Nethereal, Vol.1 - La Casa de...

By MartinaAnnicelli

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[COMPLETA] A Ental la magia è bandita da anni e rimpiazzata dalla scienza. L'Accademia dei Costruttori prepar... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
NOTE
SEQUEL
NEWS

Capitolo 53

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By MartinaAnnicelli

Tre settimane prima,
Torre di Mezzanotte

Era quasi l'alba. Killian si chiuse nel cappotto nascondendo naso e guance nel bordo di pelliccia sintetica, aveva bevuto un goccio di liquore per scaldarsi, ma non abbastanza da dimenticare il colpo che Vasilis si era sparato in testa.

Né il fatto che era stato proprio lui a lasciargli la pistola.

Aveva fumato, dopo, poi era rimasto fuori a masticare delle caramelle a menta prima di imboccare la strada a sinistra del porto che conduceva al limitare dell'entroterra dell'isola. Era lì che aveva eretto l'illusione più grande e impegnativa; un muro di rami secchi e grigi, alberi piegati dalla neve e rocce ammassate le une sulle altre, a coprire l'entrata di una casa.

Ci voleva un bel coraggio a chiamarla casa, era più un rifugio improvvisato, ma c'era un fuoco, un letto, persino un bagno, uno spazio minuscolo per cucinare e lei. Soprattutto lei.

Quando le aveva chiesto di seguirlo non aveva mai pensato di nasconderla in quel posto tanto a lungo, eppure lei era rimasta, e gli aveva dato ogni sera una ragione per mettersi in pericolo e uscire dalla torre.

Killian si sfilò gli stivali sporchi di neve e gettò via il cappotto, si era disfatto delle armi anche prima di arrivare al salotto, quando era ancora sulla soglia della porta.

Era un ipocrita.

Non voleva che quell'orrore arrivasse a lei, ma non poteva nemmeno farne a meno. Tenerla vicino era l'unico modo che conosceva per proteggerla. E poi, una piccola insignificante parte dei suoi piani aveva bisogno di lei, di quello che fosse in grado di fare.

Killian entrò nella stanza da letto e adocchiò una cascata di capelli neri che scivolava sulle lenzuola candide e la coperta marrone. Sotto tutti quegli strati scrutò il contorno di una spalla nuda e sorrise.

Doveva star ancora dormendo da quando era venuto a trovarla la sera precedente, prima che l'attacco iniziasse, quando si era perso nella sua carne e respirato la sua aria.

Si sedette sul bordo del letto accanto a lei e si sfregò per bene le mani, assicurandosi che fossero calde prima di accarezzarle la spalla nuda.

Sorrise quando lei si mosse appena. «Amore?!»
«Mh?» il suono camuffato dal sonno e dai capelli lo intenerì.
Killian si sporse di più su di lei, per posarle un bacio sulla spalla. «È ora. Dobbiamo raggiungere l'altro lato dell'isola.»
Ma lei non voleva saperne niente, si girò dall'altro lato scoprendo il braccio e la clavicola. «Ancora un minuto, ti prego.»
Killian le scostò i capelli dal viso e le accarezzò le braccia per trasmetterle un po' di calore. «Vorrei stendermi con te, Millie, non sai quanto, ma dobbiamo andare.»
«Dai, Killian, uno solo!»
Era sul punto di accontentarla, a volte si sentiva terribilmente impotente contro di lei, ma dovevano andare davvero, perciò le scosse le spalle e le accarezzò la guancia finché lei non dischiuse un occhio. «Millicent. Dobbiamo andare.»
Lei si mise a sedere di scatto, mentre la realtà irrompeva nel suo sogno. «Ci sono! Sono sveglia, scusa siamo in ritardo?»
«No, amore, ma dobbiamo prepararci.»

Millicent si tirò su in un attimo e cercò tra le lenzuola i vestiti che Killian le aveva tolto non troppo meticolosamente la sera prima, solo quando li ebbe trovati si girò a guardarlo in faccia.
Doveva avere un'espressione fin troppo stanca, perché Millicent piegò il mento, si fermò dalla sua corsa e gli accarezzò piano una guancia. «Stai bene?»
Killian le coprì la mano con la sua, se la portò alla bocca e le baciò le dita. «Ora meglio.»

