Uno Strato Di Ghiaccio Tra Di...

By CallmeTecla

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Storia completa✔️ In Groenlandia, nella città di Nuuk, fredda, sempre innevata, dove l'unico colore è il bian... More

Cast
TrailerBook
1. I love my new family!
2. Why you hate me?
3. The anger
4. What are friends?
5. Happy birthday!
6. Weakness
7. You help me
8. A destroyed book, a burning pain
9. you set my heart on fire
11. I can't breathe!
12. Stay with me.
13. Are you jelouse?
14. I'm his girlfriend
15. Joe
16. shaky emotions
17. New Year's
18. Eyes
19. Hidden secrets
20. Kiss me
21. Micky

10. Stop it, plese.

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By CallmeTecla

🎶 Brooklyn baby🎶

Else, 13 anni.

Ogni giorno che passava, sentivo qualcosa di strano in presenza di Liam. Non sapevo cosa fosse, mi limitavo a definirlo come "strano".

Era come un buco nello stomaco, ogni volta che si avvicinava a me o che mi sfiorava. Purtroppo le cose tra noi due non erano cambiate molto. Lui era sempre rimasto il solito ragazzo chiuso in sé e molto freddo. Forse troppo da ammettere che in realtà non mi odiava affatto.

Anche io non lo odiavo. Insomma, l'odio è una cosa brutta, talmente tanto grande che è quasi improvabile. Per tre anni avevo pensato di odiarlo, tanto da volerlo soffrire. Ma quando si cresce, si realizza anche che le cose che pensavamo da bambini, o solo qualche anno prima in realtà non avevano valore.

E così era successo tra noi due.

La scuola andava bene, si era fatta più difficile e gli esami erano alle porte, ma non avevo problemi. Io e Liam eravamo i primi della classe, eppure non lo avevo mai visto studiare in casa, o meglio, non avevo avuto l'occasione ne di guardarlo, ne di osservare in silenzio la sua camera.

Anche le regole tra noi due non erano cambiate affatto. Se non volevo finire nei guai, non dovevi entrare in camera sua, non dovevo fargli domande, dovevo stare in silenzio in sua presenza, mi era proibito chiedere ad I suoi genitori del suo conto, non dovevo stargli tra i piedi. Facile no?

No, per niente facile. Stargli lontano era come dire alla parte mancante di una calamita di non essere attratta dalla forza magnetica. Impossibile. Lui aveva qualcosa che non mo permetteva di stargli lontano, e per qualche motivo anche lui infrangere le regole a volte.

Ricordo che ho tenuto il conto per sette giorni, quante volte mi si avvicinava, toccava e sfiorava. Ero arrivata a centocinquantanove. Non poche, certo, ma sicuramente di più da quel suo stupido compleanno.

Oramai avevo quasi quattordici anni, lui già gli aveva compiuti, eppure non riuscivo a capire da cosa era dovuta la nostra distanza e la mia paura di avvicinarmi a lui. Non capivo proprio nulla. Lui non mi faceva capire nulla.

Mi mandava in tilt il cervello. Mi si avvicinava, mi parlava come se nulla fosse, per poi dirmi di stagli lontano. Che problemi aveva? Di certo non mi sarei fatta illudere come le ragazzine a scuola.

Lui ci giocava come giocattoli, pupazzi. E che schifo! Aveva anche cominciato a baciarle.

La prima volta lo avevo beccato mentre andavo in bagno. Sono entrata nella parte delle ragazze e lo vidi avvinghiato ad una ragazza mentre assaggiava le labbra rosate di Tiffany, la ragazza di Clarck se vogliamo dirla tutta...

Ebbene si, non erano riusciti a consigliare e neanche a rivolgersi la parola. Ma non era un problema mio. O meglio si visto che nell'arco di un anno avevo visto Liam picchiare Clarck come una furia, anche dopo avermi solo salutato. Non lo capivo affatto.

O forse era proprio questo il mio problema, il nostro. Io non riuscivo a capirlo, i suoi comportamenti aggressivi, la sua furia e la sua rabbia nei confronti di tutti. Come lui non capiva me.

Non mi aveva mai ascoltata, neanche parlato con me facendo un discorso serio o parlandomi di lui. Quindi non sapevo proprio come fare il nodo alla corda che ci divideva, per poi tirarlo verso di me.

Con il tempo avevo incanalato anche la paura di lui. Non solo come persona stessa. Ma anche come persona violenta. La lite tra lui e Clarck non era affatto finita e quello che continuavo a chiedermi ogni volta era solo una cosa: quando mai mi metterà le mani addosso?

Vivevo cona costante paura dei suoi atteggiamenti di rabbia, e colmi di odio da temerlo ma allo stesso tempo non potergli stare lontano.

Quella mattina fredda e gelida come le altre, era di sabato, giorno in cui Lory e Harry se ne erano andati per motivi di lavoro.

