Undercover

By hajarstories_

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⚠️TW⚠️ In questo libro saranno presenti argomenti come: stress post traumat!co, maf!a, sostanz3 stupefacent... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Extra Kathrine
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Extra Alejandro
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Extra Weston
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Epilogo
Ringraziamenti

Capitolo 8

584 23 57
By hajarstories_

Gli occhi, chico,
non mentono mai
-Scarface

⋅•⋅⊰∙∘☽༓☾∘∙⊱⋅•⋅

Tutti erano fermamente convinti che gli occhi fossero lo specchio dell'anima e che d'altronde non mentissero mai. 

Ma loro non sapevano quello che sapevo io. 

Loro non vedevano quello che vedevo io. 

Per me gli occhi erano semplicemente un organo che ci permetteva di vedere e osservare chiunque ci circondasse. 

A volte, però, i nostri stessi bulbi oculari ci potevano ingannare. Magari accanto a noi avevamo un vero e proprio serpente pronto ad azzannarci e, al posto di vedere la sua vera forma, vedevamo solo un amico. 

Durante il corso della mia vita avevo avuto accanto tanti scorpioni e io ero stata la loro rana. Mi avevano chiesto di accompagnarli sulla mia schiena fino all'altra sponda del fiume; ma, a metà strada, mi avevano punto condannandoci entrambi alla morte. 

Peccato però che alla fine loro si trovavano vari metri sottoterra e io ero costretta a vivere il mio inferno giorno dopo giorno davanti ai miei occhi. 

Ogni volta che aprivo le mie palpebre maledicevo quegli scorpioni che, guardandomi negli occhi, mi avevano rassicurato, amato, per poi pungermi iniettandomi il loro veleno. 

E quel veleno era sempre più doloroso ogni giorno che passava. 

Mi avevano abbandonata. 

Mi avevano guardato negli occhi inalando il loro ultimo respiro. E io, in quelle iridi, non avevo visto assolutamente niente. 

Se ci ripensavo un senso di rabbia risaliva imponente. La cosa peggiore, però, era quando la piccante rabbia abbracciava l'amara impotenza. Perché io avevo passato mesi, anni, dandomi la colpa per non aver fatto abbastanza. L'unica cosa che nel profondo speravo era che un giorno sarei riuscita a perdonarli per i loro gesti, ma soprattutto me stessa. 

Sospirai pesantemente per poi passarmi una mano sul viso stanco. 

Uscii dal bagno e l'odore di caffè caldo mi attirò verso la cucina dove trovai Weston ai fornelli.

Il giorno prima, dopo la visita inaspettata da parte di Alejandro e i suoi uomini, avevamo controllato tutta casa in cerca di micro-videocamere e microfoni nascosti che effettivamente avevamo trovato e distrutto. 

«Buongiorno» sussurrai con la voce ancora impastata dal sonno per poi sedermi a tavola. 

«Oggi non sei mattiniera?» domandò beffandosi di me mentre cucinava qualcosa ai fornelli dandomi le spalle. 

«Direi decisamente di no.»

Quella notte non era stata diversa dalle altre. 

Stesso sogno, stesso sparo. 

Mi ero resa conto, però, che molto probabilmente il mio coinquilino, nonché collega, si sarebbe potuto insospettire vedendomi sempre sveglia a quell'ora. 

Non avevo di certo bisogno che qualcuno mi facesse rapporto. Non potevo permettermi una sospensione, non in quel momento. 

Vedendomi sempre sveglia la mattina presto, avrebbe potuto pensare che avevo problemi di insonnia causati da qualche problema psicologico. 

A farmi aprire del tutto gli occhi, fu una perfetta colazione che mi venne servita sotto al mio naso. 

Uova strapazzate e bacon croccante. 

«Dimmi, soldato, questo per caso è il paradiso? È accaduto? Mi hanno uccisa?» domandai ironicamente per poi afferrare del bacon e addentarlo.

«Non ho mai visto qualcuno sorridere in quel modo davanti ad un mio piatto, ricciolina» ammise sedendosi davanti a me e bevendo dalla sua tazza. 

«Vuoi vedere più sorrisi? Cucina ogni mattina una colazione del genere e ti prometto che sorriderò tutto il giorno.» 

Mi gustai quell'ottima colazione che mi fece distaccare dai pensieri che continuavano ad assalire la mia mente e realizzai solo in quel momento che erano quelli gli attimi più belli. Bastava poco per farmi felice, come ad esempio una deliziosa colazione. 

A spezzare quell'incredibile armonia fu lo squillare del telefono di Weston. Dall'espressione che fece, non appena lesse chi lo stava chiamando, mi fece capire che doveva trattarsi di Alejandro.

«Ha una missione per noi» affermò l'uomo davanti a me dopo aver riattaccato. 

«Noi? Di già?» domandai stranita per poi pulirmi le labbra unte con un tovagliolo. 

Insomma, sapevo di aver fatto colpo con quei falsi fascicoli su di me e con le mie tecniche nello sparare, ma non pensavo che mi avrebbe affidato un lavoro così presto...

«Alejandro si fida ciecamente di sé stesso. Devi essergli piaciuta, oppure è semplicemente un altro test per verificare la tua lealtà e le tue capacità» spiegò Weston alzandosi e dirigendosi in camera sua per prepararsi.

Non capivo. 

C'era qualcosa che non tornava. 

Io sapevo che incastrare un capo mafioso sarebbe stato molto complicato e, il semplice fatto che non lo sembrava mi riempiva di dubbi. 

Non sarei mai riuscita a scordarmi la maniera nella quale mi aveva guardata la prima volta. 

