MIND OF GLASS: OPERATION Y

By DarkRafflesia

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Dave Morrison, Capitano del Navy SEAL, è un uomo determinato, autorevole, ma sconsiderato e fiscale. Noah Fin... More

⭐RICONOSCIMENTI
Presentazione
Cast
Dedica
Prologo
PARTE PRIMA
Capitolo 1: Bravo (Parte 1)
Capitolo 1: Bravo (Parte 2)
Capitolo 2: Coinquilini
Capitolo 3: Demoni del passato
Capitolo 4: Una semplice giornata di lavoro
Capitolo 5: Insieme
Capitolo 6: Prima Tappa
Capitolo 7: Presenza
Capitolo 8: Sconosciuto
Capitolo 9: Ricordi bruciati
Capitolo 10: Il prossimo
Capitolo 11: Vacanza (Parte 1)
Capitolo 11: Vacanza (Parte 2)
Capitolo 12: Dolore lontano
Capitolo 13: Turbolenze
Capitolo 14: Scontro
Capitolo 15: Notizia
Capitolo 16: Lettere reali
Capitolo 17: Firmato...
Capitolo 18: Sui tetti
Capitolo 19: In mezzo alla folla...
Capitolo 20: Rientro
PARTE SECONDA
Capitolo 21: Adunata
Capitolo 22: Sorpresa?
Capitolo 23: Toc-Toc
Capitolo 24: Legami scomodi
Capitolo 25: Nuovi ospiti
Capitolo 26: La spia
Capitolo 27: Tocca a me
Capitolo 28: Il mondo continua a girare
Capitolo 29: Prurito ed ematomi
Capitolo 30: Fede
Capitolo 31: Rimorsi
Capitolo 32: Torna a letto
Capitolo 33: Fiamme
Capitolo 34: Scuse e incertezze
Capitolo 35: Analista per caso
Capitolo 36: Non puoi dimenticare
Capitolo 37: Bersagli
Capitolo 38: Ostacoli
Capitolo 39: Ho trovato Jake e...
Capitolo 41: Shakalaka
PARTE TERZA
Capitolo 42: Scampagnata
Capitolo 43: Pausa?
Capitolo 44: Nuove conoscenze
Capitolo 45: Mercato finanziario
Capitolo 46: Linea
Capitolo 47: Safe International Hawk
Capitolo 48: Fregati
Capitolo 49: In trappola
Capitolo 50: Dimitri Malokov
Capitolo 51: Rancore
Capitolo 52: Portare via tutto
Capitolo 53: Insofferenza
Capitolo 54: Colpe
Capitolo 55: Operazione Y
Capitolo 56: Amicizia
Capitolo 57: Risposta inaspettata
Capitolo 58: Rivelazione
Capitolo 59: Con onore
Capitolo 60: Rottura
Capitolo 61: Solitudine
PARTE QUARTA
Dimitri Malokov & Iari Staniv
Capitolo 62: Egoismo
Capitolo 63: Apnea
Capitolo 64: Il prezzo da pagare
Capitolo 65: Anonimato
Capitolo 66: Saluto
Capitolo 67: Benvenuto nella squadra
Capitolo 68: Giuramento
Capitolo 69: Decisione
Capitolo 70: L'impegno che non serve
Capitolo 71: Lontanamente vicini
Capitolo 72: Vecchie amicizie
Capitolo 73: Vigilia
Capitolo 74: L'inizio
Capitolo 75: Le squadre
Capitolo 76: Patente?
Capitolo 77: La tana del lupo
Capitolo 78: Boom...
Capitolo 79: Maledetta emotività
Capitolo 80: Svantaggio?
Capitolo 81: Iari Staniv
Capitolo 82: Luccichio
Capitolo 83: La pace
Capitolo 84: Caduti
Capitolo 85: Respirare
Capitolo 86: Un'ultima cosa da fare
Epilogo
💜Ringraziamenti & Playlist💜