Mi ritrovavo in cucina, con le mani sporche dell'impasto dei pasticcini, mentre mi leccavo i baffi e mi sentivo la farina su tutta la faccia.

Forse non era stata affatto una buona idea: avevo preso il libro da cucina di Lory e mi ero messa a sfogliare quelle pagine che sembravano infinite alla ricerca di una ricetta che poteva fare al caso mio.

Che giusto per chiarire, non sono mai stata brava a preparare nulla che fosse simile ad una torta o ad un pasticcino, eppure eccomi lì, in cucina con un mattarello in mano e con la faccia sporca di farina, un grembiule a quadri rosso ed i capelli biondi raccolti in una cipolla fatta velocemente.

Non sapevo il vero motivo per cui avevo avuto la malsana idea di preparare i pasticcino, era solo qualcosa per svagarmi, essendo che quei giorni non avevo nulla da fare se non studiare: i voti erano ottimi, eccellenti, eppure Liam era sempre riuscito a battermi, tranne per la matematica.

Tornando a quello che conta davvero, i pasticcini non erano poi venuti neanche tanto male. Avevo messo qualche scaglia di cioccolato sopra e li avevo appoggiati delicatamente su una teglia per metterli in forno. Misi trenta minuti, come scritto sulla ricetta e chiusi lo sportello sgrullandomi le mani sul grembiule.

«Buongiorno regina dei ghiacci.»
Quella voce cruda mi fece sussultare e girare di scatto.

Davanti a me c'era un quattordicenne, più precisamente Liam, senza una maglietta addosso e con la neve di fuori. Rimasi a bocca aperta guardando i pettorali ben formati e le braccia muscolose, anche se era piccolo, l'allenamento non gli mancava affatto.

Chiusi gli occhi tappandomeli con i palmi delle mani, quando in realtà avrei voluto cavarmeli, ma anche restare lì a guardare quella meraviglia e scoprirne ogni dettaglio.

«Copriti!»

Urlai spingendo le mani ancora di più sulla faccia, mentre i miei occhi non ne volevano saper nulla di chiudersi.
Sentii qualche passo avanzare verso di me e mi fece rabbrividire sotto ogni parte della pelle.

«Non sento freddo.»

Disse sfiorandomi con un dito le braccia scoperte dalle manica arricciate, che avevo tirato su per cucinare. Mi sentii andare a fuoco sotto il suo tocco così magnetico, e così caldo, che faceva bruciare in una sola mossa, ed in una sola sfiorata, la mia pelle fredda e bianca cadaverica.

«Dai! Mettiti una maglietta.»
Esclamai scanzandomi istintivamente.

«Dammi la tua.»

Inarcai le sopracciglia indietreggiando ancora di più con i palmi ormai appiccicati alla mai faccia.

«Come s..scusa?»

Sentii il suo calore avvolgermi, e avevo come l'impressione che se qualcuno sarebbe entrato dalla porta da un momento all'altro, avrebbe pensato a qualcosa di estremo.
Lui era lì.

Mi sovrastava dalla testa ad i piedi per la sua altezza.
Mi guardava con gli occhi più belli che io avessi mai visto.
Era senza maglietta, lui, lo stesso Liam di quasi quattro anni prima.
Ed io avevo finalmente aperto gli occhi.

Le sue iridi color mare si mischiarono con le mie ghiacciate in un solo sguardo, e furono secondi, che durarono eternità.
Il mio cuore fece un piccolo santo ed ebbe un'accelerazione notevole.

Il mio fiato si spezzò, cominciai a respirare a fatica, soffocando lentamente, in quello che era solo un tocco. Le sue mani si allungarono verso il mio grembiule in gesto furtivo.

Fece scivolare le mani lungo i miei fianchi facendomi soffrire in un'infinità di desiderio. Era talmente bello per avere solo quasi quindici anni, che per me non era mortale, non poteva esserlo. E se lo era, non ci avrei mai creduto. Quei tratti perfetti, erano quasi angelici, anzi, senza il "quasi"

Quando le sue mani mi circondarono il bacino venni percorsa da brividi involontari e con un gesto furtivo ma allo stesso tempo lento e delicato, mi tolse il grembiule dalla vita, e lo legò dietro il suo collo coprendosi i pettorali.

« intendevo questo, ma anche la tua maglietta non mi dispiace, sopratutto se te la togli»
Presi l'asciugamano dal lavandino e glielo diedi in testa.

Con il tempo aveva sviluppato questo atteggiamento pervertito nei miei confronti, ma anche negli altri. Le ragazze sembravano delle cagnoline in calore vicino a lui. Ed io non le sopportavo.

Liam si abbassò per controllare cosa ci fosse nel forno, arricciò la bocca in una smorfia e fece un sorriso sghembo.

« Ti ho sognata sta notte, sai? »

Rimasi senza parole per qualche secondo.

