, avevo preso più provvedimenti degli altri le prime settimane perché dovevo comprendere bene le regole dalla casa ma non venivo messa in dubbio ogni volta che aprivo la bocca per cantare "ma l'unica cosa che ti rimane qui è fare quello che ti viene chiesto e cercare di farlo al meglio."
"Ha ragione Am, non c'è altro modo di affrontare questo percorso" mi venne in soccorso Simone che si alzò dalla panca e io con lui.
Avevo bisogno di farmi una doccia.
Tesi la mano verso Nicholas che la prese per alzarsi e in un gesto veloce mi mise il braccio intorno alle spalle, con le nostre mani sempre connesse.
"Grazie amò" mi lasciò un bacio fra i capelli e ci voltammo entrambi verso la porta.
Nella rotazione notai Mida con Gaia e Sofia, non avevo idea che fosse lì e non sapevo neanche da quanto fosse arrivato ma i suoi occhi tondi si impiantarono nei miei.
Feci rompere il contatto visivo ed entrai in casa.

Dopo la doccia mi infilai direttamente il pigiama grigio con sopra stampati i carlini rosa che mi aveva regalato mia madre per lo scorso natale e un po' mi abbracciai da sola pensando al natale che avrei affrontato quell'anno: senza mia mamma, mio fratello e sopratutto il mio cane che mi mancava come l'aria.
Ogni volta che mi sedevo lì in casetta, nessun canetto veniva a rannichiarsi di fianco alle mie gambe e un po' mi veniva da piangere per la mancanza.
Era la mia ombra sculettante e sempre carica a molla.

Mi trascinai fino alla cucina.
Non toccava a me né a cucinare né a pulire ma avrei potuto prendere il cellulare solo alle otto, non avevo molto da fare e provare i pezzi era l'ultima cosa di cui avevo voglia.
Mi sedetti ad uno sgabello di fronte all'isola nera della cucina e osservai Angela e Giovanni preparare da mangiare nonostante lui avesse sempre affermato di non esserne in grado.

Giovanni mi faceva ridere, era molto allegro ma allo stesso tempo pareva serio ogni volta che diceva qualcosa con quel suo accento e quella serietà lo rendeva ancor più comico, un po' come l'intero spirito dissociato di Holden che era il mio entertaiment quotidiano.
Giovanni ascoltava gli ordini di Angela che si muoveva in quella cucina come se fosse quella di casa sua.
Io ed Angela non eravamo mai andate troppo d'accordo.
Lei urlava spesso e alla mattina la sua voce spessa era l'ultima cosa che volevo sentire.
Si imbestialiva per delle cose a cui si poteva trovare facilmente rimedio e forse non mi piaceva poi molto perché certe volte mi ricordava me ma era una persona forte e piuttosto definita e questo l'apprezzavo molto.

Quando sentì la porta aprirsi e far entrare il freddo di novembre mi voltai.
Sul viso si dipinse automaticamente un sorrisone nel vedere Holden che entrando di scuoteva per togliersi di dosso il freddo nemmeno troppo pungente.
"Finito?"
Lui alzò gli occhi senza spirito verso di me, "finito" affermò.
"Faccio una doccia e ti raggiungo."
Girai sullo sgabello per seguire il suo corpo muoversi, "ricordati di mettere a posto la camera" aveva già preso un provvedimento per il suo disordine ci mancava solo che me lo eliminavano, a quel punto probabilmente sarei uscita insieme a lui.
Non avrei sopportato far quel percorso senza la sua presenza.
"Okay mamma" ridacchiò.

"Come cazzo sei vestita" Mida si palesò in cucina, infilandosi fra Giovanni e Angela per raggiungere il frigorifero.
Non mi guardò neanche mezzo secondo ma non avevo dubbi che ce l'avesse con me.
"Vatti a cambiare o non riesco a digerire poi."
Nel suo tono non c'era un accenno di divertimento, di presa in giro o leggerezza che avrebbe dovuto farmi capire che stesse scherzando, avevo trovato solo una durezza e una serietà a cui non trovavo spiegazione.
"Ti sei alzato anche tu con il culo scoperto?"
Si versò dell'acqua nel bicchiere, non mi guardò mai neanche per mezzo secondo nonostante fosse esattamente di fronte a me.
Bevve un sorso, portò il bicchiere con sé verso il tavolo e non mi degnò neanche dell'attenzione per una risposta.
Pensava che non me la meritassi.

Tutta la cena la passai in modo strano, la gente parlava ma non riuscivo a seguire nessun discorso in particolare per qualche motivo mi trovavo sempre a pensare allo scambio avuto prima con Mida, se scambio si poteva definire dato che mi aveva offesa e poi se ne era andato.
Eravamo quasi diventati amici, mi aveva aiutato e io ieri per l'ennesima volta probabilmente l'avevo trattato peggio di quello che avrei voluto.
Io mi trovavo alle strette e non sapevo neanche perché e poi allontanavo la gente.
Era chiaro che non stava a lui stare dietro ai miei sbalzi d'umore ma non sopportavo quando la gente mi opprimeva di domande per cercare di capire non so neanche cosa, forse me? O forse volevano solo avermi in pugno. Non ne avevo idea ma mi faceva sentire senza aria e in quelle situazioni io non riuscivo a riflettere bene, dovevo solo trovare un modo per trovare aria, a costo di fare stare male qualcun altro.