Capitolo 40: La bomba

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By DarkRafflesia


Le gambe di Sully avevano smesso di muoversi non appena la frase di Noah era rimbombata assordantemente dentro il suo orecchio. Mentre i civili lo sorpassavano freneticamente per poter raggiungere le carrozze da lui citate o per chiudersi nelle stanze dalle porte che avevano sfondato loro stessi per potersi mettere in salvo, lui era rimasto lì, immobile come una statua di marmo, gli occhi spalancati a fissare un punto nel vuoto, mentre gocce di sangue colavano lungo la sua guancia sino alla mandibola, precipitando contro il pavimento. Le voci agitate delle persone, i loro passi concitati, il sobbalzare del treno sulle rotaie, il terremoto causato dalle suole imperterrite sul parquet, erano solo un suono offuscato, appannato e distante dal frastuono che aveva precedentemente ascoltato non appena gli spari si erano sollevati nell'aria apparentemente tranquilla del mezzo pericolante.
Per un attimo aveva tirato un sospiro, quando Noah aveva confermato di avere trovato l'ospite nell'ultimo vagone, ma quello stesso sospiro era rimasto in bilico, il petto lievemente gonfio, non avendo terminato l'atto dell'inspirazione per passare all'espirazione, quando in quella stessa frase si era susseguito ciò di cui avevano discusso principalmente durante il briefing. Avevano previsto che sopra quel treno il rischio di attentato fosse stato inevitabile, ma non avrebbero mai potuto prevedere che il detonante si sarebbe celato nello stesso luogo in cui tenevano prigioniero Jake.
Jake e la bomba erano nella stessa stanza.
Y stava applicando la legge del contrappasso contro di loro; conosceva l'esperienza da artificiere di Jake e voleva riservargli la stessa fine con la quale lui aveva eliminato i suoi nemici. La pistola tra le sue mani iniziò a tremare ininterrottamente, lo sguardo precedentemente scosso stava tramutando gradualmente in un miscuglio fra rabbia e determinazione. Avrebbe voluto insegnare a loro cosa significasse soffrire?
Povero illuso.
Le ingiustizie della vita erano scritte nel loro sangue.
Fece dietro front e camminò contro corrente.
Kyle e Liam si sarebbero occupati dei civili, Dave avrebbe corso verso il bastardo da catturare.
Lui aveva una missione ben diversa.
Raggiungere l'ultima carrozza.

**

Noah sentì qualcosa pompare assiduamente dentro le sue vene, circolando fino a giungere nel cuore. Era freddo, tanti piccoli cristalli congelati che gli stavano dicendo implicitamente che l'estate fosse giunta al termine. Oppure volevano entrargli dritti nel cervello per trapanargli il cranio e fargli realizzare in che caspita di situazione si fosse andato a cacciare. Perché i suoi occhi non stavano guardando quelli scioccati di Jake, né tantomeno il fatto che fosse legato, imbavagliato e davanti a lui, sinonimo che aveva trovato l'ospite al posto degli altri come da accordato.
No.
Le sue iridi spalancate stavano fissando il timer che si era attivato non appena aveva osato aprire e varcare quella dannata porta scorrevole. Stava andando veloce, rispetto ad un normalissimo ticchettio di un orologio, e le vene stavano pulsando allo stesso ritmo di quel suono, un allarme che lo facesse riprendere.
Non poteva crederci.
Una fottuta bomba era a bordo di quel treno e lui era proprio lì, bloccato nella stanza.

«Porca troia.» sospirò, facendo qualche passo indietro.

Come aveva fatto a non accorgersene? Aveva corso sfiorato dai proiettili, ma solo adesso, quando tutto era giunto ad una stasi, si era reso conto che i due terroristi avevano cessato il fuoco nel momento stesso in cui lui era sopraggiunto alla porta; lo avevano invogliato a correre per innescare il timer. Era già stato tutto premeditato per far saltare in aria almeno quegli ultimi vagoni. Si voltò, scoccando un'occhiata alla finestrella, più scura rispetto alle altre; i passeggeri erano nel panico più totale. Se la bomba fosse esplosa sarebbero morti tutti. Cristo... sentì una voce dentro la sua testa parlare senza il suo consenso. Un brivido aveva indotto i suoi arti a formicolare per rinsavirsi da quel momento di stupore.
Ok. Non doveva farsi prendere dal panico, doveva mantenere la calma e reagire come aveva sempre fatto. Il problema era che non aveva mai avuto a che fare con una bomba se non nei videogiochi, solo che nella vita vera non esisteva un checkpoint; non poteva riprovare una volta che aveva sbagliato. Trasse un lunghissimo respiro profondo, inalando quanto più ossigeno possibile per soddisfare i suoi polmoni, specialmente il cervello, affinché ragionasse più lucidamente. Aveva vissuto di tutto in quelle settimane – aveva addirittura rischiato di schiantarsi nell'oceano con un aereo! – un'ulteriore prova non lo avrebbe messo in difficoltà.

«Noah! Noah! – lo chiamò ininterrottamente Dave, il quale stava attraversando a perdifiato i vagoni per raggiungere William. – Cosa cazzo significa che c'è una maledettissima bomba su questo treno?! Spiegati meglio!»

Noah scosse la testa, emettendo un ringhio roco. «La vuoi smettere di urlare, Dave?!»