Millicent non aveva idea di quanto la sua sola vicinanza fosse fondamentale per Killian; senza di lei, si sarebbe perso nel liquore e nel fumo, questo lo sapeva, lo aveva già vissuto in passato, prima di lei, prima di conoscerla a Ishtal, per puro caso, con la sua sfrontatezza e l'accento troppo marcato di Amarset.

Non credeva nell'amore a prima vista, ma quello che gli era successo con Millicent gli si avvicinava tantissimo; era stato un pomeriggio al mercato di Ishtal, l'aveva guardata a lungo mentre lei e sua sorella giravano coi cesti pieni di frutta da portare al castello; anche lei lo stava guardando. Avevano continuato a scambiarsi occhiate in maniera ossessiva, continua e insistente anche nei giorni seguenti, finché lei si era stancata e aveva fatto un passo che Killian non aveva avuto il coraggio di fare.

Non era mai stata sua intenzione fare entrare quella ragazza nella sua vita pericolosa. Ma poi i sentimenti erano stati più forti della ragione e adesso non riusciva a starle lontano.

Millicent gli sorrise con una dolcezza che lasciava trasparire le sue insicurezze. «Dieci minuti e sono pronta.»
Poco dopo era già vestita, ma continuava a ritirarsi un pettine tra le dita senza districarsi mai i capelli. Lo mise via e decise di usare le mani.

Il pettine della sorella.

Killian glielo aveva visto stringere le mattine in cui tornava da lei dopo una notte trascorsa lontani l'uno dall'altra.

Ogni giorno gli si spezzava il cuore a vederla pensare e guardare il pettine.

Millicent aveva provato a convincere sua sorella a scappare prima dell'assedio al castello, ma la ragazza si era opposta; nessuno dei due gliene faceva una colpa, ma non passava giorno che Millicent non rivolgesse una preghiera agli dei per sua sorella. Diceva che il principe si sarebbe preso cura di lei, Killian lo sperava.

Magari un giorno tutte e due si sarebbero ritrovate, sperava anche quello, ma non voleva alimentare i sogni di Millicent, non mentre stavano per fare qualcosa da cui non sarebbero potuti tornare indietro.

Si malediceva per la vita che le stava offrendo, ma appena avrebbero lasciato l'isola avrebbero trovato una casa decente, questo glielo aveva promesso.

Una cosa per volta.

Si infilarono i cappotti e Killian fece scivolare la sua sciarpa attorno al collo di Millicent.
«Non ne ho bisogno, sto bene» protestò lei.
«Shh» tirò i lembi della sciarpa e si abbassò a baciarle la fronte. «Lasciami fare.»

Quando chiuse la porta, l'unica cosa che frenò Killian dal dare fuoco a quel posto fu il ricordo di tutti i momenti che aveva trascorso con Millicent e che l'avevano quasi fatto sentire un uomo rispettabile.

Ma poi chiuse la porta, e tornò a vestite i panni del mago bugiardo e doppiogiochista.

La camminata fino all'altro capo dell'isola sarebbe stata più agevole senza tutta quella neve; almeno la bufera si era fermata e il clima era stato più clemente con loro.

Killian reggeva la mano di Millicent e la stringeva a se ogni volta che il sentiero diventava troppo ghiacciato, ma lei lo seguiva senza proteste e silenziosa.

Nessuno dei due aveva fatto parola sulle armi che Killian portava appese alla cintura, né all'attrezzo per spezzare il tungsteno che Charles Crislain aveva progettato e costruito in tempi record, anche Millicent sapeva quanto fossero necessarie.

Quando scorsero il mare, Killian si fermò  un istante e si guardò intorno.
Il pozzo doveva essere lì da qualche parte.
La pianura era tutta bianca, ma il mare era più nero della notte, la schiuma si confondeva con la neve e la costa rocciosa nascondeva massi appuntiti ai quali non avrebe fatto accostare Millicent.

«Resta qui un attimo» disse.
Il fiato si condensava in nuvole bianche appena visibili.

Il sole rischiarò l'orizzonte e i contorni del paesaggio si fecero più definiti.
Killian si massaggiò gli occhi e le ciglia gelide gli fecero male.
E poi lo vide.