Finì di mangiare e decisi che era arrivato il momento di ricambiare il gesto cortese di Christian quando mi aveva aiutato con la canzone.
Non sapevo se lo stavo facendo perché ero davvero dispiaciuta di averlo, forse, trattato non troppo con i guanti o se mi sentivo in colpa perché avevo solo ricevuto ma in ogni caso mi ritrovai diretta verso la stanza rossa.
La porta era aperta perciò entrai, c'era solo Matthew disteso sul letto con gli auricolari che gli sparavano nelle orecchie una strumentale che riuscivo a sentire perfino io.
Lui si tolse una cuffia ed alzò un po' la testa dal cuscino.
"Mida?" Domandai.
"Credo sia nel retro."
Lo ringraziai, superai la lavanderia ed andai alla porta sul retro sperando vivamente di beccarlo da solo, non faceva differenza con chi mi bastava che non ci fosse nessun altro a parte lui.
Non ero in grado di fare discorsi se circondata da troppi occhi.

Aprì la porta e subito mi voltai verso sinistra in direzione delle panche poste sull'altro patio che era a nostra disposizione.
Tirai un sospiro di sollievo quando vidi solo il ricciolo seduto comodamente con le gambe non piegate, il PC fermo sulle cosce e un paio di cuffioni sulla testa. Di fianco a lui il solito quaderno che si portava sempre dietro quando doveva studiare.
Presi coraggio ed andai a sedermi vicino a lui.
Lui si girò giusto un secondo, quando notò la mia presenza continuò a guardare il PC ed ascoltare concentrato qualsiasi cosa stesse andando nei suoi cuffioni.
Mi strinsi nella giacca nera che avevo indossato e portai le gambe sulle panca per circondarle poi con le braccia.
Dovevo dire qualcosa, non ero uscita al freddo dopo mangiato rischiando una congestione per niente.
Non sapevo che dire perciò mi accesi una sigaretta e appena partì la combustione mi ricordai della sera prima.
La sfilai dalle mie labbra e la allungai fino sotto al naso del ragazzo che mi stava evitando magistralmente.
Fece un espressione confusa e alzò le mani per abbassare le cuffie così da potermi sentire.
Ce l'avevo fatta.
"Vuoi?"
"Fumi troppo" Rispose prima di voltarsi di nuovo verso il suo PC.
Almeno non si era alzato le cuffie.
Feci spallucce e me la infilai nuovamente fra le labbra.
"Che fai?" Domandai e prima che potesse partire con una sua domanda aggiunsi: "questa volta lo chiedo perché sono interessata."
Alzai entrambe le mani, ero venuta in pace.
"Riscrivo un pezzo."
Neanche il freddo di novembre era gelido quanto le monosillabi con cui si sforzava nel rispondermi.
"Posso sentire?"
A quella domanda lui si voltò di nuovo verso di me, "mi prendi per il culo?" Alzò il tono.
Non avrei dovuto ma ero contenta perché finalmente si era reso conto che io ero seduta di fianco a lui e preferivo di gran lunga litigare piuttosto che essere trattata con la stessa sufficienza con cui trattava un cespuglio.
"Mi sono resa conto di essere stata...stronza ieri sera, mi spiace."
Ero davvero dispiaciuta, dovevo ancora capire perché ma non riuscivo a non pensare alla freddezza che mi aveva riservato.
"Tutto qua?"
"Che ti devo dire" abbassai il tono. Più di quello non potei fare.
"Figa, te sei malata" Fu un commento pronunciato con tono atono.
Non ci lessi disprezzo nonostante ogni singola parola mi colpì direttamente in mezzo al petto come se le sue mani si fossero infilate fra le mie carni per strapparne via dei pezzi.
Ma feci finta di nulla, non dovevo darlo a vedere.
"Posso sentire?" Ci riprovai.
Lui si tolse le cuffie e invece di passarmele me infilò lui sulla testa evitando con grande cura il mio sguardo mentre io rimasi ferma e convinta di seguire i suoi occhi.
Rimasi a guardarlo anche quando lui si girò per maneggiare sul mouse del PC.
"Ho scritto e prodotto solo il ritornello" spiegò prima di fare partire una base piuttosto minimal.

Sto tornando da solo
E non mi ritrovo nelle persone
Che ho incontrato lungo la strada
E mi han lasciato solo parole vuote
Ogni volta che provo
Anche se sbaglio, imparo di nuovo
Ma alla prima svista poi scivola e va

La sua voce nel pezzo era molto calma, scandiva perfettamente ogni parola ma sembrava sempre seguire il tempo per rimanerci dentro proprio per qualche millesimo di secondo.