All'udire quel nome, Jake rizzò le orecchie. La testa, precedentemente rivolta verso la bomba, ritornò sullo strano ragazzo nevrotico, osservandolo incredulo.
Dave?
Aveva capito bene: aveva detto Dave. E lui, nella sua vita, aveva conosciuto solo un Dave.
Non poteva essere una coincidenza, soprattutto quando William gli aveva esplicitamente detto che i suoi uomini avevano avuto a che fare con il Team Bravo.
Era stato usato come diversivo; tutte quelle persone, quei poveri innocenti che erano esplosi al bar, non erano stati nient'altro che un modo per attirare l'attenzione dei suoi ex-commilitoni per portarli lì ed ucciderli tutti insieme. Ma perché? Cosa stava succedendo? La frequenza del respiro aumentò, più rumoroso a causa dell'ostacolo davanti alle labbra. Non era stato semplice mantenere la calma in quelle ore di assoluto far niente; non ricordava come fosse salito sul treno, né come fosse avvenuta l'esplosione del bar – le immagini si fermavano al suicida che varcava le porte e le lacrime che gli appannavano la vista – ma quando aveva ripreso conoscenza era già seduto sul pavimento, con le mani legate dietro la schiena e alla bomba, in attesa che qualcuno la innescasse. William gli aveva detto che, una volta che i suoi amichetti lo avrebbero trovato, avrebbero ricevuto una bella sorpresa che nessuno di loro avrebbe potuto rifiutare. Avrebbe dovuto prevederlo che quel tizio fosse poco raccomandabile, ma a distanza di tre anni dal suo congedo, come avrebbe potuto intuire che qualcuno lo volesse morto? Che volesse morti tutti quanti?
Avrebbe voluto dire a quel ragazzino di non chiudere la porta, di trattenerla prima che sbattesse contro l'uscio e attivasse il meccanismo di innesco, ma con quel bavero era stato impossibile. All'inizio aveva pensato che fosse un civile che, con la baraonda scatenatesi con gli spari, avrebbe trovato un riparo in quella carrozza, ma con quella risposta aveva cambiato tutto.
Se Dave era sul treno e quel giovane lo conosceva, significava che anche...

«Hai capito bene quello che ho detto: c'è una bomba. Jake è legato ad una cazzo di bomba.» Noah si smosse sul posto, spazientito.

«Ho ordinato ai miei uomini di far sgombrare i vagoni per allontanarli dalla possibile area dell'esplosione. Li mando da te.»

«No. Non far venire nessuno.»

«Cosa? Perché?»

Noah esaminò la porta, il meccanismo che aveva fatto scattare una volta aperta; le sue iridi grigie rimbalzarono per seguire un filo che incominciava dalla maniglia, poi proseguiva sul tettuccio, dopodiché con una serpentina scendeva lungo i sedili della parte centrale del vagone per proseguire sul pavimento e concludersi nell'ordigno che Jake stava scrutando con la coda dell'occhio, immobile, senza attuare quei movimenti convulsi di chi voleva essere aiutato.

«C'è un meccanismo... – mormorò, richiamando l'attenzione dell'ex-soldato. Indietreggiò dalla parte opposta per innalzare il collo e controllare una seconda volta, aggiustandosi gli occhiali sul naso. – Se apro la porta, o se aprono la porta dall'esterno, saltiamo in aria.» senza pensarci due volte chiuse il chiavistello blindato per impedire a chiunque di muoverla, se avesse avuto la brillante idea di entrare là dentro in cerca di riparo.

Udì un'imprecazione sommessa partire dalle corde vocali di Dave, travolto dall'impotenza di non poter fare qualcosa per quella contingenza, avendone un'altra da dover risolvere; aveva rallentato la corsa una volta arrivato all'anticamera del vagone successivo, lo sguardo sulla sua mano insanguinata. «Noah...ne sei sicuro?»

«Non mettermi pressione!» gesticolò con la mano libera per rendere l'idea del nervosismo cui era vittima. «Mi trovo in una stanza con un artificiere – si incrociò con Jake – a qualcosa dovrà pur servire. Tu fai il tuo lavoro.»

Staccò il collegamento e si catapultò verso il diretto interessato.
Doveva semplicemente slegare Jake, fargli disinnescare la bomba e il gioco era fatto, giusto?
Troppo semplice.
E come già ribadito, la vita non gli riservava mai nulla di buono.
Proprio quando avvicinò le mani sui polsi legati dell'artificiere, questi mugugnò in preda al panico, scuotendo assiduamente la testa pur di fermarlo.