Il buco aveva un diametro di sei metri ed era profondo dieci.
«Millie! Vieni!»
Lei lo raggiunse stando attenta a dove metteva i piedi e quando gli fu vicina imprecò. «Dobbiamo scendere lì?»
Killian annuì. «Restami accanto, non è illuminato se non sul fondo.»

Da un lato c'era una rampa di scale molto simile a quella della torre, si attorcigliava lungo la parete senza corrimano o ringhiere che li separassero dal pozzo profondo.

Killian e Millicent si schiacciarono contro la parete e iniziarono a scendere e scendere, finché una debole luce illuminò il fondo.

Si sentivano solo i loro passi e rimbombavano contro le pareti vuote, i loro respiri riempirono di vita quel luogo oscuro e persino Killian sentì i brividi rizzargli i peli delle braccia.

«Chi c'è?» la voce arrivò dal buio assieme a uno sferragliare di catene.

Millicent si attaccò al suo braccio, il cuore le batté a all'impazzata per la paura, Killian lo sentiva nonostante tutti gli strati dei vestiti.
Cercò una fiaccola e l'accese aiutandosi con una delle lampade a olio.
Sapeva come muoversi, c'era già stato lì, mesi fa.

«Siete venuti a uccidermi finalmente?» chiese di nuovo.
Apparteneva a un uomo; un uomo molto sfortunato.

«Sono Killian» si fece avanti portando la fiaccola con sé.
Il fuoco illuminò la figura di un uomo inginocchiato, tanto magro che i vestiti sembravano coperte appoggiate su un ramo. I polsi e le caviglie erano stretti in catene di tungsteno e sotto la coltre di capelli sporchi e incolti Killian vide una barba lunga e due occhi azzurri che luccicavano.
«Killian?» chiese.
«Non dirmi che ti sei dimenticato. Abbiamo un accordo noi due» disse, e poi si accovacciò sulle caviglie per arrivare all'altezza del suo viso.

L'uomo sorrise con labbra screpolate che minacciavano di rompersi. «So chi sei. Anche se mi hanno lasciato al buio per anni, non significa che mi sia rincretinito.»
Killian piegò le labbra verso l'alto. «Felice di rivederti, Merak. Ora ti libero.»

Afferrò l'arnese e iniziò ad armeggiare con le catene attaccate ai piedi.
Gli occhi dell'uomo scandagliarono il buio e arrivarono alle spalle di Killian. «È lei? La tua donna?»
«Mi chiamo Millicent» fece lei.
«Io sono Merak Volkov. È un piacere, Millicent. Mi vergogno per il mio pessimo aspetto, ma con le catene era difficile preparami per l'occasione.»

Killian sbuffò. «Millie? Mi aiuti un secondo?»
Lei gli si accostò e prima che Killian la istruisse allungò le mani sull'attrezzo e inondò con la sua magia.

Le catene si spezzarono come burro.

Merak sgranò gli occhi quando Killian passò alla seconda catena, poi voltò il viso verso Millicent. «Meravigliosa, la tua magia.»
«Grazie.»
Killian si pulì la fronte e poi indicò l'uomo in ginocchio, libero, ma troppo debole per sollevarsi o anche solo per stendere le braccia. «Puoi usarla su di lui?»
«Non sono una guaritrice, ma posso rimetterlo in forze.»
Merak calò la fronte. «Per favore, signorina, te ne sarei davvero grato.»

A quanto pareva, la parlantina gli era rimasta.

Millicent si concentrò su di lui, Killian restava sempre stupito dalle incredibili  capacità della sua magia di potenziamento.

Le ci vollero pochi istanti e Merak si fece forza sui talloni e gli avambracci. E poi si issò in piedi.

Killian lo resse, nel caso in cui un improvviso colpo di debolezza potesse abbatterlo. Era come sorreggere un bambino, anche se Merak, con la barba e tutto, sembrava molto più vecchio dei suoi trentacinque anni.

L'uomo gli batté le mani sulle braccia. «Mio fratello?»
«Vasilis è morto» non esitò.
Merak annuì. «Pace all'anima sua» poi chiuse gli occhi e fece qualche secondo di silenzio. «Non ha mai capito che il potere non viene distruggendo la magia in maniera barbara» disse, «Ho provato a spiegarglielo, ma per lui ero come gli altri. Un mostro.»