« Cosa hai sognato? »
Chiesi curiosa e con un pizzico di sorpresa.

« Non capiresti.»
Arricciai le sopracciglia mentre la mia curiosità continuò a salire.

« No, adesso mi hai reso curiosa.»
Risi guardando il suo sguardo illuminarsi.

« Forse è meglio che non lo sai, rimarresti a bocca aperta, come nel sogno tra l'altro...»

Sgranai gli occhi quando si sedette sulla sedia del tavolo da pranzo e sfilò da I pantaloni un pacchetto di sigarette. Potevo accettare tutto, ma che lui fumasse già, a questa età no.

Corsi verso di lui che stava per accenderla con un accendino e gli strappai il pacchetto dalle mani stri gendolo in un pugno. Lui non poteva ridursi così. Non dopo cosa era successo a mio padre.

« Sei per caso impazzito?!»
Urlai furibonda portandomi il pacchetto nella tasca posteriore.

« Vuoi per caso rovinarti? Vuoi soffrire? Bruciare? È questo che vuoi? Morire?»

Strinsi la mascella mordendomi l'interno della bocca cercando di non piangere per i pensieri. La sua faccia assunse un'espressione interrogativa. Forse guardava nei miei occhi, così lucidi da poter sembrare una pozza ghiacciata, come il lago fuori casa.

« Non è affar tuo quello che faccio.»
Disse schietto stringendo la mano in pugno.

« Ridammi il pacchetto, regina dei ghiacci.»
Scossi la testa mentre sentivo le guance andarmi a fuoco.

Indietreggiai andando a sbattere contro il bancone mentre lui si alzò di scatto sovrastandomi nuovamente.

« Ridammelo ho detto!»

Urlò sul mio viso stringendo a sé il laccio dei miei pantaloni e cercando di togliere le mie mani che erano serrate ed appiccicate sull'orlo delle tasche.

« Ho detto di no.»

Esclamai spingendolo lontano da me mentre una lacrima salata scendeva lungo la mia guancia.

« Sei così difficile, cazzo!»

Quando il suo sguardi si scontrò con i miei occhi feriti e pieni di lacrime avvertii per un secondo un sussurro, ma forse mi ero solo sbagliata.

« Cosa hai che non va? »
Feci un respiro e buttai tutto fuori puntandogli un dito contro il petto.

« Vuoi davvero saperlo eh? Bene ecco qui a te la cruda verità, Liam.»

Mi sedetti sulla sedia guardando fuori dalla finestra, cercando di non incrociare i suoi occhi e fissai il lago ghiacciato e la neve che cadeva impetuosa sulla distesa bianca.

« Mio padre non è mai stato...un buon padre, diciamo: tornava le sere ubriaco, ha rischiato tre volte di morire di overdose e ha cominciato a fumare molto dopo la morte della nonna.»

Ritornai al suo sguardo, che adesso era basso, non mi guardava nemmeno in faccia.

« Un giorno come gli altri stava fumando, crollò atterra tossendo e visto che mamma non c'era lei...dovetti chiamare io il pronto soccorso. Sai cosa mi dissero una volta arrivati all'ospedale?»

Mi strinsi nel maglione e portai una ciocca dietro l'orecchio.
Le lacrime mi bagnavano il viso in un bagno di sangue, un bagno freddo gelato, ma allo stesso tempo bollente, e se non stavo attenta avrei potuto bruciarmi.

« Mi dissero che era morto per un attacco al cuore, portato dal fumo.»

Asciugai con il maglione caldo le lacrime sotto gli occhi e ne assaporai una con la punta della lingua.
Non lo guardai in faccia, non volevo. Mi ero mostrata debole, di nuovo, ed avrei voluto correre così veloce da farmi scoppiare un polmone.

« Adesso credo che andrò in camera mia.»

Mi alzai dalla sedia con lo sguardo basso e le lacrime che avevano bagnato il pavimento di legno, piccole gocce.
Mi girai di scatto e appoggiai la mano sullo scorrimano delle scale.

« Else...»

Rimasi ferma immobile per qualche secondo. E continuai a salire. Non mi importava più di nulla. Volevo solo dormire e riposarmi.

Quando però vidi una scatola nello sgabuzzino mentre andavo in camera mia decisi di aprirla. Era quella dei pattini, che erano cascati da dentro lo sgabuzzino al piano inferiore. Ora erano lì. Erano così belli e splendenti da non poter dire di no. Così decisi di prenderli.

Feci una cosa avventata e alquanto stupida, ma ero sicura che mi avrebbe fatto sentire bene, in pace con me stessa. Aspettai che Liam uscisse di casa, come faceva sempre. Scesi giù correndo per le scale e infilai quei pattini appuntiti.

"Ce la posso fare, posso farcela."
Continuavo a ripetermi.

. • ○ . • ° ★ • . • ☆ ° • . ○ • .


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