**

Dave non fu in grado di pensare lucidamente dopo aver finito di parlare con Noah.
C'era qualcosa, dentro il suo petto, che gli impediva di agire secondo il fine che si era impostato in quella missione. Si erano già accordati di suddividersi i ruoli, di affidare al ragazzo l'unico compito di trovare Jake, mentre loro si rimboccavano le maniche per darsi da fare e tenere lontano da lui l'imperversare dello scontro e del panico, eppure quell'inconveniente lo aveva portato totalmente fuori strada; avevano previsto che su quel treno poteva esserci una bomba, ma non che questa fosse legata all'artificiere, e che Noah fosse bloccato nel vagone con lui, alle prese con qualcosa che non gli competeva.
Non mettergli pressione e fare il suo lavoro?
Fosse facile, Noah. Imprecò nella sua testa, mentre oltrepassava la folla ed ordinava a tutti quanti di mettersi in salvo, la postura un po' curva per la ferita riaperta.
Una voce dentro la sua testa gli stava dicendo di lasciare perdere l'uomo da catturare e di andare nei pressi del vagone bomba per dare una mano, magari anche ad allontanare i passeggeri da lì, nelle peggiori delle ipotesi, ma quella stessa voce gli stava anche ribadendo che proprio quell'uomo poteva essere la risposta che la decriptazione del cellulare di Anthony non avrebbe potuto rivelare. Una scorciatoia che avrebbe facilitato di gran lunga il loro lavoro.
E se Noah gli aveva detto di proseguire, lo avrebbe fatto.
Quando aprì la porta, un proiettile si conficcò accanto ad essa, sfiorandogli di poco la spalla. Si accovacciò dietro ai sedili, sbirciando e riprendendo fiato. Due uomini di Y stavano avanzando verso di lui, mentre William stava tentando di andare più avanti. Eppure si rese conto che il vagone successivo era colmo e stracolmo di persone che non erano in grado di passare, il che gli avrebbe ostacolato qualsiasi via di fuga, perciò si arrampicò su dei sedili e spinse contro il tettuccio per aprire l'uscita di emergenza che lo avrebbe condotto fuori dal treno. Che stesse andando da Noah e Jake per far esplodere la bomba?
Non glielo avrebbe permesso.
Aggrottò le sopracciglia con determinazione e fece uscire dalla copertura il braccio per afferrare una valigia che aveva tutta l'aria di essere molto resistente, di quelle immuni agli urti; un po' di fortuna, finalmente. In piedi, si scagliò contro i due uomini, uno impegnato nel far scappare William, l'altro con la mira puntata su di lui. Sparò un colpo, il quale si conficcò sulla valigia, senza oltrepassarla e riprovò. Ma Dave fu fulmineo abbastanza da azzerare le distanze e caricare un colpo di valigia contro la sua faccia. Di come si mosse la testa, quasi di centoottanta gradi, dedusse che gli spezzò l'osso del collo. L'uomo cadde tramortito. Poi proseguì con il secondo, il quale non ebbe neanche il tempo di muoversi; portò il braccio all'indietro, sibilando appena alle lamentele della spalla, e come una palla da demolizione colpì il mento, facendolo volare all'indietro. Un altro colpo in faccia e anche lui andò all'altro mondo. Gettò via la valigia, non riuscendo a tendere il braccio libero per afferrare la caviglia di William ed impedirgli di arrampicarsi del tutto. Schioccò la lingua con dissenso e si piegò con le ginocchia per preparare un salto che lo fece aggrappare si bordi della botola; non lo avrebbe lasciato andare via tanto facilmente. Non appena la sua testa sbucò all'esterno, venne travolto dal vento che gli tagliò la faccia, di quanto il treno andasse veloce e il conducente non avesse smesso di guidarlo verso la prossima fermata. Mancava ancora molto prima di Willcox. Doveva porre fine a quella pazzia prima che altre persone venissero coinvolte. Forzando la spalla a non tradirlo in quel momento, incanalò tutte le energie nelle braccia per sollevare il corpo e ritrovarsi sul tetto del vagone. Piantò gli scarponi per non perdere l'equilibrio e non farsi travolgere dalla corrente d'aria che faceva svolazzare i suoi vestiti contro corrente, poiché il nemico stava correndo proprio dalla parte opposta del treno. Dave fece un passo. Poi un altro. Poi un altro ancora. Fino a quando non si abituò a guardare il suolo muoversi ai lati del suo campo visivo. Era molto più spedito di William, tanto che lo raggiunse nel giro di poche sgambate; la mano gli ghermì il colletto della camicia e lo tirò a sé per fermarlo.

«Dove credi di andare, codardo?» tuonò per sovrastare il suono delle rotaie.

«Togliti, bastardo!» William si voltò, caricando una gomitata diretta al petto di Dave.

Questi fece qualche passo indietro, evitando di sbilanciarsi, e la parò di poco, venendo comunque colpito. Tuttavia estinse la corsa del nemico, il quale arretrò insieme a lui, frustrato.
In piedi entrambi, l'uno di fronte all'altro, si distanziarono dai bordi del treno, accorti su chi avrebbe fatto la prima mossa.

«Hai messo una bomba sul treno.» avviò la conversazione Dave, mentre si spostava lateralmente verso il centro del vagone. «State esaurendo gli approcci per metterci in difficoltà?»

«Sei davvero convinto di essere ad un passo da noi, ma ti sbagli. – replicò William – Perché prendersela con un solo soldato quando sei circondato da svariate potenziali vittime?» allargò le braccia per indicare l'intero mezzo.

L'uomo digrignò i denti. «Quella bomba non esploderà. Faresti meglio a non sottovalutare i miei uomini. Solo perché Jake è in congedo da tre anni non significa che non sappia difendersi.»

«Eppure hai mandato un ragazzino in suo aiuto. È insolito.» il nemico lo vide socchiudere gli occhi dalla stizza. «Qualcosa non va? Quell'agente della CIA deve essere piuttosto sveglio per seguire dei soldati del vostro calibro. Mi chiedo se anche lui sappia disinnescare una bomba delicata come quella che ho realizzato.»

«Perché dici questo?»

William ghignò.

«Perché Jake è legato a quella bomba da esserne completamente un tutt'uno. Se si muove, esploderà.»