Quello sguardo così malato. Credevo fermamente che gli occhi potessero mentire, che non fossero lo specchio dell'anima, ma quello sguardo non rappresentava nessuna bugia. 

Lui era un leone affamato e io la sua gazzella. 

Conoscevo i soggetti come lui. La società amava definirli: maschi alpha. Coloro che desideravano avere il possesso e il controllo su tutti e tutto per poter dimostrare e sfoggiare la loro mascolinità. Magari con Kathrine aveva funzionato, ma non con me. L'avrei distrutto e lo avrei consegnato ai federali. 

Il futuro era un qualcosa di cui noi non eravamo a conoscenza, ma io sapevo quale sarebbe stato quello di Alejandro: la prigione. Perché lui si sbagliava, io non ero una gazzella ma bensì un serpente che, senza farsi vedere, avrebbe ferito il leone iniettandoli il suo veleno nel corpo. Dovevo essere agile, furba, cauta, calma ed estremamente intelligente. 

⋅•⋅⊰∙∘☽༓☾∘∙⊱⋅•⋅

Appena giungemmo davanti alla lussuosa villa, ci ritrovammo il proprietario all'entrata. 

Non avevo la più pallida idea di quanto quella missione sarebbe durata, ma una cosa era certa: non mi sarei mai abituata alla grandezza di quell'edificio. 

Durante il corso della mia vita non avevo mai desiderato una casa così grande e lussuosa. Da sempre nutrivo un profondo amore verso le piccole ma accoglienti case. Luoghi in cui ti sentivi accolto e coccolato. Seppur l'edificio che si innalzava davanti a me fosse mozzafiato, al contempo non trasmetteva assolutamente niente. Lì dentro non vi era alcuna forma di amore, affetto o semplice tranquillità.

«Bene, siete arrivati finalmente!» esclamò esasperato il messicano per poi farci segno di salire su una jeep nera lucida. 

«Perché ci hai chiamati?» domandai passandomi una mano tra i capelli piastrati. 

«Non sei paziente, ¿verdad?» domandò dopo esser saliti tutti quanti sull'auto.

Feci finta di ignorarlo mentre osservavo il paesaggio che si muoveva all'esterno del veicolo in marcia. 

San Diego era davvero molto bella e, molto probabilmente, se mia nonna fosse stata lì con me mi avrebbe tirato le orecchie. 

I texani avevano da sempre sorbito un enorme astio verso la California e i suoi abitanti. Infatti, secondo loro, i californiani non sapevano godersi la vita e il sole gli dava alla testa. 

Cercai di reprimere un sorriso al ricordo della mia terra e dei miei famigliari. 

L'America era un grande paese e ognuno dei suoi stati aveva le proprie tradizioni e le proprie culture. Potevamo però affermare con estrema certezza che i texani erano odiati da tutti e i texani odiavano tutti. 

«Stiamo andando a Los Angeles» affermò Alejandro colmando quel silenzio che si era creato. 

A quelle parole strabuzzai gli occhi. 

Un viaggio a LA non era assolutamente programmato.

Dovevo comunicarlo in qualche modo alla base per continuare a essere monitorati. 

No, così non andava affatto bene. 

Era un completo disastro. 

«Stai scherzando spero!» esclamai a gran voce sconvolta. 

«Perché? ¿Tienes un problema?» 

«Certo! Secondo te è semplice apparire così? Ho bisogno dei miei vestiti e dei miei trucchi!»

Sapevo di essere altamente fastidiosa e che molto probabilmente con quell'atteggiamento sarei finita con un proiettile in testa, ma quella era Elizabeth. 

Io ero Elizabeth.

«Sei un cecchino, non una modella!» continuò il messicano senza più alcuna traccia di pazienza. 

«Stai dicendo che non sono abbastanza bella per essere una modella?» 

«¡Dios mío!» 

«Amore, tranquillizzati. Sta solo dicendo che su un edificio non ti vedrà nessuno...» intervenne Anthony poggiandomi una mano sulla spalla per cercare di tranquillizzarmi. 

«Ti ci metti anche tu adesso, non è vero?»

«No, non st-»

«O chiudete quelle dannate bocche o giuro che non riuscirete mai più ad aprirle» disse Alejandro estraendo una pistola e puntandocela contro. 

«Io non passerò più di due ore con voi che continuate a parlare. ¿He sido claro?» 

Mi zittii immediatamente per poi incrociare le braccia al petto e far aderire la schiena al sedile posteriore. 

«Lo juro por Dios che se non avessi avuto il bisogno di un cecchino in questo preciso momento, vi avrei già puntato una pistola alla tempia...» sussurrò con voce roca per poi riporre la nove millimetri tra la cintura dei suoi pantaloni e la schiena. 

Sospirai e sperai di poter entrare in qualche modo in contatto con Mary al più presto.

⋅•⋅⊰∙∘☽༓☾∘∙⊱⋅•⋅

Nota dell'autrice

Ciao a tutti, bellissimi, come state?

Ecco a voi il nuovo capitolo di UC.

Allora, lo so, lo so, è molto corto, però i prossimi capitoli, che saranno ambientati a Los Angeles, saranno decisamente più lunghi, ve lo prometto.

Spero che comunque questo capitolo vi sia piaciuto e non vedo l'ora che possiate leggere il prossimo perché per il momento è il mio preferito.

Vi voglio bene.

A prestoo<33

ig: hajarstories_

tik tok: hajarstories__

Traduzioni

¿verdad?: vero? / non è vero?

¿Tienes un problema?: hai qualche problema?

¡Dios mío!: Dio mio!

¿He sido claro?: sono stato chiaro?

Lo juro por Dios: Giuro su Dio

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