Quanto altro male ti farà la solitudine
Na, na, na, na, na, na
La solitudine, la solitudine
La solitudine

Dischiusi le labbra sentendo la sua voce trasformata grazie ad un pitch che rendeva il suo tono alto e metallico.
Era una cover della Pausini?
Le parole della prima parte le aveva scritte lui?

Dopo quelle parole continuò per qualche secondo la base e poi si fermò il pezzo, nelle cuffie non passava più nessun suono.
Me le abbassai e mi voltai trovandolo già pronto a guardare me.
"Le tue barre sono..." cercai una parola per descrivere quello che avevo sentito, "d'impatto e tra il testo e la tua voce lenta c'è proprio un'esplosione di calma matura. Non so come descriverlo ma è una figata" gli sorrisi e di rimando, quasi automatico, lui sorrise a me rendendo i suoi canotti ancora più pieni, "l'unica cosa...se posso..." aggiunsi e rimasi in bilico aspettando il suo responso.
Quando mi fece segno di andare avanti, lo feci: "la parte della canzone originale è, a mio parere, troppo storpiata" Alzai il braccio per spostare un ciuffo rosso dagli occhi, "non percepisco neanche la tua voce, sento solo" deglutì prima di parlare, stavo sperando in tutte le lingue che lui non si offendesse, "Alvin dei Chipmunk."
Ci un lunghissimo momento di silenzio in cui sentì la nostra pace appena suggellata strapparsi di dosso la coccarda della vittoria per lanciarla contro la faccia rossa delle discussioni.
Ero pronta ad alzarmi ed andarmene, volevo dormire quella sera.
Un altro secondo e mi sarei alzata ma rimasi bloccata come un blocco di cemento quando sentì Mida scoppiare a ridere e coprirsi gli occhi per continuare a farlo.
La sua grossa risata fece vibrare la panca su cui eravamo seduti entrambi.
Con una mano si copriva la faccia e con l'altra teneva il laptop come se fosse suo figlio.
Lo facevo anche io con il mio.

Il modo in cui rideva così catarticamente coprendosi gli occhi grandi faceva ridere anche a me. Era divertente come non riuscisse a contenersi ed ero contenta di essere io la causa di quel buon umore, di solito ero la causa dei suoi giramenti di cazzo.
Stavamo facendo grandi progressi.
"Non" tentò di dire fra le risate, "non ci avevo pensato."
Io scoppiai a ridere insieme a lui e mi coprì la bocca per far uscire meno rumore possibile, quando ridevo davvero diventavo quasi fastidiosa.
Cercai di respirare per darmi un tono e fra un respiro e l'altro riuscì a ritrovare una sorta di calma apparente.
"Prova a rifarla, dico adesso dal vivo. Io poi salto su a farti la parte di Laura" proposi con il viso schiacciato contro i cuscini grigio cenere della panca battuta in ferro e voltato verso di lui da quando mi ero seduta.

Lui tornò a respirare normalmente, si sedette rigido senza far combaciare la schiena contro la panca e voltò un po' le gambe verso di me per essere diretto nel mio campo visivo il più possibile.
Si diede il tempo con il piede e iniziò a rappare muovendo la mano per seguire il ritmo che sentiva nella sua testa.
Aveva una bella voce profonda e calma che si adagiava perfettamente sulle parole che aveva scritto lui.

Sto tornando da solo
E non mi ritrovo nelle persone
Che ho incontrato lungo la strada
E mi han lasciato solo parole vuote
Ogni volta che provo
Anche se sbaglio, imparo di nuovo
Ma alla prima svista poi scivola e va

Gli diedi un secondo fra la fine delle sue barre e l'inizio del ritornello della Pausini e poi iniziai a cantare io.
Controllai del tutto la mia voce e rimasi con un tono basso, non volevo dar spettacolo, volevo solo fargli capire che forse era meglio escludere Alvin da quella canzone considerando la profondità della sua voce.

Tutto il tempo rimasi con lo sguardo incatenato al suo.

Quanto altro male ti farà la solitudine
Na, na, na, na, na, na
La solitudine, la solitudine
La solitudine

Smisi di cantare e lui si alzò in piedi di scatto, poggiando il PC sul cuscino morbido della panca.
Di fronte a me, allungò un braccio per indicarmi e poi fece battere insieme le mani.
"Una mina!"
Gli sorrisi.
"La registri con me?"

Buonasera 🍭
Vi ringrazio per le stelline e come sempre vi chiedo, se non vi dispiace, di stellinare se il capitolo vi è piaciuto.
A me aiuta molto, grazie a chi lo farà!

Ah, ci tengo a precisare che le barre scritte da Mida sono di una canzone di Tedua, "Parole Vuote" - se non la conoscete, consigliooooo a me piace molto.

Baciny 💌

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