Dave sentì il sangue raggelarsi a quella dichiarazione.
Un tutt'uno? Ripeté la sua testa.
William, a quella faccia spaesata, andò in brodo di giuggiole.

«Cosa c'è, Morrison? Credevi che io non avessi provveduto a tutto questo? Conosco Jake. Conosco le sue ammirabili gesta, specialmente la sua capacità nel creare ordigni improvvisati con una valigia, un po' di chiodi e polvere da sparo. Quel tipo è davvero incredibile.»

Il sopracciglio di Dave tremò dalla rabbia.
Voleva dire che Noah non avrebbe potuto slegarlo, altrimenti avrebbe innescato l'esplosivo? Se così fosse avrebbe dovuto cercare da solo un modo per disinnescare l'ordigno prima che scadesse il tempo? Ci sarebbe riuscito? La tentazione di attivare il collegamento per parlargli era forte, tanto che le dita ebbero uno spasmo inconsulto, ma si contenne; se Noah avesse necessitato l'aiuto di qualcuno lo avrebbe già richiesto, eppure c'era il filo collegato alla porta che barricava la strada a chiunque avesse osato entrare nel vagone, il che poteva avergli mozzato l'idea di comunicare con loro.

«Non so fino a che punto il ragazzino possa fare qualcosa. Ma ormai sono intrappolati là dentro e, secondo i miei calcoli, manca davvero poco al...Boom!» William enfatizzò la scena con il labiale. «Peccato, il mio capo avrebbe voluto incontrarlo un giorno, ma se dovesse morire...Non è mica colpa mia

Dave perse le staffe. Si diede lo slancio per andargli addosso, incollerito.

«Maledetto!» tuonò, lo sguardo inchiodato su quell'odioso viso trionfante.

Doveva fare in fretta; doveva stendere quel bastardo e correre subito da Noah.

**

Noah sollevò un sopracciglio, avendo un brutto presentimento per quell'agitazione insensata che stava mettendo in atto l'ostaggio. Infastidito, afferrò il bavero e lo tolse con prepotenza dalla bocca, permettendo finalmente a Jake di riprendere fiato e parlare.

«Non farlo...! Non provare a slegare i fili.» parlò freneticamente, una goccia di sudore che gli scivolò lungo lo zigomo rifinito.

«Su questo c'ero arrivato. Il motivo.» Noah gettò via il fazzoletto.

Jake sbatté le palpebre un paio di volte, confuso. Si aspettava un atteggiamento completamente diverso da un civile a cui non avrebbe dato più di venticinque anni. Se questo tizio e Dave erano conoscenti, non poteva che giustificare una personalità eccentrica come quella del suo ex-superiore. Aveva già qualche teoria su dove fosse sbucato fuori un simile individuo.

«Vedi i miei polsi? Sono attorcigliati ai fili della bomba.» spiegò. Notò il ragazzo spostare gli occhi sull'ordigno e annuire, mangiucchiandosi il labbro inferiore con troppa foga da rischiare di spaccarlo. «Se li allenti, esplodiamo.»

«I can't fucking believe this...»

Noah si lasciò andare, sedendosi completamente sul parquet e appoggiando le schiena su un sedile. Si portò la mano al di sotto degli occhiali, massaggiandosi gli angoli degli occhi alla ricerca della pace interiore. Con una singola frase gli aveva detto implicitamente quale fosse l'unica scelta che avesse a disposizione.
Credevi fosse così semplice, Noah? Disse una voce dentro la sua testa, come a volersi rivolgere a quello sprazzo di speranza che per un attimo aveva varcato lo scrigno di Pandora dalla piccola fessura, andatesi a creare per illudere il mondo che potesse giungere da loro ad occupare lo spazio vuoto rimasto dalla sua mancanza. Ma era impossibile che la speranza uscisse, se era rimasta sigillata senza alcuna via d'uscita.
Nulla è semplice. Rispose a quella voce, lo sguardo freddo e rassegnato. Esatto. L'illusione non fa per me.

«Ascoltami, non mi metterei mai a chiedere al primo che passa di disinnescare una bomba al posto mio. – Jake cercò un contatto visivo, l'ansia attiva nelle sue vene. Il timer continuava ad andare avanti, segnando cinque minuti all'esplosione. – Maledizione!» alzò la voce, disperato. «Ti guido io, ho solo bisogno che tu sia le mie mani e i miei occhi.»

Il giovane sbuffò una lamentela arrogante, ricambiando lo sguardo. Si risollevò da terra, inginocchiandosi alla sua sinistra, di fronte al display dell'ordigno. «Vediamo se sei davvero così incedibile come dicono.»

«Come dicono?» ripeté l'artificiere, osservandolo con la coda dell'occhio. «Si può sapere chi sei? Di certo non un soldato.»

«In questo momento sono la tua unica salvezza.» Noah aprì lo sportello al di sopra del timer. «Odio i convenevoli, perciò andrò dritto al dunque.» sollevò lo sguardo dal display. «Agente Noah Finley, CIA.»