Killian rimase immobile. Perché Merak aveva ragione e non sapeva cosa dirgli.

Vasilis aveva da sempre rinnegato i poteri che suo fratello aveva ottenuto per sfregio durante l'attacco a Undrah.

«Alla fine, la ricerca di un netereale non è stata fruttuosa» commentò con una vena di ironia.
Killian scosse la testa. «A dir la verità, non è così.»

Merak scaffò a guardarlo. «Spiegati.»
Lui cambiò il peso sulle gambe e si chiese quanto, di quello che sapeva, avrebbe dovuto rivelargli subito. «Non dovremo andare ad Adarash per trovarne uno.»
Merak gli strinse debolmente le braccia. «Chi?»
Killian deglutì. Alla fine, sapeva perfettamente come sarebbero andate le cose e lui non poteva fare niente per impedirlo. Era il solo modo di tenere Millicent al sicuro. «Si chiama Hazel Crislain.»
«Crislain!?» Merak esplose in un suono stridulo che sembrava una risata sguaiata. «Cazzo, quanto è bastardo il destino!»
Killian sollevò un sopracciglio. «Già.»

Merda.
Non aveva proprio pensato ai trascorsi dei Volkov e i Crislain.
Forse doveva imparare a tenere chiusa la sua cazzo di bocca e convincere Merak a a fare vela verso Adarash.

Ma ormai era tardi.

L'uomo indurì i lineamenti del viso. «Che hai?»
Killian deglutì. «Io credo che la ragazza non sappia cosa sia la sua magia. Ho ragione di credere che sia fin troppo inesperta.»
L'altro alzò le spalle. «Le daremo del tempo.»
«Per cosa?» si intromise Millicent, il suo tono trasudava di preoccupazione. «Che dovete farle?»

Merak scambiò un'occhiata veloce con Killian prima di lasciarlo e fare un passo verso di lei. Killian ebbe l'improvvisa voglia di correre al fianco di Millicent e non staccarsi più.

Merak allungò le mani sporche con una calma pazzesca. «Niente, mia cara, la ragazza ci sarà d'aiuto.»
Millie spostò gli occhi scuri in quelli di Killian, erano pieni di domande e cercavano sicurezze. «Credevo che Vasilis volesse un netereale per distruggere la tua magia» si rivolse a Merak.
«È così.»
«E tu, allora, perché hai bisogno di lei?»

Merak raddrizzò le spalle e lentamente si girò verso Killian con due occhi pieni di confusione e divertimento. «Non le hai raccontato niente?»
Killian schiuse le labbra, ma Millicent fu più veloce di lui. «No.»

Quella risposta aveva il gusto di una leggera rabbia.
Se lo meritava.
Merak sollevò i palmi. «Bene, Killian, non voglio intrometterti nei tuoi affari, chiarirai cona la signorina più tardi» disse e a lui venne l'istinto di riprendere le catene.

Ma Merak si era incamminato verso Millicent e lei era granitica. «Ti dico solo questo, Millicent. C'è troppo squilibrio su questo mondo, una differenza abissale tra ricchi e poveri, umani e maghi, potere e scienza» piegò la testa. «Non vorresti un mondo più giusto? Equo?»
Millie incrociò le sopracciglia. «E cosa c'entra questo con la ragazza? Hazel?»
«Lei ha la chiave per riportare l'equilibrio. Solo che ancora non lo sa.»

Era molto più complicato di così, terribilmente più complicato e più oscuro. Per adesso, era meglio non parlare oltre.

Cercò gli occhi di Millicent e provò a giurarle silenziosamente che presto le avrebbe spiegato tutto, che non ci sarebbero stati segreti tra loro. Perché lui la amava. Glielo avrebbe detto.

E le avrebbe detto che questo era l'unico modo che conosceva per vivere una vita felice. Con lei.

Millicent strinse le labbra e sembrò capire; riprese la fiaccola e la strinse.
«Voi due statemi dietro» disse a Killian.
Lui tirò un sospiro che fece male, poi aiutò Merak a sorreggersi. «Andiamo» fece.

Gli dei avrebbero fatto bene a prepararsi, perché quando loro tre sarebbero risaliti da quell'inferno, avrebbero fatto tremare i cieli.

~ Continua nel secondo volume ~

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