«CIA?» chiese sconvolto.

Come poteva un ragazzino come lui essere parte della CIA? Non era troppo giovane per ritrovarsi in mezzo a quelle dinamiche? Non c'era tempo per le domande e lo stupore; in quel momento c'erano cose più importanti, come non esplodere per esempio. E, vista l'occhiataccia torva che il giovane, Noah, gli rivolse, ipotizzò che avesse pensato alla stessa cosa.

«Per conoscere Dave, questa era l'unica opzione. Alright, dimmi quello che vedi.» disse, mentre muoveva il piede ininterrottamente dall'ansia.

Noah controllò. Quel ticchettio gli dava sui nervi; gli ribadiva che il tempo scorreva troppo in fretta, visualizzando quattro minuti che, secondo il suo orologio digitale, erano poco più della metà. L'innesco doveva aver accelerato il ritmo. Aveva dimenticato lo zaino sotto il sedile, anche perché non poteva farsi vedere dalle persone con lo zaino sulle spalle per andare al bagno, quindi non aveva né il computer né gli strumenti da scasso e gli utensili, come cacciavite e pinza, per fare il lavoro da tecnico. Quell'ordigno improvvisato, tuttavia, era munito di sportello ad incastro; fu facile aprirlo con una lieve pressione. Non voleva sbattere bruscamente contro la superficie, altrimenti avrebbe potuto urtare erroneamente l'innesco ed esplodere. Meraviglioso. Dopo il dover pilotare un aereo, ecco che doveva pure disinnescare una bomba.

«Bene. Impariamo qualcosa di nuovo.» ironizzò, la fronte corrugata in un cipiglio stizzito. «Ci sono tre granate che, per quante io ne abbia viste nei film e nei videogiochi, deduco che siano ad ampio raggio. Sono collegate tra di loro con dei fili, uno rosso, uno giallo e uno nero.»

Jake si morse l'interno della guancia, sibilando sottovoce. «A giudicare dal timer e da tutto l'ingarbugliamento di fili attorno ai miei polsi e nella porta, c'è un passaggio di corrente. Se si staccano, si interrompe il circuito e...Boom.»

«Tempo di disinnesco?»

«Uh... – strizzò gli occhi, abbassando la testa dalla frustrazione; non poter fare nulla e ragionare senza avere un'idea chiara di quello che c'era alle sue spalle era maledettamente insopportabile, specialmente se doveva guidare un ragazzo sbucato dal nulla. Stava commettendo errori su errori nel giro di neanche ventiquattro ore. Prima lo sconosciuto, poi la morte di tutte quelle persone e adesso un attentato in treno. Il suo ruolo al Team Bravo lo aveva reso così famoso da diventare il bersaglio di un pazzo che Dave stava cercando di fermare? Avrebbero potuto avvisarlo; almeno avrebbe respinto chiunque avesse voluto rivolgergli la parola, o quantomeno avrebbe ripreso il porto d'armi per girare armato per strada, giusto per mostrare alla gente quanto la guerra lo avesse destabilizzato a tal punto da viaggiare armato, col rischio di uccidere per sbaglio qualcuno. – Così su due piedi, non lo so. C'è una scheda elettronica?»

«Scheda elettronica...» Noah aguzzò la vista; le tre granate erano abbracciate affettuosamente dai cavi e al c'entro vi era una scheda e un blocco collegato al timer esterno. Ad occhio e croce sembrava... «Ok. Sì. C'è una scheda attaccata ad un alimentatore. Credo che sia questo, quello che tiene in vita tutto il circuito.»

«Affermativo, ragazzo. Quell'alimentatore non deve essere toccato.»

«Qualche idea?»

«C'è solo un detonatore?»

«Dietro le granate.»

«Esploderanno tutte insieme. Non c'è modo di disinnescarle ad una ad una.»

«Dopo queste rassicuranti osservazioni, che ne dici di muovere il culo?» lo riscosse Noah, passandosi una mano sui ciuffi riccioli davanti al viso.

«Sarebbe più semplice se fossi libero, dannazione!» serrò i pugni Jake, cercando di darsi una calmata. «Ok. Ok. Muovi lentamente... E quando dico lentamente, deve essere lentamente...il blocco delle granate lontano dal lato della scatola. Dobbiamo prima di tutto disattivare il detonatore.»

Noah mugugnò in assenso ed infilò le mani all'interno del contenitore.

«Non muovere i fili!»

Le spalle sussultarono impreparate.

«Jesus Christ, ho capito!» ringhiò ad alta voce, un po' squillante.

Jake strinse le labbra in una linea sottile. Il suo cuore stava battendo così intensamente e velocemente che neanche un calmante avrebbe potuto tranquillizzarlo una volta libero. Aveva disinnescato così tante bombe che non avrebbe dovuto mostrare cotanta ansia, eppure non si poteva mai essere avvezzi a degli esplosivi. I terroristi ne creavano di varie tipologie col solo e unico scopo di fregare gli artificieri come lui. Le conoscenze dovevano essere triplicate e l'esperienza immensa; se riusciva a smontare e rimontare era solo perché studiava a fondo la loro struttura e metteva in atto gli studi acquisiti, altrimenti sarebbe morto molto tempo prima. Fece dei respiri profondi, pregando il cielo che quel Noah lo seguisse e fosse preciso e puntiglioso come lui nei movimenti.
Non avrebbe dovuto preoccuparsi più di tanto, Noah sapeva essere delicato quando si impegnava.
Una volta infilate le mani, tentoni e lento quanto un bradipo, circondò con le dita le granate, senza toccare i fili e il detonatore; con una calma aberrante, li spinse centimetro dopo centimetro verso di lui, finché non furono al centro, a pochi millimetri dall'alimentatore, e i suoi occhi ebbero la capacità di guardare il retro del detonatore.

«Adesso?»

Jake piegò la testa per osservarlo: mancavano due minuti. E il ticchettio veloce stava diventando assordante alle orecchie di entrambi. «Adesso dovrebbe esserci una piccola scatolina dalla quale tutti i fili si uniscono in un'unica guaina. La vedi?»

«Sì, la vedo.»

«Ok. Devi riuscire ad aprirla senza scollegare il filo, in modo tale da vedere quale sia il colore da dover staccare per disattivare almeno il timer.»

«Come cazzo dovrei aprirla... – borbottò Noah, martoriando il labbro inferiore. Una volta agganciata la scatolina si accorse che era chiusa con un incastro. Se avesse provato ad aprirla con foga avrebbe rischiato di muovere bruscamente l'intera struttura. – Piano...» inserì il pollice nella fessura e fece un po' di pressione, tentando di usare il polpastrello per spingere, mentre l'altra mano teneva immobile la scatolina. Con un piccolo scatto, il coperchio venne su senza scossoni troppo forti. «Fatto.» osò guardare il timer: un minuto.

Jake sospirò dal sollievo. «Good job. Adesso, ti prego, dimmi che solo un colore è collegato al sistema del timer.»

«Il giallo: è collegato ad una piccola lampadina.»

«Sia ringraziato il cielo...Staccalo.»

Noah agganciò il piccolo tubicino.
Era nero.
Le sue dita ebbero uno spasmo e si distanziarono di botto.
Il suono digitale diventò distante e riverberante, come se fosse in un altro vagone.
Com'era possibile? Non era il giallo, quello collegato al timer?
Chiuse e riaprì le palpebre.
Il mondo ritornò come prima, nitido e dai suoni chiari.
Era giallo. Non era nero. Aveva preso quello giusto.
Allora perché lo aveva scambiato per quello nero?
Scosse la testa; non doveva perdere tempo. Posò le dita sul filo e tirò lievemente; la lucina si spense e il timer smise di scorrere, fermo a venticinque secondi. Anche lui lasciò andare un sospiro.

«Ora?»

Jake sollevò lo sguardo al soffitto del vagone, pensieroso. «Il filo rosso e il filo nero sono collegati alle bombe, perciò devi dirmi quale dei due è legato alla porta e alle mie mani. Dobbiamo solo scollegarlo. L'ultimo che rimane è quello che permette l'innesco definitivo. Una volta spostata la levetta del circuito elettrico, dovrebbe rimanere in stand-by. L'importante è non spegnere l'alimentatore.»

«Se il giallo controllava il timer...Credo che all'interno del detonatore ci sia qualcosa che avrebbe permesso ad uno dei due fili di azionare le bombe. Allo stesso modo, anche la pressione della porta aperta o dei tuoi polsi avrebbero innescato il processo.»

«Proprio così, ragazzino. Basta poco per entrare nel meccanismo; la parte peggiore è prendersi di coraggio e fare il passo decisivo.» scherzò per smorzare la tensione Jake; almeno non avevano più fretta.

«Se riuscissi a guardare in mezzo alle granate... – rimuginò Noah, gli occhi che navigavano sul groviglio di fili. – ...forse troverei la linguetta che le azionerebbe.»

«Fai attenzione.»

«La vuoi smettere di ricordarmelo? Lo so!»

Si curvò maggiormente con la schiena per avvicinare il viso all'ordigno, seguendo con gli occhi l'intero percorso dei fili. All'interno del detonatore vi era la risposta che stava cercando; con il dito spostò lievemente il filo giallo ormai staccato per avere una visuale migliore. Proprio accanto al timer c'era un filo che passava al di sotto del meccanismo, uscendo poi dalla scatolina per andare ad avvolgersi alle granate.
Era il filo nero.
Aguzzando meglio la vista, aggiustandosi gli occhiali per non farli scivolare a causa della posizione inclinata, adocchiò una levetta. Il filo nero era attaccato ad un meccanismo a scatto, il quale avrebbe mosso ulteriori tre fili per staccare le reciproche linguette delle granate.

«Trovato.» disse all'improvviso, facendo sussultare Jake. «È il filo nero. Procedo.»

Non guardò la faccia in preda all'ansia dell'artificiere, poiché troppo concentrato sul filo. Fece passare le dita per afferrarlo; se avesse sbagliato, sarebbero saltati in aria. Bastava un movimento errato per attivare lo scatto e tirare le linguette. Strinse le labbra in una linea sottile, trattenendo il fiato.
Tirò.
Ci fu un piccolo tac.
Nessuna esplosione.

«I'm done.» concluse Noah, distanziandosi dalla scatola per guardare i tratti tesi di Jake.

«Il momento della verità, ragazzo. – mormorò questi, deglutendo. – Slegami.»

Il giovane annuì, afferrando i fili avvolti attorno ai polsi dell'ostaggio. Senza sbattere contro l'ordigno, li allentò, permettendogli di muovere le mani per liberarsi. Le braccia di Jake passarono per i fianchi e fu in grado di sgranchirsi i polsi, arrossati e decorati dalle linee dei fili che avevano rischiato di bloccargli la circolazione sanguigna; erano stati legati in maniera lenta per fargli credere di potersi dimenare da essi, ma già al tatto aveva capito che erano i fili della bomba e che qualunque movimento azzardato sarebbe stato sinonimo di morte. L'esplosivo, comunque, non si era azionato. Era ufficialmente salvo.

«Finalmente...Grazie, ragazzo. – inclinò il busto per fronteggiarlo con un sorriso sincero. – Scusami ancora.»

Noah si mise in piedi, camminando verso porta. «Non abbiamo ancora finito. Ti spareranno a vista non appena vedranno che sei libero.»

«Perché mi vogliono morto?» Jake si mise in piedi, raggiungendolo.

«Tu impegnati a non morire; te lo fai spiegare da Dave. Per il momento...Lo sapevo. Arrivano.»

«Cosa?» il più grande si sporse per guardare dal finestrino. Due uomini stavano camminando verso il loro vagone, pistole in mano e sguardi poco raccomandabili. «Merda. Si saranno accorti che la bomba non è esplosa.» si guardò intorno, posando gli occhi sul ragazzo; era più alto di lui. Accidenti. Da seduti non l'avrebbe mai detto. «Nasconditi là dietro. Ci penso io.»

Dopo quelle parole, prese il filo nero attaccato alla porta e al muro e lo tirò con forza, sradicandolo per raccoglierlo nelle sue mani; nel frattempo Noah indietreggiò e fece come richiesto, trovando posto sul pavimento, tra i sedili. Osservò Jake prendere la bomba, con tutti i fili raccolti, e spingerla con cautela verso il fondo del vagone. Nonostante gli avesse messo ansia durante il disinnesco, la maneggiava con abbastanza sicurezza. Neanche il tempo di chiedergli cosa avesse in mente di fare, che i due nemici urtarono contro la porta. Scoccò un'occhiata verso l'entrata e vide che stavano cercando di forzarla per aprirla, mugugnando al di là delle urla di panico qualcosa inerenti al loro prigioniero libero e alla bomba. Si mosse di nuovo verso Jake, il quale si puntellò nella parete cieca, in mezzo ai sedili. Avrebbe voluto aprire la bocca per parlargli, ma uno sparo lo zittì, specialmente quando il chiavistello volò in mille pezzi, colpito dal proiettile che oltrepassò il metallo.
Un uomo di Y varcò l'entrata, avanzando non appena notò che il vagone era vuoto.

«Shit, è scappa-!»

Jake piombò dietro di lui, afferrandogli immediatamente il polso della mano armata; gli girò il braccio, contorcendogli la schiena dal dolore, e fece in modo che la pistola puntasse alle sue spalle, dove l'altro uomo aveva innalzato la mira, colto alla sprovvista. Non fu veloce abbastanza, infatti; Jake pressò il dito del nemico per schiacciare il grilletto e freddò il primo con tre colpi in petto, dopodiché lo disarmò, prendendogli totalmente l'arma, e gli puntò la canna dietro la nuca. Sparò e lo uccise, lasciandogli il braccio quando il corpo cadde tramortito sul pavimento. Noah uscì dalla copertura provvisoria per osservare i due cadaveri, poi Jake. In congedo, eh? Sollevò un sopracciglio con fare saccente.
Questi arrossì di colpo.

«Mi mantengo in forma, ok?» si giustificò.

«Non ho detto nulla.» fu l'unica cosa che disse Noah con nonchalance.

«Basta un proiettile vagante e quella bomba esploderà comunque. Aiutami a sgombrare i due vagoni adiacenti.»

«Mi stai chiedendo troppo.»

«Ripagherò il favore, ragazzo. Ti prego.»

________________________________________________________________________________

Angolo autrice:

Avete sudato con me in questo capitolo? È stato davvero ostico da scrivere e l'avrò revisionato topo dieci volte. Ma è questo il dovere della scrittura, no? Adesso che Jake è libero, cosa succederà? Dave riuscirà a catturare William? E la bomba rimarrà al sicuro? 
Al prossimo sabato!

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